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Nightmare 5 – Il mito (1989): la mano (artigliata) sulla culla

Il viaggetto lungo la ridente Elm Street prosegue, alla
vostra destra potrete ammirare il civico numero cinque, costruzione barocca di
fine anni ’80 con un unico precedente inquilino, Stephen Hopkins ma prima di
approfondire… Bentornati ad Elm Street!

Nightmare 4 è
stato un buon successo al botteghino che ha messo per sempre in chiaro che
l’assoluto protagonista della saga è solo e soltanto Freddy Kruger. L’assassino
di Elm Street è passato ufficialmente da uomo nero degli incubi, a Rockstar con
battutaccia ad effetto ad ogni omicidio. La New Line non ha intenzione di
rallentare il ritmo, bisogna battere il ferro finché è caldo e poi i ragazzi
che si sono appassionati a Kruger con il primo capitolo diretto da Wes Craven, ormai sono un po’ cresciuti, quindi la
trama prova a seguire l’andamento.

La sceneggiatura è un rimasticone che mescola le idee per il
soggetto di John Skipp, Craig Spector e Leslie Bohe. La produttrice Rachel
Talalay – che a breve prenderà il palcoscenico di questa rubrica -, nei
contenuti speciali del Blu-Ray definisce [Cassidy inspira forte] A Nightmare on
Elm Street 5: The Dream Child [Cassidy espira forte] come una specie di strana
fantasia maschile sul parto, con tutte quelle rappresentazioni visive
dell’utero materno. Rachel Talalay in quanto fiera rappresentante dell’altra
metà del cielo non può che notarlo, ma anche rivedendolo oggi “Nightmare 5 – Il
mito” (titolo italiano suggestivo ma fuori tema) è davvero strambo, quasi
Freudiano direi.

I titoli di testa del film (scritti con i gessetti colorati)

Ma se la saga di “A Nightmare on Elm Street” ha avuto una costante, è stata quella di essere un trampolino di lancio per una serie di
talenti, magari non per forza nomi eccessivamente famosi, ma tutti registi che
nel tempo ci hanno regalato delle gioie, tra questi, metteteci tranquillamente Stephen
Hopkins.

La zazzera di Stephen Hopkins affronta l’annoso problema delle barriere architettoniche.

Magari il nome non vi dirà molto, ma per quelli come me
cresciuti a cavallo tra gli anni ’80 e i ’90, Stephen Hopkins è, se non un pezzo
di cuore, almeno uno di quei registi che solo a nominarlo, ti spunta il
sorrisone da tempia a tempia, anzi prima o poi questa Bara dovrebbe proprio
occuparsi un po’ della sua filmografia.

Hopkins viene messo sotto contratto dalla New Line Cinema di
corsa, davanti a sé ha circa un anno di tempo da dividere tra riprese e
post-produzione, perché “La casa che ha costruito Freddy” vuole un nuovo
“Nightmare” in sala il prima possibile, il che va benissimo ad Hopkins, perché ha già
firmato con la Fox per dirigere l’anno successivo il fin troppo bistrattato Predator 2.

Il babysitter preferito della famiglia Addams (e di Rosemary Woodhouse)

Insomma, tempi di super lavoro per Hopkins che comunque riuscí a girare il
film senza troppi travagli, ma in fase di post produzione ha dovuto gestire i
complicati effetti speciali (tanti e variegati), ma soprattutto la
malsana idea da parte della New Line di dare al film un taglio, nel senso che
le scene di violenza sono state sforbiciate con più brutalità di quando Freddy
affondava i suoi artigli nei corpi delle sue vittime. Ma come? I fan della saga
non erano cresciuti e pronti a qualcosa di più maturo? Lo spauracchio per una
casa di produzione horror che vuole fare i soldi resta il divieto ai minori,
che taglierebbe fuori dalle sale il vero pubblico di riferimento, l’agnello sacrificale é il film di Stephen Hopkins, affettato e tagliuzzato senza pietà.

Un peccato perché Stephen Hopkins anche qui conferma di
avere un ottimo occhio, ma una produzione frettolosa e i tagli brutali – che
rendono alcuni raccordi tra le scene anche molto poco logici -, sono una zavorra
per questo quinto capitolo, uno dei meno amati della saga. Vuoi forse anche per
il ritorno di Alice (non più rossa ma bionda), ma “A Nightmare on Elm Street 5:
The Dream Child” con il suo titolo che ricorda quello di un album Heavy Metal, tende a venire spesso confuso con il capitolo precedente, oppure ricordato solo
per essere quello con il figlio di Freddy. Ricordate quando nel secondo capitolo Kruger abbracciava
idealmente tutti, come suoi figli? Ecco qui asseconda sul serio il suo bisogno
di paternità.

Siamo tutti figli di Freddy, ma lui più degli altri.

Sui titoli di testa ritroviamo Alice (Lisa Wilcox) impegnata
in attività da letto, un po’ di “mambo del materasso” ultra casto seguito da
inevitabile doccia, che a ben guardarla ricorda un po’ una pubblicità popolare negli anni ’80. No, non quella della Saratoga con la donna
nuda! E datevi una calmata state con la bava alla bocca! Dico quella della Zucchetti, con l’idraulico
impegnato a mettere un rubinetto su ogni zampillo d’acqua. Però considerando
che il box doccia finirà per riempirsi di acqua con Alice chiusa dentro, forse si avete ragione, ricorda anche un
po’ la pubblicità della Saratoga.

“Ho visto Psycho. le docce sono posti pericolosi…
… Meglio fare il bagno!”

L’incubo di Alice non è solo di natura idraulica, la notte
sogna la madre di Kruger, la suora rimasta intrappolata nel reparto
psichiatrico e violentata da diecimila maniaci (di cui uno interpretato da Robert
Englund senza trucco sul volto), il momento in cui il male conosciuto come
Freddy è stato concepito. Sul perché Amanda Kruger nel suo abito da suora, vada
in giro con un cartellino appuntato sul petto con su scritto “Amanda Kruger”,
non voglio nemmeno saperlo. Temevano che i fan della saga non riconoscessero un
personaggio chiave della mitologia di Elm Street? Oppure era per distinguersi
dai pazzi che di solito sul cartellino scrivono “Napoleone”?

Two Thousand Maniacs anzi 2001 Maniacs (dove per altro recitava il buon vecchio Robert)

Sta di fatto che la scena termina con il “bubusettete”,
Alice si sveglia solo per trovare Freddy nell’altra metà del letto e sullo
specchio, scritto con il rossetto la scritta: «Benvenuta nella maternità». Ok, è vera
solo la prima parte di questa frase, ma il senso non cambia, il figlio di
Freddy cresce nel grembo di Alice… Immacolata concezione! Solo che decideranno
di chiamarlo Jacob, anche se Immacolato Kruger secondo me suonava piuttosto
bene.

Baby Yoda Freddy (un po’ meno carino del suo verde collega)

Stephen Hopkins ci dà dentro con le apparizioni oniriche
della suora Amanda Kruger, al posto del Fantozziano arcangelo Gabriele (ad
annunciare la sua prossima maternità). Invece a fare la sua spettacolare entrare in scena
davanti alla vetrata di una chiesa, ci pensa il nostro Freddy (il solito gongolante e
divertito Robert Englund) che annuncia «È un bel maschietto!», in originale la
sua «It’s a Boy!!» è diventata mitica.

Freddy Krueger’s Baby – Nastro azzurro ad Elm Street

Quando Kruger entra in azione poi, tutti gli amici di Alice
ne pagano le spese, peccato che i pesanti tagli voluti dalla New Line abbiano
di molto smorzato i toni, a ben guardare anche molti doppi sensi sono spariti, compresa una
battutaccia sul “sesso sicuro”, in una delle scene in cui l’artigliato
assassino compariva nel letto di Alice.

Quello che resta sono sostanzialmente tre grandi omicidi
piuttosto coreografici prima del gran finale, che poi a dirla tutta sono anche
i motivi per cui [Cassidy inspira forte] A Nightmare on Elm Street 5: The Dream
Child [Cassidy espira forte] viene identificato nel mucchio dei seguiti, non
potete sbagliare, oltre al piccolo feto con la faccia di Kruger, questo è il
capitolo con la morte del ragazzo-moto, con la tipa nutrita a morte e
con l’omicidio del ragazzo-fumetto. Insomma un pasticcio disorganizzato.
La travagliata morte stradale di Dan (Danny Hassel), comincia con Freddy impegnato ad insegnare al ragazzo l’importanza delle cinture di
sicurezza per non finire sparati fuori dal parabrezza (l’assassino utilizza una delle
sue braccia “allungabili”, non chiedetemi il perché), ma poi continua con Dan in
motocicletta che finisce progressivamente per “fondersi” con cavi e tubi del suo mezzo,
diventando un urlante orrore Cyberpunk, non dico proprio in stile Akira, però almeno Body Horror che tende a farsi notare. Una scena barocca quanto volete ma ben diretta da Stephen Hopkins, anche se visibile per intero solo nella versione non censurata del film.

David Cronenberg da qualche parte in Canada approva.

La morte di Greta (Erika Anderson) invece, anticipa anni di
cuochi e chef televisivi impegnati a brutalizzare concorrenti per non aver
saputo abbinare il sale dell’Himalaya allo sformato di uova di cormorano, quelli che
ormai infestano i nostri palinsesti televisivi. Gli Chef televisivi, non i cormorani. Anzi a dirla tutta riprende un
terrore ancora più ancestrale che tutti noi abbiamo provato nella nostra vita: il pranzo
con i parenti!

Cucina da incubo (Cannavacciuolo levati, ma levati proprio)

Greta si addormenta a tavola, non è dato sapere se per
l’ennesima barzelletta che non fa ridere di zio Vincenzo, oppure per la
dodicesima fetta di polpettone rifilato dalla nonna al grido di «Sei sciupata!
Mangia! Mangia!!». Freddy compare vestito da cuoco e rimpinza la ragazza a
morte, insomma come qualunque pranzo di Natale in famiglia, solo meno
truculento di quello che Stephen Hopkins avrebbe voluto, visto che la parte con
le budella a vista della ragazza, è stata sforbiciata al grido di: Stephen,
devi lasciare la cucina di Master Chef.

Provate a dire di cosa è grande appassionato Stephen Hopkins? Bravi, fumetti (storia vera). Come avete fatto ad indovinare?

La morte di Mark (Joe Seely), l’appassionato di fumetti
invece, vede il ragazzo addormentarsi durante la lettura e pronto a
trasformarsi anche lui in un fumetto, con un effetto che ricorda un po’ quello
del video di Take on me degli A-ah.

Take me on (take on me) / I’ll be gone, in a day or two.

Mark da buon nerd, dimostra di aver visto Nightmare 3, quindi cerca di sfidare
Freddy usando nei sogni i suoi poteri speciali, che per un appassionato di
fumetti non posso che voler dire trasformarsi in una sorta di super eroe
pesantemente armato. Ma contro una pacchianissima versione di Super-Freddy,
potenziato dal suo fichissimo (almeno per un bimbo degli anni ’80 come me)
Skate-Board con artigli, mi dispiace Mark, non hai proprio speranza.

É un uccello Jason? É un aereo Michael? No, è Superman Super-Freddy.

Per il finale bisogna inventarsi qualcosa, quindi dopo aver
assistito impotente alla mattanza dei suoi amici, Alice dal ginecologo ha un
momento di illuminazione: Gli androidi sognano pecore elettriche? I
bambini nell’utero sognano? Quindi capisce che bisogna fermare Freddy, anche se
Jacob ormai ha una forma ed anche un attore ad interpretarlo: gli occhi
spiritati di Whit Hertford, non potete dimenticarlo, era il bambino che Sam
Neill terrorizzava descrivendo le tecniche di caccia dei Velociraptor in Jurassic Park.

“Il punto è che sei ancora vivo, quando comincio ad affettarti” (quasi-cit.)

Il finale di [Cassidy inspira forte] A Nightmare on Elm
Street 5: The Dream Child [Cassidy espira forte] non mi ha mai convinto molto, Stephen
Hopkins ha l’intuizione giusta, ovvero quella di portare in scena le celebri scale
di Escher, ma non ha il budget e il tempo necessario per coreografare per bene
la scena, che purtroppo non risulta riuscita come avrebbe potuto essere, andando sotto
bevendo dall’idrante contro Labyrinth,
uscito solo una manciata di anni prima, ma decisamente più memorabile.

La vita è fatta a scale, c’è chi scende e c’è chi sale.

“Nightmare 5 – Il mito” è molto orientato a fare sfoggio dei
suoi effetti speciali orgogliosamente vecchia scuola, tanto che metà dei
contenuti speciali del Blu-Ray sono tutti dedicati a questa argomento. Ma poi a
colpirmi davvero, sono le tante rappresentazioni proto-uterine di cui il film è strapieno, che fanno sembrare lo strano ritorno al mondo di Freddy, una puntata speciale di “Siamo
fatti così”, dedicata al concepimento di una delle più grandi icone del cinema
Horror ok, ma comunque con un risultato molto bizzarro. Se il film fosse uscito qualche anno
dopo, avrebbe almeno potuto contare sulle musiche dei Nirvana dal loro album
“In Utero” (1993), tanto per restare in tema, ma tutto sommato ci è andata bene, nel film si sente anche
l’azzeccata “Bring Your Daughter… To the Slaughter” degli Iron Maiden. Ci possiamo accontentare, almeno dal punto di vista musicale.

Insomma il Nightmare di Stephen Hopkins è un film a cui
hanno tarpato le ali, piuttosto bizzarro nel rappresentare la fissazione
paterna di Freddy, ma anche il primo capitolo della saga a chiudere al terzo posto al
botteghino nel primo fine settimana di programmazione in patria. Rispetto ai
suoi fratellini un mezzo disastro, che pretendeva un cambio epocale per il
capitolo successivo, per tornare ad incassare sarebbe stato necessario un tema forte in grado di attirare
il pubblico, ma di questo ne parleremo presto, sempre da queste parti lungo Elm Street!

Intanto vi ricordo lo speciale del Zinefilo dedicato a tutti i film di Nightmare!

Non perdetevi nemmeno la pagina dedicata alla rubrica su Nightmare di questa Bara, con questa meraviglia creata da Quinto Moro.

“Venite a trovarci, e buoni incubi a tutti!”
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