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Predator 2 (1990): nella giungla di cemento

Con la rubrica dedicata a John McTiernan avevo promesso (anzi minacciato) eventuali rubrichelle “Spin- off”, la prima ha preso forma in uno speciale dedicato a “Die Hard” che è stato molto apprezzato (inchini! Riverenze!), spero di fare cosa gradita anche con la seconda rubrica nata da una costola di McTiernan, ovvero uno speciale dedicato alla saga di Predator!

Secondo voi è possibile che un capolavoro del cinema come Predator rimanga figlio unico a lungo? Ovviamente, no! Anche se per vedere un seguito del film di McTiernan è stato necessario aspettare qualche anno: gli sceneggiatori del film originale, i fratelli Jim e John Thomas, non avevano un piano per trasformare la caccia del loro alieno Yautja, in una saga e malgrado le pressioni del mitico produttore Joel Silver, la Fox non era molto convinta. La spallata finale arrivò a sorpresa, dai fumetti.

Sì, perché nel frattempo, la Dark Horse Comics, aveva messo in vendita una selva di fumetti su Alien e su Predator, ma aveva fatto davvero il botto di vendite con la serie crossover Alien Vs Predator, il cui successo commerciale dimostrò ai capoccia della Fox che il pubblico là fuori, non voleva altro che il ritorno del loro amato cacciatore alieno.
Qui la storia della pre produzione del film inizia a diventare simile a quella di Die Hard 2, entrambi seguiti che McTiernan rifiutò perché già al lavoro su Caccia ad Ottobre rosso, inoltre l’idea di ambientare il film in città, invece che nella giungla del primo film, non era molto gradita dal regista.

«Robert, visto che ti ha diretto in Trappola di cristallo, sai dove si trova McTiernan?»

Dello stesso identico avviso è anche Arnold Schwarzenegger che, però, non vuole nemmeno sentir parlare del rimpiazzo di McTiernan, ovvero Stephen Hopkins, che fino a quel momento aveva diretto il non proprio memorabile “Nightmare 5 – Il mito”. Povero Hopkins! Non sarà di certo un fenomeno, ma è titolare di una carriera più che dignitosa, con un paio di titoli non famosissimi, ma di culto (“Cuba libre” e “Blown Away – Follia esplosiva”) e almeno un mio (s)cult personale come “Lost in space”.

Sfiga! Come lo sostituisci uno come Schwarzenegger? Risposta: non lo sostituisci, perché tanto non si può! Quindi, l’unica cosa da fare è cambiare completamente registro, facendo venire giù uno universalmente considerato come un attore vero, o almeno un attore per come lo intendono i critici seri, quelli con la pipa per capirci. Qui lo dico e non lo nego: avere un sostituto all’altezza di Schwarzenegger è IL problema che ha sempre tenuto in ostaggio tutti i film della saga di Predator.


Questa città è una giungla? Aspetta di vedere il Sabato pomeriggio in centro.

Impossibile che Joel Silver non ci abbia messo lo zampino, pare quasi di vederlo consultare l’agendina, D, D, D, Danny! Glover. Pronto Danny? Ho un filmetto fatto apposta per te. Danny Glover fresco del successo di “Arma Letale” risponde “Presente”, ma un attore solo per uscire dall’ombra di Swarzy non basta, infatti la prima bozza di sceneggiatura prevedeva che a capo del gruppo armato, che arriva a tentare di catturare l’alieno dopo averlo studiato per anni, ci fosse proprio Dutch, interpretato da Arnold, che sopravvissuto al primo film, avesse dedicato la vita a inseguire il letale predatore.


Danny, quando ancora non era troppo vecchio per queste stronzate.

Per la parte Stephen Hopkins vorrebbe John Lithgow, ma di nuovo torna buona l’agenda (e il peso politico) di Joel Silver, che per il ruolo pesca nuovamente dal primo “Arma Letale” e sceglie il mitico Gary Busey, un attimo prima di tornare trai surfisti, questa volta diretto da Kathryn Bigelow. Invece, nei panni dell’alieno, vengono confermati i 220 cm di altezza di Kevin Peter Hall che proprio nel 1990 scoprì di aver contratto il virus dell’HIV da una trasfusione di sangue, purtroppo, storia vera.

«Avete bisogno di me? Veloci però, ho la tavola da Surf in macchina»

Lo so, ora farò la figura di quello che batte sempre sullo stesso tasto, ma lo dico perché ne sono convinto: i primi cinque minuti di un film ne determinano quasi tutto l’andamento. In quelli iniziali di “Predator 2” c’è già tutto: Stephen Hopkins apre con una carrellata quasi beffarda sulla boscaglia simile a quelle dove era ambientato il primo film, per terminare sui palazzi di Los Angeles, come a voler sottolineare che la giungla, questa volta, è di cemento.

La scritta ci avvisa che il film fa la scelta curiosa di ambientare la storia qualche anno nel futuro e, anche se ormai risulta post datato, non sarò certo io a lamentarmi di un film ambientato nell’anno 1997.

La Los Angeles del film è un campo di battaglia tenuta in scacco dalle gang, quasi ad anticipare le rivolte per l’omicidio di Rodney King, ma con criminali molto più variopinti e cattivi fino al midollo: da una parte i Colombiani armati fino ai denti e vitaminizzati con una polverina che sembra talco ma non è (serve a darti l’allegria), dall’altra i Giamaicani forti del loro Voodoo, che oltre a fare la guerra ai Colombiani, insidiano anche gli alieni Yautja, per numero di dreadlocks sulla capoccia.


«Si si! Torturatemi con un rito Voodoo! Ma togliete quella maledetta musica Reggae!»

La polizia di LA sta facendo a revolverate con i colombiani, ma entrambe le parti sono bloccate in una situazione di scacco che sembra fatta apposta per garantire l’entrare in scena del buono. Il futuro prossimo, i criminali sopra le righe e un ragguardevole numero di proiettili già sparati… Rivedendo il film capisco immediatamente perché mi piaceva da bambino: sembra di guardare RoboCop! Solo che, invece di Alex Murphy, arriva il roccioso tenente Mike Harrigan che risolve la situazione a modo suo.

Il bagagliaio pieno di armi da tra cui scegliere e la barricata avversaria divelta schiantandosi contro con la macchina, mettono subito in chiaro che l’atmosfera del film: esagerata e fumettistica (nel senso migliore del termine). Ma anche che Danny Glover qui per livello di spericolatezza, sembra più Martin Riggs, che il solito Roger Murtaugh a cui siamo abituati.


«Eh, no! Tu sei un maniaco suicida, ti ricordi? Guido io» (Cit.)

“Predator 2” replica lo schema del primo film, compreso il caldo che i protagonisti sono costretti a subire nei 41 gradi dell’estate indiana di LA, se non altro ha il pregio di provare almeno a modificare un minimo la location, la città è un ottimo terreno di caccia per il Predator che qui uccide innocenti sì, ma anche loschi figuri ben più cattivi di lui, tipo il capo banda King Willy, come sempre concedendo l’onore della armi ai nemici più meritevoli, portando loro via scalpo e cranio per la sua personale collezione.

Cosa funziona di “Predator 2”? Svariate cosucce, tipo il cast di supporto, l’agente Danny Archuleta (Rubén Blades), la poliziotta ispanica tosta Leona Cantrell (Maria Conchita Alonso) che sembra cugina della Vasquez di Aliens – Scontro finale e, guarda caso, proprio dal film di Cameron, anche Bill Paxton, di nuovo impegnato ad impersonare un chiacchierone con la faccia da schiaffi. Il suo personaggio prima si becca da Danny Glover, il monologo di culto del primo giorno da poliziotto, una roba delirante che si conclude con l’augurio “Hey ragazzino, benvenuto al fronte”, ma prima ci fa tutti riflettere su cosa voglia davvero dire Harrigan quando dice :“La porta si muove avanti e indietro”. Non lo so, ma da quando ho rivisto il film qualche giorno fa, è diventato il mio tormentone della settimana!


«Avanti e indietro,  avanti e indietro, cosa avrà voluto dire?»

A loro mondo, anche gli esagerati cattivi contribuiscono alla riuscita del film, come detto, risultano fumettistici, quindi in qualche modo in linea con la serie a fumetti della Dark Horse Comics che, poi, è anche uno dei motivi per cui questo film esiste.

Bisogna dire che specialmente nella parte centrale, il ritmo del film s’incarta un po’, probabilmente per un difetto strutturale da non sottovalutare: il primo film è un capolavoro esagerato perché inizia come un film di guerra girato alla grande, poi cambia improvvisamente genere, diventando a sorpresa un film di fantascienza, se non proprio un survival horror.

Una grossa porzione del fascino del film di McTiernan era data dall’effetto sorpresa legato ad una minaccia aliena che viene svelata poco alla volta, il problema di questo seguito è che da spettatori, ormai, sappiamo già tutto su armi e intenzioni dell’alieno, ma ci tocca sorbirci nuovamente un gruppo di personaggi che, raccogliendo prove (da veri poliziotti quali sono), arrivano a scoprire quello che noi spettatori già conosciamo.

Insomma in “Predator” uno che urla contro il cielo ci deve sempre essere.

Non è un caso che il film si riprenda dopo la solida scena nella metropolitana, quella in cui Bill Paxton entra di colpo nella storia del cinema, come l’attore che è riuscito a farsi ammazzare da Predator, da Alien e da Terminator! Ma su questo argomento ci torniamo, perché un altro attore è riuscito a tallonare Paxton, ne parleremo nel corso di questa rubrica.

«Vedo arrivato ‘sto palestrato nudo, e all’improvviso Puff! Sono morto!»

Superato l’inevitabile momento “Spiegone” in cui scopriamo le vere intenzioni del personaggio di Gary Busey (spalleggiato dal suo secondo in comando, Adam Baldwin, per ribadire che a facce note questo film è ben messo), il film riprende di slancio, le scene migliori sono senza ombra di dubbio il massacro nel mattatoio e lo scontro in uno contro uno tra Danny Glover e l’alieno che sfonda pareti e terrorizza vicini di casa con le sue grida di dolore, mentre con il suo kit di pronto intervento, si cauterizza il braccio mozzato, nemmeno fosse John Rambo!

Anche se i quarti di bue appesi, ricordano più Rocky che Rambo.

Dal punto di vista della mitologia degli Yautja, il film s’impegna a fornire ai predatori un sacco di nuove armi, la mia preferita resta la rete-taglia-tutto: sembra un misto tra la classica rete da gladiatori che normalmente t’immagini utilizzata da Kirk Douglas in “Spartacus”, con la gustosa variante che una volta avvolta intorno alla preda, si tende fino a ridurre il malcapitato in listarelle tagliate sottili sottili (che non potete dire di no), una roba degna del trito da frittura del vostro chef televisivo preferito.

Notevole anche il letale frisbee tagliente, quello di cui s’impadronisce Mike e con cui riesce a ferire l’alieno, è impossibile non mettersi a gridare “Lame rotantiiiii” quando lo vediamo in funzione, detto questo, oggi può sembrarvi strano, ma da bambino ne avrei sempre voluto avere uno anche io, anche perché nel 1990 erano molto di moda, per colpa di questo film, ma anche per via di un altro mio cult infantile, “Arma non convenzionale”, di cui un giorno potrei anche decidere di parlarvi (sapevatelo!)


Non litigate bambini, altrimenti il Frisbee affilato ve lo tolgo!

Anche se la scena migliore resta sicuramente il finale. Fino a quel momento Danny Glover si conferma del tutto credibile nel ruolo del tosto eroe dell’azione, sia quando prende a male parole il mitico Robert Davi, sia quando risponde colpo su colpo al Predator, ma l’apice lo raggiunge nei minuti finali del film, quando all’interno della nebbiosa e fighissima nave aliena, si ritrova circondato da una dozzina (o forse più) di Yautja e con aria spavalda si gioca la frase maschia: “Ok, chi è il primo?”. Dimostrazione che anche nei momenti peggiori, sfoggiare faccia tosta è sempre cosa buona e giusta.

Gorilla Yautja nella nebbia.

In questo film abbiamo la conferma che gli Yautja non lasciano indietro i cadaveri dei loro simili, ma anche che nel corso dei secoli hanno più volte fatto visita al nostro pianeta, in cerca di prede meritevoli con cui testare il loro valore di cacciatori, la prova è la pistola ad avancarica targata 1715 che una delle creature regala a Mike in segno di stima; il finale, poi, con i soccorsi che accorrono a recuperare l’unico sopravvissuto sulle note del tema di Alan Silvestri che si ascolta sempre molto volentieri.

Il momento che fa venire giù il teatro è sfuggevole, ma esaltante: Harrigan dà una sfuggevole occhiata alla collezione di crani dell’alieno ed è impossibile non notare la riconoscibilissima sagoma della capoccia di uno degli Xenomorfi di Alien, l’idea d’inserirla nel film è venuta proprio al regista, per onorare i fumetti della Dark Horse Comics (storia vera!). Può sembrare una cosa da nulla, ma la trovata mi esaltò non poco da bambino, probabilmente perché si trattava del primo “Crossover” (per usare un termine in voga nei fumetti americani) tra due personaggi cinematografici che ho sempre amato molto, forse nell’anno di grazie 2017, dove i film dell’MCU hanno reso normale vedere super eroi zompare da un film all’altro, può sembrarvi roba da poco, ma nel 1990 vi assicuro non si vedeva tanto spesso. Nella mia capoccia di bimbo venivano gettati i semi di quanto sarebbe stato figo vedere un film con Yautja e Xenomorfi insieme, ma questa… E’ un’altra storia.


Se guardate bene, si vede anche il teschio della mamma di Bambi.

Sono contento di aver rivisto “Predator 2”, era parecchio che non mi concedevo questa piccola gioia, certo non allaccia nemmeno le scarpe al primo film, ma resta un onestissimo seguito che ho avuto la fortuna di poter scoprire in VHS da bambino, lontano dal clamore della sua uscita in sala azzoppata dall’assenza di Schwarzenegger, che è la principale mancanza da dover digerire quando si parla di questo seguito.

In ogni caso, un film onesto, godibile e pieno di sbudellamenti ragguardevoli, è un peccato non aver mai potuto vedere i vari “Predator 3” e “Predator 4”, ci siamo dovuti accontentare di “Predators”, ma per quello ci vediamo tra sette giorni.

Se volete curiosità, memorabilia, articoli, informazioni e valanghe di passione su Predator e gli alieni della Fox, tutti i giorni trovate il blog curato da Lucius Etruscus, 30 anni di Aliens (Viaggi nel mondo degli alieni Fox), imperdibile per gli appassionati di questa saga!

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