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Non aprite quella porta (2022): non sapevo ci fosse una Crystal Lake anche in Texas

Qual è la differenza tra MichaelJasonFreddy e Faccia di cuoio? Cosa hanno in comune è chiaro, ma sono le differenze a rendere essenzialmente queste le grandi “maschere” dello Slasher nate tra gli anni ’70 e gli ‘80. Ci sarebbero tanti altri candidati ma per citarne uno, Cropsy qualcuno lo ricorda? Di sicuro, ma non bene come i Fantastici Quattro dell’omicidio lì sopra.

Quei quattro sono iconici ma non intercambiabili, seguitemi nel mio ragionamento: l’Halloween di Rob Zombie mi diverte molto, finisco per rivederlo spesso ma è un film gonzo, perché parte dall’idea (balorda) di mostrare il bambino dietro alla maschera di Michael Myers, per poi per trattare il personaggio come un energumeno immortale, con gli irrisolti materni, che poi sono le caratteristiche chiave di Jason Voorhees, insomma un film di “Venerdì 13” con il titolo sbagliato, divertente eh? Però chi sostiene che sia uno dei migliori Halloween ad ovest di quello di Carpenter del 1978, del personaggio ci ha capito meno di Rob Zombie, discorso che si applica alla perfezione anche a Fede Álvarez.

Ora, voglio essere trasparente, se dovesse continuare così Fede Álvarez rischia seriamente di finire a sedersi alla destra del padre (dei registi paraculi), ovvero il mio nemico mortale GIEI GIEI. Parliamo di un regista che ha reso patinato (e pieno di idee confuse) il remake di “Evil Dead”, ha tentato di farsi strada senza successo fuori dall’horror e poi è tornato insieme al suo compare Rodo(dendro) Sayagues all’horror con il primo e il secondo “Man in the dark”, due film che mi hanno infastidito e non di certo per la violenza, per fortuna tutte le paroline che vedete sottolineate e di un altro colore sono cliccabili, per avere un parere completo sui film che sto velocemente citato. Che bello aver già scritto di tutto! Proprio vero che il lavoro fatto paga sempre dei dividendi.

“I girasoli” di Van Gore, olio su tela, 2022.

L’idea che mi sono fatto di Fede Álvarez? Un paraculo che conosce i film che va a rifare in maniera sommaria, lo ammetto, non mi aspettavo nulla da questo nuovo “Non aprite quella porta” infatti nulla è arrivato, ma sono sempre pronto a dare il beneficio del dubbio a chiunque, in particolare agli autori che apprezzo di meno inoltre sempre nell’ottica della trasparenza, bisogna dire che il film ha avuto diverse vicissitudini: i diritti acquisiti dopo i vari remake sono scaduti, i fratelli Ryan e Andy Tohill, scelti come primi registi di questo rilancio sono andati via col vento, sostituiti al volo da David Blue Garcia che ha dovuto rigirare quasi tutto, inoltre ciliegina sulla torta, dopo una serie di proiezioni prova disastrose, si è pensato bene di dirottare il film su Netflix che se non altro ha messo i capitali per garantire l’unica cosa buona del film, ovvero litrate di sangue senza tirar via la mano.

Strano che le proiezioni di prova abbiano collezionato pernacchie, questo “Non aprite quella porta” sembra il classico seguito DTV (direct-to-video) girato in Romania con tre location e una manciata di attori, che oltre al sangue ha un altro pregio, dura 83 minuti (una rarità per un film contemporaneo) e non ha quasi tempi morti, a parte qualche dialogo buttato dentro per cercare di dare un passato a personaggi che hanno lo spessore di un foglio di carta millimetrata. Un film può essere brutto per tante ragioni, scarso budget o scarso talento, problemi in fase di pre o post produzione, io non voglio male ai film brutti, ma a quelli “paraculi” che insultano l’intelligenza dello spettatore, quelli faccio fatica a digerirli, Fede Álvarez che aveva gran poca voglia di scriverlo questo film (figuriamoci di dirigerlo) sembra specializzato in questa tipologia di titoli.

Leatherface ormai ottuagenario ancora al lavoro, proprio come chiunque di noi, non vedrà mai la pensione.

“Non aprite quella porta” è il quarto film che nasce con l’intendo di riscrivere il canone della saga della sega imponendosi come seguito ufficiale del primo film di Tobe Hooper del 1974, se volete sapere tutto degli altri tre tentativi dichiarati ufficiali e poi nascosti sotto il tappeto.

A questo aggiungiamo un prequel, un remake e il suo prequel diretto e cosa otteniamo? Un enorme casino, la saga della sega se la gioca con quella di Halloween per il titolo di saga con più tentativi (falliti) di rilancio, pensare che Tobe Hooper ci aveva provato con tutte le sue forze nel 1986 a mettere la parola fine al mito da lui stesso creato, alla luce di tutti questi filmastri da cestone “Tutto a 0.99 Euro” non sarebbe davvero ora di rivalutare Non aprite quella porta – Parte 2? Io lo dico da sempre che resta una gioiello ingiustamente maltrattato.

Me li vedo Fede Álvarez e il suo socio Rodo(dendro) Sayagues a sbattere la testa sulla scrivania, nel tentativo di capire cosa farci con questa rogna texana in cui si sono infilati, come hanno pensato di risolverla? Sbattendosene il cazzo e imitando la concorrenza: la Blumhouse ha rilanciato Halloween da zero recuperando la Final Girl del primo film e stanno facendo un sacco di soldi? Facciamolo anche noi!

Aggirarsi nel supermercato delle idee scadute.

Questo “Non aprite quella porta”, che si chiama come il film del 1974 è un film perfetto per il paginone di Netflix, il pubblico generalista vedrà spuntare questo titolo così famoso tra le nuove proposte e premerà “play” in massa come sta già facendo, per trovarci dentro cosa? Un assassino che ammazza ragazzine con la motosega, insomma come raccontavo QUI (che bello aver già scritto tutto, l’ho già detto oggi?) cavalcando la confusione generale del pubblico, perché se chiedete al vostro amico non per forza fanatico di Horror, vi dirà che Jason è quello con la maschera da Hockey e la motosega no? Quindi chissenefrega! Trasformiamo Faccia di cuoio in un energumeno immortale, tanto il pubblico ci capisce una motosega! Quando dico che Fede Álvarez è un gran paraculo mi riferisco proprio a trovate come questa. Da qui in poi SPOILER sulla trama.

La foto riassume quello che Fede Álvarez ha capito dei film di Tobe Hooper: una motosega.

Ma alziamo la posta in gioco, per essere proprio sicuri che la pubblicità ingannevole convinca più persone possibili a guardare questo “Non aprite quella porta” che conoscono solo per fama, mettiamoci dentro anche Sally, l’originale Final girl del film del 1978, qui interpretata da un’attrice bravissima e sprecata come Olwen Fouere, che per ovvie ragioni sostituisce la mitica Marilyn Burns, che ci ha lasciati nel 2014. Ma questo cinema contemporaneo malato di malinconia a tutti i costi, ormai sembra impegnato in una lunga partita di “Sveglia il morto”.

La trama è sempre la stessa: un gruppo di odiosi ragazzetti armati di smartphone e auto a guida autonoma (dobbiamo far capire che è un film nuovo pieno di trovate moderne no?) partono per la cittadina di Fanculonia, Texas, con l’intento di portare negozi vegani, portando la civiltà in una città semi fantasma, con il piano preciso di trasformare i locali in accaniti bevitori di cedrata Tassoni, comodi nei loro Birkenstock da uomo mentre ascoltano in cuffia i Thegiornalisti. Poi chiedetevi come si fa a non fare il tifo per Faccia di cuoio e la sua motosega, eh?

«Ma quel ragazzino sta suonando il Banjo?», «No quello è Fede Álvarez»

Ovviamente questa carne da cannone con profilo Instagram finirà nell’unica cittadina dove da 50 anni si è rifugiato Leatherface, idealmente adottato da una tenera anziana che gestiva l’orfanotrofio locale, ed è qui che il trucco messo su da Fede e Rodo(dendro) autori del soggetto scricchiola: in una foto si vedono i ragazzi dell’orfanotrofio, perché i nostri due compari detengono i diritti di sfruttamento sul nuovo canone rilanciato dal prequel Leatherface, ma poi ficcano giù per la gola della trama la presenza di Sally Hardesty perché altrimenti chi crederà mai al fatto che questo è il VERO seguito ufficiale del 1974, non come quegli altri tre veri seguiti che ora invece sono finti, capito no?

Detta fuori dai denti: Sally Hardesty è diventata una tostissima (così ci dicono) ranger del Texas, ricalcata con poca fantasia con la carta carbone sopra l’ultima versione di Laurie Strode, una talmente tosta che ha cercato per 50 anni la sua nemesi senza mai trovarla, facendo superare a destra da una banda di ragazzini di città. Dopo questa premessa avevo giù voglia di spegnere, ma mi sono fatto del male perché volevo capire fino a che livello di paraculaggine potevano arrivare Fede e Rodo(dendro).

La Ranger del Texas che abbiamo: Faccia di cuoio prospera per 50 anni.

Da qui in poi succede quello che avete già capito, i nuovi arrivato provocano più o meno involontariamente la morte della vecchina e danno il via al massacro di Faccia di cuoio, in un film che segue TUTTI gli stereotipi dello Slasher svogliato, qualche esempio? Il benzinaio vagamente inquietante che mette in guardia i ragazzi? CHECK! La bionda carina che muore per prima? CHECK! Il nero che muore male per secondo? Eccolo! Il belloccio con le armi che muore per terzo? Presente!

Il Ranger del Texas che vorremmo: Faccia di cuoio trasformato in fondina di pelle in 50 secondi.

Il problema di questo “Non aprite quella porta” non è il suo essere ricalcato su un seguito a caso di “Venerdì 13”, con Faccia di cuoio trasformato in un Jason con motosega (tanto chi la conosce la differenza tra i due personaggi?) immortale e impossibile da uccidere, ma il fatto che sia ricalcato su tutti i modelli brutti di quegli slasher da cestone “Tutto a 0.99 Euro”, ma con l’aggiunta di un peccato originale davvero sanguinoso, non vale nemmeno la pena provare a calcolare l’età anagrafica di Leatherface (attorno agli 80?) di questo film, cestone e via!

Mi spiegate che senso ha far tornare Sally Hardesty, un personaggio che anche a livello simbolico per la mitologia degli Horror è stata fondamentale, per utilizzarla in quel modo ridicolo? Forse non è chiaro il fatto che Sally Hardesty sia stata per certi versi la prima grande “Final girl” della storia dello Slasher, anche prima di Laurie Strode è stata quella di cui abbiamo ricordato il nome, fatto il tifo, non voglio dire che prima del 1974 non esistesse la figura della “Final girl” negli horror, sto dicendo che è stata la prima a cui abbiamo tenuto per davvero, quella che per 50 anni si era salvata, il che a livello simbolico non è certo un affare da poco.

Una volta cercava una fidanzatina, ora forse avrebbe più bisogno di una badante.

Fede e Rodo(dendro) decidono di rimetterla in gioco, per farle fare cosa? Tenere un fucile in braccio, solo per puntarlo verso il suo incubo mascherato e invece di impallinarlo e vincere fare cosa? Lasciarlo alzarsi (!) prendere la motosega (!!) e farlo uscire fuori a tornare ad ammazzare un pullman pieno di gente (!!!). Io capisco che il pubblico che guarda i film a casa (su Netflix o qualunque altra piattaforma) in media ha un occhio sullo schermo e l’altro sul telefono, ma c’è un limite all’intelligenza sotto cui non bisognerebbe andare, a meno che lo scopo di Fede e Rodo(dendro) non fosse proprio quello di prendere per il culo un pubblico considerato una massa di bovini con un solo neurone da condividere.

A proposito di pullman, la scena in cui Faccia di cuoio sale sul bus pieno di gente festante è un tripudio di sangue, David Blue Garcia è molto più a suo agio a dirigere la mattanza che qualunque altro passaggio del film, su questo non ci sono dubbi, ma volete dirmi che la carne da cannone che tira su il telefono e fa partire una diretta mentre Leatherface li fa tutti a fettine sottili sottili che non potete dire di no (cit.) sia la grande critica di Fede e Rodo(dendro) alla nostra società? Se si, o se vi basta questo per considerarla una “critica al vetriolo” siamo messi male, direi che per goffaggine siamo dalle parti della critica agli smartphone della stessa scarsa efficacia vista in Terminator Genisys, a proposito di rilanci brutti di saghe storiche.

Per vedere così tanta violenza su un bus, bisogna provare a prenderne uno durante l’ora di punta.

Ma poi scusatemi, la protagonista sopravvissuta ad un massacro a scuola, che nel finale striscia verso il fucile mitragliatore (sua unica speranza di salvezza) cosa sarebbe esattamente? Non voglio credere che quest’altra trovata ben oltre la goffaggine sia una critica al controllo o alla diffusione delle armi in America vero? Ma qui vi volevo cari (si fa per dire) Fede e Rodo(dendro), qui cascano gli asini che siete.

Jason, Michael, Freddy e Faccia di cuoio non sono intercambiabili, forse potete raggirare il pubblico generalista che crede che Jason uccida con una motosega, ma non potete trasformare un film della saga della sega in un “Venerdì 13” a caso sperando di farla franca, non dopo la lesa maestà nei confronti di un’icona del cinema horror come Sally Hardesty. Anzi proprio facendo di tutto per riavere la “Final girl” di Tobe Hooper in pista è naturale che il paragone diretto debba essere fatto non con qualunque altro Slasher, ma con il film del regista texano del 1974.

«Aiuto! Sono minacciata da un generico assassino con motosega di cui non conosco il nome perché mi sono abbonata a Netflix da poco per vedere la casa di carta!»

Perché uccide Faccia di cuoio in questo film? Perché gli hanno ucciso la mammina adottiva? Che fine ha fatto il cannibalismo dei personaggi? Scomparso perché avete i diritti di sfruttamento solo sui rifacimenti dove la famiglia Sawyer Hewitt non erano cannibali? Dove sta la critica sociale che nel cinema di Hooper è stata sempre presente (anche nel seguito del 1986)? Sarebbe quella scena goffa con i cellulari?

La verità è questa, “Texas Chainsaw Massacre” da noi “Non aprite quella porta” con il suo titolo che non prova nemmeno a distinguersi dal classido di Tobe Hooper è un film gonzo, pensato che attirare l’attenzione del pubblico generalista della saga della sega ha sempre solo sentito parlare, un piccolo film truffa in cui Faccia di cuoio è indistinguibile da quasi qualunque altro dei suoi colleghi in maschera, perché tanto chi clicca “Play” su Netflix le conosce davvero le sostanziali differenze tra Jason, Michael e Freddy? Fede Álvarez sei il re dei paraculo.

Cassidy aggiunge alla sua collezione di maschera quella da Fede Álvarez.

Detto questo, il film dura un’ottantina di minuti, ci sono un sacco di litri di sangue ed è in tutto e per tutto identico all’Halloween di Rob Zombie (solo che quello era decisamente più curato nella regia, oltre ad essere diretto dal regista che ha capito meglio di tutti la lezione di Hooper), non metto in dubbio che molti si siano divertiti e si divertiranno a guardarlo in futuro (se mai potranno farlo), ma non venite a dirmi che si tratta di uno dei migliori capitoli della saga di cui fa parte, perché manca delle caratteristiche proprie pensate da Tobe Hooper. Ma poi parliamoci chiaro, la prossima settimana lo avrete già dimenticato, basta tenere la testa bassa sui social-così questa settimana dove non si parla d’altro, poi finirà nel dimenticatoio dove merita di stare, sostituito nel chiacchiericcio su “Infernet” da boh? Il prossimo Batman?

Anche perché e questo ci tengo a sottolinearlo, se il film esiste ed è così violento (unica sua caratteristica positiva) è grazie ai soldini messi sul tavolo da Netflix, l’altra faccia della medaglia? Netflix è come Las Vegas, quello che succede su Netflix resta su Netflix: come per tutti gli altri titoli prodotti dalla casa della grande “N” rossa, non potrete mai comprare il blu-ray di questo film per metterlo sulla mensola vicino agli altri della saga della sega, quindi non solo finirà per essere il VERO seguito ufficiale del film del 1974 numero quattro (fino al numero cinque), ma se qualcuno vorrà vederlo tra tanti anni, anche solo per fare un ripasso dei film come ho fatto io in queste settimane, siamo sicuri che potrà farlo? Questo per certi versi non fa che confermare la sua natura di titolo usa e getta, ma avremmo lo stesso problema anche per i film di valore prodotti dalla casa della “N” rossa (che ci sono e nemmeno pochi), questo mi inquieta più di qualunque paraculata messa su da Fede e Rodo(dendro).

Sepolto in precedenza martedì 22 febbraio 2022

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