Home » Recensioni » Saỷara (2024): la giustiziera della notte dalla Turchia

Saỷara (2024): la giustiziera della notte dalla Turchia

Dico sempre che purtroppo, considerando i brutti tempo in cui viviamo e la rabbia nell’aria, che molte persone non fanno nemmeno il gesto di nascondere, prima o poi i film sul filone de Il giustiziere della notte torneranno di prepotenza, o per lo meno, se dovessi indicare una tipologia di film che mi sembra destinata a farlo, io mettere il mio ipotetico Euro su questo filone, ma forse è perché passo troppo tempo a leggere commenti su “Infernet”.

Non avevo pensato al fatto che la moneta su cui puntare doveva essere la Lira Turca, perché proprio da lì arriva “Saỷara”, ultima fatica di Can Evrenol il regista che si è messo sulla mappa geografica grazie a Baskin e al decisamente meno riuscito “Housewife” (2017), quando ho letto il suo nome sul programma dell’ultimo ToHorror ho avuto pochissimi dubbi, nella speranza che fosse uno di quei registi da “film dispari”, ma dopo aver visto ”Saỷara” devo dire che non è il caso di Evrenol.

Evrenol se ne frega di tutto, anche dell’utilizzo regolamentare del ciak.

Va detto che ero pronto al peggio, perché giustamente i ragazzi del ToHorror hanno messo le mani avanti parlando di un film all’limite del “Rape & Revenge”, il filone che come sapete io amo moltissimo (see proprio!) visto che ogni volta mi ritrovo a friggere sulla poltrona. Va detto che il sangue e i morti ammazzati in “Saỷara” non mancano, dal punto di vista visivo Evrenol sa il fatto suo, e se pur non mancando la parte “Revenge”, quella “Rape” per fortuna dei miei torciamenti di pancia è meno netta, più sfumata, perché proprio le varie sfumature di bastardaggine sono una questione che il film a suo modo affronta.

La storia è ambientata ad Istanbul, città divisa tra tradizione e modernità, tra i dettami della religione e un occhio rivolto ad occidente, insomma contradizioni che convivono anche nella trama, che come potete facilmente intuire ruota attorno a Saỷara (l’intensa Duygu Kocabiyik), velo in testa fa le pulizie nella palestra di Baris (Emre Kizilirmak) per cui ha più che una cotta, mettiamola così.

Fa le pulizie, come Léon.

Peccato che Baris sia interessato un po’ a tutte ma non tanto a Saỷara, forse anche perché le preferisce la sorella della ragazza, la ben più, mi sento più a mio agio a definirla occidentale Yonca (Özgül Kosar), che ha le chiavi della palestra perché è una delle tante amanti di Baris, quando però lo becca con un’altra ragazza, i due scazzano e quel figlio di papà di Baris pensa bene di sistemare la faccenda con l’aiuto dei suoi amici, per evitare che l’amante finisca per parlare con sua moglie e rovinargli tutti i suoi intrallazzi e tutte quelle rob che fanno rima con intrallazzi.

Se non vi sembra già abbastanza torbido, mettiamo nel mucchio il fatto che Yonca sia turkmena come la sorella, ma veste all’occidentale (con un senso di colpa micidiale cit.) e si comporta allo stesso modo, quindi mettiamola così, pur sapendo di stare andando incontro ad una di quelle situazioni che i nostri amici yankee chiamerebbero da “Red flag” doppia, tripla e quadrupla, lei ci va lo stesso e questa è la parte piuttosto “Rape” del film, non addolcita da nulla, se non dal fatto che il peggio Can Evrenol lo tiene fuori scena, anche se come potete immaginare Yonca non fa una bella fine e Baris, che di pacifico ha solo il significato in turco del suo nome, si affida ancora una volta a papino per coprire le sue porcate, essere figlio di puttEna direbbero non proprio a Istanbul, ma anche di un mammasantissima che fa il bello e il cattivo tempo in città, lo rende un privilegiato o comunque, un bastardo con la schiena protetta. Il resto del film potete facilmente intuirlo.

Bagni di sangue? Perché non docce di sangue?

Saỷara è la rabbia di chi subisce da tutta la vita, il fuoco che ci si sente nella pancia davanti ad una palese ingiustizia, il fatto che meta del gruppo di amichetti di Baris si giustifichi dicendo che comunque, Yonca un po’ se l’è cercata o che cerchino di ribadire di non averla nemmeno toccata, non cambia nulla, perché questo gruppetto rappresenta tutte le sfumature dell’esempio negativo di maschietto, abbiamo il mandante, gli esecutori, l’esecutore che si auto assolve scaricando la colpa sulla vittima e quello che non ha fatto niente, nemmeno provare ad impedirlo, insomma la vendetta di Saỷara se la meritano tutti, su questo non si discute, quindi discutiamo di come Can Evrenol la porta in scena.

Nei flashback con il papà della protagonista, il regista turco opta per il filtro quasi seppiato che basta guardarlo per pensare al capitolo di Kill Bill intitolato “I crudeli insegnamenti di Pai Mei”. Quello che papà ha insegnato alla figlia è una generica lezione sul trasformarsi in oscurità (metaforica, non fisica) nel caso qualcuno della famiglia avesse subito un torto, insomma la patente e l’autorizzazione per diventare la versione turca di Michael Myers e Saỷara prende sul serio la sua missione.

«Adesso ho capito perché il tuo film era in programma al ToHorror!»

Va bene fare fuori una banda di bastardi, ma l’autista? I due guardiani di notte all’ingresso della villa? Sono come i soldati Imperiali sulla Morte Nera del monologo di Clerks? Oppure visto che Saỷara li uccide vicino ad un gabbiotto identico alla scena dell’Halloween con LL Cool J, forse era una citazione che non ho colto, non so cosa pensare, Saỷara a suo modo fa del bene alla Turchia, uccide bastardi e crea posti di lavoro, domani sul Linkedin Turco nuove candidature come autisti e guardiani notturni.

La differenza sostanziale con qualunque film della stessa tipologia, sfruttando le comode (a livello di sceneggiatura) fascette da elettricista trovate sul posto, Saỷara affronta la banda uno alla volta, ed è qui che emergono un paio di difetti grossi: il ritmo che traballa e una certa propensione all’essere didascalici. Cercherò di dire tutto senza dire nulla, classica frase che capirete solo se avete già visto il film o quando lo avrete fatto, a me sta bene il METAFORONE del bruciare nel fuoco della vendetta, ma così mi sembra un po’ troppo.

Il taglio di capelli per una donna è una cosa seria, specialmente quanto se li taglia per venire ad ammazzarti.

La scena dei capelli tagliati che mi ha fatto pensare: «Ma Abel Ferrare non l’aveva già fatto?» fa di “Saỷara” un film che ha il pregio di non etichettare i personaggi tra “buoni” o “cattivi” e si ricorda delle sfumature di grigio nel mezzo, prova ad essere al passo con il 2024 parlando con la vendetta di un personaggio femminile, ma di farlo con più temi torbidi, più toni di grigio, non dico proprio come se fossimo ancora negli anni ’70 ma quasi, insomma da un certo punto di vista apprezzabile, anche nel fegato di riportare sotto i riflettori i film tipo “Il giustiziere della notte”, purtroppo il risultato sembra un po’ il solito film d’azione con protagonista donna che trovi in streaming su Prime Video, con più violenza e purtroppo anche più didascalico, succede se la prima inquadratura, quella iniziale si gioca subito una bimba che brucia i suoi peluche, la fine dell’infanzia spiattellata con un metaforone grosso, anche troppo.

Insomma, “Saỷara” è come la città di Istanbul, incastrata tra oriente e occidente, tra tradizione e la volontà di essere al passo con i tempi, sono contento che il ToHorror ci abbia dato la possibilità di vederlo sul grande schermo, ma Can Evrenol non è uno da film dispari, questo lo abbiamo capito.

0 0 voti
Voto Articolo
Iscriviti
Notificami
guest
2 Commenti
Più votati
Recenti Più Vecchi
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti
Film del Giorno

Small Soldiers (1998): sarà battaglia senza pietà (war, what is it good for?)

Da qualche tempo ho rimesso mano alla vecchia collezione di giocattoli, che per me principalmente vuol dire mostriciattoli di vario tipo e un fottio di G.I.Joe, se poi ci aggiungiamo [...]
Vai al Migliore del Giorno
Categorie
Recensioni Film Horror I Classidy Monografie Recensioni di Serie Recensioni di Fumetti Recensioni di Libri
Chi Scrive sulla Bara?
@2025 La Bara Volante

Creato con orrore 💀 da contentI Marketing