Dio del blog, grazie per questa occasione per spaccare, siamo i tuoi umili servitori, le nostre tastiere mordono e anche oggi lo faranno e a tutti quelli che Rockeggiano, noi rendiamo omaggio! Nello specifico oggi, si rende omaggio ai primi vent’anni di “School of Rock”!
Passano gli anni, ma nessuno scalza dal podio dei miei film preferiti di Richard Linklater questo gioiellino, a tutti gli effetti un lavoro su commissione che per un breve periodo, ci ha fatto credere di aver trovato l’erede diretto di John Belushi.
Dopo una lunghissima gavetta, per altro come presenza semi fissa nei film di Tony, lo Scott giusto, Jack Black si è preso il palcoscenico grazie ad una parte in “Alta fedeltà” (2000), da allora il suo mito è cresciuto, diventando il prediletto di tutti, quello che è ancora oggi, anche se ormai sembra essersi dedicato a tempo pieno alla droga ai video su Instagram dove fa il matto, ma nel 2003 sembrava fatta: un corpo rotondo sfoggiato con orgoglio, l’energia del Meat Loaf ai tempi d’oro e anche lo stesso giro vita («Io adoro mangiare è un reato grave?») e dove Belushi era mosso da un’anima galvanizzata dalla musica Blues, il nostro Giacomo Nero era una dinamo alimentata con la diretta discendente, la musica Rock, e con tutto il rispetto per film volutamente caciaroni come “Tenacious D e il destino del rock”(2006), qui sembrava aver trovato la sua dimensione, una commedia perfetta per chi ama il Rock ‘n’ Roll, per chi non lo ha mai calcolato, per i grandi, i piccini e per chi vuole anche solo una commedia che faccia ridere sul serio.
La trama ha un’origine chiara, la sceneggiatura scritta da Mike White (che nel film interpreta Ned Schneebly, quello vero intendo!) è il riassunto della sua convivenza con Jack Black, coinquilino rumoroso esattamente come il Dewey Finn che Jack Black interpreta qui. Uno sfigato con il sogno di diventare un Dio del Rock che senza un soldo per pagare l’affitto, si spaccia per il vero Ned Schneebly, trasformandosi da aspirante “Frontman” cacciato dal suo gruppo a professore supplente nella più costosa ed elitaria scuola privata del circondario. Soldi facili? Si, finché la truffa regge o finché Dewey non scopre che i suoi studenti sono dei prodigi musicali, quindi perché non fondare un gruppo tutto nuovo con cui vincere la battaglia delle band scolastica?
La prima delle tante menzioni d’onore di questo film va ai ragazzini protagonisti, tutto quello che gli sentiamo suonare nel film, lo hanno fatto per davvero, roba da far impallidire ogni aspirante musicista maggiore di dodici anni, il tutto con la consulenza di Sammy James Jr. della band The Mooney Suzuki, responsabile (insieme a Mike White, l’antitesi in tutto e per tutto di Jack Black) del pezzo che da il titolo al film. Al resto invece ci ha pensato una colonna sonora che riassume tutto il meglio del meglio del Re di tutti i generi, e se “Small Soldiers” è stato il titolo che ha saputo accaparrarsi il primato di poter utilizzare Communication Breakdown, per “School of Rock” si è andati direttamente alla fonte: sul set del film il regista ha diretto un videomessaggio dello stesso Black, posseduto dalle divinità del Rock, pensato per convincere loro, gli Dèi in persona, i Led Zeppelin, da sempre molto parchi del concedere l’utilizzo dei loro pezzi, se non lo avete visto è la ciliegina sulla torta di questa mitica commedia, lo trovate qui sotto o cliccando QUI.
Quindi se altri film hanno potuto utilizzare Immigrant Song nella colonna sonora, è Jack Black che devono ringraziare!
Che faccio ve lo recito tutto? Potrei perché finisco per rivedermelo una volta l’anno o giù di lì, va detto anche a distanza di anni e innumerevoli visioni, resta un film che continua a mettermi di buon umore, lo trovo puro nella sua passione e ci sono un paio di modi di dire usciti dai dialoghi di “School of Rock” entrati a far parte della mia parlata quotidiana, come Dewey che con il gesto della mano dice «Mostrami il tuo Rock!» oppure «Hai un che, mai capito cosa voglia dire ma hai un che», insomma potrei andare avanti tutto il giorno, ma la sezione commenti diventerà un incendio di citazioni pescate da questo film.
Di “School of Rock” prima di tutto mi piace, tutto (quasi-cit.), trovo riuscitissimo il modo in cui uno dei Paesi più ignoranti del pianeta, quello che guarda caso guida tutto il mondo occidentale, ovvero gli Stati Uniti, sia anche quello dove nelle scuole dell’obbligo si studia una manciata di eventi storici, e anche se non era l’intento primario del film quello di fare satira, diventa quasi automatico che Dewey Finn, un totale inetto, si riveli il miglior insegnante del mondo quando l’argomento diventa la Storia della musica Rock, considerando che oltre la Democrazia (ah-ah), la massima esportazione degli Stati Uniti è l’industria dell’intrattenimento, mi sembra quasi una logica prosecuzione.
Il bello di “School of Rock” non consiste nel suo messaggio più facilone, quello di posa, il Rock come ribellione all’istituzione, al “Potente” come viene chiamato nel doppiaggio italiano (ma ogni tanto guardatevelo anche in inglese, certe trovate come il sostituto Dewey che arriva a scuola ascoltando Substitute degli Who funzionano meglio in originale), in questo film il Rock è il caldo abbraccio che accoglie tutti, anche in un’epoca in cui si poteva raccontare senza offendere nessuno di persone sovrappeso o di un ragazzino che sogna di fare lo stilista, tutti, e dico proprio tutti, dai secchioni ai clavicembalisti possono trovato un posto nella grande famiglia del Rock.
Il Rock ‘n’ Roll qui non è un moto di distruzione ma è l’inno della resistenza, un film che punta al cuore perché ci ricorda che non importa il tuo genere, la quantità di capelli sulla tua testa o la circonferenza del tuo giro vita, il Rock è per tutti, anche per Joan Cusack, un’attrice dai tempi comici sottovalutati che qui interpreta una pressatissima preside, incarnazione del “Potente” fuori, Stevie Nicks dentro.
“School of Rock” è un lungo film sportivo di base, con tanto di training montage, sempre ottimo per coinvolgere il pubblico, se poi avviene sulle note di Bonzo goes to Bitburg dei Ramones (una canzone contro il “Potente” Ronald Reagan) tanto meglio, perché come mettono in chiaro le lezioni del professore Dewey e l’esito della battaglia delle Band, il Rock non è moda, almeno, non lo è più da quanto è stato fregato da EMME Tivì, non è più il genere che vende di più ma è quello con proseliti che quando entrano in quel caldo abbraccio, non lo mollano più, ed è inevitabile che sulla lunga distanza il Rock non sia più merce ma arte, non sia più moda ma colonna sonora di molte vite. “School of Rock” rende omaggio all’anima più pura del genere con una commedia che ha il ritmo di tutti i grandi gruppi con un “Frontman” che a ben guardare, è il vero ragazzino protagonista di questo romanzo di formazione.
Gli studenti della “Scuola del Rock” hanno vero talento, hanno solo bisogno di fare un passetto nella direzione giusta per farsi ascoltare da genitori sordi, insomma hanno bisogno di qualcuno pronto ad alzare il volume della radio, quel qualcuno è Dewey che ha così tanto in comune con il prof. John Keating di “L’attimo fuggente” (1989) da sembrarne una parodia, di sicuro lo diventa in una delle gag più riuscite, quella: «Ho toccato i vostri bambini e loro hanno toccato me», perfetto sfottò alle signore Lovejoy del mondo.
Ovviamente staremmo qui a parlare di una band d’apertura se non fosse per Giacomo Nero, posseduto dal Demone del Rock ‘n’ Roll recita come un uomo in missione, ci ha provato in carriera a cercare altri ruoli del genere, ma ispirato così, non lo è stato mai più. Sembra davvero qualcuno che “Ha visto la luce” (cit.) ed anche se questo film ha generato una serie tv e un musical replicato in tutto il mondo, l’unico rimpianto è non aver più visto Jack Black così ispirato, ma forse il suo compito l’aveva già fatto, il Verbo del Rock era stata diffuso alle nuove generazioni e a chi era disposto ad ascoltare, ovviamente ad alto volume.
Sepolto in precedenza mercoledì 20 dicembre 2023
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