Non so voi, ma da un po’ ho un’improvvisa voglia di Cornetto, anzi di Trilogia del Cornetto, quindi facciamo spazio alla rubrica a tre gusti intitolata… Edgar was always (W)right!
Cosa si può dire ancora di “Shaun of the Dead” nel 2019 che non sia già stato detto? Togliamoci subito il dubbio, sicuramente va detto qualcosa sul suo osceno titolo italiano, ancora peggiore del trattamento riservato a questo film, in uno strambo Paese a forma di scarpa. Uscito dritto in DVD e con un titolo che non mi va nemmeno di ripetere, è stato per me uno di quegli acquisti che si ripagano da soli, dire che ho consumato la mia copia sarebbe riduttivo, perché fino al 2007 – anno di uscita del secondo capitolo della Trilogia del Cornetto, a breve su queste Bare – ho letteralmente consigliato a TUTTI quelli che conoscevo di vedere questo film e, considerando la sua popolarità, non credo di essere stato l’unico a farlo.
La reazione di quelli che si trovano a guardare il TG insieme a me. |
Ai tempi facevo lezione con questa insegnante inglese che mi correggeva facendomi parlare nella lingua di Albione del più e del meno, un ottimo modo era appunto chiedermi cos’avevo visto di recente. Poveretta lei, per un anno si è beccata i “riassunti” dei film visti tra i quali, ovviamente, “Shaun of the Dead” che resta un film così divertente, che solo a raccontarlo si scatenano le risate. La mia insegnante era particolarmente divertita dall’idea (molto britannica, ammettiamolo) di affrontare ogni crisi, anche un’invasione di morti viventi sì, ma dopo essersi fatti un tè oppure meglio, una pinta al Pub.
Birra, la soluzione britannica a tutti i problemi del mondo. |
Alla domanda se questo “Shaun of the Dead” così divertente fosse una parodia, malgrado le limitazioni del mio vocabolario inglese, ci ho tenuto a precisare che no, “Shaun of the Dead” non è una parodia, è un vero film di zombie a tutti gli effetti, al massimo sono i protagonisti e alcune situazioni al suo interno a risultare divertenti.
le lucine sono rappresentate dai momenti comici irresistibili, dai giochi di parole e dai tormentoni nati durante la visione («Cosa vuol dire esacerbare?»), ma se spogliamo il film di tutte queste cosette che lo rendono mitico anche agli occhi del pubblico non per forza appassionato di Horror, troviamo solo… beh, l’albero, la struttura di base su cui tutto viene costruito che non è altro che quella del vostro classico film di Zombie.
Ogni film migliora con una scimmia, e questo conta come SIMMIA! |
Diretto da Edgar Wright e scritto insieme a Simon Pegg, “Shaun of the Dead” è il risultato della lunga amicizia tra questo trio di amici (Pegg e Nick Frost hanno condiviso a lungo un appartamento) ed è la continuazione diretta di quanto già fatto nella mitica e mai abbastanza celebrata serie tv Spaced. Vi ricordate l’episodio intitolato “Art” (1×03) in cui il gruppo di amici, pesantemente strafatti giocando alla playstation a “Resident Evil 2” immaginavano di combattere gli zombie? Ecco, Spaced era la cronaca della loro bizzarra amicizia portata sul piccolo schermo, “Shaun of the Dead”, invece, è quando quegli stessi fumatissimi amici, dotati di talento ed enorme passione per il cinema horror, sbarcano al cinema con la precisa intenzione di rendere omaggio a quello che amano, ma soprattutto a George A. Romero.
In posa e tutti a modino sul lavoro… |
Edgar Wright, Simon Pegg e Nick Frost, hanno questa incredibile capacità di azzerare le distanze con il pubblico, per chiunque sia cresciuto con la mania per il cinema, diventa automatico riconoscersi in questi tre amici che sono come noi, solo con molto più talento e con la possibilità di farlo per davvero il cinema, vi ho già raccontato del primo incontra tra Wright, Pegg e George “Ammmore” Romero è uno dei miei aneddoti cinematografici preferiti di sempre ed io ci credo che davanti alla Leggenda i due Inglesi siano rimasti senza parole, avevano già dichiarato il loro amore per il cinema di zio George proprio con “Shaun of the Dead”.
…impacciati ed emozionati con la Leggenda (Edgar e Simon, due di noi!) |
Abbiamo anche parlato di quanti “…of the Dead” esistano nati sulla scia dei film di zio George, ma “Shaun of the Dead” ha fatto, comunque, il vuoto, non solo perché il titolo è un geniale gioco di parole, ma perché è una pellicola che funziona alla perfezione su tre livelli: è un competente film di zombie, una commedia che fa ridere, beh… Da morire. E soprattutto è una storia di crescita, di amicizia maschile e sull’eterno scontro tra l’adolescenza e arrivo della maturità che poi è il filo rosso che lega i tre capitoli della Trilogia del Cornetto, sviscerato utilizzando tre generi cinematografici diversi.
I riferimenti al genere Horror in questo film abbondano (tipo il ristorante italiano Fulci), ma “Shaun of the Dead” porta avanti la lezione romeriana alla grande, omaggiando la leggenda per tutti i 99 minuti di durata della pellicola, con un livello di dettaglio quasi ossessivo che fa di questo film una gioia per i maniaci della citazioni da scovare come il sottoscritto, ma anche un capolavoro post modernista. Volete sapere a che livello di dettaglio arriva il bruciante amore del trio di amici per Romero? A cinque secondi dall’inizio del film, ancora sui titoli di testa, si sente un rimando sonoro al tema principale di Dawn of the dead, ma per tutti i dettagli, se avete dieci minuti liberi gustatevi questo video.
Due cuori di panna. |
Edgar Wright qui dirige con precisione millimetrica, come se fosse un ossessivo-compulsivo la cui unica missione nella vita sia rendere omaggio a George A. Romero, lancia letteralmente il cuore oltre l’ostacolo e fa sfoggio di talento, applicando alla società contemporanea inglese, il trattamento che zio George aveva riservato alla sua Pittsburgh nel 1968, ma con una chiave tutta sua e personale.
Eroe non è la parola giusta, ma è la prima che mi viene in mente (Cit.) |
Il difetto di “Shaun of the Dead”, o meglio i difetti sono due essenzialmente: il primo sono alcuni buchi nella sceneggiatura che non è una roba che va di moda dire al cinefilo moderno (quello dell’era di Internet), ma sono stati candidamente ammessi da Wright e soci, infatti nei contenuti speciali del DVD trovate proprio gli storyboard con le parti mancanti che servono a colmare le lacune, ad esempio su come faccia Dianne (Lucy Davis) a ritornare sana a salva al Pub. Ma sto proprio cercando il pelo nell’uovo, perché i 99 minuti di “Shaun of the Dead” filano via così bene, tra dialoghi ottimi e spassosi e così tanti momenti mitici, che anche qualche piccolo svarione è concesso.
Il cammino dell’eroe non accetta scorciatoie (magari nel prossimo capitolo andrà meglio) |
Quando deve scegliere tra la commedia e la tragedia (zombi) Edgar Wright con il cuore gonfio d’amore è inflessibile, il protagonista si ritroverà a perdere una persona cara in un momento drammatico (seguito da uno “Stallo alla Messicana”, sempre la narrazione attraverso l’azione) ed è solo la recitazione impeccabile di Simon Pegg e Nick Frost a mantenere la quota commedia, in quello che è a tutti gli effetti il finale di un qualsiasi film di zombie. Ma secondo voi io posso davvero muovere una critica a qualcuno cresciuto nella venerazione di George “AmMmore” Romero? IO!? Dài, non scherziamo.
(la ragazza che compare svariate volte nel corso del film) con il suo gruppo di amici (fotocopie di quelli di Shaun tra cui si intravede anche Martin Freeman, faccia ricorrente per tutti e tre i capitoli della Trilogia del Cornetto) è interpretata da Jessica Stevenson, la protagonista femminile di “Spaced”. Conferma del legame del gruppo di amici, con la serie tv che li ha lanciati.
Ooh, you make me live (Oh, you’re the best friend that I ever had) |
Perché alla fine “Shaun of the Dead” di questo parla, di amicizia (con tanto di ironica “You’re my best friend” dei Queen sui titoli di coda), amicizia maschile per la precisione e come tutte le amicizie maschili nei film, spesso soggetta al famigerato “Bromance” qui declinato anche in maniera molto comica – Shaun che risponde al suo “fidanzato” Ed «Thanks, Babe» era un classico anche in Spaced – perché parliamoci chiaro: noi maschietti abbiamo bisogno del nostro tempo per accettare il concetto di maturità, con tutte le responsabilità che essa si porta dietro e, in fondo, siamo magneticamente attratti da tutta quella marea di adorabili cazzate che facevamo da adolescenti.
«Tu vola caracolla disinvolto» (Quasi-cit.) |
Di costante resta il fatto che io a cadenza periodica, questo film vado puntualmente a rivederlo e lo faccio sempre in lingua originale, non solo perché sono ancora in aperta polemica con il ridicolo titolo italiano, ma anche perché il film in originale ha delle sfumature che vanno perse nel doppiaggio. Ad esempio, sulla scena (geniale) dei Queen, in cui Edgar Wright fa le prove generali delle scene d’azione girate con un montaggio impeccabile in cui ormai è bravissimo. Ora, io non so voi, ma dal 2004 non sono più in grado di ascoltare “Don’t stop me now” dei Queen senza scoppiare a ridere pensando a questa scena (storia vera).
Ascoltare i Queen dopo il 2004, non è mai più stato lo stesso. |
Ecco, il «Kill the Queen» con cui Shaun ordina di spegnere il Jukeboox, è una di quelle sfumature piallate dal doppiaggio, perché chiedere di fermare i Queen, citando un pezzo di una loro canzone fa parte di quella ossessiva cura per il dettaglio che caratterizza il genio di questo film. Sapete qual è il bello? Che sono solo al primo capitolo, ho ancora due Cornetti da papparmi e non vedo l’ora di farlo. Ci rivediamo qui sopra col il prossimo gusto tra qualche giorno, non mancate!