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Piccoli Brividi (2016): I ain’t afraid of no books

Ogni tanto mi butto su qualche film basandomi solo su pochi elementi, un attore, una locandina che promettono in parti uguali molto bene oppure molto male. Mi gioco dei numeri, sei volte su dieci prendo una nasata clamorosa e getto via un’ora e qualcosa di tempo che avrei potuto passare a fare cose davvero importanti, tipo insegnare al mio cane a giocare Basket. Nei restanti altri quattro casi (scusate l’ottimismo, lo so non mi dona) capita che mi trovi di fronte a qualcosa che non solo funziona, ma che diverte anche… Benvenuti nel quarantesimo percentile creaturine della notte!

La serie di libri per ragazzi “Piccoli Brividi” di R.L. Stine la ricordo molto bene, negli anni ’90 erano popolarissimi, un paio sono capitati per le mani anche a me, anche se allora ero già un “adolescemo” nella fogna più nera dei romanzi di Stephen King e che cominciava ad appassionarsi ad HP Lovecraft, merito dei miei genitori, che durante la mia infanzia non hanno mai fatto mancare libri sparsi per la casa e di quella maestra che regalò a tutti noi un libro, i miei compagni si beccarono “Le felici e snuotazzanti paperelle gialle della gioia” oppure “I tre allegri tulipani sorridenti” io, invece, mi beccai un’edizione per bambini di “I racconti del terrore” di Edgar Allan Poe, perché? Perché passavo le giornate ad ammorbare tutti raccontando i film dell’orrore visti di straforo la sera prima. Storia vera… Grazie Signora Maestra!

I brividi per più piccoli di R. L. Stine ci hanno messo davvero molto per arrivare al cinema, forse anche più tempo del necessario, ma il film di Rob Letterman (regista di “Shark Tale”, “Mostri contro alieni”) dà la possibilità anche a quelli arrivati fuori tempo massimo, come il sottoscritto, di divertirsi grazie alle opere di R. L. Stine.

Zach (il lanciatissimo Dylan Minnette) 12 anni, ha perso il padre da poco tempo, sua madre accetta il lavoro di preside nella scuola di nientopoli, provincia di noiaville (U.S.A.). Appena arrivato fa la conoscenza di Hannah (Odeya Rush), bella vicina di casa e sua coetanea… Fino a qui è tutto uguale a The Hole in 3D di Joe Dante, tranquilli, tutto sotto controllo.

«Ehi, ehi ehi, cosa vi ho detto? Niente baci al primo appuntamento»

Hannah è incastrata in casa con un padre inquietante che ha la facciona di Jack Black, ma si chiama R. L. Stine, provate ad indovinare che lavoro fa per vivere? Bravi, lo scrittore… Let’s go META!

Rob Letterman fa un ottimo lavoro nel mantenere in equilibrio un film che è chiaramente rivolto ai più piccoli, cerca di tirare dentro gli adolescenti e di intrattenere anche gli adulti, il tutto senza scadere eccessivamente in strizzate d’occhio o trovate orrifiche, esagerate, come dice il titolo italiano i brividi devono essere piccoli.

Di solito i film che si pongono tali intenti scontentano tutti, invece la pellicola di Letterman va a segno e vince su tutta la linea. In questo senso la sua esperienza come regista di cartoni animati è tornata molto utile.

Alcuni topoi classici dei film adolescenziali come la nuova casa/scuola/amici, la scoperta del proprio posto del mondo e dell’altra metà del cielo, si sposa bene con un umorismo leggero e non fastidioso, stranamente anche l’imbranatissimo amico del protagonista con il passare dei minuti diventa non solo più tollerabile, ma quasi simpatico (quasi!).

«Dagli un calcio nelle palle!», «É un lupo mannaro, non ha le palle!», «Tu daglielo!» (Cit.)

Ma un film tratto da una celebre serie di libri, ha come prima regola quella di rendere omaggio proprio agli amati libri, quei simpatici oggettini capaci di evocare un mondo di personaggi solo sfogliando le pagine, l’idea di rendere un personaggio all’interno della storia, fa sì che il film si scriva praticamente da solo, riuscendo davvero ad omaggiare alla magia dei libri.

Dalle pagine della vasta collezione dello scrittore, una serie di creature mostruose prende vita, abominevoli uomini delle nevi, ragazzi invisibili, dispettosi nanetti da giardino e un licantropo con le Converse sfondate (causa trasformazione) ad altezza stinco, tutti animati in CGI non eccelsa ma più che decente e funzionale.

Il film riesce anche a portare avanti un discorso metacinematografico riuscito, non vorrei scomodare maestri del Cinema Horror che hanno saputo parlarci in maniera adulta (e spaventosa) di creature evocate dai libri, o di mostri immaginari, confinati all’interno di opere di fantasia, se proprio devo fare due nomi che mi sono venuti in mente guardando “Piccoli Brividi” devo dire: Zio Stephen King e Joe Dante.

«Fermi tutti! Sento che qualcuno mi sta paragonando a Stephen King»
Il primo perché tante volte ci ha parlato del valore salvifico della scrittura e tra i mostri scatenati ci sono omaggi anche allo scrittore del Maine, non è difficile riconoscere un sosia di Pewnnywise, infatti non credo sia un caso la divertente scenetta in cui R. L. Stine s’infuria quando viene paragonato a King. Ma le creature evocate dai libri hanno moltissimo del lavoro di Joe Dante, sì perché il Blob e un’enorme mantide religiosa omaggiano la fantascienza e l’horror degli anni ’50, come già aveva fatto Dante in “Matinée”, mentre i nanetti hanno qualcosa dei “Gremlins” e qualcosa dei soldatini giocattolo di “Small Soldier”… Di sicuro sono pestiferi uguali!

Nessuno addobberà il giardino di casa con QUESTI nanetti.

Per correttezza devo prepararvi al fatto che nel finale, una piccola (direi quasi obbligatoria) concessione al buonismo a tutti i costi viene fatta, poco male, nell’economia di questo film non risulta nemmeno una grossa sbavatura, anche perché hanno saputo farsi subito perdonare inserendo un cameo del vero R. L. Stine, che compare per qualche secondo nella parte dell’insegnante (di recitazione), il Signor Black, in quello che è a tutti gli effetti uno scambio di ruolo, di nome e di mestiere con Jack Black, che in quella scena lo saluta e per tutto il film lo interpreta.

Rob Letterman si concede una piccola auto-citazione, quando Jack Black viene legato dai nani da giardino, proprio come succedeva nel precedente film del regista (“I fantastici viaggi di Gulliver”), inoltre, ditemi cosa volete, ma io un film con Giacomo Nero lo guardo sempre volentieri, visto che è rimasto a terra dopo la cancellazione della serie tv The Brink (ha fatto incazzare troppa gente secondo me…), sono contento di sapere che quel ragazzone lavora, anche quando sfoggia un umorismo meno fisico del solito, come in questo film, lo trovo sempre divertente e azzeccato.

Insomma, un bellissimo omaggio ai libri, condito da un retrogusto volutamente retrò e pieno di omaggi cinematografici tutti da indovinare, questo quarantesimo percentile è difficile da beccare, ma regala delle soddisfazioni, brividi no nemmeno l’ombra, ma divertimento un sacco.

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