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Shin Gojira/Godzilla Resurgence (2016): Neon Godzilla Evangelion


I Giapponesi sono un popolo a parte rispetto
al resto del mondo, fanno delle cose in un modo che nessun altro è in grado di
fare, sono dei marziani che per comodità vivono su questo pianeta, come quelle
persone che decidono di godersi gli anni della pensione in qualche località
balneare, stessa cosa.

Oltre a non fare niente come nessuno degli
altri bipedi del pianeta, sono anche orgogliosissimi dei simboli della loro
cultura e, se portiamo la questione in campo cinematografico, come dargli
torto? Ci sono icone cinematografiche grandi, alcune gigantesche e poi c’è Godzilla
che, anche solo per dimensioni, è il più grosso di tutti.
Creato nel 1954 dal grande Ishirō Honda
(inchini! Riverenze! Inchini! Riverenze!), il mostrone della Toho è stato
protagonista di 30 (31 con questo) film e di un quantitativo di comparsate che
non credo siano nemmeno calcolabili. Sarebbe bellissimo poter parlare di tutti
i film di Godzilla, se solo avessi giornate da 36 ore e un paio di vite extra a
disposizioni mi piacerebbe vedermi tutti i film mancanti, ma mi tocca
accontentarmi degli ultimi avvistamenti del mostro che, per altro, mi tornano
buoni per parlare di questo “Shin Gojira”.

Zilla impegnato a giocare con il trenino, in una foto di gioventù.

La prima volta che i Giapponesi hanno provato
a prestare “Zilla” agli Americani, non è andata benissimo, visto che è finito
nella mani di Roland Emmerich che, fresco fresco del successone di Independence Day, sbaglia tutto quello
che si può sbagliare in un film con Godzilla, tanto che la Toho come la
polizia, s’incazza e straccia il contratto con la Tristar pictures.

Fino a quando non decidono di rispondere
all’affronto, come sempre, a modo loro, ovvero facendo un grossissimo film sul
mostro, “Godzilla: Final Wars” (2004) che nasce con la pretesa di radunare TUTTI i
Godzilla comparsi nei tanti film dedicati al personaggio, compreso il figlio
(Minizilla) e la versione robotica (Robozilla) e relegando il lucertolone di
Roland Emmerich ad una parte piccolissima nel film, come a dire: “Guarda come si fa
scemo”. Nessuno porta rancore come fanno i Giapponesi.

Con tanto di momenti comici a cura di Barney il dinosauro Minizilla.

Nel 2013, esce quella bomba assoluta di
“Pacific Rim”, per altro, se mai riusciremo a vedere un seguito di quel film,
dovremmo ringraziare dite un po’ chi? I Giapponesi, sempre loro, che sono corsi
in massa a vedere il film di Guillermo Del Toro, facendo i numeri minimi per
garantire un sequel che aspetto moltissimo.

Ma la competizione vera è quella con il
Godzilla firmato da Gareth Edwards nel 2014 che prima di finire a combattere le sue guerre stellari, ha sfornato un
film con difetti grossi come Godzilla vero, ma anche molto rispettoso del
materiale originale.

“Ora la palla è laggiù nel campo dei tuoi amici Giapponesi”.

Non potendo prendere Edwards a male parole, i Giapponesi nuovamente rispondono all’offensiva cinematografica e, se avete
capito l’andazzo, a questo punto dovreste aver intuito che anche ‘sta volta,
l’hanno fatto alla loro maniera, come cantava Sinatra.

Per la regia del film viene chiamato Hideaki
Anno, cresciuto alla scuola del maestro Hayao Miyazaki, Anno è l’uomo dietro a
“Nadia – Il mistero della pietra azzurra”, se in questo momento nella vostra
testa mentre leggete, state cantando una roba tipo “della pietra
azzurraaaaaaaaaaa”, vuol dire che più o meno siamo della stessa leva. Bro-Fist!


Quello che accade in Giappone, pronunciando il nome di Hideaki Anno ad alta voce.

Ma il vero motivo per cui Hideaki Anno è
celeberrimo in Giappone (e non solo) si chiama “Evangelion”, una di quelle robe
che sono così famose, che anche se non avete letto tutti i numero del manga, o
visto tutti gli episodi dell’anime (come me per capisci) lo conoscete lo
stesso.

Il discorso sui Giapponesi attaccati ai
simboli della loro cultura, vale per Godzilla, ma anche per “Evangelion” che,
non solo ha contribuito a fare un enorme salto di qualità ai nostri classici
cartoni animati con i robottoni, ma è anche un’icona culturale che levati, ma levati
proprio in patria, malgrado il fatto che Anno, le abbia tentate tutte per
scrollarsi dalle spalle il successo della sua opera più famosa.

“Il Godzilla americano? Ridicolo, un tracagnotto alto tipo così”.

Tanto per essere sicuri di non sbagliare
nulla, il co-regista del film è Shinji Higuchi e qui scusate la mia lacuna,
non lo conosco, ma considerando che nella sua carriera può vantare gli effetti
speciali per tre film su Gamera e ha lavorato con Anno su “Evangelion”, direi
che è un affidabile uomo di fiducia.

Hideaki Anno e Shinji Higuchi, rispondono agli Americani per le rime, da quanto ho letto documentandomi, il Godzilla
di questo film con i suoi 118 metri, supera in altezza anche quello di Gareth
Edwards che deteneva il record precedente. Non credo serva scomodare Sigmund
Freud per capire che qui era una questione di puro orgoglio.



Per distruggere una città grande, ci vuole un Godzilla grande.

“Shin Gojira” che per i mercati esteri,
compreso l’Italia se mai uscirà, si chiama “Godzilla Resurgence” (e poi ditemi
che quella storia con Roland Emmerich non gli è ancora passata…), di fatto, è un
rilancio della saga iniziata nel 1954, non credo sia il primo perché negli anni
’80 mi pare l’operazione fosse già stata fatta, ma quando avrò 36 ore in un
giorno saprò dirvi di più in merito.

La trama… Vabbè, è semplicissima, come sempre
per questo tipo di film (chi pretende diversamente farebbe meglio a cercare
altrove): un mostro gigante emerge dalle acque e inizia a devastare Tokyo, evolve mutando quattro volte e, ad ogni nuova evoluzione, fa
sempre più danni… Come la moda di giocare a “Pokemon Go” in pratica.
Il governo giapponese non sa che pesci
pigliare di fronte ad una minaccia impossibile come questa, l’unica cosa da
fare e arrovellarsi il “Gulliver” e trovare un piano efficace contro il mostro,
muovendosi tra le fitte maglie della burocrazia, perché il tempo scorre e
l’esercito americano è già pronto a sganciare un’atomica sul mostro, tanto
sempre lì finiamo: il vizio di nuclearizzare il Giappone per risolvere i
problemi non lo hanno mai perso.



La costante è che comprare casa a Tokyo, resta un brutto affare.

A questo punto sarebbe una mancanza di tatto
da parte mia se dicessi che il film è una bomba? Beh, diciamo che ho la
sensibilità di Godzilla via, perché personalmente l’ho apprezzato molto, proprio per il suo essere giapponese
fino al midollo osseo.

E’ palese il tentativo di riappropriarsi dei
propri simboli, iniziando dal nome del personaggio, che gli Americani in codice
chiamano “Godzilla”, ma che i Giapponesi pronunciano “Gojira” che, poi, è il vero
nome del personaggio, quindi l’esatto opposto a quello che succede di solito,
ovvero con gli Yankee che infilano una “Z” in mezzo a “Gojira”.

“Sparate a Goj.. Sparate a Goji… Oh insomma uccidete quel coso!”.

Per il resto, anche uno come me che non ha mai
terminato di vedere gli episodi di “Neon Genesis Evangelion” non farà fatica a
riconoscere il fatto che la regia di Hideaki Anno è super riconoscibile: ci
sono dei passaggi che sembrano della auto citazioni, con il nostro Gojira
impegnato a sostituire gli Angeli che attaccavano l’umanità nell’anime
originale.



Il bello, però, è proprio il modo in cui Gojira
ci viene mostrato: all’inizio è solo un enorme mostro marino,
mutato dalle radiazione dei rifiuti tossici scaricati abusivamente in mare,
giusto per restare fedeli alle origini atomiche del mostro di Ishirō Honda.

I primi minuti del film sembrano fatti apposto
per far scatenare i fanatici di GIF comiche sui social network del mondo,
Gojira è un lucertolone con degli occhioni quasi umani che potrebbe strapparvi
una risata, almeno fino al momento in cui Anno non ci mostra la distruzione
causata dalla creatura che, al suo arrivo, devasta più automobili che John
Landis in “The Blues Brothers”!

Più guardo quegli occhietti pallati, e meno mi fanno ridere…

Se poi pensate che quegli occhioni facciano
ridere, provate ad immaginarli mentre spuntano sopra il tetto di casa vostra,
almeno io ho fatto così e ho improvvisamente smesso di sorridere. Anche perché
l’evoluzione del mostro arriva presto e mette in chiaro la natura metaforica
della creatura.

Il nostro Zilla prima sanguina dalle branchie,
poi evolvendo nella classica posa sulle zampe posteriori, con adorabili
braccine, di fatto è comunque ricoperto da “sanguigne” striature lungo tutto il
corpo, le radiazioni sono l’origine del suo potere, ma in quanto radioattivo
soffre come se al centro del torace avesse il nucleo di una centrale nucleare.


La metafora è chiara: la natura ferita che si
ribella all’uomo e, se il mostro del 1954 era figlio della paura per i
bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, questa nuova incarnazione si porta
dietro il disastro di Fukushima del 2011.



Un metaforone gigante con tanto di zampe e coda.

Esteticamente la creatura è un riuscito mix
tra tradizione dei Kaiju e modernità, quindi sta a metà tra il classico omino
dentro il tutone da mostro e la computer grafica ben fatta, bisogna, però, dire
una cosa molto importante: in realtà, nelle due ore di durata di “Shin Gojira”
il mostro ha un minutaggio sullo schermo ridotto per essere così grosso, anche
se vi assicuro ne vale davvero la pena. Senza rovinarvi la visione, il primo
attacco combinato tra elicotteri apache e carri armati è davvero realizzato alla
grande.

Pensate a lui, quando la moglie la sera gli chiede “Com’è andata al lavoro oggi?”.

A riempire la maggior parte del tempo del film
sono i dialoghi, alt alt fermi! Prima d’iniziare a sacramentare in Giapponese… Sì, lo so, in un film di mostri grossi, nessuno vuole vedere gente che parla
(chi dice il contrario mente!), però i lunghi dialoghi sono fondamentali per
questa incarnazione di ‘Zilla.

Gli Americani e noi Occidentali in generale,
dobbiamo razionalizzare per forza ogni cosa, motivo per cui, la parte più
debole del film di Edwards, erano gli inutili complottismi, e i piani (scemi)
dei marines, inseriti per quella necessità di avere per forza una suddivisione
tra buoni e cattivi.



La parte più spaventosa del disastro, quello che accade dopo.

Questo Gojira è superiore a questo tipo di
etichette: semina danni perché carri armati e palazzi sono come mosche che
sbattono contro un cavallo in corsa, semplicemente troppo piccoli per essere
presi in considerazione, infatti il mostro attacca, soltanto quando provocato
e lo fa in una scena di distruzione di cui non vi rivelo nulla, ma che merita
la visione.

Godzilla è oltre il concetto di bene o male
perché è semplicemente troppo grosso per questo pianeta e nel film, in generale,
non ci sono veri cattivi, ma nemmeno veri eroi, solo omuncoli sommersi dalla
burocrazia che si ritrovano ad affrontare qualcosa per cui non esiste una
procedura scritta da seguire.

Non dirmi niente Zilla, divento viola anche io quando mi parlano di burocrazia.

Avete la sfortuna di avere a che fare con
tanti burocrati in vita vostra? Io non troppi, ma anche solo uno è uno di
troppo per quanto mi riguarda. In questo film Hideaki Anno riprende il concetto
per cui è l’uomo il vero pericolo per l’uomo che non mancava mai tra le pagine
di “Evangelion”, prima di poter passare all’azione con un piano, pensato e
portato avanti da un giovane (nuova generazione, nuovo modo di pensare), i
burocrati restano fermi immobili incapaci di affrontare una minaccia non
prevista dalle loro procedure, per questo la parte centrale del film è tutta
parlata, quindi sappiate che se non vi perdete (come me) sulla musicalità delle
parole giapponesi, potreste trovare questa porzione di film indigesta, ma è
davvero l’unico difetto che riesco a imputargli.

Non sto nemmeno a dirvelo: super campione d’incassi in patria, ma questa è la parte facile, perché se in Giappone esce un
film giapponese, vanno TUTTI al cinema, figuriamoci, poi, se è un film di
Godzilla. In ogni caso, saranno pure fatti alla loro maniera, ma la contro
offensiva giapponese per riprendersi il primato sui Kaiju per me è riuscita,
per un amante dei mostri giganti come me, non resta che sedermi qui aspettando
le prossime mosse sullo scacchiere internazionale delle bestie giganti,
prossima fermata: Skull Island.

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