Home » Recensioni » Old (2021): ma sono io o sono mio nonno?

Old (2021): ma sono io o sono mio nonno?

«Ma quello non sa nemmeno se è lui o se è suo nonno!».
La mamma della Wing-woman qualche tempo fa ci ha regalato questa massima di vita, diventata subito un culto a casa Cassidy, un dubbio quasi Amletico che ben si adatta all’ultima fatica di M. Night Shyamalan, anche noto come Michael Knight.

Possiamo far finta che io vi abbia già fatto tutta la complicata premessa su M. Night Shya… Shyam… Michael Knight? Anche perché di fatto l’avevo già fatta. Su pochi registi avevo puntato (sbagliando) come ho fatto con lui, malgrado gli alti e i bassissimi della sua carriera, continuo a pensare che i film di un autore (perché di questo si tratta) come lui, meritino sempre un’occhiata, preferisco un Michael Knight che sbaglia con personalità piuttosto che un regista che fa il compitino, anche se “Old” ha messo a dura prova la mia pazienza.

Deve essere andata così, dopo aver sbragato malamente firmando la “Trilogia della vergogna” (“E venne il giorno” del 2008, “L’ultimo dominatore dell’aria” del 2010 e “After Earth” del 2013), il nostro M. Night Shya… Shyam… Michael Knight si è rimesso in carreggiata con The Visit e Split, due film in cui ha fatto tutto sommato il bravo, per poi ritrovarsi a concludere la trilogia dei super eroi, che improvvisamente si era ritrovato per le mani, con l’ultimo capitolo Glass.

«Ma fa caldo qui dentro o sento solo io?» (cit.)

Lasciato nuovamente a briglia sciolta, il regista di Philadelphia si è imbattuto nella Graphic Novel nel fumetto “Castello di sabbia” scritto da Pierre-Oscar Levy e disegnato Frederick Peeters, la storia di un gruppo di personaggi che una volta raggiunta una bella spiaggia, non possono più lasciarla invecchiando a vista d’occhio. Un racconto dal punto di vista dei giovani protagonisti che non solo sembra un monito all’andare al mare (acqua? Sabbia? Sole!? Posto pericolosissimo, lo dico sempre io!) ma per qualche ragione deve aver solleticato la poetica sonnecchiante di Michael Knight, che ha dovuto trarne un film a tutti i costi.

Ve lo dico subito, “Castello di sabbia” è una piccola storia intimista che sfrutta una premessa ispirata a “L’angelo sterminatore” (1962) di Luis Buñuel, ma con una spiaggia al posto di una cena tra ricconi, quindi più che “L’angelo sterminatore” sembra “L’angelo steso al sole”. Il fumetto ha un finale riflessivo e sospeso, perché lo scopo della storia era più che altro riflettere sul tempo che passa, sfruttando un elemento fantastico come MacGuffin per mettere in moto la trama. Ve lo dico giusto così, nel caso di sia sorto il dubbio su come fosse il fumetto originale, dopo aver visto il film di Michael Knight. Ci tengo ai fumetti lo sapete no?

La faccia di chi si chiede: sono io o sono mio nonno?

Che poi è il mio modo gentile – perché a Shyamalan alla fine voglio bene malgrado tutto – di dire che se la storia vi è sembrata una sonora pernacchia, non è colpa del fumetto, ma tutta farina del sacco del regista qui anche sceneggiatore, che è riuscito a pasticciare più del dovuto la trama, i dialoghi e soprattutto l’immancabile svolta finale da cui ormai pare dipendente. Il pubblico si aspetta il “Twist” e Shy-Guy non può deluderli!

Facile capire perché Shy-Shy sia stato attratto dalla storia, si parte con la solita famiglia sul punto di cadere a pezzi, Gael García Bernal interpreta un padre di nome Guy (fantasia portami via…) il cui lavoro è calcolare tassi di assicurazione in base ai profili rischio, insomma uno tutto numeri e pragmaticità. Mamma invece si chiama Prisca (Vicky Krieps) e se non mi sono distratto, dice di lavorare in un museo, quindi l’arte, la conservazione del passato. Siamo al primo minuto del film e già sembra di stare alla prima lezione di scrittura creativa, vabbè andiamo avanti.

Nel tentativo di godersi l’ultima vacanza insieme prima di un divorzio imminente, si va tutti in un villaggio vacanze, tutto bevande con l’ombrellino e spiaggia privata annessa, qui M. Night Shya… Shyam… Michael Knight raduna la sua banda di protagonisti, uno più didascalico dell’altro.

Abbiamo la bionda anoressica in fissa con l’estetica e la cura del corpo, aggravata da una malattia che la rende dipendente dal calcio più di molti miei colleghi di lavoro. Giusto per sottolineare la sua vanesia fragilità il personaggio si chiama Chrystal (Abbey Lee), capito no? La donna di vetro? Eh? Eh? Occhiolino-occhiolino.

«”Guardate un altro METAFORONE di Shyamalan!»

Il marito della bionda-trofeo è un chirurgo che torna buono nei momenti di crisi, ma è anche un pazzo schizzofrenico che improvvisamente inizia a delirare di cinema come l’ultimo dei cinéfili nell’era dell’Internét, una trovata che mi ha fatto ripensare al critico cinematografico di “Lady in the Water” (2006). Uno che di botto non si ricorda il titolo di quel film con Jack Nicholson e Marlon Brando e senza Google sottomano, sembra davvero un cinéfilo nell’era dell’Internét, in ogni caso la risposta alla domanda è “Missouri” (1976) di Arthur Penn, bellissimo per altro, molto più di “Old”, ma ci vuole anche poco.

Shyamalan ha rotto gli occhiali anche ai cinefili colti (anche questa è una metafora)

Oltre ai figli della coppia di futuri divorziati, il quadro si completa con la coppia mista, lei nera lui orientale, i pragmatici con il ruolo di “Spiegoni umanoidi”, in particolare il personaggio di Ken Leung, che con la sola presenza ci riporta indietro ai tempi di LOST e non è qualcosa su cui stare sereni (anzi!). Un paramedico con il super potere di azzeccare sempre l’età delle persone, che poi è la soluzione più pigra e didascalica trovata da Michael Knight che gestire il progressivo e rapidissimo invecchiamento dei personaggi. Altrimenti come la fai la scena: «Indovino quanti anni hai piccolo, ne hai undici», «Ma che scherzi ne ho sei» che è proprio il modo in cui l’elemento fantastico colpisce. Anche noi spettatori ora che ci penso.

Tra tutti i personaggi sulla spiaggia, il mio preferito resta il cantante Rap famoso, precedentemente collocato in riva al mare, che tutti guardano storto perché anche in quel contesto, pare lì per spacciare droga o qualche altra attività losca non ben precisata.

«Dannate spiagge, ed io che pensavo di essermene finalmente liberato!»

Portando avanti la tradizione mutuata da Alfred Hitchcock, come al solito il nostro M. Night Shya… Shyam… Michael Knight, si ritaglia una piccola apparizione come fa sempre nei suoi film, qui interpreta Otto Disc, l’autista del pulmino che porta i protagonisti sulla spiaggia da cui non potranno più uscire, invecchiando di 50 anni in un solo giorno. Capito no? È lo stesso regista che porta i suoi personaggi nella “camera chiusa” dove andrà in scena la loro storia, passando il tempo ad osservarli da lontano. Avvertite la raffinatezza dell’aria di tutti questi sottili METAFORONI, talmente cesellati, suggeriti e sofisticati, l’equivalente narrativo di utilizzare un tronco di sequoia come stuzzicadenti. Mamma mia Shy-Guy, quando ti metti a scrivere i film usando il rullo da pittura hai la delicatezza di uno schiacciasassi.

Per tutta la durata del film poi Shyamy-Boy si inventa delle inquadrature sghembe che inquadrano i volti dei protagonisti solo per metà, oppure in un angolo, un tentativo di suggerire quanto i personaggi siano distanti e incompleti, oppure di passare per “artistico e surreale” a tutti i costi che va bene un minuto, va bene due minuti, poi fa venire voglia di urlare contro lo schermo: «Metti dritta quella cacchio di macchina da presa! Mi sta venendo il torcicollo!».

«Brrrr! Rabbrividiamo!» (cit.)

La tensione latita, o per lo meno io l’ho percepita come latitante, perché le singole prove da superare per i personaggi, costantemente minacciati da Padre Tempo che invece che passeggiare come fa di solito, sulla spiaggia decide di correre come Marcell Jacobs, offre lo spunto per problemi pratici, come personaggi anziani che tirano i calzini velocissimamente, un cagnetto ucciso (per fortuna fuori scena), ma anche malattie che si evolvono a tempo di record sotto i nostri occhi. Purtroppo personaggi così drammaticamente didascalici, pensati per veicolare messaggi più che per sembrare persone vere, mi hanno veramente sospeso l’incredulità in un modo dannoso per questa storia.

Come faccio a preoccuparmi della progressiva, inesorabile e velocissima morte per decadimento fisico, di un personaggio odioso e scritto per rappresentare la vacuità del mero apparire come Chrystal? Il pasticcio di Shyamalan è spalmato su tutte le categorie principali del film: i dialoghi sono strampalati e poco credibili (qualcuno mi spiega cosa vorrebbe dire la frase «I miei pensieri hanno molti più colori»?), le svolte sono macchinose e troppo spesso il film inciampa nell’involontariamente comico, non si raggiunge mai l’apice (del ridicolo) come Mark Wahlberg che parla con una pianta di plastica, ma per assurdo “E venne il giorno” che aveva una trama molto più cretina, sembrava un film molto più coeso e con segni di vita registica, qui Michael Knight lascia i suoi attori in balia della storia, ottenendo infatti risultati differenti in base al differente modo di intendere la trama da parte dei singoli. Quello che se la cava meglio infatti è Alex Wolff, alle prese con pochi minuti (considerando il soggetto del film) è quello che in situazioni al limite narrative sa come muoversi, peccato che poi Shyamalan abbia capito che al suo film mancava qualcosa, la famigerata svolta che lo ha reso celebre o famigerato, fate voi.

Proprio vero che i figli crescono velocemente.

Michael Knight ormai è schiavo del suo personaggio, dopo aver sbagliato, regia (anche degli attori) e aver perso il polso e il ritmo del suo film (in una storia che parla di tempo che passa? Male, male, male), pensa di risolvere tutto con la svolta finale che invece, manda definitivamente in vacca il film.

Quel bisogno a tutti i costi di spiegare, di razionalizzare che era assente dalla Graphic Novel dal fumetto, Shyamalan deve metterlo per forza nel suo film, urlandolo a pieni polmoni, per ribadire ancora una volta che nei suoi film, il fattore umano conta, i suoi personaggi sono quasi tutti umani che credono e non perdono la speranza anche nei momenti peggiori, quindi “Old” si gioca una conclusione ultra didascalica che spiega tutto per filo e per segno, in stile Ai confini della realtà, che però ti fa proprio rimpiangere la serie di Rod Serling, perché almeno lì gli episodi erano brevi e andavo dritti al punto, qui invece in 108 minuti (percepiti 308) mi sono sentito portar via una buona porzione di tempo che nessuno mi restituirà mai più, forse era questo il senso del film? Farci immedesimare con i protagonisti che vedono la vita scorrere loro via, come sabbia tra le dita?

Se l’obbiettivo era quello di confondermi facendomi sentire non più io, ma mio nonno, incartapecorito dalla noia di un film grossolano e didascalico, bravo M. Night Shya… Shyam… Michael Knight ci sei riuscito, ma quando sbagli così clamorosamente ragazzo mio, mi viene voglia di tirarti la dentiera e di picchiarti in testa con il mio bastone. Ah i giovani d’oggi! Non fanno più i film belli come li facevano quando ero giovane e Shyamalan una promessa cinematografica per il futuro! Che dopo questo film mi pare uno che come me, dopo i 108 minuti (percepiti 308), vaga chiedendosi: «Ma sono io o sono mio nonno?»

Il vecchio Roger lui si che aveva capito tutto!

Concludo con il migliore dei commenti possibili, quello della sempre lapidaria Wing-woman che come al solito è andata dritto al punto come io non saprò fare mai: «Questo film finirà come la piccola Flo, staranno su ‘sta cacchio di spiaggia a vita, al massimo si metteranno un fiore tra i capelli e via». Lo dico sempre che su questa Bara dovrebbe scriverci lei e non io.

Sepolto in precedenza mercoledì 8 settembre 2021

0 0 voti
Voto Articolo
Iscriviti
Notificami
guest
0 Commenti
Più votati
Recenti Più Vecchi
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti
Film del Giorno

L’uomo che non c’era (2001): il principio di indeterminazione dei fratelli Coen

Capelli. Cadono, crescono, vengono tagliati, imbiancano, continuano a crescere anche dopo la morte ed è solo una delle informazioni che ti restano addosso, come i capelli tagliati, quando arrivi ai [...]
Vai al Migliore del Giorno
Categorie
Recensioni Film Horror I Classidy Monografie Recensioni di Serie Recensioni di Fumetti Recensioni di Libri
Chi Scrive sulla Bara?
@2025 La Bara Volante

Creato con orrore 💀 da contentI Marketing