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Power Rangers (2017): Don’t You (Forget about morphing)

Sono pronto ad
ammetterlo candidamente: non è che stessi proprio trattenendo il fiato in
attesa del film sui Power Rangers ecco, per il semplice fatto che da bambino li
guardavo, ma non è che mi facessero proprio impazzire.

Mi ricordo anche
quando esordirono in questo strambo Paese a forma di scarpa nel 1993, ero alle
elementari, vennero annunciati come il secondo avvento, televisivamente
parlando, ricordo molto bene anche la mia reazione davanti al primo episodio
della serie, mi sembrava di guardare “Bayside School” dove ad un certo punto i
protagonisti s’infilavano dentro caschi da moto e calzamaglie a rombi, facendo
mossette e mossettine prima di zompare sopra robot e combattere mostri in gomma
piuma. Il mio commento fu lapidario: “Non sono belli come le Tartarughe Ninja”.
Io faccio parte
di quella generazione che è stata colpita in mezzo agli occhi dalla mania delle
Tartarughe Ninja e di striscio dai Power Rangers, ho continuato a seguire le
avventure pomeridiane di questi cinque tizi colorati, più che altro perché fino
almeno alle scuole medie, la programmazione dei telefilm del primo pomeriggio
era una tappa obbligata per me, piccolo teledipendente mai del tutto guarito.



Eravamo ragazzi semplici, bastava poco per farci contenti.

Siccome
rompicoglioni lo sono sempre stato e quella serie mi è sempre sembrata troppo
strana per la media delle produzioni americane, ho scoperto quello che oggi
sanno tutti, peccato che nel 1993 non esistesse Google, quindi ciccia. “Power
Rangers” altro non era che l’adattamento a stelle e strisce della serie di
fantascienza giapponese “Super Sentai” che poi era solo uno dei tanti Tokusatsu,
gli storici serial televisivi che andavano da Ultraman, a Megaloman
(ME-ME-GA-GA-LO-LO-MAN, MEGALOMAN!) passando per Machineman fino all’Uomo Ragno
nella sua versione giapponese, quello con moto, Robot gigante e poteri ottenuti
da un alieno (storia vera, beh più o meno).

Ma siccome il mio
cuoricino di bambino apparteneva già alle Tartarughe Ninja, ho sempre seguito
la serie con il giusto distacco, fino a quando mi sono ritrovato a leggere gli
spernacchiamenti che la notizia “Faranno il film sui Power Rangers!” ha
generato in rete, esagerati come tutte le reazioni sul web, ma forse
comprensibili, specialmente quando poi scopri che nel cast sarebbe comparso
anche Bryan “Più grande attore del mondo” Cranston.



Come vedete Internet ha reagito a modo suo alla notizia.

Non aiuta nemmeno
che ultimamente gli Yankee siano alla ricerca disperata di soggetti da saccheggia…
Ehm, da adattare per il grande schermo, dopo Ghost in the Shell, pare che gli anni ’90 siano il nuovo bersaglio ed io temo
che la stagione di caccia sia appena cominciata. Sull’onda di tutto questo mio
(manifesto) entusiasmo per il film, ho saltato tranquillamente la fase “Trailer”
buttandomi proprio sul film, alle brutte, mi faccio due risate, sapete che c’è?
Cavolo poteva andare molto peggio, per i primi quaranta minuti ho quasi creduto
in un mezzo miracolo.

Per adattare
materiale che di base risulta ormai datato (e anche piuttosto kitsch) nel 2017,
l’unica chiave di decriptazione possibile è quella dei super eroi che oggi come
oggi dominano i cinema, Dean Israelite che qui rischiava di essere il solito
agnello mandato al macello da Hollywood, al grido di “Dirigi se non vuoi essere
condotto alla cinta daziaria!”, riesce tutto sommato a tirare fuori qualcosa di
coerente con il suo precedente (anche se non brillantissimo) Project Almanac, puntando tutto sui suoi
protagonisti adolescenti.


“Questo coso è vecchissimo, non ha nemmeno il wi-fi!”.

Jason (Dacre
Montgomery) è la promessa del Football della cittadina di Angel Grove, per una
ragazzata si gioca il futuro da professionista, vincendo in cambio una
cavigliera, un coprifuoco da rispettare e tutti i sabati passati nella classe
di recupero del liceo, se tutto questo vi ricorda qualcosa, state buoni che ci
torno su questo punto…

Qui fa la
conoscenza di Kimberly (Naomi Scott), trombata dalla popolari Cheerleader per
trascorsi di tipo “Social” (quindi del peggior tipo) e di Billy (RJ Cyler) che
oltre a coprire le quote per i “Fratelli” nel film è anche al limite dell’autismo
selettivo, non capisce le battute e la satira come Drax dei Guardiani della
galassia, ma allo stesso tempo è un nerd geniale, uno che viene picchiato dai
bulli, che non ha vita sociale, un nerd vero! Non nel senso modaiolo e Sheldon
Copperiano del termine.
Alla riffa si
aggiungono (un po’ frettolosamente, ma vengono in parte caratterizzati più
avanti nel film), Zack (Ludi Lin) e Trini (Becky G), uno dei due è omosessuale,
stranamente il dettaglio non viene sbattuto in faccia agli spettatori e, per
una volta, non sembra una mossa pubblicitaria per dire “Nel prossimo film dei
Power Ranger ci sarà un personaggio omosessuale!”, almeno non come ha fatto la Disney ecco.



Spero che sia un omaggio a David Bowie…

Dean Israelite si
prende tutto il suo tempo per farci affezionare ai personaggi e se vi è
sembrato dalla descrizione che unire insieme un eterogeneo gruppo di studenti
problematici di diversa estrazione, per di più il sabato mattina, sia un
omaggio a “Breakfast Club” (1985) è solo perché il regista di origini
sudafricane ha l’intelligenza di sapere che il film di John Hughes è talmente
un filmone che è giusto utilizzarlo come modello di riferimento.

Lo dico
chiaramente: se “Power Rangers” riesce ad evitare la buccia di banana della
fredda operazione fatta a tavolino, dividendo i protagonisti tra etnie e
minoranze come il politicamente corretto impone, è solo perché sì, di fredda
operazione di calcolo si tratta, ma per lo meno i personaggi sono ben scritti,
ben diretti e ben interpretati, tutte cose che permettono di chiudere un
occhio.



It’s Breakfast Club time!

Ci vuole anche la
parte fantasy/supereroica, con la scoperta delle gemme in grado di donare i
poteri dei Power Rangers solo a chi ne è veramente degno, inizia il romanzo di
formazione dei protagonisti e anche la parte in cui Dean Israelite pesca a
piene mani da tutta l’iconografia (ormai vastissima) dei super eroi al cinema.

I protagonisti
adolescenti, le dinamiche di poteri e responsabilità arrivano da Spider-Man,
anzi, la scena del salto per testare i nuovi poteri sembra presa di peso dal primo film di Sam Raimi, l’idea di un
gruppo eterogeneo di emarginati che unisce le forze e impara a lavorare come
gruppo, pensando al “Noi” invece che ad “Io” è mutuata dagli Avengers.


Spero tu abbia fatto l’antitetanica ragazzo.

Se devo dirla
tutta, la parte “spiegone”, quella in cui ci viene illustrato per filo e
per segno la missione dei Rangers e i loro poteri, sta tutta sulle spalle di Bryan
Cranston, anzi, sulla faccia di Bryan Cranston che qui è chiamato (con l’aiuto
della computer grafica) ad interpretare il faccione gigante di Zordon, che
sembra l’enorme navigatore Tom-Tom della nave aliena dei Rangers e, in senso
più ampio, non può che ricordare i messaggi che papà Jor-El lasciava al suo
figlioletto Kal-El, meglio noto come Superman, nel film di Richard Donner del
1978. Vuoi vedere che questo Israelite è meno sprovveduto di quello che si
poteva pensare? Jor-El era interpretato da Marlon Brando e lui in cerca di un
grande attore per il ruolo nel 2017 cosa fa? Fa venir giù Bryan “Più grande
attore del mondo” Cranston, bravo Dean, tra questa e l’omaggio a John Hughes te
la sei giocata bene!

Bryan “Più grande faccia gigante del mondo” Cranston.

A proposito di
attori in ruoli sull’infame andante, se ti assumono per interpretare un
personaggio che risponde al nome di Rita Repulsa, le cose sono due, o scappi il
più lontano possibile, oppure hai l’ironia di Elizabeth Banks, che nella parte
iniziale del film quasi se la gioca in modalità strega cattiva che perseguita
gli incubi degli aspiranti Rangers, nel finale, invece, sembra la sorella di
Loki e riesce comunque ad uscire piuttosto bene da un personaggio che
potrebbe ammazzarti la carriera.

“Thor fratellino! Quanto tempo, era una vita che non ti vedevo”.

Le note negative
per quanto mi riguarda sono tutte nel finale, nell’ultima mezz’ora il film accelera
forse anche troppo, quando arriva il momento del “Morphin Time” in un attimo i
Rangers sono alla guida dei loro Zord, quando fino a pochi minuti prima non
riuscivano nemmeno ad indossare l’armatura.

Ma il vero
difetto è che il mostrone finale da combattere, gli Zord e il Mega-Zord sono un
lavoro di design abbastanza approssimativo e anche abbastanza anonimo, per quanto
Dean Israelite cerchi in ogni modo di dare al tutto un aspetto simile a quello
dei combattimenti della serie televisiva, il che potrebbe essere un bene per l’aderenza
al materiale originale, un po’ meno bene vista la natura vagamente trash dello
spettacolo.


I Power Rangers in saltelli aggraziatissimi!

La verità è che
il finale è chiaramente giocato sul fattore nostalgia, la musichetta “Go Power
Rangers go” parla chiaro e, ancora una volta, di fronte a questi tipi impegnati
a combattere e fare mosse e mossettine, mi ritrovo a pensare che
continua a preferire la Tartaughe Ninja, non ci posso fare niente, per questo
finale sono fuori target di una manciata di anni anagrafici, anche se apprezzo
il tentativo, ma far dire ad uno dei personaggi Hippy ya-ye! mi spiace non basta.

…Who needs tv when you got T-Rex.

Il risultato
finale sono sicuro esalterà tutti quelli che hanno amato di Power Rangers più
di me, è ammirevole il modo in cui sono riusciti a sfornare dei protagonisti
per cui viene voglia di fare il tifo e magari sistemando qualche sbavatura,
potrebbero anche riuscire nell’impresa di lanciare il terzo polo super
eroistico, anche se tra Marvel e Distinta Concorrenza, gli schermi
cinematografici sono già belli saturi di gente in calzamaglia.

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