Come ogni bravo bambino degli anni ’80 ho passato il mio bel
tempo a vedere “Rambo” (1982) e i suoi seguiti, sono sempre stato consapevole
che il personaggio fosse nato tra le pagine di un libro, quindi perché non
leggerlo? Molto felice di averlo fatto, perché “Primo sangue” di David Morrell
è una bomba.
“First Blood” è stato pubblicato per la prima volta negli
stati uniti nel 1972, anche se le sue origini vanno ricercate poco più indietro
nel tempo, tra il malcontento che la guerra del Vietnam aveva lasciato nel Paese
a stelle e strisce.
accolti al ritorno a casa a colpi di sputi e insulti, una rabbia che andava di
pari passi con la sfiducia e il malcontento verso il governo che aveva portato
a tutto questo. Nel 1968 l’argomento colpisce in pieno il venticinquenne di
origine canadese David Morell, che mettendo insieme tutti gli spunti scrive questo
romanzo, ma per tutte le informazioni sulla sua genesi e altre sfiziose
informazioni – in particolare sul nome del suo protagonista – vi rimando al post di Lucius Etruscus.
una vita passata ad identificare Rambo nei muscoli di Sylvester Stallone, è
che il personaggio cartaceo è molto diverso da quello entrato a far parte dell’immaginario
comune.
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Questa è l’edizione che ho letto io, stessa copertina. |
Rambo è un veterano della guerra del Vietnam poco più che
ventenne, con lunghi riccioli e la barba incolta, un aspetto da Hippie che lo
fa somigliare più ad un giovane Kris Kristofferson che a Sly Stallone, ma che
soprattutto non passa inosservato al suo arrivo in città, dove viene notato immediatamente
dallo sceriffo Will Teasle, corpulento poliziotto reduce della guerra di Corea
e fresco di un divorzio che ancora lo tormenta.
il ragazzo di lasciare l’ennesima città in cui non è gradito, non vuole proprio
saperne, qualcosa nella sua testa scatta e decide che no, questa volta non se
ne andrà via lontano dagli occhi dei bravi cittadini che vedendolo, non vogliono ricordarsi di quella dannata guerra che lui ha visto fin troppo da
vicino. Dal canto suo lo sceriffo armato delle migliori intenzioni, prima prova
con le buone, ma si vede lo stesso costretto ad arrestare Rambo per
vagabondaggio, nel condurlo alla stazione di polizia, le cose tra di loro
andranno di male in peggio, e poi ancora oltre, per sfociare in una caccia all’uomo
tra i boschi che potrà terminare solo con un inevitabile duello.
nella disputa tra i due, oppure essere un riferimento alla giovane età di Rambo (mai chiamato per nome, una spersonalizzazione totale),
ma sta di fatto che è un libro che senza particolari guizzi o fronzoli nello
stile, si fa leggere alla velocità delle luce coinvolgendoti con la sua storia
e i suoi protagonisti, se anche voi come me avete visto i film centinaia di volte,
la lettura è altamente consigliata perché una differenza sostanziale, rende
libro e film, due esperienze molto differenti.
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Già dopo poco meno di cinque minuti, film e libro prendono due strade diverse. |
È stato Sylvester Stallone a scegliere di trasformare Rambo
nel buono a tutto tondo del film, trasformando lo sceriffo Teasle in un
bastardo intollerante, per cui è impossibile provare il minimo di empatia. Nel
romanzo Rambo è una macchina da guerra resa ormai irrecuperabile dall’addestramento
e dalle privazioni subite durante la sua prigionia in Vietnam, uno che si sarà
anche sacrificato per il suo Paese, ma ormai è irrecuperabile anche per il
fatto che di riprenderselo la sua patria, non ha nessuna voglia.
sublimare una guerra ingiusta, per questo lo fa entrare in città con una “missione”
nobile, ovvero la volontà di andare a trovare un vecchio commilitone, e non semplicemente
per vagabondare come il suo corrispettivo nel romanzo.
sceriffo Teasle, orfano, reduce di guerra, cresciuto con un amico del padre e
compagno di caccia di nome Orval (il cui ruolo nel film é ridotto poco più che a comparsa), con cui ha un rapporto di
rispetto, una sorta di figura paterna che avrà un ruolo emotivo nello scontro con Rambo.
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Una delle tante edizioni originale del romanzo, |
Teasle è tutto tranne che un cattivo, nel romanzo di David
Morrell verrebbe da dire che non ci sono cattivi, nemmeno dei buoni in senso classico, la divisione
non è netta come quella voluta da Stallone. David Morrell mantiene i suoi
personaggi all’interno di una zona grigia per cui possiamo a volte biasimarli
per le loro scelte, ma sempre e comunque capirli.
fugge dalla stazione di polizia nudo – di quella eroica drammaticità della sua
rocciosa controparte cinematografica, è un ragazzo che è stato all’inferno, con
dei traumi non risolti che gli impediscono di stare in una cella umida, perché
gli ricorda il buco da cui è sfuggito a fatica quando era prigioniero dei
Vietcong.
prigione Vietnamita è un modo per spogliare il personaggio di ogni possibile
gloria, la cronaca di una fuga ottenuta con volontà, grandi dosi di fortuna e
una capacità di resistenza da cui nessuno potrebbe uscire illeso, specialmente
nella mente, nella risata di Rambo che scopre di aver girato in tondo nella
boscaglia Vietnamita per mesi, a volte anche in fuga da coloro che avrebbero potuto aiutarlo, si consuma tutto il dramma del personaggio.
anti-militarista ma non mancava di caricare alcuni personaggi di una certa dose
di “fighaggine”, come accade a Trautman, che qui non entra in scena con il
sorriso sornione di Richard Crenna, snocciolando frasi entrate nell’immaginario
collettivo. Nel romanzo è “solo” il direttore dell’accademia dove Rambo ha
sostenuto il suo allenamento, e che arriva a fornire a Teasle un po’ della
prospettiva che allo sceriffo mancava per provare davvero a mettere il sale
sulla coda a Rambo, ma per il resto se ne sta in disparte senza interferire più
del necessario.
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“Hollywood qui Trautman, non mi fanno pronunciare nessuna frase ad effetto, passo” |
Lo scontro a distanza tra i due diventa sempre più
drammatico, la lunghissima scena di Rambo che attraversa scavando parte della
collina è più che metaforica, perché quello che esce dall’altra parte è un
personaggio che forse ha perso anche quel poco di sanità mentale che gli era
rimasta.
entrambi i personaggi di fermarsi, di darsi una calmata e di sedersi attorno ad
un tavolo per provare a risolverla, ma la bellezza del libro sta nella sua
capacità di non schierarsi da una parte oppure dall’altra, di non offrire
giudizi ma informazioni su due personaggi, che non sono né buoni e né cattivi,
al massimo sono entrambe le cose allo stesso tempo, due devianti frutto di una società
deviata.
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David Morrell (al centro) sul set di “Rambo III” (1988), visibile la sua gioia. |
Capite da voi che con premesse così, non è possibile
impedire lo scontro tra due personaggi che sono treni in corsa lanciati uno
contro l’altro, incredibilmente Stallone nel film, sceglie una conclusione meno
“action” rispetto al libro, un duello che si conclude a parole (il
monologo/sfogo di Rambo) che però risulta più cinematografico perché è un apice
emotivo. Il romanzo invece, pure essendo basato su parole (scritte) punta all’azione
diretta e malgrado tutto, si conclude proprio come è andato avanti per tutte le
sue pagine, in maniera anti climatica, anti eroica, quasi ingloriosa, perché
cosa può esserci di epico e grande quando è la società ad essere marcia fino al
midollo?
e si gioca momenti nerissimi, purtroppo nello stesso modo inglorioso è finito
anche David Morell, ridotto dal successo del film a scrivere la “Novelization”
(i libri tratti dalle sceneggiature dei film) di “Rambo 2” e “Rambo 3”.
Mazzata, deve essere stato un gran brutto rospo da mandare giù per lui.