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Povere creature! (2024): nutri la moglie di Frankenstein

Penso sia innegabile che ci sia qualcosa di viscerale nel cinema di Yorgos Lanthimos, regista che piace tanto ai cinefili colti, quelli con la pipa e gli occhiali, ma anche a quelli fanatici che popolano “Infernet”, che per lui si sono giocati paragoni alti, altissimi, perché questa porzione di appassionati di norma ha la sparata facile.

Il greco da parte sua, per stile e tematiche, si presta bene all’essere l’idolo di questa porzione di fanatici, eppure nel suo cinema ho sempre trovato qualcosa di molto più terra terra, chiamiamolo “de panza”, una roba più primordiale che anche uno pane e salame come me può capire. L’ho sempre identificato nella trovata del suo “Dogtooth” (2009), quella per cui i giovani protagonisti cresciuti in cattività dai genitori, ma affamati di vita, si nutrissero di opere cinematografiche molto “carnali” come Lo squalo, dove Bruce di carne in effetti ne mangia molta, oppure Rocky, con i muscoli a vista dello Stallone Italiano e dei suoi avversari.

Ho sempre trovato in questo regista idolo dei fumatori di pipa qualcosa, alla cerimonia dei Golden Globe ho capito cosa: Yorgos Lanthimos invece dei soliti ringraziamenti all’Onnipotente o a Kubrick (che poi è quasi la stessa cosa) ha “sprecato” i suoi minuti di discorso per ringraziare apertamente Bruce Springsteen, suo eroe d’infanzia e quindi finalmente posso dirlo: Yorgos uno di noi!

«La regia è un lavoro stressante, come fai a gestirlo?», «Ci sono abituato io sono… Born to run»

Dopo il suo ottimo e super satirico “La favorita” (2018), il greco torna a colpire adattando per il grande schermo il romanzo “Poor Things!” del 1992 scritto da Alasdair Gray, con una scelta dei tempi impeccabile, perché ci sarebbe da sottolineare come ora, Hollywood e dintorni siano terreno fertile per una storia del genere, ma è impossibile non pensare che “Povere creature!” sia un po’ il Barbie giusto, o per lo meno, Barbie versione Bara Volante, visto che tratta gli stessi temi senza infantilismo e senza personaggi che spariscono e tornano a caso nella storia. Ci sono anche un sacco di colori pastello, ma credo che nessuno correrà in sala a vederlo vestito come Emma Pietra.

Un salto nel vuoto questo film, che non a caso inizia con un salto nel vuoto, quello della protagonista, suicida, che si lancia dal parapetto di una diga, muore ma rinasce grazie all’intervento del dott. Godwin Baxter (lo ripeto nel caso non fosse chiaro: GODwin) interpretato da un Willem Dafoe in gran spolvero, con in faccia un trucco che riduce la distanza, Godwin è a tutti gli effetti un “Mad doctor”, un dottor Frankenstein che però ha l’aspetto della creatura di Frankenstein.

Avete presente la confusione tra creatore e creatura di Frankenstein? In questo caso il confine è sottile.

Se il salto nel vuoto rappresenta la fine della vita della protagonista senza nome, allo stesso tempo è anche l’inizio della vita di Bella, come la creatura del dottor Godwin viene ribattezzata, corpo di donna essendo fatta a forma di Emma Stone, ma con il cervello di una bambina, letteralmente, visto che il dottore le ha inserito nel cranio la materia grigia del feto che la donna portava in grembo al momento della sua morte. Capite perché Lanthimos ci sta bene su questa Bara? Per il suo romanzo di formazione tutto al femminile, in delicati colori pastello (appena il bianco e nero molla la sua presa) lui sceglie gli archetipi giusti, quelli letterari e cinematografici, da James Whale prende Frankenstein e signora (il seguito del 1935), ma nella testa ha il “peccato originale”, quello di Mary Shelley, costretta a lungo a celarsi sotto uno pseudonimo perché una donna tutto poteva, tranne scrivere roba che andasse così apertamente contro la morale, che poi è un po’ quello che fa Bella.

Letteralmente bambina in un corpo di donna, con un cervello che vuole scoprire il mondo che la circonda e un corpo che invece ricorda bene le vecchie pulsioni, Bella è affamata di vita come molti dei personaggi del cinema di Lanthimos, sicuramente come i personaggi di “Dogtooth”. La nostra “Povera creatura” mangia e si masturba compulsivamente, imbarazzando tutti come solo i bambini sanno fare con i loro mille perché ma allo stesso tempo, colpendo al cuore l’assistente del dottore, Max McCandless interpretato da Ramy Youssef e per tutti quei maschietti che si sono offesi e indispettiti (ma davvero!?) per l’assenza di possessori di cromosoma Y che fossero anche personaggi positivi in Barbie, Lanthimos qui non scivola sulla stessa buccia di banana.

«Si. Può. Fare» (cit.)

Io continuo a citare il popolare film di Greta Gerwig, ma potremmo dire anche che “Povere creature!” è il “Mangia prega ama” (2010) del greco, purtroppo niente Eddie Vedder nella colonna sonora qui (magari nel suo prossimo film sentiremo Springsteen, chissà), però potremmo dire che questo è un po’ il suo “Mangia, scopri il socialismo, ama” di Lanthimos, visto che il romanzo di formazione di Bella prosegue in questo modo, con il bianco e nero della fotografia che lascia spazio al colore nel momento esatto in cui la protagonista scopre il sesso, con l’avvocato Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo che torna ai tempi in cui recitava tanto e bene e non solo in verde CGI), strappamutande con pornobaffo, prima attratto dalla sessualità manifesta della ragazza, poi incapace di contenerla o starle al passo.

Io comunque non lo farei arrabbiare, il verde potrebbe far impazzire il direttore della fotografia.

D’altra parte era stato Alice Cooper il primo a mettere sullo stesso piano libido e la creatura del dottor Frankenstein no? Lanthimos entra a gamba tesa sull’argomento e ci regala la versione cinematografica di quel pezzo, però dedicato alla moglie di Frankenstein, che però come Anouk non vuole essere moglie di nessuno (non finché non lo decide lei), diciamo che preferisce passare direttamente alla luna di miele, infatti nel film non manca nemmeno tutta la porzione “Frankenhooker” della vicenda. Anche se va detto, tutto “Povere creature!” sembra prendere le idee di Frank Henenlotter rielaborandole per un pubblico più tenerello. Non si rende mai abbastanza giustizia al lavoro di Henenlotter, lo dico sempre!

Il viaggio di Bella è la versione locale di quello della creatura di Frankenstein, con più sesso e meno elettrodi nel collo. Lisbona, Marsiglia, Parigi, il regista di origini greche ci mette un sacco di arte, anche pittorica nel pennellare lo schermo novello René Magritte. Non chiedetemi perché i miei esimi colleghi (stipendiati) si sono lanciati TUTTI nel gioco di utilizzare la parola “Steampunk” in TUTTE le recensioni su “Poor Things!”, anche se è innegabile che qui si trovi un po’ dell’epoca vittoriana di Jules Verne e a ben guardare anche una punta di H. G. Wells, basta dire, senza rovinare la visione a nessuno, che anche qui troviamo un uomo-bestia frutto dell’incrocio reso possibile dalla scienza tra umani e animali, ma è solo il modo di Yorgos Lanthimos di elaborare il tutto, riferimenti cinematografici, letterari e artistici, vengono portato in scena con la gioia di vivere e la fame atavica con cui la stessa protagonista se li divora.

Ne parlavamo con i Caballeros: il regista ha pensato alla scena del ballo in ottica Tik Tok o ha accettato di inserirla perché alla fine, ha una sua logica? A voi il responso!

Da un certo punto di vista il film di Lanthimos è molto bello e allo stesso tempo, uno dei suoi più accessibili, anche se ormai il greco maneggia alla grande il registro grottesco “The Lobster” (2015) e il già citato “La favorita”, da cui arriva l’arma segreta del regista, sì, paragrafo su Emma Stone in arrivo sul binario uno!

Lo sapete che ho un rapporto complicato con questa attrice, il mondo la ama quando le chiedono di interpretare la ragazza della porta accanto, la fidanzatina d’America, mi sono già espresso ma mi ripeto: ha la faccia da stronza, e lo dico come caratteristica del tutto positiva, se posso dire che Michael Ironside è una notevole faccia da stronzo perfetto per il cinema, posso dirlo anche di Emma Stone, che mi piace in ruoli proprio come quello in linea con la mia definizione offerto in “La favorita”. Qui nei panni di Bella è semplicemente perfetta, prima si inventa movimenti e camminata claudicante, come una bambina che si muove dentro un paio di scarpe (o un corpo) troppo grande per lei, poi risulta generosissima nel lanciare il cuore oltre l’ostacolo, incurante del non dover apparire sempre plastica e fatale in ogni inquadratura, completamente fuori dal ruolo di diva di Hollywood e completamente dentro quello di Bella.

Foto acchiappona di Emma Pietra perché so che qualcuno gradirà.

Una che fa cose imbarazzanti, parla delle gioie dell’orgasmo con una naturalezza che fa a pugni con i benpensanti, con la sincerità di una bambina all’inizio e poi, sempre di più nel corso della sua evoluzione. Nella sua volontà di godere, sembra quasi beh, un uomo, ed è qui che Lanthimos manda a segno il suo metaforone femminista che è talmente riuscito che sfido chiunque a stizzirsi: Bella è la Prometea che ruba il fuoco agli uomini perché che cavolo, voi si ed io no? Con la sfacciataggine e la voglia di vivere tipica dei bambini, ma con gli istinti dei grandi.

L’emancipazione di Bella passa attraverso gli uomini che incontra nella sua vita, un padre/creatore anche da perdonare, amanti ed ex amanti usati e gattai via come farebbe beh, un uomo quando si tratta di sesso, questa stramba favola nera (in colori pastello) ha tutte le caratteristiche del romanzo di formazione e per assurdo, trattandosi di una storia che si apre con un suicidio, anche la sua versione del lieto fine con i cattivi puniti malamente, come succedeva appunto nelle favole, che poi erano la prima forma di storie Horror, quindi anche in tal senso Yorgos Lanthimos chiude il cerchio alla perfezione.

«Te la godi eh Bella Ray!» (quasi-cit.)

Dei premi mi interessa poco, scrivo queste righe dopo il Golden Globe al regista di cui la parte più interessante per me, è proprio la citata dedica al Boss. Non so se Emma Pietra o il regista si porteranno a casa la statuetta dello zio Oscar e mi interessa anche poco, so che “Povere creature!” è un film valido che ha tutte le caratteristiche che piacciono a questa Bara e potrebbe spingere qualcuno ad esplorare, scoprire o riscoprire la filmografia del regista. Invece di ragionare per etichette di genere, classe sociale o preconcetti da “Infernet”, siate curiosi e affamati come Bella, questa favola nera in colori pastello merita la vostra fame.

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  1. Mi è piaciuto così tanto (l’ho detto, in questi mesi?) da aver più paura di trovare i blogger fidati non d’accordo con me che la stagione dei premi contro. Felice che Bella ti abbia conquistato, ma come resisterle? Alla seconda visione, non perde di fascino e di bellezza, e ci ho trovato dentro così tanta voglia di sperimentare e vivere che le risate si sono trasformate in applausi.

    • Il classico tiro matto allo scadere: un attrice brava che sceglie ruoli che non mi piacciono, un regista bravissimo idolatrato dalla tipologia di cinefili in cui non mi riconoscono e alla base, delle fascinazioni dagli horror giusti, ma che hanno fatto scivolare tanti. Bello vedere questo canestro da metà campo, che ribadisce che il regista alla fine, è uno di noi. Stima e fiducia reciproca, che te lo dico a fa! Cheers

  2. Esattamente così, infatti non so bene da dove sia uscito lo Steampunk che compare in TUTTE le recensioni delle penne stipendiate, ma poco importa, hai detto una cosa importante, il greco i suoi film sa venderli agli americani, non è da tutti, tanti non ci riescono. Cheers!

  3. Lantimos l’ho scoperto con The Lobster e da allora ho per lui un certo riguardo. Sa come rendere una storia interessante, a disturbare quel tot che a me piace. Ed è pure uno che ha capito bene come vendersi al pubblico e alla Hollywood che conta, perciò rispetto.

    Emma Stone per me è dinamite, una che dà tutto per il ruolo, di quelle che ci crede sempre fortissimo (che poi è la cosa che più voglio da chi recita).

    Dovrei rivedere il film per ripensare a come è stata usata la fotografia e lo stile visivo. Ho una teoria: forse non c’è nessuna volontà di dare un tocco “steampunk”, tutto ciò che vediamo è il riflesso dello sguardo di Bella, il mondo grigio ma realistico della casa, il mondo vivido in colori sgargianti quando scopre la libertà e il mondo, in cui le macchine sono come stranissimi gingilli agli occhi di chi le vede per la prima volta (perciò stilizzate, quasi magiche). Avanzando nella storia il mondo fantastico si avvicina sempre più a quello reale, man mano che Bella matura il suo sguardo (e quindi il ritratto del mondo) diventa più maturo, colori più cupi, eventi più cupi: è la maturità.

  4. Ha tutte le sue cosine al suo posto, si certo, più accessibile degli altri del regista, ma non trovo sia un problema. Cheers!

  5. Gran film! Ne ho scritto da poco pure io, forse un po’ compiaciuto e quindi troppo lungo, ma mi ha trasmesso ottime vibrazioni in chiave Terry Gilliam, tra le altre, quindi anche per me più che promosso a pieni voti! :–)

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