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Sick (2023): il Covid non ha fatto nascere nuovi pazzi, li ha fatti diventare più creativi

2023, anno del coniglio secondo il calendario cinese e per una volta, non dobbiamo strisciare carponi attraverso le secche di gennaio, mese storicamente arido di Horror, perché quest’anno il primo slasher lo produce Blumhouse con Miramax e lo distribuisce la piattaforma streaming Peacock.

Altre informazioni chiave, a dirigerlo è John Hyams, responsabile di un paio di “Universal Soldier” e del solido “Alone” (2020), ma anche figlio di cotanto padre. La sceneggiatura porta la firma di Kevin Williamson, che per questa Bara ovviamente è sinonimo di Scream anche perché “Dawson’s Creek” non l’ho mai visto. Oh con tutto quello che questo comporta, perché se ne avete le tasche piene di Ghostface, un altro slasher dello stesso autore potrebbe non fare per voi o al contrario, creare fin troppe aspettative, ma come avrebbe detto Anders Celsius, andiamo per gradi.

Un’ora e ventitré minuti, una trama drittissima e di base un’unica vera particolarità, essere uno di quei film nati in pandemia, anche se specialmente negli Stati Uniti è stato salutato dalla stampa come quello che ha saputo raccontare meglio i mesi di “lockdown”, anglicismi resi canonici, dannata pandemia!

Tutto, ma non un altro film da pandemia, vi prego!
I primi cinque minuti sono fondamentali, sono quelli che determinano l’andamento di un film, lo sapete, ve lo ripeto sempre, in un horror anche di più perché il prologo è sempre un passaggio chiave. Qui invece di una bella ragazza in pericolo ci sta un ragazzo, in fila al supermercato in cerca di lievito per la pizza carta igienica, che latita dagli scaffali. Un assassino mascherato (nel senso, con mascherina correttamente tirata fin sopra il naso) lo perseguita e già qui Williamson mette in chiaro il gioco, invece di preoccuparsi di un ragazzo che chiede aiuto, le persone in fila dimostrano più ansia e fastidio per chi dietro di loro tossisce. Sono sicuro che conoscete la sensazione perché è diventata familiare a tutto il pianeta, ed è proprio affidandosi al vissuto comune degli ultimi due o tre anni che “Sick” trova forza e motivazioni.

Se in un qualunque slasher, l’isolamento favorisce gli assassini, qui sono Parker (Gideon Adlon) e la sua amica Miri (Beth Million) ad abbracciarlo volontariamente, una quarantena per superare, si spera indenni, la fase più acuta del virus, siamo ad aprile 2020, avere una villa isolata torna molto comodo. Meglio che un monolocale da condividere con altri tre studenti fuori corso no?

Un slasher dove ad essere mascherato, non è solo l’assassino.
Da qui in poi “Sick” procede in automatico, visto che tutti gli elementi per uno slasher sono al loro posto: le ragazze sole in casa si annoiano, inventandosi giochi alcolici del tipo, si beve ogni volta che viene pronunciato il nome di Anthony Fauci in tv. Quando l’assassino entra in azione, il film tira dritto e funziona anche piuttosto bene nel sottolineare la follia collettiva che è diventata la nostra nuova quotidianità, ad esempio se scappi per strada in piena notte e hai la fortuna di trovare un passaggio, è probabile che il massimo problema dell’autista sia il fatto che non hai la mascherina perché oh, mi stavano inseguendo per ammazzarmi, l’ho dimenticata. Che comunque non sarebbe la scusa più assurda mai sentita sull’argomento.
Le nuove paure, post 2020.
Siccome non voglio rovinare la visione a nessuno, vi dirò tutto senza dirvi nulla, quindi leggete pure tranquilli, ma sappiate che ad un certo punto della trama compare un test per il Covid, che come sappiamo tutti per via dei nostri trascorsi, ad aprile del 2020 era utopia. Questo è il classico “errore” che manda in tilt chi i film li valuta solo per questo tipo di scivoloni. Quando avrete visto “Sick” potremmo parlare della mia teoria in merito, ma in generale siamo di fronte ad un non-problema, visto che “Sick” parla del nostro vissuto quotidiano, scherza sulla mancanza di carta igienica perché è un film americano, ma per il resto quando qualcuno lo guarderà tra qualche anno, nemmeno noterà il problema del test ad aprile, perché non avrà ricordi così ravvicinati dei fatti, ed è qui che arriviamo al punto.

“Sick” non ha altre vere idee se non sfruttare il nostro (non tanto coraggioso) nuovo mondo post-Covid, dove mascherine e test sono la normalità, ma non ha altre idee davvero originali. Proprio per questo molti storceranno il naso perché da quello che viene pubblicizzato come l’autore di Scream, forse sarebbe lecito aspettarsi di più, o forse no, questo dipende dal vostro rapporto con Williamson e la saga di Ghostface.

«Sola in casa, finalmente sono al sicur…»

Mettiamo sul tavolo un’altra questione: “Sick” è stato accusato di non essere tenero con i No-Vax ma se per questo nemmeno con i Pro-Vax, in tutta onestà? Io non ci ho visto niente di tutto questo. Le motivazioni che spingono l’assassino non sono impossibili da intuire una volta compreso il gioco, non serve nemmeno trattare la questione perché anche conoscendole, ci si può godere “Sick” in santissima pace lo stesso, perché la sua forza sta nello sfruttare l’ossessione del momento, per regalarci uno slasher drittissimo, ed è qui che avere John Hyams alla regia paga dividendi. Anche perché a voler essere precisi, anche papà aveva diretto un film di genere, basato su un tema ad altissimo quantitativo di dietrologia complottista, quindi tutto torna.

Ognuno di voi ha la sua idea su come è andato il mondo negli ultimi due o tre anni, sono sicuro che avete anche un parere su come è andata la saga di “Scream” in questi anni, ma archiviata la “scusa” del Covid per rendere contemporanea la storia, “Sick” è uno slasher che funziona proprio perché Hyams dirige alla grande e dopo “Alone”, si conferma un ottimo regista quando bisogna raccontare di personaggi che lottano per la propria vita.

L’ultima mezz’ora di “Sick” rinuncia ai dialoghi, ha un ritmo tiratissimo in cui le lucine del wi-fi sul router, i rumori e gli scricchiolii sono i dettagli che possono salvarti la vita o ammazzarti, in un duello al gatto con il topo tra le protagoniste e l’assassino. Se la pandemia passa dall’essere un pretesto all’occasione per ironizzare sopra le paure delle persone (un horror non dovrebbe fare proprio questo?), l’ultima mezz’ora è una bombetta, uno slasher purissimo diretto da uno che sa davvero il fatto suo.

«Servirà l’autocertificazione per scappare dal killer?»
Ci sono stati, e temo che ancora ci saranno, tanti film che hanno sfruttato l’idea acchiappona di una storia ambientata in pieno “lockdown”, molti erano solo ruffiani e paraculi, qualcuno sicuramente dirà lo stesso di “Sick”, anche se personalmente (e qui parliamo di sensazioni soggettive, quindi del tutto secondarie), non mi ha mai fatto questa impressione. Anche perché in compenso molti di quei film non erano anche slasher purissimi riusciti come l’ultimo atto di “Sick”, che già solo per quello merita la visione.

Se sarà abbastanza o troppo poco, considerano anche i nomi coinvolti, dovrete valutarlo voi, in ogni caso il primo slasher del 2023 è arrivato, non poteva essere più aderente al canone di così, maschera dell’assassino compresa. Quindi mi sono permesso di parafrasare Scream nel titolo di questo post, non lo avrei fatto per nessun altro film, ma qui era davvero doveroso.

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