“Pixels” è talmente bello che dopo averlo visto, sono tornato a casa e mi sono riguardato “Ghostbusters”, d’altra parte perché andare a letto con ancora negli occhi i fotogrammi di una brutta copia, quando puoi guardarti l’originale? Commento finito andate a casa… No vabbè dai, due cose ancora le dico.
Trovo curioso il fatto che malgrado nessuno sembri interessato a vedere un nuovo capitolo della saga di Ghostbusters (nemmeno Bill Murray che Crom lo preservi!), ad Hollywood vogliano rilanciare il Franchise in tutti i modi, o meglio Dan Aykroyd vuole rilanciarlo ed ora che un vero sequel con cast femminile è stato annunciato, tutto il pubblico continua a rifiutarne l’idea, tanto che qualche giorno fa è stata messa in giro una voce di un sequel anche con Cast maschile, come a voler dire “Tranquilli! Facciamo anche un VERO sequel!”, bravi, sminuiamo ancora un po’ le donne, bravi, a scoppolate in testa vi prenderei…
La cosa clamorosa di Ghostbusters (tutto questo per dire che primo o poi ne parliamo come si deve…) è che a distanza di 30 anni, nessuno è più riuscito davvero a sfornare un film come quello, non c’è riuscito nemmeno Ivan Reitman, anche se ci ha provato ben due volte, prima con il sequel del film e poi nel 2001 con “Evolution”, che abbiamo visto probabilmente in due, per quanto mi riguarda vale solo perché mi ha insegnato il corretto utilizzo dei mascherini al cinema (Long Story…) e poco altro, lo schema era grossomodo quello degli Acchiappafantasmi, gruppo di comici VS minaccia in computer grafica. Poi “Evolution” non faceva ridere nemmeno per errore e mi pare fosse tutta una grossa marchetta per vendere Shampoo per capelli, almeno, questo è quel poco che ricordo di quel film, mi ricordo che anche lì c’era una cameo di Dan Aykroyd.
Poi nel 2010, il Francese Patrick Jean sforna un bellissimo cortometraggio in cui le maggiori città del mondo vengono trasformate in Pixels dai videogames dei cabinati degli anni ’80, “Space invaders” nel vero senso del termine. Un corto talmente figo che lo vogliono tutti, dalla Universal alla casa di produzione di Adam Sandler, alla fine invece di scannarsi hanno deciso di fare Team-Up e produrre insieme il film, Sandler si è ritagliato la parte del protagonista e alla regia la Universal ha piazzato uno che negli anni ’80 c’era e contribuiva a creare i nostri ricordi cinematografici, dai Gremlins a I Goonies, passando per “Mamma ho perso l’Aereo” per arrivare ad Harry Potter, ovvero Chris Columbus.
Le cose sono due: o hanno scelto lui per il suo curriculum, oppure perché il buon vecchio Chris, da un po’ va in giro dicendo che ha già scritto il sequel de I Goonies, me lo immagino barricato in un palazzo pieno di ostaggi, con la bozza di sceneggiatura, mentre minaccia di dirigerla sul serio e in cambio chiede un’auto per scappare, milioni di dollari in banconote non segnate o in alternativa un film da dirigere… Mettetela come volete, alla fine gli hanno fatto fare “Pixels”.
Se sperate, però, che sia un film del nostro Cristoforo Colombo cascate male (o bene se penso a Percy Jackson), perché la componente Adam Sandler della vicenda richiede il suo, doloroso, tributo di sangue…
Non vado pazzo per Adam Sandler, gli unici film in cui l’ho apprezzato sono “Punch-Drunk Love” (ci credo, era diretto da Pitì Anderson…) e “Reign Over Me”, ma per motivi puramente musicali, gli altri? Lasciamo perdere. In questo film quasi tutta la critica lo ha definito svogliato, vero, ma non è solo quello il problema.
Nel 1982 la NASA decide di mandare nello spazio una capsula con dei filmati dell’epoca e per qualche oscura ragione (ovvero far cominciare il film) anche dei filmati di un torneo di videogames a cui i nostri protagonisti (bambini) partecipano. Adam Sandler “Piccolo grande mago dei videogames” (così mi sono messo in linea al film snocciolando citazioni anni ’80) arriva secondo perdendo a “Donkey Kong” contro il super campione (e super tamarro con Mullet) Fire Blaster.
Una volta cresciuto, non ha mai superato il trauma di essere l’eterno secondo, ma soprattutto di essere bravissimo in una cosa del tutto inutile nella vita vera, ovvero giocare ai videogames. Ma quando gigantesche versioni di Centipede, Pacman e Donkey Kong attaccano le grandi città del mondo, il suo talento tornerà utile.
Iniziamo con le cose buone del film… Onestamente c’è un passaggio della storia che non sono riuscito a capire, potrebbe essere venuto fuori involontariamente agli sceneggiatori, se davvero fosse una cosa voluta, sarebbe la trovata più satirica del 2015. Ho trovato davvero curioso il fatto che un innocuo filmato di videogames, pop star, presidenti (ex attori) e telefilm anni ’80, in questo film vengano considerati dagli alieni un guanto di sfida intergalattico, come se in tutte quelle immagini glitterate, mega-spallinate e con i Jeans a vita alta, una forma di vita intelligente (più di noi ma ci va poco) abbia visto la pericolosità e si sia armata per contrastarla. D’altra parte parlando da persona culturalmente invasa, gli anni ’80 sono stati un decennio bistrattato, ma con una coda lunghissima, un’invasione culturale che ha dato forma al mondo occidentale come lo conosciamo (per informazioni citofonare Berlino, inteso come muro di…), ma pur sempre invasione… Ribadisco, questa potrebbe essere la più grossa critica all’occidente del 2015 o un puro caso, non riesco a capirlo.
A proposito di trovate satiriche, il fatto che Kevin James, nei panni del solito personaggio alla Kevin James, in questo film interpreti il Presidente degli Stati Uniti, è del tutto credibile e anche se personalmente ho preferito il Presidente Mark Cuban di “Sharknado 3” ho visto scemi più grossi alla Casa Bianca. Ogni riferimento a bombaroli Texani avvinazzati a rischio morte per colpa di un salatino, è puramente voluto…
Fire Starter cresciuto (si fa per dire…) è palesemente ispirato al vero Billy Mitchell, campione di Donkey Kong e in questo film è interpretato da Peter “Più grande attore del mondo” Dinklage di Giocotrono, che ogni volta che entra in scena si mangia completamente la pellicola, nemmeno fosse lui Pac-Man. Per altro, dopo “X-Men giorni di un futuro passato” Dinklage interpreta un personaggio che avrebbe potuto essere portato sullo schermo anche da un attore normodotato, già solo per questa ragione, bisogna ammirare Dinklage, uno che non viene chiamato a fare film perché è un bravo attore nano, ma un bravo attore e basta, se non lo facessero doppiare allo stramaledetto Pino Insegno poi sarebbe pure meglio.
«Raggiungo a stento i pedali, ma vivo la mia vita un quarto di miglio alla volta» |
Proprio sui dettagli questo film casca malamente, perché di fatto non è altro che l’ennesimo riciclaggio della struttura del film “Ghostbusters”, con l’unica differenza è che il film di Ivan Reitman procedeva veloce sull’iconografia dei personaggi (gli Zaini protonici testati sul campo, Winston arruolato in corsa e subito uno di famiglia), ma si basava comunque su personaggi divertenti, dialoghi micidiali e battute memorabili, qui i personaggi restano uguali identici alla loro versione bambinesca, vista nei primi 5 minuti di film, diventano solo più vecchi.
Per il resto è la ripetizione dello schema di “Ghostbusters”, ma con più faciloneria, ci sono le tute e i fucili proprio come per gli Acchiappafantasmi, la celebrità dovuta al successo, ma Peter Venkman e soci hanno dovuto convincere il sindaco di New York prima di sentirsi dice “Date il controllo ai Nerd!” qui invece, il più grosso nerd di tutti è il loro amico Kevin James, personaggio che serve a giustificare Sandler e compagni (o Dinklage e compagni) contro gli alieni.
Questi sarebbero i nuovi Acchiappafantasmi? Mi terrei solo i due piccoletti, gli altri, bidone dell’indifferenziata. |
Tohru Iwatani incontra il suo bambino. |