Nel 1974 usciva il primo “Fuori in 60 secondi”, l’originale, quello che Tarantino nel suo “Grindhouse” ricordava per bocca(ccia) di uno dei suoi personaggi, distinguendolo dal rifacimento del 2000 diretto da Dominic Sena con poche e lapidarie parole: «quella cagata con Angelina Jolie!»
Da qui tocca iniziare, perché tanto è un passaggio obbligato visto che il regista di Knoxville cita in continuazione il film del 1974 senza che a nessuno importi un accidente, perché tanto lo sappiamo, Tarantino parla, i suoi fan(atici) ripetono a pappagallo ma poi beccami gallina se i titoli che lui consiglia vanno a vederli per davvero. Oltre a citarlo apertamente in “Grindhouse”, il buon Quentin da dove pensate che abbia pescato il soprannome Zucchino oppure la parata di occhiali Ray-Ban sul cruscotto dell’auto dello sceriffo di Kill Bill? Dal titolo di culto di H. B. Halicki, ecco, parliamo di questo notevole matto col botto.
Figlio numero, non so bene quale, di tredici pargoli tutti generati da papà John, meccanico di New York, potete immaginare il casino a casa, un trionfo di grasso, motori e sgomitate tra fratelli e sorelle per emergere, normale che sia venuto fuori un pazzo pronto a sacrificare il corpo facendo lo stuntmen di professione, la particolarità? Se vi venisse voglia di spulciare la sua pagina di Wikipedia, lo troverete etichettato come, cascatore, regista, sceneggiatore, attore, produttore e penso che abbiano dimenticato distributore, tutti ruoli che si è guadagnano con un solo film, appunto l’originale “Gone in 60 seconds”.
Doveroso paragrafo sul titolo italiota (ehi, passate a trovare gli esperti!), per anni ho cercato un film intitolato “Fuori in 60 secondi” ad Ovest di quello con Nick Cage, senza successo perché mai avrei pensato da ragazzino di dover cercarne uno dal titolo “Rollercar – Sessanta secondi e vai!”, avrei delle difficoltà oggi a tradurre in modo sensato Rollercar e poi ha trovare un corrispettivo nella trama, figuriamoci come poteva suonare all’orecchio del pubblico, va detto però che la locandina italiana è un gioiellino, fine del doveroso paragrafo.
La trama di “Gone in 60 seconds” è presto detta… Non esiste, nel senso, H. B. Halicki l’ha letteralmente improvvisata giorno per giorno sul set, con in testa solo la volontà di incollare una scena spettacolare a quella successiva, con lo stesso principio, ruspante ma di cuore, Halicki ha arruolato chiunque, amici, passanti, parenti, in qualche caso veri poliziotti e veri politici finiti del film perché inquadrati, quindi il canovaccio che tiene insieme (o prova a farlo), questa operazione di cinema al limite della guerriglia ruota attorno all’assicuratore Maindrian Pace (ovviamente lo stesso H. B. Halicki) e la sua doppia vita, di notte ladro d’auto, se vi sembra assurdo, se avete dubbi sul numero di ore di sonno mancate, io vi suggerisco di soffermarmi su questo… Maindrian Pace, ripetetelo come me, Maindrian Pace. Non aveva una sceneggiatura, ma per il nome del suo personaggio Halicki si è impegnato molto.
Un Narcos sudamericano paga Pace affinché rubi quarantotto auto per suo conto, l’ultima un gioiellino, una Ford Mustang Mach 1 gialla e nera del 1973, equipaggiata con un motore Ford Cleveland V8 da 5.8 litri di cilindrata, ribattezzata Eleanor perché nella lista, le ragazze da portar via hanno tutti nomi di donna. Qualcuno fa una soffiata e per non farsi beccare dalla polizia Pace venderà cara la pelle, in un inseguimento lungo cinque città della durata complessiva di boh, metà film? Il più lungo della storia del cinema, quaranta minuti per la precisione, di puro cinema.
“Gone in 60 seconds” è un atto di ignorante eroismo, nel senso che H. B. Halicki ignorando i rudimenti cinematografici di base, lancia il cuore oltre l’ostacolo e fa il salto, letteralmente, per far volare l’auto per una lunghezza di trentanove metri, Halicki si è insaccato dieci vertebre, tanto che non sarebbe mai più riuscito a camminare senza zoppicare (storia vera).
Per capirci H. B. Halicki è l’uomo di cui uno come Chad Stahelski potrebbe aver avuto idealmente il poster appeso in camera da ragazzino, il cascatore che costruisce una trama e un film attorno al suo lavoro, alla sua passione principale, in questa sua crociata matta ha tirato dentro tutti, amici, parenti, vigili del fuoco e persino il Sak Yamamoto, il sindaco di Carson che compare nei panni di Sak Yamamoto, sindaco di Carson.
Il risultato è puro cinema americano degli anni ’70, grezzo, letteralmente senza freni, capace di distruggere in una sola scena novantatré automobili per girare una lunghissima sequenza, normale se non hai una sceneggiatura o anche solo la minima idea che per chiudere le strade prima di girare, siano necessarie, boh bazzecole, quei fogli di carta controfirmati chiamati permessi, che vuoi che sia? Schiviamo un paio d’auto e quelle che finiranno per scontrarsi le infiliamo dritte nel montaggio finale, più lamiera si spacca più ci divertiamo. Infatti alla fine le protagoniste sono proprio le “ragazze”, una De Tomaso Pantera, una Cadillac Eldorado del 1972, ma anche una rarissima Manta Mirage, una vettura del 1974 di colore arancione basata, in realtà, sulla McLaren M8 e dotata di un motore Chevrolet ad 8 cilindri.
H. B. Halicki delinea tutta la sua, forse è eccessivo parlare di poetica, ma tutta la sua passione in quei quaranta minuti di inseguimento finale, infinito, interminabile se la vostra idea di cinema sono dialoghi in un tinello, ma visto che siete sulla Bara Volante do per scontato che chiocchi fortissimi, sgommate e derapate siano anche per voi il sale del cinema giusto, anche in un film nervoso e nevrotico a livello di riprese come questo culto.
Se scovare una copia di “Rollercar – Sessanta secondi e vai!” era ed è un’impresa degna del furto di quarantotto auto, molto più complicato risulta scovare i suoi due seguiti semi ufficiali, ancora inediti in uno strambo Paese a forma di scarpa, “The Junkman” (1982) e “Deadline Auto Theft” (1983), questo in particolare realizzato con gli spezzoni del cult del 1974.
Eppure quando cresci figlio di un meccanico, la tua passione per i motori non può dirsi mai davvero paga, nel 1989 H. B. Halicki era ancora intenzionato ad alzare l’asticella, per il suo sogno di realizzare “Gone in 60 seconds 2” (no niente “Gone in 120 seconds”) il nostro aveva radunato qualcosa come quattrocento auto da poter comodamente devastare e non pago di dieci costole segnate per sempre per un salto di trentanove metri, per il seguito stava preparando uno stunt ancora più drammatico, il crollo di una torre idrica alta quarantanove metri, ma il cavo d’acciaio di un palo telefonico divelto nell’impresa provocò la morte immediata del Don Chisciotte delle sgommate.
Come detto mi piace pensare che ci sia una parte di pubblico che ripete a pappagallo quello che sente dire da Tarantino o dai personaggi dei suoi film e un’altra parte di pubblico che invece, ha abbastanza curiosità e passione per andarseli a cercare davvero questi film, la seconda categoria di pubblico sono le Bariste e i Baristi, il 2024 non poteva scorrere via senza questo compleanno quindi ora sì, caro anno del drago puoi andare, in sessanta secondi.
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