Più tecnologia usate più siete rintracciabili, quindi
mettete il cellulare nel microonde perché oggi l’argomento del giorno è questo,
protagonista del nuovo capitolo della rubrica… Lo Scott giusto!
Il finale degli anni ’90 è stato il regno di Jerry
Bruckheimer, l’ultimo doveroso gesto di rispetto è stata la dedica allo
scomparso Don Simpson in The Rock, da
qui in poi Jerry ha ereditato il regno. Ironicamente un regista che deve
moltissimo allo Scott giusto, come Michael Bay è diventato subito il cavallo su
cui puntare, ma il nostro Tony non è rimasto certo al palo, “Nemico pubblico”
era un titolo che frullava nella testa di Don & Jerry dal 1991, a cui Scott
si era preparato, come abbiamo visto, sperimentando con quel mezzo disastro la
botteghino di The Fan che ha scelto
di dirigere al posto di “The Rock”. Dopo Tarantino,
mettete anche Michael Bay nella lista di quelli che devono ringraziare Tony per
la loro carriera.
rassegnato a fare il secondo pilota nella scuderia Bruckheimer e probabilmente nel
1998 sembrava davvero così, visto che “Nemico pubblico” al netto di una spesa
di 85 milioni di fogli verdi con sopra altrettanti ex presidenti defunti ritratti,
ne ha portati a casa 250 e qualcosa (piazzandosi tredicesimo nei migliori incassi del 1998) che, comunque,
sono meno della metà di quelli portati a casa dal trionfatore assoluto “Armageddon”,
diretto proprio da Michael Bay.
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Il tempo è il miglior critico cinematografico del mondo, ora
è molto più facile capirlo, con “Enemy of the State” lo Scott giusto stava
guardando al futuro, del suo Paese (e di conseguenza di tutto il mondo
occidentale), ma anche del suo cinema. Questo è il film con cui Tony Scott
definisce tutta l’estetica e la poetica che verrà, quel modo di rendere
immediatamente riconoscibili i suoi film, anche solo dopo un fotogramma qui
viene elevato ad arte, il tutto con una critica sociale che era presente anche
in L’ultimo Boy Scout, The Fan e Allarme Rosso, ma qui diventa evidente, anzi, a ben guardarlo,
sembrerebbe quasi un film Democratico (o come va di moda dire oggi “Dem”. Dem
cosa? Demente?) dopo tanti che passavano facilmente per Repubblicani.
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“Qui è dove devi iniziare a correre, sui titoli di testa. Devi correre tutto il tempo, fino a quando non saremmo arrivati qui, ai titoli di coda” |
La sceneggiatura è ufficialmente stata scritta da David
Marconi, ma in veste di “Script doctors” sono intervenuti anche Aaron Sorkin,
Henry Bean e Tony Gilroy (Storia vera) quest’ultimo, non a caso uno dei “papà”
della saga di Jason Bourne, quella
che ha definito il nuovo standard di eccellenza per i thriller d’azione di
stampo serio e politico che, però, deve moltissimo al lavoro di Tony Scott,
ricordatevi sempre: il primo inseguimento a piedi su un tetto del cinema
americano contemporaneo, lo avete visto in “The Bourne Identity” (2002), oppure
quattro anni prima in “Nemico pubblico”?
sembrava pronto per la terza collaborazione tra Tony e Tom Cruise che sarebbe stato perfetto per il ruolo (pensate a quante altre scene di corsa avrebbe potuto aggiungere alla sua vasta
collezione Tommaso qui), ma siccome il perfezionista Kubrick continuava a
girare scene per “Eyes Wide Shut” (1999) Tom ha dovuto rinunciare.
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Eppure Tony gli aveva già preparato una bella scena di corsa tutta per Tom. |
Per il ruolo di Brill, si vociferava di Sean Connery fresco
fresco di The Rock, ma si è parlato
anche di Mel Gibson che in “Ipotesi di complotto” (1997) era già stato un
perfetto complottista per Richard Donner. Ma lo Scott non sarebbe quello giusto
se non avesse le idee chiare, qui ci vuole Gene Hackman, una telefonata dopo e
una chiacchierata sui bei tempi andati
e il vecchio Gene è dei nostri!
State”, penso che Denzel sarebbe stato perfetto nuovamente insieme a Gene
Hackman, eppure Will Smith qui (incredibile, ma vero!) non lo fa rimpiangere,
anzi, forse riesce a rendere meglio la parte dell’uomo qualunque finito in una
situazione più grande di lui, forse anche per via dei suoi trascorsi. Smith nel
1998 arrivava non da uno, ma da due successi pazzeschi, nella sua
vita c’era già l’odioso figlio Jaden,
però Smith qui funziona perché nei pochi momenti comici è a suo agio, da
spettatori riusciamo ancora a riconoscerlo come il vecchio Willy a cui ci siamo
affezionati dopo mille mila repliche del suo principe di Bel-Air (un vero “Mr.
Smith”, interpretato beh, da Mr. Smith) e, pur interpretando uno che cerca di
essere un bravo padre e un bravo marito, non era ancora ossessionato dal
diventare il “Miglior padre della storia dell’umanità” sul grande schermo.
Insomma: ben prima di Michael Mann, Tony regala a Will Smith il suo primo ruolo
impegnato, beccandolo proprio al momento giusto della sua carriera.
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“Stammi vicino ragazzo, ti insegnerò due cose su questo mestiere”, “La spia?”, “No, l’attore!” |
Ma visto che ho aperto il vaso di Pandora del casting,
quello di “Nemico Pubblico” fa continuamente sollevare il ditino allo
spettatore in direzione dello schermo, ci sono facce note quasi in ogni ruolo. Jon
Voight è perfetto nell’interpretare un cattivo spietato e con motivazioni
patriottiche, Lisa Bonet (che per me è sempre quella di “I Robinson” mentre per
gli appassionati di gossip è la moglie di Jason Momoa) funziona alla grande
come tentazione per il protagonista. La squadra di nerd addetti alle
intercettazioni è azzeccatissima, Seth Green, ad esempio,
oppure Jack Black che dopo essere stato tagliato dal montaggio di Una vita al massimo e aver recitato ben
un secondo in The Fan, qui ha dei
minuti, dei dialoghi, quasi un colossal per lui!
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La faccia di chi, dopo una vita a provarci, finalmente può dire di aver davvero recitato con lo Scott giusto (Jack Black, uno di noi!) |
Tra gli scagnozzi spiccano Barry Pepper e anche due figli
d’arte come i dentoni di Jake Busey e il ciuffo di Scott Caan. Rivedendolo oggi è più facile riconoscere Anna Gunn (la Skyler di Breaking Bad) e uno dei miei preferiti di sempre, un giovane, ma già
irsuto Jason Lee, qui protagonista di una scena d’azione al fulmicotone, in cui
il suo personaggio viene ucciso brutalmente e prima del tempo. In pratica come
accaduto alla serie “My name is Earl”.
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La paresi incredula sul volto, di chi ha letto “To be continued”, alla fine dell’episodio 4×27 (sto ancora soffrendo da allora) |
Il cast del film è quasi citazionista, Tom Sizemore nei
panni del boss Paulie Pintero sembra uscito dritto da Una vita al massimo (da cui arriva anche il finale del film, ripreso
e forse anche migliorato), mentre Gabriel Byrne nei panni del falso Brill è una
finta di corpo a cui da spettatori, è facilissimo abboccare. Con una mossa il
personaggio si guadagna la fiducia del protagonista, ma come pubblico viene
normale credergli, cavolo quello è Gabriel Byrne mica l’ultima delle comparse!
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“Beh fossi stato Kevin Spacey, ma visto che sei Gabriel Byrne mi fiderò ciecamente” |
Ma senza ombra di dubbio il ruolo più citazionista di tutti
è quello di Gene Hackman, c’era un motivo se Tony Scott voleva proprio lui,
perché in troppi hanno etichettato quello proletario della famiglia Scott come
un tamarro, dimenticandosi del suo buon gusto cinematografico. Allarme Rosso si rifaceva al filone dei
film con i sommergibili, mentre “Nemico Pubblico” cerca di portare nel nuovo
millennio, un classico come “La conversazione” (1974), il capolavoro di Francis
Ford Coppola che nessuno cita mai, perché viene istintivo ricordare gli altri
suoi film famosi.
la propria privacy Henry Caul (che proprio Gene Hackman interpretava nel film
del 1974) potremmo idealmente ritrovarlo qui, invecchiato e con l’identità
fittizia di Brill. Tra i due personaggi i punti in comune sono evidenti,
persino “Il barattolo” dove vive Brill è un’enorme gabbia di Faraday del tutto
simile al luogo di lavoro di Henry Caul. Tony Scott prende in prestito la
scena iniziale del film di Coppola, omaggiandola apertamente nel dialogo nel
parco tra Robert e Rachel, mica male per uno universalmente considerato un
tamarro.
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“Mi stai dicendo che anche io finirò a lavorare con Coppola?”, “No ragazzo, per te abbiamo un altro Italiano. Mai sentito parlare di Muccino?” |
A dirla poi proprio tutta: prima o poi in carriera tutti gli
autori fanno un film che parla dello sguardo che riflette sul potere delle
immagini registrate. Lo ha fatto Romero con Diary of the Dead, lo ha fatto De Palma con “Blow Out” (1981) nella scena
iniziale dell’omicidio del senatore registrata dal videoamatore Jason Lee, lo
fa anche Tony Scott senza perdere un’oncia del suo stile, anzi facendo fare un
ulteriore miglioramento al suo cinema già estremamente visivo e dinamico.
finito in mezzo a qualcosa di più grosso di lui, un po’ come in “I tre giorni
del condor” (1975), ma filtrato dall’occhio bionico di un regista con un senso
del ritmo micidiale, se per rovinare la vita a Roberto Ford Rossa, Sydney
Pollack lo faceva rientrare in ufficio solo per trovare tutti i colleghi di
lavoro morti (aah! Quanto vorrei capitasse anche a me, ma probabilmente sarei
tra i cadaveri), qui Tony Scott fa lo stesso a Will Smith con una lunga
sequenza tiratissima che inizia nel negozio di lingerie e finisce con un
adrenalinico inseguimento a Jason Lee in bicicletta. In cui dentro trovate
tutto quello che piace allo Scott giusto, bionde alte un metro e ottanta, un
montaggio impeccabile in cui è sempre chiaro il movimento dei tanti personaggi
in gioco e un ritmo che ti tira via il fiato.
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Il filo rosso del cinema di Tony, più dei Ray-Ban e dei cappelli da Baseball: la corsa contro il tempo dei suoi personaggi. |
Questo film non molla un colpo, 131 minuti che sembrano
durare la metà, in cui Will Smith, inconsapevole possessore di informazioni
vitali, viene screditato anticipatamente in modo che non possa usarle. Una
discesa a picco nella scala sociale identica a quella di Una poltrona per due, però usando l’action, il thriller e dosi
abbondanti di paranoia al posto della commedia. Brutto?
possibilità di appello quanto ci avesse visto lungo Tony Scott e, anche se nel
film ci sono ancora le VHS e un TurboGrafx Express (con tanto di logo NEC ben
leggibile), è chiaro che abbia saputo intercettare il futuro dietro
l’angolo.
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Se lo riconoscete, sappiate che il prossimo passo saranno i cantieri da fissare. |
Il senatore che vuole far passare una legge che fornisca
all’NSA i mezzi per spiare le vite dei cittadini, ufficialmente con lo scopo di
prevenire attacchi terroristici, è di fatto il “Patriot act” di cui nel 1998
nessuno aveva ancora sentito parlare, perché lo spazio aereo sopra Washington
era ancora considerato inviolabile e a New York si poteva ancora visitare il
World Trade Center. Vero è che allora era più facile far credere al pubblico
che un computer e una linea telefonica potessero fare tutto, anche generare
immagini tridimensionali delle buste dei regali di Will Smith e arrivare a
spiare anche dietro gli angoli ciechi, ma ora che la tecnologia che ci portiamo
in tasca e in borsa ogni giorno, rende le paranoia di Brill una realtà, questo
film era già arrivato a metterci in guardia.
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Può fare il pazzo, il bravo ragazzo, il cowboy oppure l’infame: Mr. Jon Voight! |
Certo, in alcuni passaggi può risultare naif (Pintero che
concede ben sei giorni al protagonista, invece di ucciderlo subito per la VHS
incriminata, ad esempio), ma è il film che ha anticipato temi che sono ancora
all’ordine del giorno, forse oggi più che mai e che si è fatto trovare pronto
quando la rivoluzione digitale stava per cominciare.
suoi talenti era anche quello di stare al passo con i tempi e “Nemico
Pubblico” per lui rappresenta davvero il primo passo nell’era digitale. Ad
esempio, per la fotografia abbandona completamente i fasci di luce che
caratterizzavano i suoi primi lavori e grazie al direttore delle fotografia Daniel
Mindel, rende le immagini immediatamente riconoscibili e più o meno sature a
seconda dell’esigenza narrativa.
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“Tu lo hai visto il finale di True Romance?”, “Io ci recitavo nel finale di True Romance!” |
Le scritte in sovraimpressione già presenti in Top Gun aumentano, i punti di vista
vengono moltiplicati come se fossero ripresi dalle tante telecamere di
sicurezza sparse per le città, il montaggio diventa ancora più complesso e se
il “rivale” Michael Bay non fa mai inquadrature più lunghe di tre secondi, Tony
moltiplica i punti di vista, iniziando a lavorare con più macchine da presa in
contemporanea, lo renderà un’arte. Tony era già nel nuovo millennio, rivedendo
oggi il film è lampante, più chiaro del fatto che qui si parlasse di “Patriot
act” in netto anticipo. Dài, dai suoi documenti scopriamo che uno dei
personaggi del film è nato lo stesso giorno in cui George Stibitz ha dimostrato
che una connessione da remoto, tramite computer e linea telefonica era
possibile, nel 1940, di preciso il giorno 11 settembre. Ora, io non vorrei
passare per complottista sbraitando come Gene Hackman, però di quante prove
avete ancora bisogno?
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“Zio Phil? Posso tornare a Bel-Air con te Carlton, Ashley, Hilary e zia Vivian? Qui è tutto una paranoia” |
La paranoia abbonda in “Enemy of the State”, anzi, riusciva
ad essere paranoico con i cellulari tipo cabina del telefono di allora, inoltre
è un film che è rimasto nell’immaginario collettivo, un po’ perché viene
replicato in tv abbastanza spesso, ma anche perché per anni, ogni servizio al
tg e nei programmi che parlasse di intercettazioni e complotti, pescava le
immagini diretta da Tony in questo film. Sì, poi c’era anche l’album dei Blink
182, “Enema of the State” che lo citava sfottendolo, anche quello parecchio
popolare.
paranoia e l’ansia per il destino del protagonista vanno a braccetto
regalandoci un thriller d’azione dal ritmo invidiabile, ma una menzione
speciale la merita Gene Hackman che è sempre stato uno dei miei preferiti, ma
più lo vedo recitare nei vecchi film, più capisco quanto mi dispiace che si sia
ritirato dalla scene.
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Gene vorresti tornare a fare un bel film Marv… ok, scusa non te lo chiederò più! |
Il suo Brill è paranoico e sempre un passo avanti, Hackman è
una presenza intimidatoria che, però, riesce a risultare un brusco angelo
custode per il protagonista, orgogliosamente “low tech” per altro (neutralizza
temporaneamente le cimici con un pacchetto di patatine, nemmeno fosse lo zio di
MacGyver), con Will Smith mette su una coppia male assortita, uno bianco e
l’altro nero, che riduce ancora di più i gradi di separazione tra il cinema di
Tony Scott e quello di Walter Hill,
infatti la conclusione del film non poteva che essere dedicata a lui e a noi
spettatori che a fine film guardiamo televisori, telefoni e computer con un’aria un po’ più preoccupata.
in auto (quello con sparatoria tra le rotaie dei treni, è girato come si gira
in paradiso) uno meglio dell’altro, davvero non si può chiedere di più ad un
regista che ha fatto di personaggi in corsa contro il tempo, una vera e propria
cifra stilistica, quasi quanto le immagini patinate e gli occhiali da sole. No,
un’altra cosa si potrebbe chiedere, lo schemino della “Scottitudine” per
concludere, perché oggi finiamo qui, ma la rubrica torna con altre roba da spie
tra sette giorni, non mancate!
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Quello che succede se a una appena conosciuta, dite che preferite Ridley. |
Nemico pubblico (1998)
invocar Ridley come il profeta che ha anticipato il coraggioso (e paranoico) nuovo
mondo in cui viviamo ancora oggi. Inoltre, per tanti sarebbe più facile
riconoscere quanto questo film abbia influito anche dal punto di vista
estetico, su molti venuti dopo di lui.
quello lo abbiamo visto in quattro.
cast nutrito (di cui nessuno sostituito da Christopher Plummer) Tony guardava
al futuro, Ridley al passato.
via il computer e disdire la connessione ad Internet, la paranoia vi affligge,
avrete sempre sul fondo della testa, una vocina pronta a ripetervi che tra i
due fratelli, è Tony lo Scott giusto!