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Puppet Master (1989): naso di legno, lama d’acciaio, burattino – quando diventerai, un killer come noi

Cari burattini senz’anima, Quinto Moro sarà il vostro Zio Omero (la tibia era già presa) in questa lunga odissea nell’orrore e nel trash di una saga dimenticata, che pur arrancando sul mercato home video continua a macinare – e minacciare – sequel e nazisti da più di trent’anni. Benvenuti nello Speciale su Puppet Master!

C’era una volta… – Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori. No. C’era una volta un burattino, che aveva per mano un coltello, e per l’altra un uncino. Aveva tanti amici, come lui burattini e selvaggi assassini. Ma prima del burattinaio, questa è la storia di un ragazzo che amava il cinema di fantascienza e dell’orrore, anche se per farlo non aveva che la volontà e il mestiere, e di soldi non tanti.

Quel ragazzo che sognava orrore e fantascienza si chiamava Charles Band, regista e produttore volenteroso, figlio d’arte di papà Albert Band (all’anagrafe Alberto Antonini) dopo aver raccolto un po’ di soddisfazioni con la sua Empire International – soprattutto grazie al sodalizio con Stuart Gordon – fondò la Full Moon e si tenne a galla facendosi distribuire dalla Paramount Pictures. La Full Moon ha campato principalmente del mercato direct-to-video, con produzioni a basso budget fieramente di serie b, a cui non mancano passione e mestiere. Il primo Puppet Master ha lanciato la più lunga, riconoscibile e dimenticata saga dell’orrore della casa di produzione della Luna Piena. Lo dico subito a scanso di equivoci: è una serie di filmetti e a volte filmacci, a cui però ho voluto bene. Il capostipite non è invecchiato benissimo, è il più naif della saga e va preso per quello che è. Ci sono delle marionette senza fili che scannano la gente, e non so voi ma mi posso entusiasmare per molto meno.

Bodega Bay Inn, 1939. La foto dell’albergo è stata appiccicata sulla scogliera perché fa figo, per dare l’idea del luogo esotico. Tutto il film è girato nelle stanze dell’albergo con due spicci, 400.000 verdoni buoni per la stop-motion e qualche effetto truculento. Eppure Puppet Master si presenta spavaldo come un solido horror di fine anni ’80. Nella lunga introduzione facciamo conoscenza dell’anziano Andre Toulon e dei suoi pupazzi animati. Una lunga inquadratura in soggettiva ci mostra il mondo ad altezza di burattino: ci nascondiamo, prendiamo porte in faccia, zampettiamo a pelo di moquette stando attenti a non farci vedere perché… arrivano i nazisti!

Questi primi 10 minuti sono il pilastro della saga: i nazisti, la pergamena di Osiride, il baule coi burattini e le bottigliette di fluido miracoloso. Il burattinaio non ci tiene a farsi prendere vivo, né a lasciare che i nazi scoprano i suoi segreti. Siccome non tutti i nazisti sono scrupolosi come Hans Landa, il baule coi preziosi burattini resta nascosto in un’intercapedine per mezzo secolo.

Più di dieci film e qui c’è ancora tutto l’immaginario della saga

1989: facciamo la conoscenza di una serie di personaggi, tutti più o meno sensitivi e diciamolo, tutti più o meno cialtroni. Manco fosse l’Adunanza degli immortali, gli pseudo-scienziati vengono attirati al Bodega Bay Inn da una forza misteriosa, ignari della morte di un comune amico. Una volta sul posto gli toccherà il destino che tocca di solito i vacanzieri di Crystal Lake: farsi massacrare mentre sono presi da istinti pruriginosi, solo che in questo caso prendono le coltellate da marionette alte 30 centimetri anziché da un energumeno di due metri.

Le rimpatriate tra vecchi amici sono sempre un mortorio

Al netto di dialoghi abbastanza scemi, a funzionare è il mistero attorno al proprietario dell’albergo, morto suicida ma non proprio rassegnato a farsi chiudere in una bara. È anche uno dei pochi personaggi a godere dell’interpretazione convinta di Jimmie F. Skaggs. Se il più frizzante di tutti è quello che fa il morto, direi che c’è un problema di entusiasmo (chi ne ha più di tutti è Barbara Crampton col suo cameo di mezzo minuto). Ed è un peccato, perché il campionario umano è vario: c’è la vedova sconsolata e il sensitivo che ha le visioni nel sonno (il sonno lo perderebbe con la vedova ma gli manca l’iniziativa). C’è la strega da luna park con armamentario di candele magiche, zampe di gallina e cane imbalsamato in valigia. C’è la coppia di sessuomani a garantire la dose minima di zozzerie per un horror anni ’80: tengono sveglio tutto l’albergo e vengono spiati dai burattini a cui schizzano fuori gli occhi dalle orbite. Momenti horror sì, ma anche molto scemi.

A sinistra: la frizzantezza media del cast. A destra: un’overdose di entusiasmo che buca lo schermo (ma è solo un cameo).

Nei titoli di testa la sceneggiatura è attribuita a tal Joseph G. Collodi, uno scherzo, un omaggio al papà di Pinocchio, visto che a scriverla è lo stesso regista David Schmoeller. Anche se questa saga poverella è figlia di tanti padri, influenzata da Dolls di Stuart Gordon, e dal successo di Chucky, la paternità vera spetta a Charles Band che le ha dato anima, cuore e soldi per tenerla a galla anche negli anni bui, sfornando sequel e passando dietro la macchina da presa pur di continuare. Questione d’affetto, perché la Full Moon è nata con Puppet Master, e la sua lunga storia nel mercato della serie B, rigorosamente direct-to-video, continua ancora oggi.

Il “vero” Puppet Master dietro le animazioni è David Allen, discepolo di Stuart Gordon e con un curriculum di tutto rispetto. Allen mette in scena tutti gli effetti artigianali vecchio stile, marionette classiche e meccaniche, telecomandate, e una stop motion notevole per un film a basso budget.

Tunneler, “uno che con l’attrezzo ci scava i tunnel”, ma se l’attrezzo ce l’ha in testa, è una testa di ca…

Puppet Master è un horror a tratti cialtrone ma con abbastanza inventiva da risultare divertente. Dopo il buon incipit, il ritmo è incostante, le morti sono concentrate nella mezzora finale e i 90 minuti scarsi sono la durata perfetta. C’è qualche scena onirica, una citazione al Padrino con teste mozzate, e una resa dei conti finale in cui il cattivo mette un po’ di pepe. La cosa migliore sono ovviamente le marionette, il cui design è legato alle rispettive capacità assassine: Blade con coltello e uncino è il classico tagliagole, Pinhead mena duro e a mani nude. Tunneler, con la trivella in testa, è quello che dà più soddisfazioni. E poi c’è Leech Woman, la donna sanguisuga, con la trovata più folle e schifiltosa di tutte: vomita delle fottutissime sanguisughe mannare, giganti, assatanate.

Non fate quella faccia. Anche le rondini imboccano i loro piccoli.

Due parole sulla colonna sonora, che Charles Band affida al fratello Richard, perché alla Full Moon si fa tutto in famiglia. Le musiche sono onnipresenti, accompagnano le scene anche più del necessario. Il tema è principale è caruccio, una specie di valzer circense che ben si sposa con lo spirito del film, e diventerà marchio di fabbrica di tutta la saga.

Il primo capitolo è andato. Se non lo conoscete dategli una chance, e sappiate che il meglio e il peggio devono ancora venire!
P.S.: i film della saga li trovate su Prime Video o su Chili, evitate le versioni di Youtube censurate a colpi di mannaia

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  1. (>Giuseppe) No vabbé, questa cover è da applausi, dovrebbe essere la sigla ufficiale dello speciale sulla saga.

  2. Naso di legno, lama d’acciaio, burattino
    quando diventerai, un killer come noi
    Che vuoi che dica, scappi a fatica, dove vai?
    Sono un burattino e ti ammazzo come sai!

    Ringrazio David (Allen), perché lui mi ha animato
    e infatti vedi, io lui non l’ho toccato
    farò a fettine chi qui sarà cattivo,
    sarà lo stesso per chi mi dice bravo!

    Son piccolino lo so ma trivello dappertutto,
    dalla paura un bel po’ con me te la fai sotto,
    la mia collega, lì, c’ha anche la sanguisuga
    se te la sputa poi vedrai quanto ti asciuga!

    Trivella in testa vi buco tutto il mese,
    per voi con me non saran mai belle sorprese,
    Natale e Pasqua, Befana e Ferragosto,
    pieni di vittime per me,
    e se una vittima non c’è,
    la cerco apposta, già lo so – Non potrei star senza, no?
    Non ce la fò!

    Pupazzo, dietro a chi vai?
    Pupazzo, lo ucciderai?
    Pupazzo, la pelle è mia: da te io fuggo via! 😉

    • No vabbè ma io cosa devo aggiungere dopo questa meraviglia? Ne faremo la sigla ufficiale dello speciale di Quinto Morto su “Puppet Master” 😀 Cheers!

  3. (>Babol) Alla prima visione l’avevo trovato assai lento e poco frizzante, però rivedendolo l’ho apprezzato di più, specie nella parte finale che dà soddisfazioni.

  4. Il titolo della recensione mi ha fatta volare, il film meno, ché lo ricordo come una roba abbastanza noiosina anche per me, che ho la fobia di ogni genere di bambolotto semovente.

    • Quando Quinto moro mi ha mandato il pezzo per pubblicarlo, due minuti di esultanza li ho dedicato subito dopo la lettura (storia vera). Cheers!

  5. (>Redferne)
    Tunneler, il testa di trapano, è uno dei più iconici della serie, anche se l’icona indiscussa è Blade.
    Questo è uno dei più riusciti come atmosfera, i primi sequel sono validi, specialmente il secondo che ha un budget più solido e una stop-motion ancora più curata.

    Tutto è partito da Dolls, ma Band e la sua casa di produzione stavano proprio in fissa coi pupazzi animati, hanno continuato per anni.

  6. Applausi per il ri-arrangiamento della sigla del vecchissimo cartone, che poi ho scoperto anni dopo essere della Tatsunoko.
    E tra l’altro aveva dei momenti horror davvero niente male.
    Ne ho un vaghissimo ricordo, a partire dal titolo che mi evocava ovviamente i Metallica.
    E infatti sarebbe stata un’ottima idea metterci il pezzo nella colonna sonora, ma ho idea che mancavano i soldi…
    Divertente, con belle scene splatter e pupazzetti realizzati benissimo (mi ricordo quello con la testa a trapano, su tutti).
    Decisamente meglio “Dolls”, senza dubbio.
    Ma il suo angolino nel cuore degli appassionati e’ riuscito a ritagliarselo.
    Credo di aver visto giusto il primo.
    Ora e’ l’occasione di rimediare, anche se a occhio e croce con i sequel non credo di essermi perso poi molto.

    • I primi quattro film (il primo a noleggio gli altri per tutti) stanno su Amazonia Prima, anche qualcuno degli altri ma non in ordine e con qualche lacuna, ma i primi quattro sono a portato di mano. Cheers!

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