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Repo Man – Il recuperatore (1984): sono le quattro di mattina, sai dov’è la tua auto?

Tra i compleanni della Bara in programma per il 2024, uno in particolare mi stava molto a cuore, finalmente ho la possibilità di portare su questo loculo un po’ del cinema di Alex Cox, di tanti che si sono atteggiati a Punk, lui è davvero l’unico con i trascorsi giusti.

Nato a Bebington, Cheshire, Albione dura e pura nell’anno 1954, all’età in cui gli altri iniziano a mettere la testa ben avvitata sulle spalle, il nostro Alex da tempo trasferito in California e da sempre affascinato dalla musica Punk, ha pensato bene che dopo il suo cortometraggio “Sleep Is for Sissies” (1980), il mondo fosse pronto per una storia che è in parte autobiografica e in parte, a volte, non sembra nemmeno una storia ma un delirio alcolico, il risultato è “Repo Man”, da non confondere con quella porcheria quasi omonima con Giuda Legge recuperatore di organi, la versione seria di uno sketch dei Monty Python.

Dimenticate Jude Law, questo è il “Repo Man” giusto approvato dalla Bara Volante!

Un film che filosofeggia e ogni tanto si ricorda che sarebbe qui per raccontarci una storia, da un certo punto di vista “Repo Man” sembra un dialogo che si fa da ubriachi fradici, quelli in cui ad un certo punto ti sembra di aver scoperto tutti i segreti del mondo, il mistero che sta dietro ad ogni fatto insoluto della Storia dell’umanità, ti appare chiaro il senso della vita, dell’universo e di tutto quanto, tanto che poi ti svegli la mattina dopo, con il cervello crepato e non ti ricordi quasi una mazza di cosa hai fatto e quanta roba ti sei bevuto la seria prima, ma hai solo due vaghe sensazioni, la nausea e l’impressione di aver capito il vero funzionamento del mondo… Solo che cazzo che ora me lo ricordo!

Alex Cox si affida a tutte le facce (e i musicisti) giusti per raccontarci questo spassossissimo delirio, uno di quei titoli in cui amo andare a rifugiarmi quando sono stufo marcio dell’ennesimo “Reboot” ributtante o filmetto senza nervo di moda questa settimana. La storia, o almeno l’accenno di essa prima del delirio, è quella di Otto, un ragazzo pulito finito in affari sporchi recitava la frase di lancio del film. Dal supermercato dove lavorava con manifesto scazzo, è stato licenziato dopo aver preso giustamente a male parole il capo, in compenso a casa i suoi genitori, invasati con un telepredicatore da strapazzo, hanno donato tutti i loro risparmio al ciarlatano della televisione, ora di cambiare aria!

The Punk and the Godfather Supermarket (quasi-cit.)

Ad interpretarlo, con il giusto stile da Punk californiano e la faccia che ti aspetti da uno che ha appena avuto questi trascorsi, troviamo Emilio Estevez in un altro di quei piccoli titoli di culto della sua carriera, per alcuni mai esplosa per davvero, ma solo perché non ha seguito strade convenzionali. L’unica alternativa per Otto è diventare un Repo Man, un recuperatore, uno di quei soggetti mandati a sottrarre legalmente auto ai proprietari insolventi che non hanno nessuna intenzione di finire di pagare le tasse o separarsi dal loro mezzo di trasporto.

Per un lavoro così ci vanno metodi duri e gente disperata, se incazzata con il mondo meglio perché tanto nessuno ti cederà mai la sua auto volontariamente, gettato nella mischia Otto riceve poche ma affilate dritte da colui che diventerà il suo mentore, socio, compagno di sniffate e bevute, quasi una versione futura del protagonista, il mitico Bud (primo nome da Birra di tanti sparsi volutamente nel film) interpretato da un eroe, un culto umanoide come quella leggenda di Harry Dean Stanton. Applausi! Voglio sentirvi applaudire da qui su mister Stanton!

Harry Dean Stanton come sempre maestro di vita!

L’ambientazione è quella della Los Angeles degli anni ’80, ma Cox con il suo tocco sa rendere tutto grottesco, puramente cinematografico anche pescando dalla realtà. Già perché il recuperatore è stato proprio il primo lavoro fatto dall’Inglese appena sbarcato negli Stati Uniti, e per un certo periodo, per via di problemi di approvvigionamento, nella California del Sud i supermercati erano pieni di prodotti generici senza marche, scatole con su scritto “Carne”, o vabbè “Birra” (per restare in tema) che Cox ha replicato qui con effetti cinematografici incredibili. Il supermercato dove lavora Otto sembra uscito direttamente da Essi Vivono, il che se non si fosse capito è un complimento supremo!

Ogni dettaglio in “Repo Man” fa sembrare il film una locandina ciclostilata di un concerto Punk organizzato di straforo in un magazzino abbandonato, i cartelloni della campagna elettorale, “Vota Harry Pace” (per ammissione del regista, una storpiatura di “Happy Face”) sono uno sfottò, perché tutto è abbastanza realistico in “Repo Man” prima di scivolare nel delirante, quando tra le auto da recuperare, la più ambita diventa un Chevy Malibu del ’64, su cui balla una stupefacente ricompensa di ventimila fogli verdi con sopra facce di ex presidenti spirati, anche perché nel bagagliaio c’è nascosto qualcosa di così incredibile che li potrebbe distruggere tutti, qualcosa di molto… fosforescente.

Ci vuole un elemento fantastico per rendere interessante una storia, qui ne abbiamo anche uno radioattivo!

Conoscete tutti il concetto di MacGuffin, l’espediente che serve a mettere in moto la trama, la valigetta di Pulp Fiction in cui non importa cosa ci sia dentro, l’importante è che sia la scintilla per far muovere i personaggi. Tarantino per la sua valigetta ripiena di luce aveva pescato a mani basse da “Un bacio e una pistola” (1955) di Robert Aldrich, prima del tarantolato però, ci era già arrivato Alex Cox, la sua Chevy Malibu del ’64 ne è diretta discendente, non solo per la luce che emana, ma anche per gli effetti a lungo termine, solo che ogni tanto “Repo Man”, che di fatto è lo “Sbronzo movie” definitivo o giù di lì, se ne dimentica perché impegnato a filosofeggiare alticcio sulla vita, l’universo e così tanti complotti da far sbiancare anche Mulder e Scully.

E l’inquadratura dal bagagliaio Tarantiniana… MUTA!

Alex Cox manda a segno un film a tratti anti-narrativo, spesso sembra che la storia principale torni a galla come un cadavere dal fondo di un lago, riemergendo da ondate di trovate e chiacchiere non-sense che riempiono il film: molti degli assurdi colleghi di Otto hanno tutti nomi di Birre, tipo Miller, Bud o Lite, per tutto il tempo abbiamo lo stesso libro che passa di mano in mano e tra cospirazioni, corpi freddi dallo spazio profondo e persone che citano i gamberi o i piatti di gamberi, si notano dettagli che in questo “Sbronzo movie” sembrano i segni di una cospirazione, ad esempio perché tutte le auto sfoggiano il classico deodorante a forma di pino? Persino una moto lo ha!

Il film di Cox è troppo goliardico ed eccentrico per risultare impegnato, ma anche troppo ben fatto per essere solo un B-Movie girato con due spiccioli (forse meno), un outsider, come Otto e i personaggi che popolano il suo mondo.

Questo film è tutto così, caracollante, barcollante, sbronzo, eppure pieno di trovate puramente cinematografiche, come la Chevy fluorescente del finale, quasi psichedelica. Con tutto questo parlare di complotti (intra)visti da menti alterate spesso dalla birra, “Repo Man” è caratterizzato da quella sensazione per cui tu, stai pensando a che so, un piatto di gamberi mettiamo, ed improvvisamente qualcuno nella stanza in una frase utilizza la parola “gamberetti”, vi è mai capitato? AI protagonisti del film sempre, ma ci voleva un Punk come Alex Cox per mettere su questo senso di delirante complotto da cartone animato pazzo.

Quella volta in cui Harry Dean Stanton ha inventato i servizi di car sharing.

Il finale va in psichedelico crescendo, i colori acidi del contenuto della Chevy portano tutto in zona fantascienza, forse, oppure è solo il delirio alcolico di due recuperatori di automobili fuori di testa, l’attitudine però è pienamente Punk fino al midollo e la colonna sonora va di pari passo. Cox ha sempre amato ridurre se non abbattere il confine tra musica e cinema, ha diretto documentari storici e senza addentrarci troppo nella sua filmografia (mi piacerebbe farlo qui sulla Bara, ora che ho iniziato, ci ho preso gusto!), ma davanti alla macchina da presa di Cox è capitato di vedere recitare cantanti Punk, spesso caracollanti su gambe più instabili della loro recitazione, proprio come l’andamento pazzo di “Repo Man”.

Qui al suo esordio, Cox si è “limitato” ad avere chiunque nella colonna sonora del film, incredibile, tosta e composta da nomi come Black Flag, Suicidal Tendencies e Sua Maestà Iggy Pop che si esibisce su quella che se fossimo in un disco, sarebbe la “Title track”, la trovate qui sotto:

Insomma, esiste anche un seguito ideale di questo titolo che compie i suoi primi quarant’anni, ma ci tenevo moltissimo a questo compleanno Punk, vi ricordo due cose, la prima di passare a leggere il pezzo di Sam Simon la seconda… Tenete d’occhio la vostra auto, sapete dove di trova in questo momento?

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