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Puppet Master – Il 2° triello: il buono, il brutto, il passabile

Questa fase della saga potremmo chiamarla “gli anni della confusione”, della ricerca di una nuova identità, un qualche rilancio. Dopo sei capitoli, Charles Band non voleva proprio saperne di fermare la macchina di Puppet Master. E come in ogni buona macchina cosa c’è dopo la sesta? La retro.

Il buono – Retro Puppet Master (1999): chi ha incastrato André Toulon?

Dopo il discreto ma povero Curse of the Puppet Master, David DeCoteau torna alla regia per la terza volta nella saga, con un prequel del prequel, riprendendo la storia da dove l’aveva lasciata nel terzo capitolo Toulon’s Revenge. Ritroviamo Guy Rolfe, ormai volto ufficiale del burattinaio, benché limitato a piccoli camei nell’incipit e nel finale. Dopo aver consumato la sua vendetta contro i nazisti, Toulon si lascia andare ai ricordi, a quando tutto è incominciato: l’incontro con la moglie Elsa e la scoperta del segreto per animare i burattini.

Il film si sviluppa come un lungo flashback nella Parigi del 1902, ai tempi in cui Toulon era un belloccio seduttore di donzelle, con la faccia e l’osceno finto accento francese di Greg Sestero, famoso o famigerato per aver partecipato prima, e raccontato poi, i retroscena dell’ormai mitologico “The Room” di Tommy Wiseau.

Greg Sestero: il destino d’essere ricordati per aver partecipato a cose brutte.

La vita del giovane Toulon viene stravolta dall’arrivo di un arzillo vecchietto, lo stregone egiziano Afzel che da appena tremila anni sfugge alle grinfie di Sutekh, il demone dal mento di scroto, il vendicatore pigro che avevamo (ahinoi) conosciuto nel quarto e quinto capitolo della saga (quelli brutti). Ci viene risparmiato il tedio di rivedere Sutekh nella sua gommosa bruttezza, ridotto ad una più dignitosa voce fuori campo che minaccia vendetta e comanda i suoi sgherri dall’oltretomba, tre cosplayer che sembrano usciti da Chi ha incastrato Roger Rabbit, con un livello di comicità non so fin quanto volontaria.

Ha chiamato il Giudice Morton, rivuole il suo guardaroba

“Retro” è il capitolo più leggero e innocuo di tutti, più da ciclo “Fantastica Avventura” che da “Notte horror”, un fantasy con dei cattivi tonti e un eroe belloccio e col carisma di un comodino, l’immancabile bella da salvare e un finale bruttarello. Dopo una prima parte interessante, il film si appiattisce fino a diventare soporifero, complice la regia di DeCoteau che avrà pure un minimo sindacale di mestiere, ma sembra il cugino scarso del regista che ha diretto Curse of the Puppet Master che almeno ci regalava un bel finale splatter. Alla fine il giovane Toulon la risolve a pugni, in un finale moscissimo, complice una colonna sonora fiacca, di quelle che si comprano un tanto al chilo perché lasciare un bel silenzio sembra brutto, là dove in una scena di accoltellamento e di lotta rumori e grugniti nel silenzio farebbero la differenza. Manca pure il tema musicale classico della saga.

Possiamo sempre consolarci con la miglior Elsa Toulon della saga

Tecnicamente il film si difende bene, fermo restando il budget risicato è tutto ben curato, dalla fotografia ai costumi, anche se bisogna dimenticarsi dei bei tempi con David Allen alla stop-motion. Le marionette si vedono col contagocce, con qualche bella new entry anche se poco approfondita: Ciclope e Dottor Morte sono belli da vedere, peccato non diano tante soddisfazioni visto che di ammazzamenti non c’è praticamente ombra, e non si vede uno schizzo di sangue a pagarlo oro.

Le marionette sono forse le più belle viste sin qui, persino troppo perfette e levigate, quasi fossero parte di un set, senza quel tocco di unicità e personalità che le ha sempre caratterizzate. Appaiono come versioni “originali” di quelle che avremmo conosciuto in seguito, con qualche contraddizione nella continuity che va beh, è sempre un po’ pasticciata (vedi le origini di Blade). Il film dovrebbe partire con le origini di Ciclope, viene poi dimenticato brutalmente e a prendersi la scena c’è Dottor Morte.

Noi burattini “siamo cavie della scienza con un’ombra di coscienza” (Cit. per i rocker)

“Retro” non è un brutto film, la sceneggiatura è lineare, semplice ma sensata, la passione e il mestiere ci sono e si sentono. Non è il tipico sequel/prequel buttato lì per continuare a dissanguare il brand, racconta un altro pezzetto della storia. La cura per i dettagli c’è, peccato per l’assenza di sana cazzimma, tanto che potreste introdurre i vostri bimbi al mondo dell’horror partendo da questa favoletta coi burattini dall’aria un po’ spaventosa, ma c’è roba più terrificante nei vecchi classici Disney. Ad oggi lo trovate su Prime e su Youtube (in versione integrale, è così anemico che non hanno nemmeno dovuto censurarlo)

Il brutto – Puppet Master The Legacy (2003): “mamma mia la monnezza che ho fatto”

Sono l’unico a pensare che aggiungere “Legacy” ad un titolo sia un terrificante presagio di sventura? Specie nelle saghe. Puppet Master Legacy dimostra come Charles Band proprio non riesca a staccarsi dai suoi burattini, tanto da mettersi alla macchina da presa per firmare la regia di questo piccolo scempio.

Certo vivere del mercato home video non dev’essere tutta rose e fiori, e l’obbligo di produrre roba per pagare le bollette porta anche ad estreme conseguenze. “Legacy” più che un film è la laconica risposta che dovremmo dare a chiunque ci proponga di guardare questa roba: legaci, perché è il solo modo di guardarlo, coi divaricatori di palpebre, stile Cura Ludovico. Si tratta di un mash-up pasticciatissimo di tutti i film della saga sino a questo momento.

Il solo modo di guardare i film che hanno “Legacy” nel titolo

Il pretesto per questo ottavo non-capitolo è l’ennesima persona a caccia del segreto di Toulon. E tu avido lettore romanesco della Bara dirai: “ma ancora con ‘sto segreto stamo?” Ebbene sì, questa saga è tutta così, stacce. Ma c’è pure il colpo di scena finale! Un facciapalmo che lévati, altro che legacy.

Per fare da raccordo ai fondi di magazzino, Band sfodera 20 minuti di girato (ambientato nel suddetto magazzino), butta lì una tizia ingrugnata e un vecchietto che scopriamo essere il bimbo francese che Toulon ha salvato da un padre stronzo nel terzo film (e nel Terzo Reich), ed invecchiato si dà arie da burattinaio.

Il montaggio procede a salti in modo casuale tra le clip dei vecchi film senza criterio, e con un effetto straniante quando Toulon passa dalla faccia di Guy Rolfe a quella del tenero vecchietto del primo film. E’ tutto un ammasso di scene incollate che non servono né da riassunto coerente né da best of.

Insomma, ‘na schifezza. Colpo di scena finale? La tizia che vorrebbe dare l’eterno riposo alle anime ingiustamente imprigionate nei burattini. Ma che, davvero? Si può buttar così nel cesso la già scarsa coerenza narrativa di tutta una saga? Se siete abbastanza masochisti il film lo trovate su… naaa, non ve lo dico neanche.

Il passabile – Puppet Master Vs. Demonic Toys (2004): il vostro prossimo film natalizio preferito

Dopo un’infornata di sequel e prequel, poteva mancare il cross-over? Ovviamente no. I “puppet” incontrano gli indemoniati “toys”, ennesima variazione sul tema: la Full Moon è un ricovero per tutte le bambole, i giocattoli e pupazzetti indemoniati di questo e dell’altro mondo.

Se “Puppet Master” è la saga nobile, quella di lungo corso che fa il merchandising, “Demonic Toys” è la cuginetta sfigata e volgare. Non a caso il cross-over sceglie di stare dalla parte dei burattini e di Toulon, o meglio del suo pronipote Robert Toulon, interpretato dal redivivo Corey Feldman nei panni di un vero e proprio mad-doctor. Dopo i successi d’infanzia il buon Corey non ha certo avuto una vita tranquilla, ma è sempre bello rivederlo in un film, non importa quanto pezzente sia lo script perché lui la grinta ce la mette sempre.

«Ti capisco – quando dici che – rivorresti – le tue bamboleee» (seconda cit. per i rocker)

Per messa in opera e regia siamo intrappolati nei primi anni ’90, ma il gioco è questo, se ci si vuole divertire bisogna accettare l’andazzo. Nella sua povertà, questo crossover riesce a divertire nonostante una sceneggiatura scema forte. Tutto ‘sto casino perché la manager cattiva vuole i burattini di Toulon come guardie del corpo, perché i suoi giocattoli sono difficili da controllare? Lo script è firmato da David S. Goyer (la S sta per sòla), uno che di strada e di monnezza ne avrebbe fatta tanta, mascherandola con soldi veri e registi veri.

Otto film e abbiamo sempre creduto Toulon un vedovo disperato, per poi scoprire che c’ha tutta una dinastia che gli è sopravvissuta? Bah, misteri della continuity. A muovere la trama ci pensano i personaggi che vengono da “Demonic Toys”, scemi ma col giusto pepe, spinti da un demone ben più lercio e satanico del lagnoso Sutekh, quello che ci metteva tremila anni a vendicarsi e nemmeno ci riusciva.

«Sutekh a scuola mi doveva dare i soldi del pranzo, se non voleva finire brutto come»

La Sharpe Toys, compagnia avida e cattiva come la sua presidente (una bionda acida stile Carrigan Crittenden di Casper), pronta a rubare il Natale con un piano che Grinch lévati e lascia fare ai professionisti: il piano è mettere un giocattolo infernale in ogni casa per la più grande strage degli innocenti di tutti i tempi, solo per far contento il demone di turno. Ad aiutarla (?) c’è una squadra di giocattoli cattivissimi, cugini apocrifi del mitico Chucky. Su tutti spicca Baby Oopsie, il bambolotto scoreggione e sboccato, animato in modo… diciamo rispettabile. Per quanto i giocattoli infernali siano assai più pezzenti per stile e animazioni dei burattini di Toulon, sono quelli che escono meglio dal film.

«Fammi una faccia da clown! Aaaaaaah! La mia è una faccia da clown!»

A questo cross-over non avrei dato due lire ma intrattiene perché se non altro abbiamo una villain così insensatamente cattiva da costituire una vera minaccia.

Ma ad interpretarla è quella meraviglia di Vanessa Angel quindi bene così [Nota Cassidiana di parte]

Il restyling dei burattini è discutibile: braccia meccaniche e raggi laser, ma perché? Non chiedete. Al nono capitolo ho le sinapsi del tutto bruciate. Ad oggi il cross-over è il più difficile da recuperare, ma se siete DAVVERO motivati ci riuscirete (c’è chi l’ha ricaricato integrale su Facebook).

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