Prima o poi la fine arriva per tutti. Anche se nei film della sua saga, abbiamo visto che niente può uccidere davvero Freddy Krueger, ad esclusione di una forza potentissima: gli scarsi incassi del quinto capitolo.
Si perché dopo il modesto risultato al botteghino di Nightmare 5 – Il mito, la New Line cinema aveva capito l’antifona, Freddy non era l’equivalente di James Bond nel cinema horror, la sua saga non era destinata a continuare eternamente, quindi l’unico modo per spremere il limone per un’ultima volta con gran forza, era organizzare per l’assassino di Elm Street una morte gloriosa sul grande schermo, che per essere tale, avrebbe dovuto essere per forza in tre dimensioni.
Alla ricerca di una storia che fosse la degna conclusione del personaggio che ha segnato tutte le fortune della New Line, la casa di produzione si affidò a sceneggiatori giovani, per pagarli poco? Forse. Uno dei primi, un ragazzotto neozelandese con esperienza negli horror, che bazzicava tutte le case di produzione proponendo la sua idea di un film su King Kong. Peter Jackson sarebbe arrivato a dirigere il secondo più grande campione d’incassi della New Line Cinema, ovvero “Il signore degli Anelli”, ma prima si è visto rifiutato il suo soggetto per [Cassidy inspira forte] “A Nightmare on Elm Street Part 6: The Dream Lover” [Cassidy espira forte], un ribaltamento di fronte in cui un indebolito Freddy, veniva bullizzato dagli adolescenti di Springwood. Non si scherza con il Karma!
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«Ho aspettato tanto la mia occasione, ed ora proprio il film in 3D mi tocca dirigere!» |
Eppure la New Line non aveva bisogno di cercare troppo lontano, avevano già la soluzione ai loro problemi in casa e rispondeva al nome di Rachel Talalay, che come produttrice aveva collaborato a tutti i film della saga di Nightmare dal terzo capitolo in poi, ed inoltre aveva appena terminato di produrre “Cry baby” (1990) di quel geniale matto di John Waters. L’idea della Talalay era un film corale intitolato [Cassidy inspira forte] “A Nightmare on Elm Street Part 6: The Dream Police” [Cassidy espira forte], con Jacob, l’adolescente figlio di Alice del capitolo precedente, alle prese con i vecchi guerrieri del sogno, di nuovo in lotta contro Freddy.
Eppure la New Line cinema non era ancora convita, voleva a tutti i costi qualcosa di più definitivo, senza riuscire a trattenersi dalla tentazione di raccontare le origini di Freddy Krueger, che poi io mi chiedo ma perché? Il male non fa più paura quando semplicemente esiste? Nella storia del cinema gli esempi non mancano: Hannibal Lecter, Darth Vader e anche Michael Myers, quando hanno voluto raccontarci per forza le loro origini, non è andata proprio benissimo!
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Perché raccontare la storia dell’uomo dietro alla maschera? Perché dico io!? |
Ma nemmeno Rachel Talalay armata di santa pazienza, ha trovato il modo di far ragionare i vertici, gli input erano decisi: nel film devono essere narrate le origini del personaggio, deve essere in 3D e avrà un titolo ad effetto, qualcosa in grado di attirare il pubblico come “Freddy’s Dead: The Final Nightmare”, da noi in uno strambo Paese a forma di scarpa ridotto al più semplice “Nightmare 6 – La fine”.
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Mettiamola così, il film mantiene le promesse del titolo. |
Rachel Talalay rientra anche lei nella lista dei registi lanciati dalla saga di Freddy Krueger, la sua filmografia cinematografica è stata breve ma intensa, anzi non stupitevi se prossimamente la vedrete rispuntare su questa Bara con qualcuno dei suoi film. Anche se ultimamente Rachael si è dedicata quasi esclusivamente alla regia delle serie televisive, il più delle volte portando grande qualità. L’abbiamo vista dirigere puntate di Sherlock, ma anche uno dei migliori episodi dell’era recente del Doctor Who (9×11 Heaven Sent).
Quindi senza la minima pressione addosso, Rachel Talalay si ritrova a dirigere un film su cui la casa di produzione ha puntato tutto, con parecchi paletti ben piantati nel terreno e uno spazio di manovra abbastanza ridotto, in cui la Talalay ha saputo infilare di straforo l’unico spunto che le interessava per davvero: Twin Peaks.
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Lo dico sempre che nelle cittadine di provincia succedono i fatti più strani. |
Per sua stessa ammissione (lo dichiara anche nei contenuti speciali del blu-ray del film) in quel periodo Rachel Talalay era in fissa con la serie creata da David Lynch e Mark Frost, quindi per la cittadina di Springwood e i suoi bizzarri abitanti, ha voluto qualcosa in stile Twin Peaks ma con l’aggiunta di svariate influenze “oniriche” ispirate al classico “Carnival of souls” (1962). Sarà, ma più che una piccola comparsata di una sciroccata Roseanne Barr, nei panni di una madre che ha perso i figli (e la sanità mentale) nella cittadina di Springwood, dal film non arriva altro, anche se bisogna dirlo, Springwood trasformata in una sorta di città fantasma senza più nemmeno un bambino, grazie al buon occhio di Rachel Talalay, risulta essere uno dei momenti più azzeccati del film. Almeno insieme a quando Freddy dichiara che ovunque si trova una Elm Street, quello invece rientra di sicuro tra le scene più memorabili di tutta la saga.
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A Roseanne Barr è stato chiesto di Lynchare, di Lynchare forte! |
“Nightmare 6 – La fine” comincia nel vivo dell’azione, con la fuga disperata dell’unico sopravvissuto al massacro di Freddy, un ragazzo senza identità e memoria convinto di essere il figlio dell’assassino. L’inizio prevede una scena in aeroplano che sembra un omaggio al classico L’aereo più pazzo del mondo e si conclude con Freddy Krueger in volo su una scopa, conciato come la perfida strega dell’Ovest. Siamo sicuri che tra i tanti paletti imposti dalla produzione, Rachel Talalay non avesse anche tra le postille del suo contratto, magari tra quelle scritte in piccolo: il film deve contenete almeno un’inevitabile citazione a “Il mago di Oz” (1939)?
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Inevitabile citazione al mago di Oz? Fatto! |
Lo smemorato di Collegno John Doe (Shon Greenblatt) viene rispedito di corsa (letteralmente!) tra le braccia della psicologa Maggie Burroughs (Lisa Zane, sorella maggiore di Billy), responsabile della gestione di alcuni ragazzi dal passato tormentato, che saranno l’occasione perfetta per Freddy per tornare a Springwood. Perché giustamente, se hai per le mani un gruppo di adolescenti vittime di maltrattamenti, perché non organizzare una bella gita nella cittadina con più alto numero di ragazzini morti ammazzati d’America? Pagina uno del manuale degli incipit narrativi ridicoli di psicologia.
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La psicologa del film, che in Italiano “parla” con la voce (doppiata) della psicologa di Robocop 2. |
Il desiderio di Rachel Talalay di fare qualcosa alla “Twin Peaks”, stona un po’ con il trucco sul volto di Robert Englund, gigione più che mai come nella scena dell’autobus («Non lo sai che è vietato urlare al conducente?»), ma fiaccato dalle infinite ore passate in sala trucco. Ecco perché in questo capitolo, nelle scene flashback sul passato di Krueger, Englund è finalmente libero di recitare senza trucco, mentre quando deve vestire i panni del suo personaggio più famoso, lo fa con sul volto, un make-up alleggerito, che però non mi ha mai convinto molto, non solo perché fa sembrare la faccia di Freddy rinsecchita, ma anche perché risulta davvero troppo distante dalle bruciature sul volto viste nei film precedenti. Insomma, aria di ultimo giorno di scuola anche per il reparto trucco.
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Sembro io quanto sto al sole più di cinque minuti. |
Quando poi Freddy comincia ad uccidere il gruppetto di adolescenti, lo fa nel modo più caciarone ed esagerato possibile, nel corso dei film della saga Krueger è diventato sempre più l’attrazione principale, “Nightmare 6 – La fine” rappresenta l’apice della sua trasformazione in cartone animato violento umanoide. Ogni nuova morte è sopra le righe, quando Freeddy uccide Carlos (Ricky Dean Logan), il ragazzo con l’apparecchio acustico, Englund pare uscito da uno di quei vecchi cartoni di Mel Blanc, lo vediamo graffiare la lavagna con gli artigli, oppure lanciarsi in freddure del tipo «Prestami orecchio», il tutto prima di completare l’opera con tanto di battuta comica finale («Complimenti! Bell’acuto, Carlos!») ormai come un comico consumato. Divertente, ma la sensazione è un po’ quella di stare guardando The Mask in salsa horror, quindi più vicino al fumetto originale che al film con Jim Carrey.
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«Lo vuoi sentire il rumore più fastidioso del mondo?» (cit.) |
Rachel Talalay cerca di tenere il passo, ma quando la sceneggiatura che ha per le mani le chiede di dirigere personaggi che vanno in acido e che finiscono a saltellare dentro un videogioco, semplicemente si adatta e porta il livello della caciara a undici, come l’amplificatore degli Spinal Tap. Infatti in una scena particolarmente “acida” parte anche la classica “In-A-Gadda-Da-Vida” degli Iron Butterfly, giusto per non farci mancare davvero niente.
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Dicono che i videogiochi fanno male, ma qui si esagera! |
Quando dico niente, intendo proprio niente, Rachel Talalay riesce a spuntare dalla “lista di cose da fare” ricevuta dalla New Line, anche la voce: «Fai tornare Johnny Depp, che al pubblico piace». Lo fa facendo comparire Depp in una minuscola apparizione durante un finto spot televisivo, senza alcun legame con il suo ruolo nel primo capitolo della saga, ottenuta solo perché la Talalay aveva appena prodotto “Cry baby”, dove Depp era il protagonista. Possiamo muovere ogni accusa a Rachael, ma non quella di non essere aziendalista, se le affidi un compito, lei lo porterà a termine!
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L’apparizione di cui nessuno sentiva il bisogno. |
La morte da cartone animato più clamorosa resta quella di John Doe, che come Willy il coyote precipita senza paracadute per cercare di rivelare a Maggie Burroughs quello che il pubblico aveva già capito da circo quaranta minuti, anche perché il continuo sognare un giovane Krueger della psicologa è un indizio bello grosso su chi sia il personaggio davvero imparentato con Freddy.
Attraverso questi onirici flashback, Rachel Talalay può raccontarci scorci del passato di Freddy Krueger, lo vediamo già da bambino tra i banchi di scuola, mostrare segni di manifesto sadismo («Krueger è un maniaco! Krueger è un maniaco!») e di come crescendo non sia migliorato, anche perché quando tuo papà è uno che risponde al nome di Alice Cooper, qualche turba emotiva potresti anche accumularla durante la crescita.
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Welcome to my nightmare, I think you’re gonna like it (Cit.) |
La piccola comparsata di Alice Cooper mi esalta abbastanza ogni volta, anche se non mi distrae dal dettaglio che per quanto potente come scena, trovo abbastanza improbabile che un assassino seriale come Krueger possa sposarsi, avere una bambina e vivere in una bella villetta con steccato bianco, ma allo stesso tempo nascondendo le sue vittime nel seminterrato. Insomma posso comprendere che quella scena sia frutto dei ricordi un po’ confusi di Maggie, però non credo che aggiungere questi tipo di dettagli sul passato del personaggio fosse davvero così importante.
A proposito di dettagli infilati giù per il gargarozzo alla storia (e agli spettatori), vogliamo parlare di demoni dei sogni? Mai citati in nessuno dei film precedenti, qui ci vengono venduti come i veri responsabili dei poteri di Krueger dopo una frettolosa spiegazione snocciolata al volo dal mitico Yaphet Kotto, il veterano di tanti film nel più classico dei ruoli ingrati.
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Non pago di aver spiattellato tutto, Freddy comincia a spiegare la trama del film usando i disegni. |
Una cosa di certo non si può criticare a “Freddy’s Dead: The Final Nightmare”, una coerenza adamantina nel mantenere la sua promessa, scandita a chiare lettere fin dal titolo del film: alla fine Freddy muore. Alla faccia dell’ansia da Spoiler che attanaglia il mondo.
Lo fa nel modo più ridicolo possibile, trascinato fuori nel mondo reale, Freddy diventa “toccabile” (perdonatemi la citazione ad un film di De Palma, non ho saputo resistere), quindi Maggie può pugnalarlo con il suo stesso guanto (gli americani direbbero “Poetic justice”) per poi farlo esplodere con un candelotto di dinamite proprio come… Beh un cartone animato.
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«Sei stato un padre assente! Sempre nel mondo dei sogni!» |
In tutto questo l’utilizzo del 3D è del tutto funzionale alla messa in scena (datata e oggi parecchio risibile) dei demoni dei sogni animati a passo uno. Eppure non ne faccio una colpa a Rachel Talalay, che nel film ha saputo giocarsi l’imposizione della dimensione aggiuntiva nel modo più giocoso possibile, anticipando certe trovate meta cinematografiche che diventeranno la base del prossimo capitolo di questa rubrica dedicata all’assassino di Elm Street.
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Ci sono Elm Street ovunque, in tutte le cittadine d’America. |
Quando Carlos all’inizio del film disattiva il suo apparecchio acustico, di fatto “spegne” anche l’audio del film, ma allo stesso modo la regista trova un modo gustoso di far indossare al suo pubblico i caratteristici occhialetti con le lenti rosse e blu, proprio quando nel film sono gli stessi protagonisti a farlo. Il cinema 3D non è una novità, era stato lanciato come la rivoluzione negli anni ’50 senza esserlo poi per davvero, negli anni ’80 è tornato alla ribalta (sto pensando a “Lo squalo 3” del 1983) e periodicamente ritorna, dopo una mano di bianco e una sistemata, come la nuova, nuovissima novità, chi ha detto “Avatar”? Ho sentito qualcuno dire “Avatar”. Ma di fatto come ha detto il Maestro John Carpenter il 3D è solo una cazzata, che serve a giustificare il costo più alto del biglietto, ma se non altro Rachel Talalay, forse consapevole della quasi completa inutilità della terza dimensione, ha saputo giocarsela in maniera più spiritosa di altri suoi colleghi.
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Invitiamo i gentili spettatori ad indossare gli occhiali… Ora! |
I titoli di coda del film poi, sono stati montati da Rachel Talalay raccogliendo insieme tutti gli omicidi più memorabili di Freddy, pescati dai film della saga sulle note di un pezzo scritto da Iggy Pop apposta per il film, “Why Was I Born (Freddy’s Dead)”. Canzone che ha battuta la concorrenza, si perché anche Lisa Zane, cantante oltre che attrice, si era proposta per comporre un pezzo del film, ma la New Line ha preferito avere a bordo un nome di richiamo come il vecchio Iggy. Io l’avrei fatto fare ad Alice Cooper, così avrebbe completato l’opera, dopo il pezzo dedicato a Jason Voorhees.
“Nightmare 6” sarà stato anche la fine, tenendo fede al titolo, ma non è la fine di questa rubrica, Freddy Krueger tornerà a trovarci, così come il suo creatore Wes Craven, quindi restare da queste parti, Svoltando a sinistra lungo Elm Street, ci ritroveremo nuovamente su Craven Road, non mancate! Intanto vi ricordo lo speciale del Zinefilo dedicato a tutti i film di Nightmare!
Non perdetevi nemmeno la pagina dedicata alla rubrica su Nightmare di questa Bara, con questa meraviglia creata da Quinto Moro.
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«Venite a trovarci, e buoni incubi a tutti!» |