La tradizione dei Versus della Bara Volante oggi è tutta dedicata all’adorabile (si fa per dire…) Esther, personaggio di culto a Casa Cassidy che in questa Hollywood in cerca di titoli noti al pubblico da resuscitare, torna addirittura buona per un prequel.
Orphan (2009)
Mi piace essere onesto, quando si tratta di “Orphan” quella lungimirante è stata la Wing-woman, che fin dalla prima visione ha davvero capito il senso di un film talmente matto nel suo colpo di scena, da essere diventato a suo modo un piccolo culto. Ai tempi lo trovai un po’ tirato per i capelli, ma tra la Wing-woman che mi sollecitava a ravvedermi e il cinema contemporaneo che produce titoli in caduta libera qualitativa, ero davvero nel torto, infatti devo dire che “Orphan” non solo è invecchiato bene, ma fa ancora il suo sporco lavoro.
Sarà nata prima la locandina del film oppure il volto di Isabelle Fuhrman? Considerando che l’attrice aveva dodici anni ai tempi del primo “Orphan” direi il soggetto, che però prevedeva una bimba bionda nel ruolo principale, ma Isabelle Fuhrman sbaragliò tutti durante il provino tanto da guadagnarsi il ruolo (storia vera). La curiosità è che per la locandina hanno scelto di “specchiare” metà del viso della protagonista (si vede dai fiocchi nei capelli), per ottenere un effetto ancora più alieno per il volto.
Scritto da David Leslie Johnson (che grazie ad Esther si è fatto una carriera horror alla corte di James Wan) e diretto da Jaume Collet-Serra, regista-schiavo prima di Liam Neeson e poi di The Rock, il film ha portato a casa la sua bella collezione di polemiche, accusato di lanciare un messaggio anti-adozione, per mettere fine al tentativo di boicottaggio da parte delle associazioni genitori, la Warner ha devoluto una parte degli incassi ad alcuni orfanotrofi bisognosi, ve lo riporto per dovere di cronaca perché questa polemiche da Signora Lovejoy mi fanno sempre sorridere.
Se la memoria non mi inganna, “Orphan” è l’esordio per Vera Farmiga nel ruolo che ormai per lei è quello abituale, la mamma, qui in particolare la mamma in un horror, ruolo che è una specie di porto sicuro per le attrici, che per certi versi ha scalzato quello super ingrato della prostituta dal cuore d’oro. Qui la nostra Vera sta cercando di riprendersi dalla perdita della sua bambina nata morta, avere un figlio pre-adolescente tonto (che avrà preso dal padre di sicuro) e una figlia di nome Max con un problema di udito, non riempie comunque il vuoto che sente dentro, per questo insieme al marito diversamente intelligente (Peter Sarsgaard), decidono di adottare una bambina russa di 9 anni di nome Esther (Isabelle Fuhrman), una principessina del baltico, con i suoi nastrini ai polsi e al collo, tutta buone maniere e sorrisi, avete già capito che sarà una fregatura no?
Per mettersi nell’ordine di idee di come fare ad amare “Orphan” (ed io ci ho messo il mio bel tempo), per prima cosa bisogna patteggiare con il fatto che la protagonista che viene dall’est si chiama Est-Her, digerito questo, metà del gioco è fatto, perché per nostra fortuna la diabolica Matrioska umanoide è cattiva fino al midollo, una manipolatrice nata che finge di non saper suonare il piano solo per assecondare la passione per la musica della sua nuova mamma, quando invece appoggiando le ditine sui tasti suona come Thelonious Monk e questa è l’atto meno infame che compie in tutto il film.
La trama si srotola tutto sommato agile, prima sembra che Esther abbia solo bisogno di integrarsi, anche se beccare i suoi nuovi genitori impegnati a [Parola-con-la-esse] rallenta un po’ il processo, ma per nostra fortuna Esther è una che fa seguire alle minacce i fatti, alla differenza di troppi bambini orribili negli horror, che complici i limiti della censura, uccidono fuori campo e a colpi di sguardi scuri, sto pensando a roba tipo “Joshua” (2007) giusto per fare un esempio.
Esther schiavizza la piccola Max, utilizzando la sua capacità di leggere le labbra per intercettare i dialoghi telefonici tra adulti e non si fa problemi ad ammazzare a colpi di martellate suor Abigail (CCH Pounder), involontariamente aiutata da un padre adottivo geneticamente coglione, a cui di fatto interessano due cose, la seconda è la stabilità familiare. Tra bambine gettate già dagli scivoli per aver preso in giro il vestitino di Esther e la più bella minaccia di sempre al nuovo fratello adottivo («Se lo dirai a qualcuno, ti taglierò quel tuo cazzetto pelato prima che tu capisca a cosa serve»), “Orphan” procede spedito e anche se dura 123 minuti, non ha mai un momento di troppo della storia, fino alla svolta che cambia tutto lo scenario e qui se non avete visto il film, vi invito a NON procedere con la lettura, saltate tutto il paragrafo a piedi giunti perché arrivano gli SPOILER!
Esther poteva semplicemente essere una bambina cattiva come nel 2009 era ancora possibile raccontare al cinema, invece “Orphan” si gioca uno dei colpi di scena più matti di sempre, così folle da rendere poi tutto giustificabile, anche il finale in cui Vera Farmiga, posseduta dallo spirito di Ellen Ripley alla rovescia, rinnega la maternità e prende a calci in bocca la titolare del film al grido di: «Non sono la tua fottuta mamma!». Applausi a scena aperta.
Quando il segreto di Esther sembra al sicuro, mamma Vera risale le rapide del passato della bambina, fino all’orfanotrofio in Estonia da cui è arrivata, prima di essere adottata dalle suore americane dove abbiamo fatto la sua conoscenza, salvo scoprire che non si tratta di un orfanotrofio ma di un istituto psichiatrico, anche perché Esther (vero nome Leena) in realtà ha più di trent’anni ed è affetta da una rara forma di nanismo armonico che l’ha intrappolata nelle sembianze di una bimba di nove anni, i laccioli leziosi servono a coprire i segni della camicia di forza che provava costantemente a strapparsi, una protesi dentaria completa l’opera. Se questo non è uno dei colpi di scena più matti mai sentiti, allora non esistono i colpi di scena! Fine della porzione con gli SPOILER!
Se dal 2009 siete rimasti all’oscuro del colpo di scena, rivisto oggi “Orphan” fa ancora la sua sporca figura, le due ore di durata percepite, sembrano poco meno della metà, la tensione resta alta e tutti i tentativi di far passare per matta Vera Farmiga si traducono in una lotta a distanza tra madre e figlia adottiva, insomma preso per il verso giusto devo dire che la Wing-woman (come sempre) aveva ragione, anche perché nel frattempo il cinema contemporaneo è precipitato a picco fino a decidere di partorire operazioni bislacche come…
Orphan – First Kill (2022)
Di solito sono quelli di “Ciak” che fanno titoli altisonanti come “2009 is the new anni ‘80”, se la signora Piera Detassis volesse, le servo l’articolo su un piatto d’argento: ho la sensazione, magari farlocca, che il revivial degli anni ’90 sia già in discesa, mentre quello degli ’80 continua a tenere botta, sta rinvenendo forte in acqua quattro l’anno di grazia 2009, l’annunciato ritorno di “Avatar” sarà la ciliegina sulla torta, ma alla festa si unisce anche questo “Orphan – First Kill”.
Quanto devi essere a corto di idee per voler provare a trasformare in una saga un piccolo film, a suo modo di culto, che non ha davvero altro da raccontare? Eppure siccome dopo il 2000 il cinema se non è morto, sopravvive in stato semi vegetativo, anche “Orphan” si becca il prequel per ovvie ragioni strutturali, il risultato? Il tipico film del 2022, che è stato assegnato d’ufficio ad un regista dal curriculum adatto (William Brent Bell, quello di The Boy e il suo seguito), realizzato con la volontà di far credere ai fan di “Orphan” (tutti e quattro), che non è cambiato nulla, che questo prequel sarà fedelissimo all’originale, quando invece è una paraculata realizzato con i piedi, che non ha avuto nemmeno l’accortezza di rivedersi il film del 2009 prima di iniziare a buttare giù la storia. Inoltre secondo voi, i dettami del cinema anno 2022, possono permettere che un cattivo come Esther lo sia veramente? Ma va! Siamo negli anni in cui i cattivi sono solo buoni che aspettano di poter rigare dritto, sono gli anni di Cruella e Joker, dove un malvagio è solo qualcuno con dei problemi da aiutare per concedergli di essere buono buonissimo come sogna da sempre, sul serio, roba da rivalutare “Hannibal Lecter – Le origini del male” (2007). Per ovvie ragioni, da qui in poi SPOILER!
La più grossa idiozia di “Orphan – First Kill”? Non saprei da dove iniziare, forse dall’aver scelto di far interpretare nuovamente il ruolo di Esther ad Isabelle Fuhrman, utilizzando la CGI per far sembrare il suo volto da 25enne quello di una bimba di 9 anni, infatti vorrei farvi notare che sulla locandina (sempre “specchiata”) del film, Esther è di spalle, per nascondere lo scempio.
In alcuni momento la “DeepFake” tiene botta, in altri no, anche solo perché fisicamente Isabelle Fuhrman è più alta di quando aveva dodici anni e si vede, per quanto William Brent Bell si affanni con tragicomici campi e controcampi, dove Esther è inquadrata sempre dall’alto nel tentativo disperato di mantenere l’illusione, la trovata risulta patetica, quindi la domanda è: perché non prendere un’altra attrice somigliante alla Isabelle Fuhrman dodicenne? Perché viviamo negli anni di Bohemian Rhapsody e se il pubblico non punta il dito dicendo «Ma è uuuuugualeeeeeeee!» non compra, o in questo caso, non guarda il film su Paramount+ dove è uscito (negli Stati Uniti) ad agosto.
“Orphan – First Kill” inizia nell’orfanotrofio manicomio in Estonia nel 2007, l’allarme rosso con sirena e luce intermittente (perfetto per tenere calmi i pazienti) serve a distrarci dalla “DeepFake” e quando Esther evade, il film ha già almeno due buchi logici enormi: per prima cosa non ha senso che si intitoli “First Kill”, visto che ci viene chiaramente detto che prima del primo omicidio del film, Leena (a breve giro Esther) aveva già compiuto una strage di una famiglia estone.
Inoltre “Orphan – First Kill” è stato giustificato dalla produzione, come un film che avrebbe corretto un “buco di trama” del film del 2009, che in realtà non esisteva, quindi mi sa tanto di paraculata per giustificare tutta questa disperata e disastrosa operazione. Secondo gli autori non era chiaro come Esther fosse arrivata dall’Estonia negli Stati Uniti, quando nel film del 2009 dicevano chiaramente che è stata portata in America da una famiglia adottiva Yankee che si è occupata di tutto, la cui casa è andata a misteriosamente a fuoco, prima che Esther, ovviamente unica sopravvissuta, sia finita nell’orfanotrofio delle suore dove ha conosciuto Vera Farmiga. Il non-buco è sostento anche dalla foto della prima famiglia adottiva americana di Esther che si vede chiaramente nel film del 2009, la trovate qui sotto.
“Orphan – First Kill” cercando di correggere qualcosa che NON era rotto, ci mostra Leena che sceglie da un sito di bambine scompare, una americana di nome Esther che le somiglia e trova il modo – qui sì, creando passaggi a vuoto della storia – di contattare la famiglia americana, che attraverso l’ambasciata la porta nel Connecticut. La sua nuova mamma adottiva Tricia (Julia Stiles), che insieme al marito pittore Allen (Rossif Sutherland) e al figlio adolescente Gunnar (Matthew Finlan), non somigliano minimamente alla famiglia della fotografia, anche perché sono tre mentre nel 2009 avevamo visto essere quattro, ah quanta cura in fase di sceneggiatura per questo nuovo film!
Per me, dopo mezz’ora si sarebbero già tutti gli estremi per gettare questo inutile prequel nella spazzatura, ma spinti dalla volontà di far urlare al pubblico «Ma è uuuuuguuale!», non ci viene detto nulla di Esther, del suo passato, del perché sia bravissima a suonare il piano o su chi le ha fornito le protesi dentarie (per aiutarla a passare più facilmente per una bimba di nove anni? Bah), piuttosto la storia sembra avviata verso la direzione di essere un remake del film del 2009, quando allo sceneggiatore David Coggeshall, qualcuno a tradimento scioglie l’aspirina nella Coca Cola. Questo spiega la forse la scena “Facce ride” con Esther alla guida, che preferirei non commentare per pietà ma anche la svolta del film.
Tenetevi forte perché questo colpo di scena è ancora più assurdo (e scemo) di quello del 2009: Julia Stiles ha gettato il corpo della vera Esther in pozzo, per nascondere l’omicidio compiuto dal fratello violento Gunnar, dopodiché ha tenuto il marito all’oscuro di tutto denunciando la scomparsa, ma il sensibile maritino pittore si è distrutto nel dolore della perdita della figlia e da allora non dipinge più con i colori fluo, perché in buona sostanza questo prequel ci mostra solo da chi Esther ha imparato a dipingere usando i colori che diventano visibili solo spegnendo la luce della stanza, un dettaglio coreografico quanto volete, ma assolutamente secondario del film del 2009.
Aver pescato una matta, chiunque essa sia, intenzionata a spacciarsi per Esther per mamma Tricia è il colpo gobbo, così potrà riavere marito e famiglia al completo, il delitto perfetto anche per gli autori, che così possono assecondare la loro assurda voglia di mostrarci Esther in questo prequel come una Cenerentola (con tanto di topino in CGI, ve lo giuro, anche questo hanno fatto) maltrattata dalla matrigna e dal fratello maggiore stronzo, i veri cattivi della vicenda.
Ma porco mondo! Una delle caratteristiche migliori di Esther era proprio la sua pura malvagità, che senso ha prendere un personaggio che è cattivo e felice di esserlo e renderlo una vittima? Io proprio questa ossessione moderna non la comprendo, se poi aggiungiamo a tutto questo la maledizione dei prequel, ovvero storie il cui finale è già noto, “Orphan – First Kill” a cosa serve esattamente, oltre a snaturare Esther, a creare qui si per davvero buchi di sceneggiatura e a prendere per i fondelli quei quattro che consideravano per davvero “Orphan” a suo modo un culto? Forse solo sganciare su una piattaforma di streaming il seguito di un film mediamente famoso per rimpolpare il catalogo e poco altro.
Insomma, questo “Versus” ha un vincitore morale ma è anche una sconfitta, perché ci ricorda che stiamo assistendo alla caduta verticale del cinema, che ad ogni anno che passa per darsi coraggio si ripete: «fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene…»
Sepolto in precedenza mercoledì 31 agosto 2022
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