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Oddity (2024): la versione giusta de “L’urlo del male”

Nella mia vita di appassionato di Horror, potete immaginare su quanti film mi sia gettato, non tutti propriamente, come dire, di prima scelta eh? Sono sempre stato onnivoro e di bocca buona, per me andavano bene anche i filmacci del videonoleggio, ad esempio una volta ne affittai con gli amici uno di rara bruttezza, ma perfetto per il “ridoppiaggio” benzinato a birrette davanti alla tv.

Non so voi, ma ogni volta che m’imbatto in qualcuno che mi chiede di indovinare il titolo di qualche vecchio film di cui ricorda solo un paio di scene, ruoto gli oggi verso il cielo, per due ragioni, la prima: non resisto a questo tipo di quesiti, da buon ossessivo-compulsivo devo sapere la risposta, ma il più delle volte è un mezzo suicido e questo ci porta al punto numero due: gli indizi che si ricevono sono spesso il frutto dei ricordi, spezzoni di più scene (magari di più film) cresciuti nella mente della persona, quindi di conseguenza diventati altro, qualcosa che spesso non esiste, per questo impossibili da indovinare, da qui la mia rotazione, diciamo di occhi.

La mia stessa espressione quando mi chiedono di divinare il titolo di un horror sulla base di tre spezzoni frammentari di ricordi.

Come si legano queste due premesse? Quando ho visto “Oddity” mi ha fatto pensare alla versione giusta, fatta bene di quel filmaccio – di cui non ricordo il titolo – visto tempo fa, ve lo racconto, era la storia di un ciocco di legno a forma umanoide, rianimato e assassino, un Pinocchione cattivo, impersonato da un poveretto in sudatissima tuta di gomma con fuori finte nervature di legno scolpite della plastica, che uccideva generici personaggi, uno lanciandolo fuori dalla finestra con tanto di “frase maschia”: «Buon volo»

Ho il sospetto che potesse essere “The Fear” (1995), ma sono più propenso per “L’urlo del male” (1999), importa poco, nel dubbio voi, se sentiste improvvisamente il bisogno di vedere un horror con un sinistro uomo di legno (non quello dove si appoggiano i vestiti) voi guardatevi “Oddity”.

Ecco vedete? Sta facendo l’urlo del male, tutto torna!

Sono film come questo che mettono in chiaro come questo strambo Paese a forma di scarpa, abbia perso il treno del ritorno del cinema di genere, un’ondata che invece hanno saputo sfruttare bene gli irlandesi, ad esempio Damian Mc Carthy, il suo nuovo film dopo Caveat, lo ha girato tutto a West Cork, ed è un titolo che rischia così tanto, da poter essere uno dei più riusciti dell’anno.

Mc Carthy ha la capacità di dilatare i tempi, di giocare con il registro narrativo del grottesco, creando scene di paura, spesso molto efficaci, il suo Caveat presentato da Shudder, in tal senso, metteva già in chiaro il talento e lo stile del regista, che con questo film si è superato. Trama in arrivo sul binario uno.

Ad un anno dalla morte improvvisa e assurda di Dani Timmis (Carolyn Bracken), sua sorella gemella non vedente Darcy (sempre Carolyn Bracken) non si è ancora rassegnata, in cerca di risposte, grazie all’aiuto del cognato Tim Timmis (Gwilym Lee) e alle conoscenze sull’occulto della famiglia, Darcy riesce a trovare il modo di “vedere” l’ultima notte di vita della sorella, scoprendo risvolti incredibili.

«Ha i denti di legno, ma chi è? George Washington?»

Qui entra in scena il sinistro uomo di legno, una scultura messa su da Darcy che si presenta alla porta di casa di Tim e della sua nuova fidanzata Yana (Caroline Menton) con ‘sto coso, convinta di poter risolvere il problema, i tre buchi sulla capoccia di legno del mamozzo e il loro contenuto, non faranno che rendere tutto più inquietante.

“Oddity”, vincitore all’ultimo SXSW festival è un’opera che si prende anche dei bei rischi, per prima cosa si gioca tutte le facce giuste, a partire da una perfetta Carolyn Bracken nel doppio ruolo, passando per Olin Boole, l’ospite del istituto psichiatrico (sì, perché il film non si fa mancare nulla) impersonato da Tadhg Murphy, attore che non ha più bisogno del trucco per nascondere il suo occhio, ormai si sceglie ruoli dove può sfruttarlo, come sta facendo nella serie tv “Time Bandits” (prossimamente su queste Bare).

«Ma è un malocchio questo!», «E questo no?» (cit.)

In una storia di perdita, “Oddity” si gioca una certa dose di melodramma senza mai dimenticarsi di essere un Horror, la trama scritta dallo stesso Damian McCarthy sa muoversi piuttosto agilmente sul filo del grottesco, a ben guardarlo questo film potrebbe essere un episodio di, che ne so, “Ai confini della realtà”? Ma con uno svolta smaccatamente Horror, carica di irrazionalità, una “matta”, dove il regista si gioca un Jolly bello grosso al costo si scivolare e cadere, ma invece non solo non lo fa, ma tiene botta e porta a casa il risultato.

I momenti “BUU!” ci sono e sono anche piuttosto riusciti, semplici ma efficaci, resi tali dallo stile di regia di McCarthy, che rallenta trasformando il suo film in una trama spesso a lenta cottura, con accelerazioni nette, tanto da risultare inaspettate come alcune svolte di trama, come si fa ad oliare un meccanismo del genere per evitare il grippaggio? Con una dose abbondante di umorismo nero.

«Chi è?», «Sono il miglior finale del 2024 o giù di lì»

Non posso dire che “Oddity” sia la commedia Horror che cercate per farvi quattro risate con gli amici, per quello – anche se non lo rivedo da decenni – mi sento di consigliarvi di più “L’urlo del male” (a patto fosse quello il titolo del film con il Pinocchione assassino di legno-gomma), eppure è innegabile che McCarthy abbia caricato di una buona dose di umorismo nero il suo film, in certi momenti ho ridacchia to, in altri riso proprio di una risata mai involontaria, e tutto questo non fa altro che far abbassare ancora di più la guardia al pubblico, perché “Oddity” è genuinamente spaventoso, mica male per un Horror no?

Nei suoi novantacinque minuti di durata, il film sovverte più volte le aspettative dello spettatore, i “Jump scare” (anche noti come “Salti paura”) ci sono, ma sono tutti talmente ben costruiti da risultare eleganti, insomma ci si spaventa a modino e per vendicare “L’urlo del male”, direi che abbiamo dovuto aspettare il 2024 e McCarthy. Ora però mi sa che dovrò davvero andare a rivedermi “L’urlo del male”, mannaggia a me e ai miei paragoni tutti matti!

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