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Nightmare – Nuovo incubo (1994): uno, due tre, Freddy sta (metanarrativamente) tornando da te

Bisogna fare attenzione ai tipi loschi che s’incontrano ai crocevia di due strade ed oggi che Elm Street torna ad incrociarsi con Craven Road, mi sembra anche naturale ritrovare il ghigno da Stregatto di Wes Craven.

Tra la notizia della definitiva (fino alla prossima) morte di Freddy Krueger e la strategia pubblicitaria basta sull’utilizzo del 3D, Nightmare 6 – La fine porta a casa bei soldoni, tanti bei bigliettoni verdi che Wes Craven poteva vedere soltanto in fotografia. Sì, perché il maestro di Cleveland le ha tentate tutte per dimenticare Elm Street e il fatto che i tipi della New Line stessero facendo soldi a palate senza di lui, ha persino tentato di creare il suo Freddy 2.0, ma con Horace Pinker non è andata troppo bene.

Quando si tratta di Wes Craven che parla di Wes Craven, ricordatevi sempre: zio Wessy amava molto romanzare i fatti che lo vedevano come protagonista e non è un caso se proprio in questo nuovo capitolo di “Nightmare” lo ritroviamo con quel suo ghigno da Stregatto nella parte di se stesso, ma andiamo per gradi, prima bisogna affrontare le voci messe in giro, quindi vi riporto la leggenda, come viene ancora narrata.

«Salve sono Wes Craven, il protagonista della rubrica della Bara Volante su Wes Craven» (meta-blogging!)

Robert Shaye sente dire in giro che Wes Craven non è contento del trattamento ricevuto dalla New Line, strano! Zio Wessy ha passato solo gli ultimi dieci anni dall’uscita del primo film a lagnarsi! Sta di fatto che i due si parlano, trovano terreno comune (aprite il libro alla voce: “Soldi”) e si decide che dopo aver fatto dirigere un “Nightmare” a chiunque, ora i tempi sono maturi per il ritorno del papà di Freddy Krueger.

Nel film ci scherzano, ma secondo me l’ufficio di Robert Shaye è davvero così.

Posso fare la parte del cinico per un momento? Se volete sapere la mia, Robert Shaye ha guardato il suo calendario da scrivania (che mi immagino parte dell’infinito merchandising sfornato negli anni su Freddy) e ha realizzato che il primo decennale del film era alle porte, la popolarità del personaggio stava scomparendo e quindi anche le idee più bizzarre di zio Wessy potevano andare bene, pur di sfornare un nuovo Nightmare con il nome di Craven in locandina (infatti il film s’intitola “Wes Craven’s New Nightmare”).

Il film è meglio dei titoli di testa, questo possiamo dirlo.

Craven, infatti, che cosa fa? Ripesca quella sua vecchia idea che si era visto respingere ai tempi di Nightmare 3 (da cui arriva anche l’idea del pericoloso attraversamento stradale, proposta, ma tagliata nel 1987), ovvero un soggetto meta narrativo che, ovviamente, questa volta Robert Shaye accetta con entusiasmo, vi ho già detto che sono cinico, vero? Ok, andiamo avanti.

A questo punto Wes Craven, da buon amante del cinema colto e impegnato, con ancora “I protagonisti” (1992) di Robert Altman negli occhi (film dove molti attori famosi interpretano la parte di loro stessi) prende l’agenda e chiama la sua Nancy, l’attrice Heather Langenkamp, i due s’incontrano a casa di Craven, chiacchierano del più e nel meno, ma soprattutto del problema che affligge la vita di Heather, perseguitata da un fan troppo invadente, un vero e proprio stalker che ha a lungo reso un vero incubo la sua vita, altro che Freddy Krueger. Qualche mese dopo, Craven torna a bussare alla porta di Heather Langenkamp, per proporle un ruolo da protagonista nel suo nuovo film, la parte da interpretare? Quella di Heather Langenkamp.

L’ultima volta dalla cornetta cicciava fuori una lingua viscida. Zio Wessy gioca con le aspettative del pubblico.

Craven è convinto che essendo passati dieci anni dal primo Nightmare, anche i ragazzi terrorizzati da Freddy di allora siano cresciuti, quindi punta a fare un titolo più adulto dedicato a loro, ma secondo me l’uso del genitivo sassone nel titolo non è solo un modo per ribadire al mondo che il maestro di Cleveland è tornato, ogni volta che vedo un regista utilizzare il genitivo sassone in quel modo penso a Carpenter (lo so, ne sono ossessionato più dello stalker con Heather Langenkamp), Craven con questo “nuovo incubo” fa un lavoro molto simile a quello che Carpenter avrebbe fatto solo due anni dopo con Fuga da Los Angeles.

Craven qui firma un film metanarrativo esplicito, che parla (anche) della realizzazione degli horror, con continui riferimenti alle favole classiche (che poi sono i primi veri racconti dell’orrore), in cui gli attori interpretano loro stessi e al picco della confusione tra realtà e finzione, cominciano a chiamarsi tra di loro usando i nomi dei loro personaggi (come accade tra Heather Langenkamp e John Saxon, padre e figlia, ma solo nella finzione del film).

Papà John Saxon e sua figlia Nancy Langenkamp, ehm, vabbè… Avete capito il gioco, no?

Carpenter è un pochino più sottile, il suo Fuga da Los Angeles diventa metanarrativo solo dalla partita di basket in poi e smaccatamente solo nell’ultima inquadratura, ma, a ben guardarli, entrambi i film sono stati accusati negli anni di avere una messa in scena non proprio impeccabile (specialmente quello di Carpenter e la sua scena di surf) e a loro modo entrambi utilizzano i terremoti come elemento narrativo, Giovanni Carpentiere con il “Big One” che separa la California dal resto del Paese, Craven con i continui terremoti, un metaforone scritto con il pennarellone a punta grossa, per sottolineare i tentativi di Freddy di ritornare, salvo che negli ultimi giorni di riprese di “Nightmare – Nuovo incubo”, la produzione ha dovuto fare i conti per davvero con un terremoto piuttosto grosso (storia vera), un caso di arte che imita la vita che imita i movimenti sismici pensati da Craven.

In entrambi i film, i due Maestri dell’Horror cercano di liberare i loro personaggi più famosi dallo schema (cinematografico) in cui erano incastrati ed utilizzano i loro film per lanciare un monito: quello di Carpenter è uno sguardo al futuro del cinema, un modo per mettere in guardia tutti sulla logica dei seguiti (e dei remake, e dei reboot) a tutti i costi che non fanno altro che riproporre sempre la stessa storia, nel suo caso, la stessa fuga di Jena Plissken.

Robert Englund senza trucco fa quasi più paura.

Craven, invece, qui conferma tutta la sua vena più autoriale, fornendo a noi fanatici di film horror una risposta colta e ragionata (il tipo di ragionamento che potrebbe arrivare solo da un ex insegnante laureato in filosofia e psicologia e prestato al cinema per pura passione) per cui i film horror sono una finestra aperta sugli istinti umani, quelli che esistono e non possiamo fermare perché se repressi, non possono che fare più danni. Per questo secondo il professor Craven, i film horror sono così importanti, perché permettono di sfogare nell’immaginario alcuni istinti, ma anche ad affrontare alcune paure, come quella di un ammiratore troppo pressante per Heather Langenkamp.

In “Nightmare – Nuovo incubo” Freddy Kruger rappresenta paure e bassi istinti che cercano di tornare nella realtà, aver smesso di fare film su di lui dal 1991 è stata una sorta di censura, per Craven il suo nuovo incubo è un monito ai censori, d’altra parte da un iconoclasta come lui, non mi sarei aspettato certo di meno.

«Bentornati allo show di Freddy figli miei!»

Quello che colpisce di “Wes Craven’s New Nightmare” è un soggetto di base incredibilmente affascinante che, per altro, permette a tutti i fan di questa saga, di vedere tutti i propri beniamini interpretare la parte di loro stessi, un po’ come un grande incontro con i fan ad una fiera di cinema horror, però direttamente sul grande schermo o sulla poltrona di casa. Purtroppo, la sceneggiatura di Craven non è articolata e curata quanto il suo brillante spunto iniziale, superato l’entusiasmo di vedere Robert Englund con gli occhialini da sole stilosi che nel tempo libero fa il pittore mentre riflette sulla popolarità acquisita, oppure Heather Langenkamp con un marito esperto di effetti speciali e un figlio (fotocopia di quelli reali che hanno declinato l’offerta di apparire nel film), quello che resta è un altro “Nightmare” con una Heather cresciuta ancora una volta impegnata nel ruolo della “Final girl” di turno.

Quello che forse manca a “Wes Craven’s New Nightmare” è un finale potente quanto quello di Fuga da Los Angeles, uno stacco netto tra realtà e finzione che, però, forse Craven nemmeno cercava, perché va detto che il maestro di Cleveland, quando decide di mescolare realtà e finzione, lo fa alla grande e senza prendere prigionieri.

Freddy fa concorrenza a Lionel Richie, in versione Dancing on the ceiling.

Il suo film inizia con una scena fotocopia di quella del primo Nightmare, le mani di Krueger intente a costruire un nuovo guanto artigliato (questa volta con cinque artigli invece di quattro) è l’inizio del film, ma anche l’inizio del film nel film, sì, perché pronti via, senza nemmeno i titoli di testa, ci porta subito sul set del nuovo Nightmare diretto da Craven (brillantemente interpretato da Wes Craven), quasi come se fosse il dietro le quinte di uno dei suoi film.

“Nightmare – Nuovo incubo” ha tutto per affascinare anche gli spettatori che non hanno mai visto nessuno dei precedenti sei film della saga, Freddy Kruger qui è talmente un’entità spesso solo citata che, per assurdo, chiunque potrebbe guardare questo film, senza nemmeno aver mai visto il volto (ustionato) del personaggio che ha reso famoso Robert Englund. Craven ci porta idealmente nelle vite degli attori, mostrandoci un dietro le quinte finto, ma non più di certe interviste rilasciate in fase di promozione di alcune pellicole, ricordate la regola aurea: mai credere alle affermazioni degli attori sul loro prossimo film in uscita!

Poi piano piano inclina il pavimento sotto i piedi degli spettatori sempre di più, per farci scivolare tutti, giiiiiiù in un horror classico che termina come le fiabe che Heather racconta al figlio prima di dormire, con un forno (dove bruciare una strega, qui ben rappresentata da Freddy), in quella che è una riuscita discesa all’inferno con successivo ritorno a casa. Infatti, nell’ultima scena Craven chiude il cerchio e questa volta la favola da leggere al piccolo Dylan, è la sceneggiatura del film, con tanto di dedica di zio Wessy alla sua protagonista («Grazie per aver avuto il coraggio di interpretare Nancy ancora una volta»).

«Perché non ho letto tutta la sceneggiatura! Chissà se io mi salverò alla fine!»

Ecco quindi che Robert Shaye ci porta nel suo ufficio strapieno di merchandising su Freddy, John Saxon viene richiamato alle sue responsabilità di padre cinematografico e Wes Craven è quello che gongola più di tutti, lui che ha sempre avuto la propensione a romanzare se stesso, qui può anche interpretarlo, non a caso è il demiurgo della storia, che non perde occasione per cantarsela e suonarsela, il demone Freddy Kruger ha preso le sembianze che lui aveva descritto nel film del 1984, perché la storia a detta di Craven (impegnato a darsi meritate pacche sulle spalle da solo) era molto buona, di fatto è lo stesso zio Wessy a spiegarci le regole del suo film horror, anticipando i Randy che verranno nella sua filmografia, perché dopo un film così, era naturale che il passo successivo della carriera di Wes sarebbe stato puntare tutto sull’intrattenimento metanarrativo con “Scream”, in fondo Craven aveva iniziato a rendere più sottile la parete tra realtà e finzione già da tempo, il suo è stato un lungo corteggiamento con questo tema.

Con “Nuovo incubo”, Wes Craven mette su un affascinante gioco di specchi cinematografico, in cui tutto deve risultare posticcio, a partire dal nuovo aspetto di Freddy Krueger che, lo ammetto candidamente, non mi è mai piaciuto, quel cappellaccio verde lo fa sembrare un pensionato al mercato, il guanto è un po’ troppo “plasticoso” per i miei gusti così come il trucco sul volto di Englund che più che ad un’ustione fa pensare a pelle lacerata (forse nello sforzo di rientrare nel nostro mondo?), però devo avere uno straccio di onestà intellettuale, se posso dichiarare che la scena del surf carpenteriana è pacchiana, ma del tutto funzionale al messaggio che il regista voleva comunicare, devo riconoscere la stessa attenuante anche al trucco di Krueger.

Visto così, sembra uno di quei tipi loschi da evitare, specialmente quando si aggirano nei parchi la sera.

Dove, invece, riconosco solo il puro talento di Craven è sicuramente nel modo in cui il maestro di Cleveland ricostruisce intere scene, riproponendo i classici del suo primo film, senza risultare mai urticante, ancora una volta vediamo Nancy/Heather sprofondare fino alle ginocchia nei gradini delle scale che si sciolgono sotto i suoi piedi. Nuovamente assistiamo ad un omicidio (quello della baby sitter adolescente che nella prima stesura di Craven aveva un ruolo maggiore, con la sua fissazione per il film originale, riportava Freddy in questo mondo) con un corpo strattonato lungo le pareti e il soffitto, ma se volete divertirvi a scovare le autocitazioni, Craven ne ha sparse ovunque nel film, basta dire che la mitica Lin Shaye (sorella del produttore Robert) torna nello stesso identico ruolo che ricopriva nel film del 1984, anzi, qualcuna di queste trovate è anche stata piallata dal doppiaggio italiano, purtroppo, come quando l’infermiera chiede a Heather se ha il lasciapassare, il dialogo in lingua originale è lo stesso che sentiamo tra Nancy e la “Vigilessa” dei corridoi scolastici del primo film.

La mitica Lin Shaye non può certo mancare all’appello.

Sul perché, invece, in sette film, la filastrocca di Freddy Krueger sia stata tradotta diversamente sette volte, non so proprio cosa dire, lascio la parola agli esperti e concordo con Evit, “Freddy fa le prove”? Dove le fa ‘ste prove? All’osteria numero nove? Bah!

Il gioco (meta)cinematografico orchestrato da Carven affascina ed è pieno di spunti, ad esempio mi fa impazzire il fatto che il figlio di Heather che, come avreste potuto intuire guardando il film (il suo nome viene urlato un’infinità di volte) si chiama Dylan ed è interpretato dal bambino di Cimitero Vivente, il piccolo (allora) Miko Hughes che con l’aggiunta del guanto artigliato, spesso fa più paura di Freddy!

Per me è LUI il vero nuovo incubo del film!

Inoltre, trovo fantastico che il suo pupazzo preferito, il dinosauro a cui il bimbo si aggrappa come un totem contro la paura e che finisce anche per beccarsi un’artigliata da Freddy nella gomma piuma, sia un dinosauro di pezza di nome Rex che diventa tra i coprotagonisti del film, il tutto un anno prima del Rex di Toy Story! Voi venite qui per un pasto a base di Freddy Krueger ed io come contorno vi porto “Toy Story” andiamo! Dove lo trovare un altro blog così?

Hai un amico in me / Un grande amico in me (Cit.)

“Nuovo Incubo” è una favola nera (meta)cinematografica che mette in guardia i censori e rende nuovamente Krueger l’uomo nero che terrorizza i bambini (e gli adulti) delle fiabe, la scena in cui come Pollicino, Heather Langenkamp segue le pastiglie per dormire lasciate ordinatamente fin sotto le coperte è un’altra delle tante intuizioni visibile brillanti di Craven, lo scontro finale tra lingue freudiane lunghe mezzo metro e forni degni di Hansel e Gretel è davvero un nuovo incubo firmato da Craven, una discesa all’inferno per combattere un personaggio che merita di diritto di stare tra i grandi “Babau”, sicuramente tra quelli cinematografici.

Infilargli in bocca due metri di lingua, la lingua dell’amore (Cit.)

Eppure, proprio come Fuga da Los Angeles, la zampata autoriale di Craven non viene apprezzata, costato solo otto milioni di fogli verdi con sopra le facce di altrettanti ex presidenti spirati, il film ha incassato diciotto milioni, anche meno del famigerato Nightmare 5 – Il mito, da sempre considerato il meno remunerativo di tutta la saga.

 “Wes Craven’s New Nightmare” è stato più apprezzato dalla critica e dagli appassionati che al botteghino, ma è indubbiamente il punto esatto dove comincia la seconda parte della carriera di Wes Craven, quindi non preoccupatevi perché la Craven Road è una strada ancora lunga, ci vediamo qui tra sette giorni!

Sepolto in precedenza venerdì 3 luglio 2020

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