Com’è possibile che John McTiernan sia passato da uno strano thriller dall’atmosfera tesissima e gli spunti quasi horror, ad un filmone d’azione con Arnold Schwarzenegger e un cacciatore alieno mimetico? Ma soprattutto: com’è possibile che fosse già così pronto a dirigere un action movie? Bentornati al nuovo capitolo della rubrica John McTiernan had a gun!
“Predator” è uno dei miei film preferiti in assoluto, sì, lo so che ripeto questa frase circa due volte a settimana parlando di altrettanti film, ma ancora oggi il film di McTiernan resta un oggetto più unico che raro, capace di cambiare genere in corso d’opera e di lanciare sullo schermo quello che è probabilmente l’alieno più figo mai visto al cinema, non credo sia mai stato più facile di ora aggiungere un titolo alla mia collezione di Classidy!
Succede ancora oggi, no? Che un regista giovane, proveniente da un film di natura completamente differente, si ritrovi dietro alla macchina da presa, di un blockbuster ad alto budget, succede più raramente che il regista si faccia trovare pronto come John McTiernan nel 1987.
La leggenda vuole che Schwarzenegger dopo aver visto Nomads, abbia puntato il ditone dicendo: «Voglio lui per il mio prossimo film!». (Immaginatela pronunciata con accento Austriaco). Può sembrare strano, ma Arnold ha avuto ragione anche questa volta. Il nostro Johnny passò da un film low budget alla giungla messicana senza passare dal via a ritirare le dieci mila lire.
Personalmente, ho un ricordo fortissimo della prima volta che vidi “Predator” da bambino, in un luogo imprecisato del tempo verso la fine degli ’80. Inizia come un generico, ma credibilissimo film di guerra, una specie di seguito di Commando che già allora consideravo un filmone. La cosa curiosa è che entrambi sono ambientati nell’immaginaria Val Verde che non è una marca di scarpe, ma un Paese fittizio che tornava buono agli Americani per ambientarci i loro film d’azione, senza rischiare l’incidente diplomatico con i cugini del Sud.
In “Predator” i personaggi sono duri e cazzuti, parlano poco, ma quando lo fanno di solito snocciolano una frase clamorosa che finisce dritta nella storia del cinema, tipo la mitica risposta di Blain quando Poncho gli fa notare che sta sanguinando («Non ho tempo di sanguinare»). Seguendo la lezione di James Cameron, se i militari sono cazzuti, più la minaccia che li spazza via senza troppa difficoltà risulterà agguerrita e pericolosa.
Non fai nemmeno in tempo ad accorgertene e McTiernan lentamente t’inclina il pavimento sotto i piedi, un piccolo elemento di fantascienza (la nave aliena che vola nello spazio nella prima scena del film), prende il sopravvento e “Predator” passa dal genere action alla fantascienza tinta di Horror con il passare dei minuti, un cambio di genere in corso d’opera che ha fatto letteralmente scuola.
Quello che stupisce è il modo in cui McTiernan si dimostri prontissimo a dirigere un genere che negli anni ’80 andava fortissimo e a giudicare dal suo film d’esordio, non avrebbe dovuto essere materia sua, invece BAM! Johnny sembra uno che nella vita non ha mai fatto altro e, in effetti, da lì in poi, non avrebbe quasi più fatto altro, “Predator” sarà anche il suo secondo film, ma è il primo enorme capolavoro della sua, purtroppo, troppo breve carriera.
Il set è appena appena complicato, tutto il cast ha sempre dichiarato che più che un set, la giungla messicana è stato un corso di sopravvivenza, i protagonisti poco vestiti (per sfoggiare i muscoli) hanno dovuto sopportare temperature molto basse, insetti e umidità a livello “Car Wash”.
McTiernan, però, questo livello di machismo sul set ha saputo sfruttarlo in pieno, la trama per quei due che non la conoscessero è un espediente, anzi parte proprio da un espediente: il maggiore Alan “Dutch” Schaefer (il nostro Swarzy) giunge a ValVerde con la sua squadra di soldati, il suo ex commilitone in Vietnam George Dillon (Carl Weathers) ora lavora per la CIA e vuole affidargli un compito ingrato e rischioso, recuperare il primo ministro precipitato con l’elicottero sul versante sbagliato. La classica missione che affideresti a Jena Plissken, ci vuole “il migliore” e nessuno è meglio di Dutch e dei suoi uomini.
Le cose degenerano prima per motivazioni interne («Bugia bugia bugia dice la CIA») e poi per la presenza di un predatore alieno che usa la giungla come terreno di caccia e i nostri protagonisti come prede. Segue un capolavoro del cinema!
McTiernan capisce subito che un film di guerra, per essere credibile, ha bisogno di militari altrettanto tosti, quindi parliamo di questo gruppo di magnifici matti! Oltre a Schwarzenegger nella parte del “Alpha Dog”, abbiamo il già citato Jesse “The Body” Ventura, ex Wrestler nella vita e ricordato anche per essere l’altro attore di questo film ad essere stato nominato Governatore in Minnesota, se sentite la tentazione di chiedere chi è il primo “Governator” di questo film, potete smettere in questo momento di leggere, siete banditi da queste pagine!!
Ventura è quello che offre tabacco da masticare a tutti («Questo tabacco vi trasformerebbe in Tirannosauri superdotati. Come me!» occhio che posso citarvelo tutto a memora questo film!) e si porta in giro il mitico minigun.
La mitragliatrice solitamente montata sugli elicotteri d’assalto, è stata modificata per ruotare più lentamente del solito, un po’ per limitare il consumo di proiettili a salve (costano, mica li regalano), un po’ per rendere visibile la rotazione alla macchina da presa e all’occhio umano. Sarà stata anche depotenziata, ma la scena in cui Blain e poi Mac la utilizza per sfoltire la vegetazione della giungla fin da bambino mi ha fatto esprimere un desiderio: se mai diventerò ricco, nell’enorme prato della mia villa, userò una di quelle per tagliare l’erba! Ora capisco perché il Karma non mi ha mai premiato con un gratta e vinci vincente
Visto che l’ho citato, Mac ha la faccia ben poco rassicurante di Bill Duke che era quello che si beccava la mitica “I berretti verdi me li mangio a colazione” da Swarzy in Commando e che prima di diventare regista, di cose come “Sister Act 2” è comparso in ogni film. Ma se chiedete a me, qui offre la sua prova migliore, McTiernan lo presenta come un sociopatico prontissimo, la cura dei dettagli di Johnny in questo film fa la differenza, ad ogni visione resto colpito dal geniale utilizzo del rasoio bic.
Sembra un dettaglio da poco, ma il personaggio si passa ossessivamente il rasoio sulla faccia, un po’ come passatempo, un po’ per scaricare la tensione, l’apice è la scena in cui in preda ad un sommesso panico, Mac si passa il rasoio così forte da tagliarsi la faccia prima e poi fino a spezzarlo. Sembra un dettaglio da niente, ma da lì in poi Mac parte di testa, vaga per la giungla con l’occhio sbarrato recitando frasi sconnesse («I’m gonna have me some fun. I’m gonna have me some fun…») come se insieme al rasoio, si fosse spezzata anche la sua sanità mentale. Dettaglio magistrale!
Il maggiore Dillon ha il faccione e i muscoli di Carl Weathers, non fai in tempo a chiederti «Che ci fa Apollo Creed in un film di guerra?», perché la sua entrata in scena, con mitica stretta di mano/braccio di ferro con Swarzy, entra IMMEDITAMENTE nella cultura popolare e contribuisce al machismo del film.
La prova di Carl Weathers è ottima, il suo round di lotta con l’alieno, mi strappa ad ogni visione del film un «Nuuuuoooo!» disperato, evidentemente il destino dei personaggi di Carl è quello di lasciarci le penne per mano di spilungoni, che siano essi predatori alieni o super atleti sovietici.
L’Indiano Billy, interpretato da Sonny Landham, girava per il set con una guardia del corpo imposta dalla produzione, ma non per vegliare sulla sua incolumità, bensì per proteggere il resto del cast dal caratteraccio del mezzosangue Cherokee e Seminole, noto per il suo hobby di attaccare rissa nei bar, per vedere l’effetto che fa.
Uno dei miei soldati preferiti è Rick Hawkins, nell’ingrata parte di quello che racconta le barzellette (e quindi muore per primo), uno dei pochi casi in cui un personaggio con nome figo, è interpretato da qualcuno con nome ancora più figo, sì, perché dietro gli occhialoni c’è il grande Shane Black!
Cosa ci faceva uno dei più grandi scrittori delle storia del cinema in questo film? Il giovane Shane era al lavoro sulla sceneggiatura di “Arma Letale” e il produttore Joel Silver lo voleva a portata di mano per le revisioni al volo sullo script, quindi se lo portò in Messico e, giusto per non perderlo d’occhio, lo piazzò direttamente DAVANTI alla macchina da presa: “Tanto muori subito e poi puoi tornare a scrivere”.
“Predator” ha anche il primato di aver unito sul set per due giorni, due icone dei film d’azione degli anni ’80: Arnold Schwarzenegger e Jean-Claude Van Damme. McTiernan voleva che la creatura aliena fosse agilissima, quindi per questo breve periodo, il Belga ha fatto da ripieno alla creatura, peccato che sul set non facesse… Nulla!
Van Damme aveva già firmato per il ruolo da protagonista in “Senza esclusione di colpi”, pellicola che lanciò il Belga nell’empireo dei film di menare. Vuoi mica girarti una caviglia e perdere l’occasione della vita? Quindi, il ben poco collaborativo Jean-Claude venne licenziato. Ogni volta che sento parlare di lui in questo film, ho l’immagine di un Predator a braccia conserte, che si esibisce immobile in una spaccata in equilibrio tra due alberi, lo so, la mia testa è un posto strano.
Van Damme venne presto sostituito da Kevin Peter Hall, frugolone di due metri e venti, già visto in “Bigfoot e i suoi amici” (1987), mentre il look delle creatura è frutto del genio del grande Stan Winston, l’uomo che ha creato Terminator e i dinosauri animatronici di Jurassic Park.
“Predator” ha il grande pregio di aver creato un’icona cinematografica che ha saputo diventare mitica fin dalla sua prima comparsa, per convenzione ha forma umana, gambe, braccia, cinque dita per mano e dei “capelli” che sembrano quasi dei rasta, che contribuiscono a renderlo veramente stiloso.
Ma fin dalla prima visione, è stata forse l’unica creatura aliena cinematografica, di cui avrei voluto sapere di più, cosa ci fa sul nostro pianeta? Da dove arriva quella tecnologia? Non si tratta del solito invasore venuto a dominare la Terra, non somiglia nemmeno agli Xenomorfi, o alla Cosa di John Carpenter, non è qui per riprodursi e sopravvivere, è un cacciatore che insegue gli umani per ucciderli sì, ma per sport, un’idea semplice, ma geniale!
Ogni buon nerd sa che la creatura appartiene alla razza Yautja, anche se nel film questo dettaglio non viene mai menzionato, il personaggio è comunque stato protagonista di due sequel (prossimanente su questi schermi) e di una vagonata di fumetti della Dark Horse Comics.
John McTiernan prende le redini del film e come Spielberg con il suo Bruce, mostra la creatura pochissimo sfruttando al meglio la tecnologia mimetica che permette al Predator di diventare invisibile tra la vegetazione. Ma il vero colpo di genio di Johnny è quello di mostrare il punto di vista dell’alieno, utilizzano telecamere ad infrarossi, sovrapposte alle immagini riprese dalle sue macchine da presa.
Basta la sagoma della mano (artigliata) agli infrarossi che tiene sul palmo lo scorpione morto, a fornire allo spettatore le prova che il predatore sulle piste di Dutch e compagni, non viene da questo mondo. Noi lo sappiamo, i protagonisti, invece, ci mettono di più a scoprirlo e la tensione nasce proprio da questo.
Abbiamo visto Dutch e i suoi uomini ripulire da soli un campo militare pieno di gente armata con una facilità irrisoria, tanto che Dutch sparando può permettersi anche di fare battutacce da eroe d’azione (la mitica «Stick around!» improvvisata sul set da Swarzy, dopo aver infilzato un soldato al volo con il suo coltellaccio), ma combattere questa creatura è un altro paio di maniche, infatti la mattanza procede di pari passo con la tensione crescente.
McTiernan fa un lavoro meraviglioso, sfruttando al meglio il magnifico tema musicale composto da Alan Silvestri (ho perso il conto delle belle colonne sonore firmate da questo uomo!), con il passare dei minuti e dei morti, i soldati perdono la loro spavalderia, ma non il coraggio, l’apice arriva quando Dutch, ormai senza munizioni, fa di tutto per salvare Anna (Elpidia Carrillo) gridandole la mitica «Get to the chopper!», frase che al pari di I’ll be back, purtroppo viene appiattita dal doppiaggio italiano, ma, comunque, è ancora considerata una delle punch line simbolo di Arnoldone.
La scena del fango, metodo naturale per occultare la visione termine del Predator (e per avere la pelle liscissima) è l’ennesima scena madre, di un film che grazie al talento di McTiernan, ne snocciola a cadenza puntuale ed è anche il momento che dà il via a QUEL finale pazzesco.
Dutch per sopravvivere è costretto a regredire allo stato animale, rinunciando quasi completamente alla tecnologia, affronta la creatura con arco e frecce, non ha tempo di sanguinare, ma nemmeno di pregare il Dio Crom, eppure, anche questa volta, come per Conan il Barbaro, riesce a vincere grazie a delle trappole costruite da lui. Qui è regredito talmente tanto che parla anche meno del Cimmero, l’urlo alla Tarzan con torcia in mano, è il grido di guerra con cui Dutch dichiara di essere sceso sul piede di guerra.
Ho sempre trovato favoloso lo scontro finale: i due avversari sono invisibili uno agli occhi dell’altro, ma si somigliano, entrambi si muovono sugli alberi e attendono un passo falso del proprio nemico, lo “spogliarello” del Predator può sembrare uno dei tanti errori fatti dalla creatura nel finale, ma riassume l’etica del personaggio che dopo aver trovato un avversario suo pari, prima studia la forma del suo cranio, pregustando il prossimo teschio per la sua collezione e poi lo affronta a mani nude, quasi felice di aver trovato qualcuno al suo livello.
Oh, sportivo, ma fino ad un certo punto: una volta colpita a morte la creatura, cerca di portarsi Arnoldone nella tomba insieme a lei. Anche perché se c’è una cosa che i film ci hanno insegnato è che se ha dei numeri lampeggianti rossi e fa Biip-Biip, allora è una bomba, anche se il conto alla rovescia è fatto con numeri alieni!
“Predator” riesce ad essere un film d’azione incredibilmente riuscito e allo steso tempo un film di fantascienza con una creatura unica, letale e affascinante, in comune con Nomads sembra avere solo una riflessione sull’uomo e il suo rapporto con la natura selvaggia, il film mette in chiaro che nel grande disegno spaziale, l’uomo non è la razza dominante, anche se è difficile fare pensieri profondi sulla vita, in mezzo a tutti queste “frasi maschie”, creature aliene con gadget Hi-tech e testosterone come se piovesse. Forse voi, cari amici Yautja, avrete la visione termica, gli artigli retrattili alla Wolverine e il cannone laser da spalla… ma noi abbiamo Arnold Schwarzenegger!
If it bleeds, we can kill it.
Se volete curiosità, memorabilia, articoli, informazione e valanghe di passione su Predator e gli alieni della Fox, tutti i giorni trovate il blog curato da Lucius Etruscus, 30 anni di Aliens (Viaggi nel mondo degli alieni Fox), imperdibile per gli appassionati di questa saga!
Sepolto il precedenza venerdì 28 ottobre 2016
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