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Non aprite quella porta – Parte 2 (1986): the buzz is back!

Visto che sta per uscire un nuovo Non aprite quella porta, ho finalmente una scusa per mettermi in viaggio per il Texas con questa mia Bara Volante, iniziamo oggi con uno dei capitoli più controversi di tutta la saga.

Dopo il successo di Poltergeist, diretto quasi sicuramente più da Spielberg che dallo stesso Tobe Hooper, il regista Texano finì sotto l’ala protettiva di Yoram Globus e Menahem Golan, infatti “Non aprite quella porta – Parte 2” è l’ultimo dei tre film diretti da Hooper prodotti dalla leggendaria Cannon Films, tre lavori non semplicissimi, visto che “Space Vampires” (1985) era andato benino, ma “Invaders” (1986) era stato un bel travaglio per il nostro Tobe, un film che aveva trovato una forma definitiva quasi esclusivamente grazie all’intervento del montatore Alain Jakubowicz, fatto arrivare da Menahem Golan direttamente da Israele per completare il film (storia vera) e voluto da Hooper anche per il ritorno dei Sawyer, anche se Tobe di dirigere “The Texas Chainsaw Massacre 2”, non ne voleva nemmeno sapere.

Il cameo di Tobe nel film vi sembra bizzarro? Aspettate di scoprire tra qualche didascalia come dirigeva.

Il suo piano originale era quello di cercare un nuovo regista, rimanendo a bordo solo nel ruolo di produttore, il problema fu che nessun regista di talento era davvero disposto a lavorare per le paghe da fame imposte dai cugini Yoram Globus e Menahem Golan, quindi Tobe Hooper sotto contratto finì per dirigerselo da solo il seguito, ovviamente alle sue condizioni.

Con un budget di circa cinque milioni e mezzo di fogli verdi con sopra facce di alcuni ex presidenti uccidi da Leatherface defunti stampati sopra, Hooper si mise al lavoro insieme allo sceneggiatore L. M. Kit Carson, che buttò giù la prima delle tante versioni della sceneggiatura in otto settimane, anche se le modifiche continuarono ad arrivare una via l’altra fino all’ultimo giorno di lavorazione. Infatti in una delle prime stesure la protagonista, la DJ Julia “Stretch” Brock, finiva per scoprire la sua parentela con i Sawyer, infatti se vi capiterà di guardare il film in originale, ad uno dei cattivoni nel finale scappa un «Sister» rivolgendosi a lei, ma questa è stata solo l’ultima delle meno rivoluzionarie modifiche apportare alla trama, infatti il punto di partenza che avrebbe voluto Hooper era quello di ambientare tutta la storia in una comunità di cannibali, il titolo del film avrebbe dovuto essere “Beyond the valley of the Texas chainsaw massacre”, un chiaro omaggio a “Beyond the valley of the dolls” (1970) del Maestro Russ Meyer (storia vera).

Bentornato in famiglia Tobe!

La Cannon aveva fissato la data di uscita del film molto presto, quindi tutti sul set lavoravano come se non ci fosse un domani per rispettare la scadenza, lo stesso L. M. Kit Carson (mai nome fu più adatto per un film Texano) intervistato ricorda di aver apportato l’ultima modifica alla sceneggiatura il 4 luglio del 1985, ultimo giorno di riprese, seduto su una sedia a dondolo con una vecchia Olivetti in grembo, mentre in cielo già scoppiettavano i fuochi d’artificio per la festa (storia vera).

Nella mia testa di lettore, la Brett creata da Joe R. Lansdale somiglia molto a Caroline Williams.

Hooper dopo aver dovuto rinunciare alla sua idea originale di una comunità di cannibali – il budget non gli concedeva di volare così in alto – per questo seguito arrivato dodici anni dopo il primo capitolo aveva le idee chiare: gli anni ’70 erano belli che terminati, questo nuovo film doveva avere i piedi piantati nel nuovo decennio, infatti il suo piano era quello di realizzare una parodia grottesca di una commedia di John Hughes, una tipologia di film incredibilmente popolare negli anni ’80, questo spiega come mai i Sawyer sulla locandina, posino nella loro versione dei protagonisti di “Breakfast Club” (1985), probabilmente la locandina cinematografica più citata della storia della cultura occidentale.

Durante le tormentate riprese, la Cannon non paga, finì per tagliare via un milione di dollari dal budget originale, per dirvi di quanto fosse rilassato il set, pare che Tobe Hooper, fumasse i suoi amati sigari Montecristo uno via l’altro e per tenersi bello vispo, beveva lattine di Dr. Pepper come se non ci fosse un domani, tanto che ad un certo punto si procurò uno di quei cappelli con cannucce e porta lattine, per poter avere le mani libere per dare indicazioni a tutti, quindi se “The Texas Chainsaw Massacre 2” vi sembra un film strambo, sappiate che è stato diretto da uno con due lattine di Dr. Pepper ai lati della testa (storia vera).

Tobe capisco che è convenzione per un regista americano dirigere con un berretto in testa, ma non ti sembra di esagerare?

Tra i tagli fatti con colpi di motosega che Hooper applicò al suo film, anche una lunga scena di mattanza all’aperto, dove i Sawyer si procuravano un po’ di “carne fresca” grazie agli ottimi effetti speciali di Tom Savini, una sequenza dove veniva passato a filo di motosega anche il famoso critico cinematografico Joe Bob Briggs (non a caso un texano), una scena purtroppo tagliata perché secondo il regista, allungava troppo il brodo minando il ritmo del film, la trovate nei contenuti speciali di ogni copia decente del film per l’home video (oppure cliccando QUI).

Il tono da parodia di un film di John Hughes determina l’inizio del film, con i due Yuppi odiosissimi (e dagli occhiali da sole inguardabili) che fanno i matti in automobile e vengono affettati da Faccia di cuoio (l’attore Bill Johnson, che ha sostituito l’originale Gunnar Hansen, che non ha voluto saperne di ritornare, vista la miseria offerta dalla Cannon, storia vera), nella celebre scena della capoccia scoperchiata, uno dei momenti più iconici del film anche se Tom Savini non è mai stato davvero soddisfatto dell’effetto speciale finale, realizzato in fretta e furia, tanto che le manine che vediamo agitarsi in aria in quella scena, sono proprio quelle del mitico Tom.

Inizi assurdi e dove trovarli, il pupazzo armato di questo film gioca in un’altra categoria.

A proposito di icone, la bella DJ Stretch protagonista del film è stata affidata alla meravigliosa Caroline Williams, scelta non tanto per le gambe chilometriche quanto per il suo rappresentare la tipica bellezza del Texas, anche se le sue doti di “regina dell’urlo” non sono da sottovalutare. In questo film Caroline Williams si lancia in una serie di urla tanto lunghe e tanto differenti una dall’altra (l’urlo di terrore, l’urlo da panico mentre stai scappando e così via) da poter tranquillamente ambire al titolo di migliore “Scream Queen” della saga, anche se fosse possibile fare uno scontro diretto, credo che Marilyn Burns vincerebbe, perché nessuna ha mai sprigionato il suo stesso numero di decibel in un film dell’orrore.

Le DJ nei film horror non sono mai troppo fortunate (punti extra per la maglietta degli ZZ Top)

Tobe Hopper sbriga velocemente la connessione con il primo film, affidandola quasi tutta al personaggio dell’ex tenente dei Texas Ranger, Boude Enright, detto Lefty (un Dennis Hopper che recita così in alto sopra le righe, dove non osano nemmeno le aquile), zio di Sally e Franklin, i protagonisti del primo film ancora scomparsi malgrado gli anni passati dai fatti della motosega Texana. Parliamoci chiaro, nessuno andava sopra le righe come il vecchio Dennis, ma qui gioca davvero in un altro campionato, il suo Lefty sembra il pistolero con cappello da Cowboy venuto in città per riportare la giustizia sconfiggendo i cattivi, infatti si procura a sua volta una motosega come farebbe il pistolere di un Western con un revolver, con tanto di vistosa fondina per portare sempre al suo fianco l’arma, se non vi basta questo a capire che siamo nel pieno territorio della demolizione del mito e della farsa più volutamente grottesca, non saprei proprio cosa aggiungere, se non il fatto che prima di girare le sue scene, Dennis Hopper prima di ogni ciak girava vorticosamente su se stesso, una testa che gira era la sua idea per calarsi in questo personaggio che ad una prima occhiata dovrebbe essere l’eroe, invece muore in maniera ingloriosa, lasciando ancora una volta la “final girl” di turno a vedersela da sola con i Sawyer.

Dennis la minaccia (armata di motosega)

Non dobbiamo dimenticare poi che il cinema di Tobe Hooper è sempre stato squisitamente politico, se il primo Non aprite quella porta raccontava di proletari, licenziati dalla locale fabbrica della carne e sostituiti dal progresso delle macchine e dell’industria, che ancora resistevano in sacche dove il tempo sembrava essersi fermato (se non tornato indietro), questa volta ehi! Sono gli anni ’80! Il decennio della Reganopolis dove tutti possono fare soldi diventando imprenditori, anche i Sawyer che infatti per il secondo anno di fila vincono la gara locale di Chili (nel doppiaggio italiano reso come “spezzatino con fagioli”) che gli abitanti della comunità mangiano di gusto, anche se è abbastanza facile intuire quale sia l’ingrediente segreto nella ricetta dei Sawyer.

Il vincitore di Masterchef Texas (si, lui vuole che tu muoro quasi-cit.)

Hooper è passato dal raccontarci uno scontro tra abitanti della città fatti a pezzi da pazzi selvaggi dimenticati dal progresso, a dirci grazie a questo secondo capitolo che ora la società è talmente marcia, da aver incorporato nuovamente quegli stessi selvaggi come membri produttivi e addirittura stimati. Ma oltre alla satira e ad un umorismo nerissimo, Hooper ci racconta del nuovo status della famiglia Sawyer anche grazie alla messa in scena. Servendosi di tecnici scelti sul posto, spediti in giro per il Texas a raccogliere dagli allevatori locali quante più ossa di animali morti possibili (storia vera), usate per arredare una vecchia tipografia abbandonata, che nel corso degli anni è diventata la nuova casa dei Sawyer, da ex selvaggi brutali diventati imprenditori brutali con entrambi i piedi ben invischiati nel capitalismo più sfrenato, quello che divora le persone (ah-ah). Il fatto che i tunnel in cui Stretch fugge inseguita da Faccia di cuoio siano illuminati da lucine di Natale, ci fa intuire che razza di accumulatori seriali siano diventati i Sawyer nel passaggio dagli anni ’70 agli anni ’80.

«Diamoci un taglio con il passato!»

“Non aprite quella porta – Parte 2” è un film con pochi estimatori ma fedelissimi, tra cui potete contare anche il vostro amichevole Cassidy di quartiere, non sono qui a discutere sul fatto che il film originale sia un capolavoro, quello è un fatto assodato, il titolo che ha portato il realismo nel cinema horror americani senza mostrare nemmeno una goccia di sangue, se non per un taglio sulla mano di Marilyn Burns, riportato durante il suo salto sul retro del pick-up nella scena finale. Ma se devo aggiungere una nota personale, “The Texas Chainsaw Massacre 2” è un film che vado puntualmente a rivedermi con una certa gioia, forse per via del mio umorismo nero, ma trovo che il livello di splatter e follia di questo secondo bistrattato capitolo, abbiamo un grande valore in termini non solo di intrattenimento, ma anche per esorcizzare il primo capitolo, che invece ogni volta mi lascia addosso un senso di malsano che pochi altri horror hanno saputo ricreare.

«No è Cassidy quello in fissa con le maschere, come se avessi accettato grazie»

Questo cambio di tono ha fatto storcere più di un naso, anche i seguiti (a breve su queste Bare), hanno in qualche modo provato a prendere le distanze da questo film, eppure io trovo la marcissima caciara portata in scena da Hooper qualcosa di fantastico. “The Texas Chainsaw Massacre 2” è uno di quei film che ha definito l’estetica di molto horror americano degli anni ’80, qui il sangue non manca, le uccisioni abbondano ma è chiaro anche l’intento di decostruire il mito della motosega costruito con il primo capitolo.

Campo…

Ecco perché Lefty esce di scena in modo così inglorioso (e grondante sangue), perché Franklin viene ritrovato sì, ma cadavere sulla sua sedia a rotelle quasi come un MacGuffin da sbrigare frettolosamente, anche perché è chiaro che Tobe Hooper abbia altro per la testa, più che ricalcare i canoni classici dello Slasher, il regista Texano qui porta in scena una parodia delle storie d’amore, sparando a undici come l’amplificatore degli Spinal Tap il volume del grottesco. Per questo Leatherface usa la sua motosega quasi come un surrogato fallico – come molti critici con la pipa e gli occhiali sostengono siano le armi degli assassini degli Slasher – prima affetta lattine di birra “spruzzando” allegramente la povera Stretch, che tenta di salvarsi la vita con un imbarazzato tentativo di seduzione che sullo schermo, non diventa altro che la parodia di un atto sessuale, se non proprio uno stupro, anche se opterei più per il primo visto che la scena termina con Faccia di cuoio che fugge dalla ragazza, quando la sua motosega si blocca facendo “cilecca”, come un ragazzino imbranato durante la sua prima volta, che finisce per sfogare la frustrazione distruggendo tutto lungo la sua via.

… controcampo, e poi ditemi che non imparate niente leggendo questa Bara eh?

Quell’ironia decisamente non sottile e tutta basata su metafore sessuali pervade tutto il film, la bizzarra storia d’amore tra Leatherface e Stretch, attraversa anche un passaggio chiave delle commedie romantiche, l’accettazione da parte della famiglia, roba da stare poco allegri sempre, figuriamoci se quelli che ti devono accettare (ah-ah) sono un branco di cannibali. Infatti papà Sawyer e i suoi fratelli non fanno altro che sbeffeggiare “Bubba” (tipico nomignolo Texano) per la sua nuova fidanzatina, per assurdo la scelta del protagonista, nella versione doppiata del film rende ancora di più il senso di grottesco della storia, perché il povero e innamorato Faccia di cuoio viene incitato a scegliere tra la famiglia, rappresentata dalla sega e la sua donna. Insomma senza girarci attorno, la scelta del personaggio è tra una sega e la patat… Caroline Williams. Se volete la raffinatezza, magari è meglio riguardarsi un film di Ferzan Özpetek, Tobe Hooper lasciatelo a questa Bara Volante.

In inglese suona appena un po’ meno ambigua (ho detto un po’)

Per certi versi anche il finale non è altro che un modo per continuare a correre in equilibrio sullo strambo equilibrio delle metafore sessuale, il ballo di trionfo di Stretch potrebbe definire la sua totale discesa nella follia, oppure essere un modo per dimostrare di essersi idealmente ripresa quell’oggetto con cui era questi stata violata nel corso del film, insomma la satira non manca, d’altra parte in una delle scene più splatter del film, si vede anche l’omaggio di Tobe Hooper alla scena dell’atomica cavalcata di “Il dottor Stranamore” (1964) di Kubrick, più chiari di così, gli intenti satirici non avrebbero potuto essere.

Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba motosega.

Il fatto che Hooper abbia voluto demolire il mito dei Sawyer da lui stesso creato è chiarissimo, se il primo film utilizzava una fotografia realistica e sporca, qui il regista Texano rende omaggio all’uso del colore di Mario Bava accentuando tutta l’illuminazione. Se nel primo film non si vedeva nemmeno una goccia di sangue, qui ovviamente abbonda, inoltre anche le aggiunte alla pellicola non fanno che logorare il mito del film del 1974. Bill Moseley aveva recitato in un piccolo cortometraggio intitolato “The Texas Chainsaw Manicure” che era arrivato nelle mani di Hooper che non solo lo aveva molto apprezzato, ma aveva promesso a Moseley una parte in un possibile seguito, ci sono voluti dodici anni ma il regista ha mantenuto la parola e il vecchio Bill gli ha regalato un personaggio iconico, che però è impossibile prendere sul serio come minaccia, Chop Top è (dis)gustosamente comico con i suoi inviti a leccargli la piastra, un incrocio tra Gollum e il cugino di cui anche la famiglia Addams ha paura.

Un vero gentiluomo del Sud.

Con quella sua estetica piena di Texani “Redneck”, cannibali, musica rock sparata ad alto volume (Il miglior utilizzo di “Inna-Vida-da-Gadda” degli Iron Butterfly dai tempi di Michael Mann), questo film ha creato un’estetica tutta sua che altri hanno seguito, parliamoci chiaro senza “The Texas Chainsaw Massacre 2”, Rob Zombie avrebbe continuato al massimo a dirigere i video delle sue canzoni, invece che mettere su una filmografia che urla a piena polmoni «TOBE HOOPER!» ad ogni fotogramma.

Per quanto mi riguarda “Non aprite quella porta – Parte 2” è una gioia, un film che mette in chiaro il fatto che Tobe Hooper aveva anche talento per la commedia horror oltre che per lo splatter e la satira politica, ma è anche un fiero rappresentante di quella tipologia di film che vorrei sempre poter vedere. Alla pari di Gremlins 2Fuga da Los Angeles e Nightmare nuovo incubo, anche “The Texas Chainsaw Massacre 2” è il titolo utilizzato dal creatore della saga per demolire il mito da lui stesso creato.

Quando aver visto tanti episodi di Grisù torna utile nella vita reale.

Basta guardare le scene volutamente replicate per capirlo, se nel primo film la faticosa martellata di nonno Sawyer, arrivava ad essere il culmine di una serie di momenti di orrore in grado di logorare lo spettatore, qui ripetuta quasi identica, si risolve in farsa grottesca, perché arriva dopo una serie di scena una più assurda e volutamente sopra le righe dell’altra, diventando per altro l’ennesima metafora sessuale di un film dove il “cosa”, va perfettamente a braccetto con il “quando”, ma con intenti opposti a quelli del primo capitolo della saga.

Potrebbe essere la gag del nonno di Aldo, Giovanni e Giacomo se quei tre fossero cannibali.

Il fatto che molto pubblico non ami questo seguito, non fa che dare valore all’opera di decostruzione volutamente anarchica fatta da Tobe Hooper nei confronti del classico del 1974, forse se lo avesse fatto in maniera ancora più convinta, oggi non staremmo qui ad attendere l’ennesimo film intitolato “Non aprite quella porta” in uscita, che tanto non riuscirà a superare in orrore (o in commedia) il lavoro fatto da Hooper, il più sottovalutato tra i grandi Maestri del cinema Horror americano. Mettiamola così, per l’importanza del film e per la sua capacità di influenzare molto Horror arrivato dopo, il marciume di Tobe si becca una bella strisciata rossa sangue, quella del logo dei Classidy!

Anche perché forse Tobe Hooper non è riuscito in pieno a distruggere il mito di “The Texas Chainsaw Massacre” o almeno non quando prima di lui sono riusciti a fare DanteCarpenter e Craven, però nel suo voler demolire il film del 1974, ha segnato il passo per l’horror americano degli anni ’80, avercene di seguiti con dentro la pancia così tanta dinamitarda creatività!

Sepolto in precedenza giovedì 3 febbraio 2022

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