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Ricercati: ufficialmente morti (1987): Nolte, Texas Ranger

Non importa quale sia il vostro stato di servizio, oggi
siete tutti richiamati all’ordine per il nuovo capitolo della rubrica… King of
the hill!

Dovete capire che la formazione del mio (dis)gusto
cinematografico è fatta soprattutto di film visti in tv, oppure presi in
prestito al videonoleggio, un’altra Era lo so, fatta di pellicole interrotte
dalla pubblicità, oppure scientificamente eliminate con un abile lavoro di
STOP/REC al momento giusto. Di base parliamo di film orgogliosamente di genere,
western, quintali di western, ma anche film epici d’avventura, figli di grandi autori.
Capirete da voi che pescando i film dalla guida tv, oppure
dalle mensole della videoteca, il titolo gioca un ruolo fondamentale, più
risulta clamoroso più attrae l’attenzione, ecco perché uno intitolato “Ricercati:
ufficialmente morti” è sempre stato uno dei miei preferiti.
Andando a scavare a fondo, però, “Extreme Prejudice” (titolo
originale che deriva da un’espressione resa popolare da “Apocalypse Now”
lasciatemi l’icona aperta su questo) è sempre stato il film in grado di unire
tutto, non solo un cast di grandi attori, il meglio delle “facce brutte” degli
anni ’80, ma anche tanto del cinema che mi piaceva allora come oggi. Ho atteso
anche più del necessario per iniziare questa rubrica su Walter Hill, ma nulla
accade per caso, perché ora posso ritornare al punto dove questa Bara ha
iniziato il suo volo, perché il soggetto di questo film è scritto da una
vecchia conoscenza di questo blog, date il bentornato alla rubrica… Un Milius
alla volta!
Dopo l’enorme casino sollevato con Alba Rossa, Milius era alla ricerca di un soggetto un po’ meno
controverso, il momento sembra quello giusto per ripescare un vecchio soggetto
scritto nei primi anni ’70 a più mani insieme a Deric Washburn – collaboratore
di Michael Cimino che con Milius aveva scritto Una 44 Magnum per l’ispettore Callaghan – e Fred Rexer, un veterano
della guerra del Vietnam che con la sua esperienza è stato prezioso per
completare la sceneggiatura di “Apocalypse Now” firmata da Milius, così posso
chiudere anche quell’icona lassù.
Nella sua prima bozza “Extreme Prejudice” era più che altro
un film di spionaggio con ex militari, ma gira che ti rigira la trama non
trovava una sua forma definitiva, ci è riuscita soltanto nel momento in cui il
film è finito nella mani migliori possibili, quella di Walter Hill.
I gradi di separazione tra Hill e Milius sono un po’ meno
dei canonici sei, i due si erano precedentemente conosciuti sul set di
“Bullitt” (1968) in cui Hill era aiuto regista e Milius gironzolava nella zona
delle operazioni, perché la sua capacità di correggere e modificare
la sceneggiatura anche durante le riprese è una delle ragioni per cui John si è
fatto un nome. Riuscite a pensare a quei due nella stessa stanza? Mi immagino
Milius, gran fanatico delle mangiate presso la catena di ristoranti (se così
possiamo chiamarli) Denny’s, trascinare quel divo del muto di Gualtiero in una
cena pantagruelica che finirebbe probabilmente svotando bottiglie e discutendo
su chi sia migliore tra John Wayne e Gary Cooper.

“Meglio Wayne cazzo, il Duca non si discute, ma tu guarda cosa mi tocca leggere”

Walter Hill fa subito sua la materia originale, andando a
rimarcare una delle figure che aveva vagamente ispirato il soggetto di Milius,
ovvero Joaquin Jackson una leggenda vivente dei ranger del Texas, che ha
prestato servizio lungo il confine con il Messico dal 1966 fino al suo ritiro
nel 1993. È impossibile sapere come sarebbe stato il film se John
Milius lo avesse completato e magari diretto, per nostra fortuna ci ha pensato
Walter Hill, rendendolo completamente parte del suo caratteristico stile, regia
solida, un glorioso livello di sparatorie e tostaggine diffusa.

Ormai il discorso sui primi cinque minuti di un film che ne
determinano tutto l’andamento, dovreste conoscerlo a memoria, l’inizio di
“Extreme Prejudice” è micidiale: nell’aeroporto di El Paso – luogo ricorrente
nei film di Hill – si raduna l’ennesimo gruppo di guerrieri della filmografia
di Gualtiero, i componenti dell’unità zombie capitanati dal maggiore Paul
Hackett. Se il loro nome di battaglia vi ha colpito, è perché non passa certo
inosservato, ufficialmente questi soldati sono morti in conflitti più o meno
noti sparsi per il globo, di fatto sono vivi e vegeti e anche capaci di
snocciolare un gran quantitativo di parolacce per salutarsi, come fanno sempre
i personaggi di Walter Hill, la mia preferita resta «Vecchio puttaniere,
ronzino spompato», voi non salutate tutti i vostri amici così? No? Strano.

Se non volete vedere un film, che può vantare un fotogramma così, mi sa che avete sbagliato blog.

Sulle note della clamorosa colonna sonora di un maestro come
Jerry Goldsmith, Walter Hill ci presenta ad uno ad uno questa banda di gatti
senza collare, con nome, foto, data del decesso
e tessera militare come se fossero tanti G.I.Joe.

Se esistesse l’Oscar per il miglior antagonista, Michael
Ironside dovrebbe averne la casa piena. Qui utilizza la sua faccia da schiaffi
per interpretare il maggiore Paul Hackett, non fa esplodere teste come in
Scanners, al massimo si limita a spaccarne qualcuna. 

Ci sono i cattivi. Quelli molto cattivi. Quelli cattivissimo. E poi c’è Michael Ironside.
Il fedelissimo sergente Larry McRose è impersonato al metro
e novanta di Clancy Brown. Anche lui come Ironside recitava in Starship Troopers e in un’altra infinità di titoli mitici, ma il suo ruolo più famoso
resta Kurgan in Highlander – L’ultimo immortale.

“Anche questa volta, ne resterà soltanto uno”
Il sergente Buck Atwater, esperto di demolizione, dalla
memoria fotografica e dalla capacità di snocciolare frasi di clamorosa
ignoranza («Topi da quattro o cinque libbre con il culo come quello di un
cane») ha il faccione di quel mito di William Forsythe.

“Vado matto per i piani ben riusciti” (Cit.)
Questa banda di militari, riciclati a rapinatori di banche al sicuro in un anonimato che solo una (finta) morte ti può dare, si ritroveranno a ripulire una banca, per altro utilizzano un coniglietto di pezza bomba… Era dei tempi di un film dei Monty Python che non vedevo un coniglio fare anti danni!
Peccato che la banca sia quella di fiducia del noto narcotrafficante
Cash Bailey (Powers Boothe, nuovamente
diretto da Hill), sul fatto che tenga i soldi in banca e di nome faccia “Cash”
lascio riflettere voi, io preferisco continuare sulla strada battuta dalla
trama. Perché da molti anni, a dare la caccia a Cash per cercare di incastrarlo
c’è il ranger del Texas Jack Benteen, uno duro, ma così duro da poter superare
in carisma (e cazzimma), tutti i nomi che vi ho citato fino a questo momento.
Ad interpretarlo è ancora Nick Nolte,
al suo secondo film con Walter Hill, ma non l’ultimo.

Alcune facce appartengono al western, quella di Nick Nolte sicuramente.

Per calarsi nel ruolo, Gualtiero ha suggerito a Nolte di
rivedersi molti vecchi western, in particolare quelli con Gary Cooper, perché
per il regista quel cristone di Nick era uno così, un po’ sullo stile di
Cooper. Ma Nolte ha fatto molto di più: ha speso diversi mesi insieme al già
citato ranger Joaquin Jackson che gli ha dato parecchi consigli sugli abiti da
scegliere, su come portare la pistola nella fondina e anche su parecchi
termini da utilizzare.

Walter Hill regala a Nick Nolte un’entrata in scena che
mette in chiaro che a Nolte è andata di sfiga di essere nato anni dopo l’era
dell’oro dei grandi western, lo vediamo entrare in un locale – ma potrei anche
definirlo un saloon senza problemi – lanciare delle manette ad un tizio losco
(«Sono della tua misura») e poi sparare e picchiare proprio come gli eroi dei
western di un tempo. Perché alla fine “Ricercati: ufficialmente morti” è
proprio questo: un western contemporaneo, diretto da uno che si è sempre
definito senza falsa modestia un regista di western, quindi il meglio del
meglio.

“Tu laggiù, sei ufficialmente morto? No? Allora ti dirigerò con estremo pregiudizio”

Qual è il modo migliore per mettere un po’ di Guacamole ad
una trama piena di uomini? Facile: una donna! E nemmeno una qualunque, Maria
Conchita Alonso, fresca fresca da L’implacabile.
Sarita è la donna di Jack, ma in passato, ha avuto una storia anche con Cash, sì,
perché il ranger e il trafficante di droga in passato sono stati grandi amici,
anzi di più, sono cresciuti insieme, ma ora
sono sui lati opposti della barricata e con una donna nel mezzo a rendere
ancora più accesa la loro competizione.

In un cinema così maschile, i personaggi femminili di Walter
Hill finiscono sempre per essere trattati in un modo che oggi farebbe
strepitare chiunque (specialmente sui Social-Cosi), il rapporto tra Sarita e
Jack è quello di un duro come Walter Hill (lo abbiamo visto in Strade di fuoco): niente parole dolci,
solo azione. Infatti, appena la ragazza viene rapita da Cash, Jack non ci pensa
mezzo secondo a sfidare un intero villaggio messicano per salvarla. Vi ho già
detto che è un western, vero? Se volete uomini e donne che parlano del loro
complicato rapporto di coppia nel tinello di casa, andate a vedervi i film con
Margherita Buy. Aggiungo solo una cosa personale: ad un certo punto nel film Maria
Conchita Alonso si esibisce cantando un pezzo tipico messicano, che per me sarà
sempre associato a I tre caballero… No, ma sul serio! Cosa volete di più da un film?

“Senti bonita, qui di Cabalero ne è rimasto solo uno, e ancora per poco se non ci diamo una mossa”

Un gruppo di soldati ricercati (ufficialmente morti) e la
loro tensione all’interno del gruppo, una donna da salvare, due ex amici con
carisma da vendere (Powers Boothe e Nick Nolte si mangiano ogni scena) e
Walter Hill dietro la macchina da presa. “Extreme Prejudice” tiene chiuso il
coperchio di questo pentolone ripieno di tanta bella robina, per farlo
esplodere in un finale in cui tutti avranno quello che meriano, ma il bello è
come il minutaggio del film viene gestito.

“Dieci passi, e non vale camminare sul posto prima di voltarsi a sparare ok?”

Ogni sparatoria è diretta come sempre da Gualtiero Collina
con il suo stile minimale e senza fronzoli, il montaggio come sempre fa la parte del leone, infatti tra piedi spappolati e gente
crivellata, anche in scene con tanti personaggi impegnati a spararsi tra di
loro, da spettatore hai sempre chiaro in testa chi sta facendo cosa, il tutto
con quel gusto tipico dei film degli anni ’80 per un po’ di esplosioni e morti
ammazzati come si deve.

Qualche dettaglio? “Ricercati: ufficialmente morti” è uno
dei pochi film che ricordo, in cui ad uno sgherro viene rotto l’osso del collo,
non con la canonica e cinematografica mossa di piegare la testa da un lato
usando le mani, come farebbe il più accorto dei chiropratici. No, qui vediamo il
collo deformato, due o tre strattoni dati di forza, insomma il genere di
dettaglio non fine a se stesso, che ti fa capire che qui l’azione, non è
qualcosa mostrata per riempire i minuti disponibili, ma è presa dannatamente
sul serio.

Una volta faceva solo esplodere le teste, ora ha iniziato
anche a staccarle dal collo.
I personaggi hanno tutti il giusto spazio, tra una
sparatoria e l’altra non manca il tempo di approfondire come si deve le
dinamiche tra di loro, creando motivazioni e coinvolgimento per il pubblico, in
modo che quando (e se) verranno uccisi, non sarà semplice carneficina fine a se
stessa.

Un glorioso livello di sparatoria vecchia scuola.

Il film è stato girato in un tempo molto breve ed è
considerato sicuramente un titolo minore della filmografia di Hill, ma per me
solo perché parliamo di un regista che ha dispensato oro a piene mani e quando
non ha firmato classici inossidabili, ha firmato “solo” film come questo. Eppure,
ancora oggi al nostro Gualtiero non è stata riconosciuta la sua vera
importanza, sul serio, non so cosa avrebbe dovuto fare più di così.

Il finale è l’ennesimo omaggio di Walter Hill al suo
maestro Sam Peckinpah, la sparatoria nel villaggio messicano è chiaramente una
strizzata d’occhio a “Il mucchio selvaggio” (1969), in cui “un poliziotto
dell’età della pietra”, l’unico Gringo a testa altissima, entra da solo nel
villaggio, con camicia azzurra, occhi uguali e tutto il carisma di Nick Nolte.

Fare il duro: lo stai facendo bene, bravo.

Lo scontro finale è un duello, la resa di conti tra i due
amici come si farebbe proprio in un western, anche se siamo nel 1987 e non nel
1887, tutto accade a ritmi esagerati, un massacro in cui nessuno è al sicuro.
Ma, soprattutto, una carneficina che ha fatto scuola, nella collezione di film
“giusti” dei protagonisti di “Hot Fuzz” (2007), si vede il DVD di questo film, ma anche Robert Rodriguez ha saccheggiato a
piene mani questo film, citandolo spudoratamente sia in “El mariachi” (1992)
che in “Desperados” (1995), perché anche con un film minore, Walter Hill ha
sempre dettato la via da seguire per tutto il cinema di genere, sono cose che i
grandi maestri del cinema fanno, anche quando non gli viene riconosciuto.

Lo vedremmo accadere anche la prossima settimana, con un
capitolo che non vedo l’ora di affrontare, e mentre vi ricordo la locandina di questo film, direttamente dalle pagine di IPMP, noi ci rivediamo qui tra sette giorni,
ho già messo la vodka in ghiaccio, Dasvidania Tovarish!
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