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Raya e l’ultimo drago (2021): animazione da zona rossa

Qualcuno ha capito esattamente cosa sta facendo Disney? La loro strategia mi sembra bizzarra ma al momento, grazie alla piattaforma streaming di Disney+ sembra che siano gli unici a riuscire a restare a galla. Piove sempre sul bagnato.

Si perché si sono beccati un mare di critiche quando hanno creato l’accesso “Vip” su Disney+, ma così facendo pare che siano anche riusciti a ripagarsi la loro costosa nuova versione con attori di Mulan, costato esattamente un Tenet (ormai un’unità di misura), con la differenza che la casa di produzione del topastro, tra l’abbonamento a costo maggiorato e uscite tattiche in sala (specialmente sul mercato orientale), pare che abbiano libri contabili invidiabili, infatti la strategia continua anche con “Raya e l’ultimo drago” e prossimamente con il film Marvel sulla Vedova Nera.

Tecnicamente, lei sarebbe la nuova principessa Disney, anche se è più tosta della media.

“Raya and the Last Dragon” è un’ammucchiata di nomi sotto la voce “regia”, ufficialmente il film è firmato da Don Hall e Carlos López Estrada, ma è stato completato con il supporto di due co-registi Paul Briggs e John Ripa. Come accaduto con Soul, una buona parte di disegnatori, sceneggiatori, animatori e tutto l’enorme quantitativo di persone dietro alla produzione di un film d’animazione, si sono ritrovati a lavorare da casa in remoto, come accaduto anche a tanti di noi, quindi i quattro registi sono diventati fondamentali per organizzare il lavoro. Nulla da eccepire in tal senso, alla Disney hanno capito che lo spettacolo deve continuare e sono delle discrete macchine da guerra in tal senso.

La riunione creativa degli uffici della Disney.

Esattamente come Mulan, anche “Raya e l’ultimo drago” strizza volutamente l’occhio all’oriente, anche se la storia è ambientata in un mondo fantasy, il prospero regno di Kumandra dove gli umani vivono in armonia con i draghi, viene minacciato da degli spiriti maligni chiamati Druun, delle spaventose nubi violacee a metà tra la vecchia pubblicità progresso sull’AIDS che terrorizzò una generazione e delle masse di gas composte da polveri sottili. Insomma Kumandra è indistinguibile da Torino quando ci bloccano per l’eccesso di inquinamento nell’aria, dettaglio che accade sistematicamente.

I confini di Kumandra sono suddivisi in altrettante regioni, ognuna con il nome di una parte del corpo di un drago, simbolo della nazione, quindi la protagonista Raya (in originale doppiata da Kelly Marie Tran di Star Wars), per salvare il padre colpito in pieno dai Druun e trasformato in statua di pietra, dovrà attraversare luoghi che si chiamano Coda, Artiglio, Dorso, Zanna e Cuore. Il film sorvola sulla regione chiamata Sfintere, anche se sono abbastanza certo che un drago disponga anche di uno di quelli, ma adesso non scendiamo troppo nel dettaglio ok?

Sembra un mini pony, ma in realtà è l’ultimo dei draghi del mondo.

Partiamo dai lati positivi, “Raya e l’ultimo drago” ha una cura dei dettagli maniacale, essendo così fortemente influenzato dall’oriente, le varie popolazioni di Kumandra hanno tratti somatici che potrebbe identificare nella nostra Thailandia, Corea, Giappone, insomma non è uno di quei film dove sono tutti più gialli che nei Simpson, senza alcuna distinzione. Anche le tecniche di combattimento dei vari personaggi, prendono ispirazione dalle arti marziali locali, quindi si vede che è un film pensato per risultare sensato agli occhi (a mandorla) del pubblico di quella porzione del mondo. Li sanno fare i conti alla Disney che credete?

La parte migliore di “Raya and the Last Dragon” per me resta la qualità delle texture, i capelli di Sisu quando da drago si trasforma in umana sono perfetti, l’acqua sembra quasi bagnata, insomma era dai tempi di “Oceania” (2016) che non vedevo un film così tanto curato a livello di animazione, inoltre qui a differenza del film citato poco fa, non ci sono nemmeno tediose e lunghissime canzoni, eppure i personaggi, che sono tanti, risultano tutti davvero poco memorabili. Peccato, perché l’entrata in scena della protagonista risultava davvero cazzuta, un momento d’azione e avventura ben applicato al mondo dell’animazione.

Solo io ci vedo un botto di Hayao Miyazaki in questo film?

Se non fosse per la presenza nel titolo del film, avrei avuto dei dubbi persino a ricordarmi il nome della protagonista, il che potete capire che a livello di coinvolgimento non è proprio il massimo. Quindi vedere tutti questi personaggi di cui non ho nemmeno memorizzato il nome, “fare cose e vedere gente” (cit.) non mi ha proprio esaltato più di tanto, inoltre non so se aver visto “Raya e l’ultimo drago” in questo strambo periodo di pandemia abbia influito o meno, vado a spiegare.

I Druun, rappresentati come nubi violacee che arrivano dal nulla a spazzare la vita come si svolgeva prima a Kumandra, non possono che far pensare alla pandemia e alla rappresentazione grafica di ‘sto cazzarola di virus che vediamo in un telegiornale sì e l’altro pure, questo farebbe di “Raya and the Last Dragon” un film al passo con i tempi se non fosse che la Disneiana soluzione al problema, collaboriamo, fidiamoci uno dell’altro e tutti insieme ne usciremo, può essere il tipo di soluzione che gli spettatori più piccoli potrebbero accettare, ma dopo un anno in pandemia tra zone rosse e serrate, il cinismo ha preso il sopravvento. Anche se partivo già da un’ottima base di mio, questo devo ammetterlo.

Insomma questo classico Disney numero 59 sarà anche al passo con i tempi, ma non sembra nato sotto una buona stella, d’altra parte il 2021 nel calendario cinese è l’anno del bue non del drago.

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