Quando diventi un aggettivo, vuol dire che sei qualcuno. Quante volte di un film si è detto che era “Cronenberghiano”? Negli horror succede spesso, ma se andate a guardare di solito sono elementi, singole scene che strizzano l’occhio, oppure ricordano il lavoro del mio secondo Canadese preferito.
La verità è che molti possono inserire elementi alla
Cronenberg in un film, ma quell’occhio gelido da patologo che caratterizza i
suoi film, quella soffocante continuità tematica, solo il buon vecchio David ha
dimostrato di averla. Badate bene, il mio non è il discorso dell’ammiratore con
le fettone di prosciutto sugli occhi, una roba del tipo «Nessuno può rifare i
film di David!», ma parliamo di Cronenberg, uno dei suoi film migliori (e forse
anche il più famoso) è un remake, quindi
la mia non è una presa di posizione contro i rifacimenti, è che i film veramente
Cronenberghiani, può farli solo il titolare dell’aggettivo.
provato a rifare uno dei suoi film? Può essere, ma chiunque esprima la volontà
di lanciarsi in tale impresa, deve avere una grande passione per l’horror, e
una discreta dose di coraggio, tutte caratteristiche che non mancano a Jen e
Sylvia Soska, che hanno anche un altro asso nella loro manica, condividono il
passaporto con il mio secondo canadese preferito, quindi possiamo dire che
giocano in casa.
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Quelle due adorabili matte delle sorelle Soska. |
Abbastanza clamoroso che non abbia ancora commentato nessun
film della Soska Sisters, il loro “American Mary” (2012) era una bombetta che
ha fatto guadagnare a quelle due adorabili matte un sacco di credito. Certo poi
bisogna dire che si sono un pochino perse, affiliandosi ai WWE Studios, per
roba come “See no Evil 2” (2014) e “Vendetta” (2015), tutta roba abbastanza
dimenticabile che serviva più che altro a far lavorare ragazzoni come Kane e
Big Show.
Le Soska dimostrano di avere il cuore dal lato giusto,
mettendo le mani su uno dei primi body horror di Cronenberg. Rabid – Sete di sangue era minimale ma
drittissimo negli intenti come tutti i film del mio secondo Canadese preferito,
che in quel film riusciva a dirci la sua sui vampiri al cinema, strizzando l’occhio
agli zombie di George A. Romero. Scusate
se è poco.
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“Si è recato in estremo oriente di recente?” |
Cronenberg gettava la sua bionda protagonista giù dalla moto
nel primo minuto del suo film, e ci portava nel vivo dell’azione, non sapevamo
nulla della Marilyn Chambers del film originale, ma da spettatori si finiva per patteggiare per la sua condizione
di vampira virale affamata di sangue. Le sorelle Soska rispettano la premessa
iniziale ma decidono di allungare un po’ il brodo con lo specifico intento di
farci affezionare un po’ alla protagonista Rose (l’azzeccata Laura Vandervoort,
vista nell’ultimo Saw).
fanno lo stesso ma sembrano sbagliare clamorosamente mira, infatti Rose lavora
nel mondo della moda e il suo esageratissimo capo, sembra il caporedattore di Bruiser, solo che ha l’aspetto di una
specie di Kevin Bacon truccato male e con la parrucca.
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“Noi. Facciamo. Tendenza” (Cit. eppure a me ricorda Gavino Pancetta) |
L’inizio è il più convenzionale possibile, Rose indossa gli
occhiali, che il canone cinematografico ci ha insegnato rappresentano una che
deve essere per forza essere sciatta, bruttina e insignificante, cosa che la Vandervoort
non è, però non si scappa prima di arrivare al suo incidente in moto le Soska
volevano raccontarci qualcosa della vita di questa ragazza, peccato che per
farlo abbiano pescato dal grande libro degli stereotipi cinematografici.
le due registe sono parecchio portate per il body horror quindi Rose
esce terribilmente sfigurata dall’incidente, roba che per un attimo ho pensato
che alla due sorelle, fosse venuto in mente di mescolare il film di Cronenberg
con il romanzo “Invisible Monsters” (1999), anche perché la bionda protagonista
con la mascella ridotta ad un ricordo, sembra arrivare proprio dalle pagine del
libro di Chuck Palahniuk.
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“Ehm un po’ di matita emostatica e passa tutto, non si preoccupi” |
A proposito di omaggi irresistibili, quando il “Mad Doctor” impallinato
con il transumanesimo e la sperimentazione sulle cellule staminali decide di
operare Rose per restituirle il suo volto, lo fa indossando un camice da
chirurgo tutto rosso da capo a piedi, identico a quello che utilizzava il
dottor Beverly, per operare su donne mutanti in Inseparabili.
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I gemelli Beverly e Elliot Mantle hanno chiamato, rivogliono il loro camice. |
Rose torna beh, una rosa (Badum tss!) nemmeno una cicatrice, se non fosse per quegli strani
sogni in cui desidera follemente nutristi di carne umana, e proprio come nel
film originale morde un tipo in una piscina. Il dottore la misura, la misura spiega tutto per filo e per segno, robe del tipo che la piscina è un simbolo del suo discendere nell’inconscio e altri
trentatrè uno due tre tranquillizza
spiegoni didascalici di questo tipo. Si perché questo film non ci va leggero
con la semplificazione, tutti i suoi modelli sono molto chiari e non è proprio
la raffinatezza la sua arma migliore, basta dire che il dottore che opera Rose
si chiama William Burroughs. Quado distribuivano la capacità di suggerire un’idea invece di urlarla, le
Soska stavano dirigendo qualche omaccione della WWE probabilmente.
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Centro Derek Zoolander Bill Burroughs per i bambini che non sanno leggere bene e che vogliono imparare a fare anche tante altre cose (Cit.) |
Le vittime di Rose diventano a loro volta delle bestie
scatenate assetate di sangue, che il governo Canadese inizia ad arginare a
fatica, per non farsi proprio mancare niente, durante la scena della cena tra
Rose e il bello figheiro di turno che le fa il filo, le Soska pensano bene di
infilarci anche un omaggio a John Carpenter: Avete presente quando uno dei
lettori di Sutter Kane sfonda la vetrata del ristorante correndo in direzione
di noi spettatori? Le Soska rifanno la stessa identica scena di Il seme della follia.
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“Non hai la sensazione…”, “Di Déjà vu?”, “No, di stare nella scena di un film di Carpenter!” |
film così dovrebbe diventare una valore aggiunto, Jen e Sylvia Soska si
perdono. Non è ben chiaro se vogliano fare un critica alla società consumistica
e al mondo della moda, facendo lavorare la loro protagonista in quel campo, ma
in compenso sembra che le Soska per una buona porzione di film, sparino in aria
nel tentativo di colpire qualcosa. Ad esempio, un po’ di critica alla “mascolinità
tossica” non vogliamo mettercela?
una che per sua coscienza non vorrebbe fare del male a nessuno, ma è tormentata
da dolori tipo astinenza da droga o alcool se non si nutre, perfetto! Facciamola
scatenare contro qualche maschio che tratta l’altra metà del cielo non proprio
con i guanti. Ecco, peccato che sempre pescando dal grande libro del simbolismo
spicciolo, la vittima scelta da Rose è un tipaccio tutto tatuato, che su una
della due spalle ha il simbolo dei Cobra, gli storici cattivi dei G.I.Joe, cioè
più schematico di così credo non sia proprio possibile. L’unico modo di urlare il
concetto più forte, sarebbe scegliere che so, un lottatore di Wrestling per la
parte, infatti attratto dall’idea di qualcuno così matto da farsi tatuale il
simbolo dei Cobra sul braccio, ho scoperto che ad interpretare la parte è il
Wrestler CM Punk (storia vera).
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“Vuoi venire a casa mia a vedere la mia collezione di G.I.Joe?” |
Questo “Rabid 2019” è un film completamente da buttare? No
quello no, perché comunque le sorella Soska non saranno proprio le narratrici
più raffinate del mondo ma hanno gran gusto per l’horror, la loro Rose sfoggia
una serie di mutazioni gustosamente orride in cui il famigerato tentacolo
fallico ascellare del film di Cronenberg (che qui compare in una versione
grottescamente gigante) è solamente una delle armi a disposizione di questa
vampira virale.
Doctor” non mancano, ma quando arrivano sembra un po’ troppo poco e un po’
troppo in ritardo, perché il problema principale di questo “Rabid 2019” è che
dimenticando il film originale, e tutta la simpatia che posso provare per Jen e
Sylvia Soska, resta un film che sa molto di già visto purtroppo.
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Carina Laura Vandervoort, ma in versione Marilyn Chambers per famiglie funziona il giusto. |
Quello che manca è proprio un punto di vista femminile sulla
vicenda, David Cronenberg aveva affidato la parte ad un’attrice che del provino
risultava estremamente sensuale, una che doveva essere una vera tentazione per
gli uomini, tanto che Cronenberg nemmeno lo sapeva durante il provino, che Marilyn Chambers arrivava dal mondo dei film per adulti, era un mezzo scherzo
organizzato dal suo produttore Ivan Reitman (storia vera).
una protagonista fin troppo convenzionale, quindi le sorelle Soska avranno avuto
anche il fegato di cimentarci direttamente con il rifacimento di un film del
loro connazionale più famoso, ma sembrano non avere uno straccio di idea innovativa davvero personale per raccontare la loro versione della storia.
Cronenberg descriveva la paranoia per le infezioni, in un periodo in cui si
cominciava a parlare di HIV, le Soska cosa vogliono raccontarci esattamente? Di
non uscire con uno che ha il simbolo dei Cobra tatuato sul braccio?
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Ho capito! Era tutta una critica al mondo della moda… Forse. |
Insomma il risultato finale è un film che scorre via liscio,
ma risulta fin troppo piatto e già visto malgrado il sangue a secchiate senza
mai tirar via la mano. Una volta un giocatore degli All Blacks se ne uscì con
la più bella frase mai sentita riguardo al giocare a Rugby contro i Gallesi,
sul loro campo, in Galles: «Non puoi vincere in Galles contro il Galles, al
massimo ti può capitare di segnare più punti di loro». Lo stesso vale per David
Cronenberg, non puoi essere più Cronenberghiano di Cronenberg in Canada, al
massimo ti può capitare di segnare più punti (di sutura) di lui.