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Ogni maledetta domenica (1999): si vince o si perde, resta da vedere se si vince o si perde da uomini

«Credo fermamente che l’ora più bella per ogni uomo, la completa realizzazione di tutto quello che gli sta più a cuore, sia il momento in cui, avendo dato l’anima per una buona causa, egli giace esausto sul campo di battaglia. Vittorioso.» Le parole dell’immortale coach Vincent Thomas “Vince” Lombardi sono quelle che aprono il film di oggi e di conseguenza, il nuovo capitolo della rubrica… Like a Stone!

Quale aspetto della vita degli Stati Uniti contemporanei non era ancora stato affrontato da Oliver Stone nella sua lucida analisi al Paese che tanto ama e di cui ha sempre sottolineato tutte le idiosincrasie? Forse il più analizzato, esportato ed invidiato modello americano per sfornare epica e soldi, lo sport professionistico.

Pensateci, gli Stati Uniti sono una nazione dalla storia brevissima è naturale che sia alla costante ricerca di nuova epica, non potendo contare sui miti della Grecia e della Roma antica, nel corso del tempo hanno creato i loro miti, lo hanno fatto nel mondo dei fumetti con i super eroi, lo hanno fatto al cinema sfornando icone una via l’altra e ovviamente lo hanno fatto nello sport, che unisce questi due elementi, dramma ed epica sportiva al servizio del capitale, possibilmente tanto. Il mondo dello sport professionistico americano è una versione estremizzata di tutti i valori degli Stati Uniti spinti all’massimo, come raccontati in un film di Oliver Stone, infatti il cerchio si è chiuso proprio con “Ogni maledetta domenica”.

Coach Stone discute il playbook di gioco con la sua squadra.

A tutto questo Stone unisce la sua passione per l’epica classica, al servizio della sua idea di cinema, quando gli americani non sono impegnati a trovare il prossimo campo di battaglia in giro per il mondo, amano versioni in piccolo della guerra, combattute da moderni gladiatori strapagati sì, ma spinti al limite e strizzati da un sistema che più ingiusto di così, raramente potrebbe essere. La prima bozza di sceneggiatura scritta dal nostro Oliviero Pietra insieme a Jamie Williams si intitolava “Monday Night”, titolo che ricorda le serate sportive sulla tv americana ma anche l’unico altro titolo che fino a quel momento, ci aveva portato dietro le quinte del Football, lo aveva diretto Tony, lo Scott giusto.

«Il gioco di Cassidy è troppo lento, si vede che è più abituato a stare sul divano a guardare film»

Liberamente ispirato al libro del 1994 “You’re Okay, It’s Just a Bruise: A Doctor’s Sideline Secrets”, di Robert Huizenga, medico dei Los Angeles Raiders a cui gli immaginari Sharks di Miami (cugini dei più famosi e loro davvero esistenti Dolphins) hanno preso in prestito i colori sociali delle divise, diventa la base per Stone per raccontarci di un altro modo di fare la guerra e i soldi, uno che tutte le domeniche entra nelle case degli americani e che si lega a filo doppio con il cinema, d’altra parte non è durante la pausa del Superbowl che vanno in onda tutte le pubblicità e i trailer più visti dell’anno? Poteva lo stile critico di Stone non porre il suo sguardo anche su questa macchina macina soldi? Giammai! Infatti ho sempre trovato simbolico il fatto che a portarci dietro le quinte di questo mondo, sia proprio Stone in persona, che qui non si ritaglia la solita apparizione di pochi secondi, ma un ruolo, non a caso quello del telecronista della partita, ma dietro la macchina da presa anche della vicenda. Il suo attore feticcio John C. McGinley invece? Anche lui un giornalista sportivo, ma già in odore di Dottor Cox per atteggiamento irridente.

State tenendo il conto del numero di apparizioni di McGinley nei film di Stone? Occhio che non abbiamo finito!

Robert De Niro, prima scelta per Coach Tony D’Amato ha rifiutato per via di precedenti impegni, lasciando campo libero all’eterno rivale Al Pacino che zitto zitto (anche se zitto in questo film ci sta proprio poco) non solo ha accettato, ben felice di non dover impersonare un altro poliziotto o criminale, ma ha mandato a segno uno dei suoi ruoli più citati di sempre, ma su questo punto ci torneremo più avanti, perché una volta trovato il Coach, ora bisognava “solo” cercare i giocatori da schierare in campo.

George Clooney che avrebbe poi diretto il suo film sul Football ha rifiutato il ruolo di Jack ‘Cap’ Rooney, lasciando campo libero al ben più roccioso Dennis Quaid, perfetto per fisico, trascorsi e dinamiche con il suo allenatore. Un mito come Henry Rollins ha passato la mano, consapevole di non essere abbastanza grosso per la parte di uno dei giocatori degli Shark. Sulle leggende semi metropolitane riguardo a Puff Daddy nel ruolo di “Alien” Willie Beamen sorvolo perché P. Diddy o come si chiama questa settimana quello, proprio non lo reggo, ci è andata decisamente bene con Jamie Foxx, terza scelta dopo Will Smith, ma anche primo ruolo che ha messo il futuro attore feticcio di Michael Mann sulla mappa geografica, insomma Jamie Foxx non ha interpretato il ruolo di Willie Beamen, lui è “Alien”, chissà se vomitava anche prima di girare le scene per Stone?

«Tu gioca rilassato, tanto non è mica vero che il tredici porta sfortuna, chiedilo a Jason Voorhees»

In qualunque edizione almeno decente del film, in DVD o Blu-ray, potete scovare le scene tagliate con Tom Sizemore oppure con “Gesù” Jim Caviezel nei panni del figlio del Coach, scene che aggiungono poco in un film comunque lungo, perché dura 157 minuti ma nemmeno uno fuori posto, perché se a livello tematico “Ogni maledetta domenica” è un incrocio tra la vita di chi combatte e le trame di palazzo alla caccia della grana che Stone conosce bene, dal punto di vista visivo è figlio della produzione del nostro Oliviero post Assassini Nati, pur non raggiungendo quegli estremi di forma, “Any Given Sunday” è un gioiellino che utilizza il cinema per moltiplicare i punti di vista, accelerare o rallentare il tempo della partita come chiunque abbia giocato a qualunque sport di squadra sa che accade puntualmente, quando il momento di gioco si fa drammatico.

Allo stesso tempo Stone mette su una Babele musicale e visiva incredibile, in cui i Metallica negli spogliatoi convivono con il Gangstarap, qui rappresentato da LL Cool J nella selezione musicale e sul campo, in cui una notevole colonna sonora che urla a pieni polmoni «ANNO 1999!» ad ogni nuovo pezzo, può permettersi trovate azzeccatissime come Fatboy Slim, alternato ad un classico da stadio americano come la Gary Glitter Band per finire con lo stesso Foxx, che ha sempre flirtato con la musica, che qui si improvvisa cantate Rap oltre che giocatore di Football.

My name is Willie. Willie Beamen! I keep my ladies… creamin’! (canzone perfetta per quando volete fare un po’ i fanatici)

Dal punto di vista sonoro e visivo “Ogni maledetta domenica” ha letteralmente aperto le porte del mondo del Football (e quindi dello sport professionistico americano) ad una platea di spettatori, senza veli e no, non mi riferisco alla proprietaria Christina Pagniacci (Cameron Diaz) che si complimenta con i giocatori negli spogliatoi dopo la partita che l’accolgono come dire, al naturale. Penso più che altro a come Stone nel suo dramma sportivo abbia trovato il modo di utilizzare il suo stile caustico, spudorato e diretto nello stile visivo certo, ma anche nei dialoghi. In “Any Given Sunday” si finisce a parlare della classifica degli infortuni o del quantitativo di atleti di colore schierati in campo, che diventano sempre più una rarità quando si sale lungo la scala gerarchica delle squadre, tanto che proprietari neri? Pochini. Stone ci “vende” un riuscitissimo dramma sportivo che funziona come grande film sul Football, ma allo stesso tempo è un nuovo Vietnam, solo su un campo di battaglia con telecamere sparse lungo ogni centimetro, con arbitri e spettatori in poltrona. Sapete che altro è “Any Given Sunday” un Classido! Perché ancora oggi è un titolo amatissimo e lucido nel suo analizzare il mondo dello sport professionisti americano, specchio (nemmeno troppo) deformante della società occidentale.

Un film di scontri “Ogni maledetta domenica” e non mi riferisco ai durissimi placcaggi ripresi alla grande da Stone, penso allo scontro generazionale spalmato lungo tutto il film, ‘Cap’ Rooney e soprattutto Coach D’Amato sono il Football (e l’America) vecchia maniera, che rischiano di essere soppiantati per sempre da una nuova versione dello stesso gioco, più veloce, più avida, più feroce nel gestire i rapporti più come affari che come dinamiche di gruppo, la nuova proprietaria figlia di cotanto padre, Christina Pagniacci, così come Willie Beamen, uno passato sotto traccia agli “Scout” che si occupano di selezionare nuovi campioni, che non legge o non sa leggere il libro degli schemi perché tanto ne inventa di nuovi.

La macchina Cap Rooney: zero difetti (quasi-cit.)

Spesso “Any Given Sunday” mette in campo tutto, anche la retorica (che comunque è un modo per far arrivare un messaggio) elevando il concetto di scontro tra vecchi e nuovi valori a tutti i livelli, lo si nota di più rivedendo il film oggi perché nel frattempo Aaron Eckhart è diventato qualcuno, ma il suo assistente all’ombra del Coach che sogna di allenare lui è uno di quegli scontri tra vecchio e nuovo che caratterizzano il film. L’altro sono i due dottori, quello “buono” di Matthew Modine che ragiona solo in termini di salute medica per i giocatori, e quello “quasi cattivo” (anche se lo definirei realistico, quindi decisamente più sfumato) che però essendo impersonato dalla faccia da schiaffi di James Woods guadagna due tacche di stronzaggine in automatico. La sua etica sarà discutibile, ma le sue ragioni? Se sapete a che livello possa volare il super ego degli sportivi, riuscite a dare torto al dott. Harvey Mandrake (esperto di “Mandrakate”, tutto torna) per quanto viscido, ha poi davvero pienamente torto? Spesso il cinema di Oliver Stone si gioca in questi centimetri di campo, quelli complicanti e controversi dove quasi più nessuno vuole andare e giocare, questo spiega i placcaggi violentissimi e i bulbi oculari lasciati sul campo del nuovo Vietnam in pay-per-view del nostro Oliviero.

«Guarda biondina che mi ha richiamato lui eh? Si vede che si è divertito con me laggiù in Salvador»

Di “Any Given Sunday” fondamentalmente amo tutto, anche il suo essere spudorato nel far arrivare i suoi messaggi, insomma è Stone al 100% che per essere sicuro di far arrivare il suo messaggio, nella cena a casa del Coach a colpi di famigerata e immangiabile Jambalaya, per sottolineare lo scontro verbale tra Willie e il suo allenatore, sullo maxi schermo di casa D’Amato manda a rotazione la scena delle bighe di “Ben Hur” (1959) e poi per essere sicuro di non sbagliare nulla, offre anche una parte piccola ma significativa a Charlton Heston in persona, l’ex schiavo e gladiatore del film, qui commissario della lega, non fa che sottolineare il discorso sugli sportivi, soldati e carne da cannone nel moderno Panem et circenses Yankee che prevede tutto, infortuni, leadership da guadagnare sul campo, ragazze (si, Stone ha recuperato anche la bellissima Elizabeth Berkley per una parte) e perché no droghe ed eccelsi, tutto questo fa parte dell’approccio Cimmero che da sempre caratterizza il cinema di Stone.

Per un film di gladiatori come si deve, ci vuole Ben Hur.

Ma a suo modo “Ogni maledetta domenica” è diventato un film che ha saputo guadagnarsi il suo posto nel cuore del pubblico per varie ragioni, ad esempio, la conferenza stampa finale di Coach D’Amato è assolutamente non realistica, una concezione cinematografica perché non esiste al mondo che un allenatore possa annunciare il suo nuovo incarico, mentre la sua vecchia squadra lo celebra, oddio è una cosa che potrebbe succedere che so, ai Clippers, ma in ogni caso questo non cambia il fatto che Stone abbia sfornato un film con un lascito notevole.

La vita è una merda (ah no scusate, quello era un altro film)

Non solo risulta avvincente e coinvolgente questa lunga tirata da 157 minuti, ma anche realistica, perché un altro film meno riuscito, sarebbe terminato in modo più canonico, con tutta l’enfasi che Stone riesce a caricare sulla sua storia, un’eliminazione al primo turno dei Playoffs è tanto realistica, quasi anti climatica, eppure questo è il mondo di una squadra in ricostruzione, metafora di un Paese che cerca di tornare grande, o almeno grande quando i vecchi valori del passato (quelli che ammettiamolo, a Stone piacciono, nemmeno poco) gli avrebbero insegnato, ma il percorso potrebbe essere complesso, travagliato, bisognerà lottare per ogni centimetro di campo… Avete capito dove voglio andare a parare no?

«Sapete cosa sta per succedere no? L’inevitabile paragrafo sul mio monologo»

Pur essendoci un abisso tra un gioco davvero di squadra come il Football e uno decisamente classista come l’unico sport considerato dagli abitanti di uno strambo Paese a forma di scarpa, “Any Given Sunday” è diventato patrimonio per allenatori, proprietari di squadre, ma anche “motivational coach” (scusate l’orrido anglicismo) oltre a tutta quella banda di fanatici pronta a sminuirti se sul posto di lavoro non aggredisci con la bava alla bocca il prossimo tuo per ottenere quel 0,3% che è l’obbiettivo aziendale mensile di vendite o merdate varie.

Il film di Stone è stato spolpato ed analizzato, un centimetro alla volta da tutti coloro che offrono corsi sulla leadership, anche se posso dirlo? Certo, questo film contiene un monologo clamoroso, uno dei più celebri della storia del cinema, che lo abbia scritto Oliver Stone non fa che deporre a favore dell’enorme talento di uno nato sceneggiatore e cresciuto sempre più come regista (e Autore con la “A” maiuscola), personalmente questo monologo arriva secondo, forse terzo nella mia ipotetica classifica che non ho voglia di stilare sui monologhi di Stone (che tanto mi chiederete nella sezione commenti, che sta lì per questo), eppure è innegabile che sia una delle ragione per cui questo film è diventato un classico.

«Ero già nella storia del cinema prima di questo monologo, ma grazie comunque!»

Sulle singole prove ho poco da aggiungere, ci sono tante facce note in questo film e anche qui, nessuna fuori posto, se Foxx si è costruito una carriera con la sua parte qui, Al Pacino si è confermato un gigante, anche nel recitare gli abissi di depressione del tempo che passa, c’è voluto del tempo, perché i due avrebbero dovuto collaborare per Nato il 4 Luglio, ma posso dirlo? Ne è valsa la pena aspettare così tanto per vedere Pacino diretto finalmente da Stone se il risultato è questo.

Ancora oggi “Ogni maledetta domenica” è uno dei miei film preferiti di Oliviero Pietra, decisamente uno dei suoi più accessibili, popolari e “per tutti”, perdonatemi il virgolettato banale, difficile trovare cinema di intrattenimento così appassionante, cinico e critico in parti uguali, ma dopo aver raccontato l’epica dei moderni gladiatori, perché non puntare più in alto e andare direttamente alla fonte dell’epica nel senso più classico, tra una settimana qui sulla Bara, lezione di storia con il professor Stone, non mancate!

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