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Poltergeist – Demoniache Presenze (1982): so chi lo ha diretto davvero… Ho la prova!

Qual è il miglior film di Tobe Hooper? Facile: Non aprite quella porta, di cui poi una volta dovrei anche decidermi a parlare. Il secondo più bel film di Tobe Hooper? Chiunque direbbe “Poltergeist”, io che sono un noto bastardo, invece, vi dirò che il secondo bel film di Hooper lo stiamo ancora aspettando, inoltre, “Poltergeist” è stato diretto da Spielberg…. E ho le prove per dimostrarlo!

Mi sono ripromesso di scrivere qualcosa di questo film, dopo la visione di quella infame porcheria del remake uscito poco tempo fa, inutile per manifesta inferiorità, ma soprattutto perché l’originale “Poltergeist” non ha certo bisogno di un’iniezione di popolarità, dal 1982 è un film Cult del genere Horror, etichetta che si è conquistata sul campo, per via della famigerata aurea di “Film maledetto” (quattro attori di questo film sono deceduti in circostanze tragiche e in giovane età, tra malattie rare e fidanzati violenti) e della sua travagliatissima storia produttiva.

Nel 1982, Steven Spielberg è il capo supremo del mondo. Arrivava da cosine come Lo Squalo, Incontri ravvicinati, 1941 e I predatori dell’arca perduta, se volete sapere la mia, quattro capolavori senza sterzo. In quell’anno, aveva appena sfornato una sceneggiatura che a sua volta è stata al centro di svariate chiacchiere da bar.

Spielberg da ordini, Hooper beve una coca, sarà questa la prova? No, dovrete attendere ancora un pò.
 

La storia scritta da Spielberg aveva molti punti in comune con un episodio di “Ai confini della realtà” che il piccolo Steven vide in tv nel 1962, la puntata intitolata “Little Girl Lost”, parlava di una madre, tirata giù dal letto dal pianto di sua figlia, la bambina in casa non si trova, ma si sentono distintamente i suoi pianti e le sue richieste di aiuto. Autori di quella storia il mitico Rod Sterling e la leggenda Richard Matheson, guarda caso l’autore del racconto originale di uno scontro tra camion e macchina, che determinò l’esordio cinematografico del regista con gli occhiali tondi. Spielberg completa e amplia la storia, il risultato diventa la sceneggiatura finale di “Poltergeist”.

Steven propone a Tobe Hooper la regia di “Night Skies” che originariamente avrebbe dovuto essere il sequel di “Incontri Ravvicinati del terzo tipo”, Hooper rifiuta perché gli alieni non erano proprio nelle sue corde (strano, perché nel 2002, sempre prodotto da Spielberg, ha diretto alcuni episodi della serie tv “Taken” che parlava proprio di alieni…). A questo punto Steven tira fuori la sceneggiatura di “Poltergeist” che Tobe accetta di buon grado… E i casini iniziano.

Steven concentrato, Tobe occhio pallato…. Ma nemmeno questa è la prova.
 

“Night Skies” rimane il titolo di lavorazione della prossima regia di Spielberg, il film che cambiando in corsa, uscì nella sale con il titolo definitivo di “E.T. – L’Extraterreste”, potreste averne sentito parlare…

Ma malgrado il nuovo film per le mani, Stefano non aveva intenzione di lasciare andare la sua creatura ed, ogni tre per due, era sempre sul set dove Hooper stava cercando di girare “Poltergeist”.

Qui la realtà si mescola con la leggenda, una delle storielle più popolari sosteneva che “E.T.” e “Poltergeist” siano stati girati in una strada della stessa città, cosa che in realtà non è affatto vera, tra i due set c’erano di mezzo la bellezza di 30 miglia.

Molte delle persone coinvolte nella realizzazione del film, negli anni sono state intervistate in merito alla vera paternità della pellicola, quasi tutti i tecnici e Zelda Rubenstein (la mitica Tangina Barrons) parlano di un Hooper svogliato che grida solo “Action!” e “Cut!” dopo che Spielberg ha posizionato le telecamera su tutto il set. Gli attori, invece, più salomonicamente parlano di una collaborazione tra i due, con Hooper, messo in panchina al momento del cut finale.

L’unico attore non parlante della pellicola, però, il VERO e assoluto protagonista è quello che conosce la verità su questo mistero, ma per tenere alto la Suspence, lascio l’icona aperta e vi parlo prima del film… Paura eh?

Anche a me da bambino dicevano sempre di non stare troppo vicino alla Tv.
 

“Poltergeist” è il perfetto equilibrio tra l’idea di Cinema di Steven Spielberg e le ambizioni orrifiche di Tobe Hooper, un film che negli anni ha saputo ergersi ad esempio di tutti quegli Horror con casa infestata e famiglia in pericolo (non avremmo mai avuto Insidious senza questo film, giusto per fare un titolo), ma il bello è che quando pensi che una scena sia frutto del lavoro di uno dei due registi, stai sicuro che dietro potrebbe esserci una sorpresa…

La famiglia Freeling vive a Cuesta Verda, nuovissimo ed esclusivo super complesso di case destinato ad ampliarsi con più sequel di Milano (Milano-2, Milano-3 etc…), per dare il buon esempio e portare avanti la causa aziendale, papà Steve, venditore di punta e astro nascente dell’azienda, si è trasferito con tutta la famiglia in una delle prime case costruite nel complesso residenziale Californiano. Hooper (o Spielberg?) ci presenta i personaggi nella loro villetta monofamiliare con giardino, piscina in costruzione ed ampio soggiorno con scalinata, unico problema: ogni tanto la tv di casa dei Freeling cambia canale da sola, ma probabilmente è colpa del telecomando dei fastidiosi vicini, la “sparatoria” a colpi di telecomando è degna di una sit-com degli anni ’80.

«A saperlo ti avrei fatto riordinare anche le scatole in garage»

Nella presentazione dei personaggi vediamo Steve a letto, leggere una biografia su Ronald Reagan (d’altra parte un baby boomers aspirante palazzinaro cosa dovrebbe leggere? Tiramolla?), mentre mamma Diane si arrotola una sigarettina di quelle che dopo che le hai fumate, hai gli occhi a mezz’asta e parli tutto rallentato… Qui è Hooper che fa satira sui neo riccastri W.A.S.P.? Forse, ma anche Spielberg all’inizio de Lo Squalo mostrava ragazzi intenti a fumare… Il mistero permane…

Se la figlia adolescente Dana è sempre al telefono (nel remake al cellulare), la camera dei due piccoli di casa è quella più interessante. Un po’ perché intorno al letto di Robbie, troviamo la più alta concentrazione di Gadget di “Guerre Stellari” mai vista, come se George Lucas, in visita sul set all’amico Spielberg, avesse dispensato doni come un Babbo Natale Jedi. Ma la camera è interessante anche perché facciamo la conoscenza della piccola e biondissima Carol Anne (sentirete invocare il suo nome 875 volte durante il film…), vediamo per la prima volta il clown protagonista di un paio di scene (le uniche invecchiate non troppo bene, secondo me) e il famigerato e inquietantissimo albero fuori dalla finestra, quello che terrorizza Robbie e che richiede un intervento di papà… Alzino la mano tutti quelli che da questo film hanno imparato a fare la conta tra tuono e lampo, vediamo? Beh, vedo un bel numero di mani alzate, bene bene.

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Qui inizia la favola di “Poltergeist”, la grande raccontatrice di favole degli anni’ 80 (e non solo) era la TV e proprio la televisione, come una strega cattiva, si porta via Carol Anne, intrappolata al suo interno. Se come me siete appassionati della più bella trasmissione televisiva di questo strambo Paese a forma di scarpa (Blob) allora sapete che questa scena e quella molto simile della tv di “Videodrome” di David Cronenberg, sono tra le più utilizzate di sempre dagli autori del programma.

Ma la tv è solo la scintilla che fa cominciare la storia, gli intenti satirici vengono (per ora) messi da parte, per far posto a oggetti che si animano e si muovono da soli e bambini da ritrovare, che non possono non ricordare il rapimento del tutto simile portato in scena da Spielberg in “Closer encounters”.

La piccola Carol Anne è stata scelta come tramite, una versione biondo-paffuta del Danny di “Shining”, qui la famiglia deve fare quadrato per affrontare l’ignoto, a contribuire all’atmosfera favolista troviamo il clown e l’albero citati poco fa… Tutto lascerebbe pensare a Spielberg.

A differenza del remake, il film del 1982 introduce in maniera sensata l’intervento dei ricercatori universitari, dei Ghostbuster ante-Litteram (e ante-Reitman che li creò solo due anni dopo questo film) che con le loro telecamera anticipano i vari “Paranormal Activity”, altro figlio illegittimo di “Poltergeist”.

Ogni tanto il film, però, rivela la sua bipolarità, piazzando una scena a forte contenuto Horror come, ad esempio, la visione di uno dei ricercatori che vede il suo volto decomporsi allo specchio, una scena che guardandola ti fa affermare: “Ma tu guarda il Tobe che ogni tanto si fa vivo in questo film!”. Purtroppo, poi, scopri che le mani che lacerano la (finta) carne del manichino in quella scena, sono proprio quelle di Spielberg. Ma dai Tobe! Anche questa scena hai lasciato indietro!?!

Spielberg aveva davvero le mani in pasta con questo film…
 

Dove “Poltergeist” mena il suo colpo più duro è con il personaggio di Tangina Barrons. La vera salvatrice, colei che arriva e sa TUTTO, spiega per filo e per segno alla famiglia quello che bisogna fare per salvare Carol Anne e lo fa sempre restando serissima, ma il colpo di genio di Hooper (o Spielberg?) è quello di far interpretare il personaggio a Zelda Rubinstein.

Immaginate, avete perso vostra figlia nello schermo della tv, sentite la sua voce invocare aiuto, ma non avete idea di come aiutarla, la polizia non può aiutarvi e a quanto pare nemmeno la scienza, l’unica persona al mondo che può salvare la vostra bambina è una nana con i capelli come Moira Orfei e gli occhiali alla Antonello Venditti.

Who ya gonna call? Tangina!
 

Questo è il vero colpo di genio di “Poltergeist”, perché l’unica speranza della famiglia, è incarnata dal più improbabile dei personaggi, che non solo è una medium, quindi non propriamente una categoria professionale riconosciuta dall’albo, ma ha anche un aspetto che qualcuno potrebbe definire risibile… Infatti, papà Steve si fa quattro risate in faccia a Tangina.

La Barrons in tutta risposta, è un tubo di titanio ricoperto di gomma piuma colorata, può sembrare innocuo, ma se te lo sbattono fortissimo sui denti, farà la felicità del tuo dentista. Tangina in un attimo ristabilisce la gerarchia, rimettendo in fila il diffidente padre, iniziando a snocciolare ordini come un generale sul campo di battaglia.

Tangina Barrons è una bad-ass di prima categoria, usa una terminologia degna di un eroe dei film d’azione, la sua punch line è la mitica “we have to clean this house” (o “this house is clean” a lavoro completato), magari non era negli intenti degli autori, ma quando nel 1995 Sly Stallone, da sotto il casco di Judge Dredd diceva “This room has been pacified” io ho sempre pensavo fosse un omaggio a Tangina Barrons.

Tangina prende
a cazzotti anche Mastro Lindo.
 

Ma allo stesso tempo la Barrons, riesce ad essere una presenza candida e rassicurante, ad esempio, io ho sempre adorato il modo in cui, rivolgendosi alla madre di Carol Anne, le chiede di abbassarsi, per poterla guardare in faccia. Questo personaggio è una delle ragioni per cui considero “Poltergeist” il classico film Horror che può piacere anche agli spettatori che normalmente non amano questo genere, le sensibilità (opposte?) di Spielberg e Hooper, hanno saputo sfornare un personaggio che sembra il frutto di una notte d’amore tra la Fata Madrina e il Robert Duvall di “Apocalypse now” (Cenerentola don’t Surf!).

Gli archetipi fiabeschi si trasformano in un raid per salvare la principessina dall’uomo nero, che guarda caso si nasconde in un armadio, in una dimensione che Spielberg e Hooper decisono di NON mostrarci (a differenza del pezzente remake).

Quando mamma Diane si cala nell’Aldilà, legata ad una corda, quando torna nell’Aldiquà, la ritroviamo sfradicia di una specie di ectoplasma rosso sangue, qualcosa che potrebbe essere un viscido residuo dei dispettosi ospiti di casa oppure qualcosa di molto più inquietante, resti umani? Resti di creature assurde e Lovecraftiane? Non si sa, si sa solo che Diane dal suo viaggio ai confini della realtà, tornerà con una ciocca bianca tra i capelli, del tutto simile a quella che spunterà ad Ash qualche anno dopo (1987) in “Evil Dead 2” in condizioni del tutto simili… Omaggio? Citazione? Parliamo pure di titolo fondamentale del genere e chiudiamola qui.

«Dopo tutto
quello che abbiamo passato, almeno siamo un Classido?»
Certo che si! Mi pare il minimo! Benvenuti nel piccolo club dei film dal logo rosso che qui alla Bara Volante noi chiamiamo… I CLASSIDY!

Ma come tutti gli horror che si rispettino, il mostro deve avere una resurrezione, per assicurare lo spavento finale e qui “Poltergeist” piazza il suo secondo colpo migliore. Fino a questo momento, i fantasmi del titolo, rapimento a parte, non avevano mai rivelato le loro intenzioni o la loro posizione, il film si basa tutto sull’ambiguità di queste presenze, che possono muovere sedie e oggetti (Spielberg) o importi incubi scortica-faccia (Hooper). Nel finale, però, il film esplode (letteralmente!) nella sua potenza, rivelando il vero volto degli avversari, ma anche il VERO protagonista del film.

Papà Steve affronta il suo avido datore di lavoro che si è macchiato della profanazione delle tombe di un cimitero, pur di costruire Cuesta Verda, dopo essere stata abbandonata, la Satira e la Critica contro gli Americani ricchi e bianchi torna a farsi sentire e Tobe Hooper si scatena, la cattiva coscienza dei W.A.S.P. viene punita da bare che spuntano dalla terra, scheletri che riemersi alla luce, devastano le abitazioni tutte uguali, villetta-giardino.

 
«Ciaoooo, ero in cerca di una spalla su cui piangere…»
 

Un assalto in piena regola allo stile di vita Americano, la scena della piscina si trasforma in una riuscita variante sulla famigerata vasca in cui Jennifer Connelly si ritrova (suo malgrado) a fare il bagno in “Phenomena” di Dario Argento e nel fuggi fuggi generale che grida Tobe Hooper fortissimo, si erge l’eroe della nostra storia… Il Cane!

E-Buzz, il labrador di casa Freeling, è il primo a fiutare (letteralmente) il pericolo, anche prima dell’arrivo degli esperti dell’Università. Il cagnone deve il suo nome al personaggio di E. Buzz Miller, un critico d’arte interpretato da Dan Akyroyd (che ha lavorato con Spielberg in “1941”) al “Saturday Night Live”.

La cosa che non riesco a non notare, ogni volta che riguardo “Poltergeist” è che nel gran casino del finale, il primo a saltare in macchina è proprio il coraggioso cagnone che serenamente porta le sue pelose chiappe al sicuro, se volete un’ulteriore prova del fatto che il biondone si salva, vi basta fare un click QUI.

Chi sarà quel cagnone che ammalia le donne di tutto il quartier, chi sarà?
 

La fiaba (neo gotica) della famiglia Freeling si conclude come è iniziata, con la tv, esiliata fuori dalla camera del Motel, in una scena che riesce ad essere satirica, ma anche metaforica, chi ha bisogno della tv, quando il cinema può sfornarti un filmone come “Poltergeist”?

Per l’aurea di film Cult e maledetto, “Poltergeist” è un film che ancora oggi, mantiene un buon ritmo, ribadisce con forza la sua ideale paternità di tutti i film con casa infestata e famiglia in pericolo ed è una pellicola in grado, secondo me, di piacere a chi ama l’horror, ma anche a chi di questo genere proprio non ne vuole sentire parlare e, malgrado un paio di scene (tipo quella del Clown), è invecchiato davvero bene. Questo straordinario risultato è il frutto del lavoro congiunto tra Spielberg e Hooper, ma in apertura io vi avevo promesso una risposta definitiva. La pistola fumante che tutti i cinefili hanno cercato per tutti questi anni, la parola definitiva su questo mistero… La prova che “Poltergeist” è stato diretto da Steven Spielberg è… QUESTA! This mystery is clean. 

Signore e Signori…. LA PROVA!
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