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Run (2020): non puoi scappare dalla mamma (purtroppo!)

Dopo tante stagioni di American Horror Story, penso che il talento di Sarah Paulson non sia più in discussione, anche se a furia di interpretare costantemente personaggi insopportabili, devo dire che si sta un po’ svalutando. Ad esempio la sua versione dell’infermiera Ratched nella serie tv omonima è stata una delle serie che ho trovato più inutili e fastidiose degli ultimi anni, ma a correre in mio soccorso ci pensa questo film.

Aneesh Chaganty, già regista di “Searching” (2018), scrive e dirige un thriller riuscito, una storia semplice su un archetipo narrativo Horror molto spaventoso: la madre apprensiva… Brrr!

Dopo un parto difficile, Diane (Sarah Paulson) è diventata una madre dedita ad accudire la figlia Chloe (Kiera Allen), una adolescente che oltre alla disabilità combatte ogni giorno con problemi cardiaci, l’asma e chi più ne ha, più ne metta. La giovane guerriera sta per spiccare il volo lasciando il nido, a pochi giorni dalla sua partenza per il college, il rapporto madre e figlia che prima era già piuttosto morboso, va sotto bevendo dall’idrante.

«Sei sicura di aver mangiato abbastanza?», «Ma, ho dei problemi ben più gravi al momento»

Partiamo da un punto molto importante, “Run” forse verrà ricordato come uno dei primi film che ha tentato di abbattere le barriere (architettoniche e dei pregiudizi), si perché Kiera Allen vive su una sedia a rotelle dal 2014 e qui ha la possibilità di interpretare un personaggio con lo stesso tipo di handicap. Badate bene, non sono uno di quei fanatici della rete, che hanno accusato Ruby Rose (bisessuale dichiarata) di non essere, testuali parole “Abbastanza Gay” per interpretare un personaggio come “Batwoman” nell’omonima serie televisiva (storia vera, grottesca ma vera). Sono piuttosto della scuola di Laurence Olivier, un attore dovrebbe recitare, non mi aspetto quindi che Anthony Hopkins abbia praticato il cannibalismo, per allinearsi al suo personaggio più famoso, però trovo bello che il cinema offra spazio e visibilità a personaggi con un handicap fisico, specialmente quando sono riusciti, ed interpretati alla perfezione da una come Kiera Allen, che è bravissima non perché dal 2014 vive combattendo ogni giorno (anche se per quello merita grande stima), ma soprattutto perché buca lo schermo e la macchina da presa sembra farle il filo, quindi brava!

L’idea dal mio punto di vista sarebbe avere più personaggi come Walter White Junior, un personaggio interpretato da un attore (il bravissimo RJ Mitte) affetto da una paralisi cerebrale, ma non completamente caratterizzato dal suo handicap, forse un giorno ci arriveremo, sarà una strada lunga e in salita contro i pregiudizi, e spero che film come “Run”, siano almeno un colpo sparato nella direzione giusta, anche perché prima di tutto questo, è anche un thriller capace di incollarvi allo schermo.

Basta un poco di zucchero e la pillola va gi… No vero? Ok la smetto.

La madre apprensiva è una figura da incubo, Sarah Paulson qui riesce ad essere molto più una riuscita infermiera Ratched, che nell’omonima serie televisiva. Gli occhi sgranati, la lacrima facile, la sua Diane è un personaggio pronto a tutto, ha sofferto per mettere al mondo una figlia che è diventata tutto il suo mondo e pur di non ritrovarsi con la “sindrome del nido vuoto”, si aggrapperà alla sua bambina con le unghie e con i denti, anzi a dirla tutta Sarah Paulson qui è talmente azzeccata, da fare un giro completo andando a giocarsela in piena zona Annie Wilkes, il risultato finale non è altrettanto clamoroso, ma resta comunque una solida prova.

Sarah Paulson, ormai campionessa mondiale di personaggi sgradevoli.

“Run” è un film che fa il suo dovere, i momenti di tensione non mancano, perché molto ruota intorno ad una misteriosa pillola grigio/verde, non è un nuovo tentativo di alleanza di governo per uno strambo Paese a forma di scarpa eh? Almeno, credo. Le dinamiche tra madre (ossessiva) e figlia vanno a braccetto con quelle medico/paziente, i 90 minuti (durata perfetta!) di “Run” vi lasceranno incollati allo schermo dalla tensione a fare il tifo per Chloe, che prima dovrà indagare in segreto sul misterioso medicinale e subito dopo, dovrà fare i conti con un colpo di scena che non vi rivelerò nemmeno sotto tortura, ma che renderà onore all’etichetta di “thriller” del film, vedere per credere.

Certo, probabilmente alcuni passaggi di trama sono un po’ forzati, però nell’insieme devo dire che mi sono goduto questa corsa (ah-ah), perché quello che colpisce di più di “Run” è il suo essere di fatto un grosso metaforone sulla separazione dei figli dai genitori, che però Aneesh Chaganty grazie ad una solidissima regia, a colpi di scena azzeccati e a due attrici perfette per i rispettivi ruoli, ha saputo trasformare in un film dove la suspence è davvero efficace, uno di quelli dove si urla contro lo schermo facendo il tifo per la protagonista e per di più, nemmeno una di quelle trama dal finale caramelloso (questo posso rivelarvelo tranquillamente senza timore di rovinare la visione a nessuno), perché l’educazione e la formazione che ricevi dai genitori è quella che può darti gli strumenti per barcamenarti in questo gran casino chiamato vita, oppure fotterti per sempre, per questo la famiglia è il (non) luogo dove è ambientato tanto cinema horror occidentale ma non solo.

«Tranquilla, la mamma sarà sempre qui con te», «É proprio questo che mi preoccupa»

Insomma, se vi piacciono i thriller belli tesi, e magari come me avevate bisogno di fare pace con le ultime prove piagnucolose di Sarah Paulson (e la sua inguardabile infermiera Ratched), sapete quale titolo cercare. Ah! Ultima prima di andare, faccio come il tenente Colombo oggi, evitate il trailer come la peste, se non volete rovinarvi tutto il film, per fortuna ho smesso di guardarli da anni, ma nel caso preferisco informarvi.

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