Che strano oggetto questo adattamento del romanzo di Stephen King del 1975, che strano destino il suo, un eterno ritrovarsi in forse, un po’ come se fosse lui stesso un vampiro in attesa di farsi aprire qualche finestra.
Annunciato nel 2019, all’apice della furia post IT – Capitolo Due, con l’eco delle bestemmie degli spettatori ancora nell’aria, il film venne affidato al produttore che cento ne annuncia e novantacinque ne dirige, James Wan, che ha scelto di affidarlo d’ufficio al suo pretoriano, Gary Dauberman, sceneggiatore che ha rimasticato i due film su Pennywise dopo il cambio volante del regista, che ha diretto il terzo capitolo di Annabelle (sempre del 2019) e che ha messo le mani sui copioni di metà dei film prodotti da Pupazzo UAN, i vari “The Nun” e compagnia spaventante.
Girato nel 2021 con la solita mitologica lunghezza di tre ore, perché ormai fa figo spacciare la copia lavoro per il primo montaggio, in modo da acchiappare facili click in rete, Dauberman è tornato sul set nel 2022 per girare altro materiale e poi farsi fregare lo spazio buono (e il potenziale pubblico) per uscire nell’aprile 2023 da Evil Dead Rise.
Ma la domanda alla fine è automatica: se era così buono questo nuovo adattamento, perché attendere tanto? King e l’Horror in generale vendono da soli e considerando la scelta di farlo uscire su HBO Max il 3 ottobre di quest’anno, viene da pensare che poi, anche James Wan lo sapesse di non avere chissà che bomba per le mani, lui che in sala fa uscire di tutto, anche co-producendo l’Horror sulla piscina assassina.
Sono convinto che “Le notti di Salem” sia ancora uno dei romanzi più squisitamente spaventosi mai scritti da King, tra porte socchiuse e grosse scatole da lasciare nei seminterrati che si traducono in scena di altissima tensione per i “Fedeli lettori”, anche se parliamo di un libro basato sulla vita segreta degli abitanti di Jerusalem Lot, azione? Poca, ma resta una storia molto amata presso il pubblico, tanto che il film per la tv diretto da Tobe Hooper nel 1979, raccoglie ancora attestati di stima che vanno ben oltre il suo essere invecchiato palesemente non benissimo, anzi sono convinto che la storia di casa Marsten e vampiri che in essa si trovano, sia ben più amata per la versione di Hooper che per il romanzo di King, in ogni caso è un bel cortocircuito.
Altre versioni della storia non sono mancate, ma sfido chiunque a ricordarle perché di memorabile avevano solo il cast, proprio per questo, parliamo del cast della nuova versione che vede Lewis Pullman (figlio di Bill) nei panni dello scrittore Ben Mears che torna a Jerusalem Lot e qui oltre alla bella Susan (Makenzie Leigh) trova i suoi nuovi compari selezionati per includere, ecco perché la dottoressa Cody e Danny sono impersonati da Alfre Woodard e Nicholas Crovetti. Insomma, fino qui tutto bene, il cast funziona e l’idea di mantenere l’ambientazione anni ’70 senza aggiornarla, rende il lavoro di Gary Dauberman più facile e il film finito, più… Si può dire fotocopioso? Rende l’idea?
Se non altro pronti via, senza colpo ferire, si parte subito con la scena della cassa da consegnare, che per lo meno mi ha fatto cambiare posizione della seduta perché ehi! Se parti con la scena che ho amato di più (o almeno, una delle) del libro, vuol dire che hai capito almeno i punti di forza della storia, quindi la domanda è: perché cambiare il finale? Facile, per dare un’idea di movimento ad una trama che di base è quasi intimista, roba che King sa rendere benissimo su carta, ma che manda KO la capacità di attenzione del pubblico del 2024, quindi sotto con la caciara!
Anche perché, parliamoci chiaramente, nel gran casino (pre)produttivo di questo film, ormai qualcosa per farne parlare lo devi tirare fuori no? Quindi l’unica differenza, te la giochi così, buttandola in rete stile notizia trapelata, in realtà pilotata alla moda dell’MCU. Il che fa venire il nervoso per più di una ragione, per due atti questo “Salem’s Lot” è un diligente adattamento che ricorda tanto, molto, forse anche troppo il lavoro di Tobe Hooper e proprio per questo si procede a colpi di déjà vu perché sì, le croci (anche improvvisate) che si illuminano in prossimità dei vampiri le aveva descritte King e non possono mancare, l’unica vera (non) sorpresa è l’aspetto del vampiro capo ma soltanto perché ancora non è stato anticipato in rete. Ma dategli tempo.
Di suo “Salem’s Lot” è un decente adattamento, che però non mi ha sorpreso per nulla, perché quante volte vuoi assistere alla crisi di fede di padre Callahan (John Benjamin Hickey) per altro senza chiederti che sarebbe ora che qualcuno ci mostrasse il resto della storia del personaggio (… Mike Flanagan? La palla è nel tuo campo. Dita incrociate), cioè bello l’attacco vampiro nell’obitorio, però dopo aver letto il libro più volte e visto la versione di Hooper ancora di più, questo “Salem’s Lot” a chi potrebbe piacere?
Molto probabilmente a quella porzione di spettatori che non conosce per nulla la storia, è rimasto ancora pubblico così? Considerando che ormai possiamo quasi iniziare a contare le storie di King che non sono già al secondo giro di adattamento fuori dalla carta stampata, non so quanto pubblico sia rimasto. Anche se una cosa ci tengo a dirla, ogni adattamento Kinghiano per me dovrebbe SEMPRE avere un ruolo per William Sadler, qui lo troviamo nei panni dello sceriffo, quindi per quanto mi riguarda è canonico con il (non) genere dei King-Movies.
Va detto che per essere un film da piattaforma streaming, ha una qualità generale sopra la media (anche se la nebbia che avvolge il vampirello alla finestra, bah!), ma solo perché il suo destino lo ha voluto relegato al piccolo schermo, dove sono sicuro verrà visto parecchio, se mai si decideranno a distribuirlo anche da noi in uno strambo Paese a forma di crocefisso. Scarpa! Volevo dire scarpa!
Nell’ultimo atto “Salem’s lot” versione 2024 svolta e decide di attraversare una strada sua, anche apprezzabile, perché il già strombazzato cambio di finale (che poi più che altro è un cambio di ubicazione, in un horror che inizia con un trasloco, ha un suo perverso senso) è davvero l’unica peculiarità di questo adattamento. Nel dubbio scrivo SPOILER per avvisarvi, quindi occhio al prossimo paragrafo.
Anche se ormai di questo film sappiamo già tutto, lo scontro finale con il capo vampiro e i suoi proseliti con i canini a punta avviene in un drive-in al tramonto, trovata che risulta piuttosto gustosa, perché per lo meno Gary Dauberman si impegna ad usarla a modino. L’enorme schermo diventa l’unica fonte di protezione e allo stesso tempo di minaccia dalle creature della notte, l’ombra proiettata li protegge dal sole che però sta tramontando, il finale è in linea con i racconti di King, che spesso si concludono con corse contro il tempo.
Al punto di vista cinematografico poi, l’effetto finale funziona e ha anche una certa coerenza, creature immaginarie rese celebri (anche) dal cinema, lo schermo di un drive-in, c’è una sua logica, peccato che lo scarto sia piuttosto palese. Nulla contro il cambio di passo, ma i primi due atti di “Salem’s lot” ricalcano il ritmo del romanzo e del film per la tv di Hooper, insomma calma calma, ritmo lento, l’ultimo atto invece sembra arrivare da un altro film di vampiri, tutto sommato non altera la traiettoria dei personaggi, è davvero solo un cambio di ambientazione per lo scontro finale, però l’effetto è straniante. Fine della porzione con moderati SPOILER già abbondantemente trapelati.
Ora non ci sono informazioni in merito, anche perché le scene aggiuntive girate nel 2022 sembra che fossero tutte dedicate al prologo, ma è abbastanza chiaro che quella sorta di anti-virus e il finale, siano elementi inseriti per avvicinarsi al gusto del pubblico del 2024, ma non fanno altro che rendere “Salem’s lot” un oggettino ancora più bizzarro, forse al cinema avrebbe funzionato anche con il suo ultimo atto più movimentato che sembra precipitato da un altro film, ma non lo sapremo mai perché alla fine, tra rimandi e rimaneggiamenti è diventato un film da streaming, troppo grosso per il piccolo schermo troppo sfigato per il grande.
Non aiuta nemmeno il fatto che abbia una delle locandine più involontariamente comiche dell’anno, sembra quella di una parodia horror, nulla mi toglie dalla testa che quel braccio vampiro con manica bordeaux sia quello del conte nella versione di Nick Cage. Lo so, la mia mente funziona per strambe associazioni di idee, ma anche la distribuzione cinematografica.
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