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Preacher – Mangiatori di uomini: Vegani astenersi

Sesto volume (edizione Magic Press) per “Preacher”, dopo
la battaglia della Monument Valley vista in Guerra sotto il sole, i nostri
protagonisti si leccano le ferite in quello che è forse il più interlocutorio
tra tutti i volumi della saga creata da Garth Ennis e Steve Dillon, ma anche
quello che è il vero inizio del secondo tempo di questa cavalcata.

Jesse Custer è ancora scomparso, Tulip lo crede morto e
affoga il suo dolore negli antidepressivi annaffiati con la Vodka (non una
grande idea), Cassidy si prende cura di lei, ma la bionda non tanto presente a
se stessa è una tentazione troppo grande per l’Irlandese…
Ho sempre avuto una stramba teoria tutta mia leggendo “Preacher”,
ovvero che Ennis, non solo abbia farcito il suo più celebre fumetto di cose che
ama (azione, violenza, John Wayne, blasfemia e scene di sesso di vario tipo),
ma anche con qualcosa di autobiografico. Sono abbastanza convinto che il personaggio
di Cassidy sia ispirato a qualcuno, parleremo di questa mia bizzarra teoria più
avanti con i prossimi volumi, ma è proprio qui che il vampiro irlandese fa la
sua scelta più tragica, approfittando di Tulip. Lo strano triangolo tra i tre
protagonisti terrà banco anche nelle prossime storie ed è questo il motivo per
cui considero “Mangiatori di uomini” il perfetto inizio del secondo tempo di
questo lungo racconto.
Una cosa che amo di “mangiatori di uomini” è il fatto che
volti una pagina e ti ritrovi Jesse Custer vivo e vegeto a camminare nel
deserto, in preda al deliro, cantando un pezzo di Johnny Cash (“The Street of
Laredo” per la precisione). Il predicatore se non fosse per la perdita dell’occhio
sinistro, sta abbastanza bene per uno che dopo il finale di Guerra sotto ilsole, non aveva la minima possibilità di essere ancora vivo. Come ha fatto a
salvarsi? Ennis qui non ce lo racconta, per quello dovremmo aspettare il
prossimo volume, ma è qui che Ennis introduce uno dei personaggi più folli di “Preacher”:
l’astronauta deluso dalla NASA che aiuta Jesse, gli illustra la sua epica
missione di vita e, credetemi, non indovinerete MAI cos’ha in testa il buffo
personaggio.

Non avrete bisogno degli occhiali da lettura per leggere questa…
Uno che non se la passa tanto bene è sicuramente Herr
Starr, l’alto padre del Graal anche lui viene aiutato da alcuni locali, ma come
al solito la fortuna non è dalla sua parte. Mettiamola così: il titolo del
volume è molto azzeccato per descrivere i buoni Samaritani (si fa per dire…)
che hanno soccorso Herr Starr. Non aggiungo altro, però Ennis ci regala la sua
riflessione sull’eterno scontro tra cittadini e redneck, che tiene banco nell’immaginario
dai tempi di “Un tranquillo weekend di paura”.
A stemperare le sfighe dei vari protagonisti, troviamo
Facciadiculo che nel frattempo ha sbattuto il naso (o ciò che resta del suo
naso) contro il duro mondo dello show business musicale. Nella storia
intitolata “Mondo Culo” (i titoli della storia di “Preacher” sono impagabili!)
il ragazzo si rifugia nella sua fantasia, in un surreale mondo immaginario dove
il suo volto… Beh, diciamo che è perfettamente allineato con quello degli altri
cittadini, dai!

Glenn Fabry ha riassunto il concetto meglio di quanto potrò mai fare io…
Il volume è interlocutorio, anche perché contiene lo
speciale “One Man’s War” dedicato alle origini di Herr Starr. Si parte nella
Germania del 1972, per arrivare fino al 1995, Ennis ripercorre la veloce e
fulminante carriera del determinato Starr, da ufficiale Tedesco a massimo
esponente del Graal con una sua contromissione, appunto: la “Crociata di un
uomo solo” del titolo. I disegni sono del disegnatore danese ospite Peter Snejbjerg, che aveva già collaborato con Ennis sulla pagine di “Hellblazer”, qui
presta le sue matite più oscure e realistiche, ad un’ottima storia di origini
che non solo ci mostra il particolare (ehm…) rapporto tra Starr e il gentil
sesso, ma soprattutto le sue motivazioni. Se vi siete chiesti le origini della
caratteristica cicatrice sull’occhio di Starr, è questo volume che dovete
leggere, dove è tutto spiegato in una scena che definirei appena appena
intensa, una delle tante occasioni in cui Garth Ennis ha mostrato il suo
talento di riuscire nel giro di mezza pagina a passare da un registro
narrativo grottesco, ad uno decisamente più realistico e drammatico.

Vogliamo ricordarlo così, quando aveva (quasi) tutte le sue parti del corpo integre.
“Mangiatori di uomini” lascia davvero in ansia per tutti
i protagonisti, pone più interrogativi di quelli che risolve, ma ha l’effetto
di farti venire una voglia matta di continuare il viaggio insieme a Jesse e
compagni, se tutte le storie interlocutorie fossero sempre così cariche di
umorismo nero e soprattutto, scritte così bene, vorrei SOLO leggere storie
interlocutorie.
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