Il traghettatore infernale Quinto Moro vi
accompagna in una gita di dispiacere alla “ridente” (stile Vincent Price)
cittadina di Silent Hill.
“Lassù: una bara volante!”, “Oddio, siamo fottute!” |
“Collina Silenziosa” versus “Residenza
Cattiva”
Per importanza, Silent Hill è la seconda saga che
ha portato l’horror del mondo videoludico. La più famosa e nazionalpopolare è
Resident Evil, a cui Silent Hill deve molto. Com’è approdato Resident Evil al
cinema lo sappiamo, quando però
fu il turno di Silent Hill la musica sembrava diversa. Oppure no? Se RE si era
trasformato in una caciara action sempre più lontana dalle origini, Silent Hill
faceva delle atmosfere il suo punto di forza. Ma tanto per cambiare il film
fece incazzare i puristi (o puritani), come ogni adattamento di qualsiasi cosa,
benché di rispetto per il materiale originale e ce ne fosse a strafottere.
Silent Hill non è l’horror del secolo, i difetti ci
sono, ma il lavoro di Christophe Gans e Roger Avary, se non è il migliore
possibile, poco ci manca. Per un film tratto da un videogioco fa la cosa
migliore: non copia, non storpia e non si accartoccia in un fanservice sterile.
Adatta per lo schermo. Chi critica la non fedeltà al materiale originale merita
d’esser preso a calci in culo da Milla Jovovich (ma a qualcuno potrebbe anche
piacere).
“Ferma! C’è un mucchio di nerd incazzati da quella parte” |
old to rock’n’roll, too young to die
All’uscita del film, di Silent Hill sapevo poco o
nulla, feci giusto in tempo a giocare al 3° capitolo della saga, sufficiente a
incuriosirmi, oltre agli osanna che accolsero il film all’uscita. Si perché
mentre gli aficionados scrollavano il capo, c’era una parte di “stampa
specializzata” pronta ad urlare al miracolo. Ebbene sì, io non dimentico. I
primi 2000 erano anni di vacche magre sul fronte horror e ci si accontentava di
molto meno di così. Sul finire dei ’90 erano stati gli horror nipponici (e loro
remake yankee) a tenere banco, perciò Silent Hill era l’ibrido perfetto:
americanissimo nella produzione e negli interpreti, vendibile per la fama del
gioco pregno del fascino giappo tutto demoni e spiriti vendicativi.
A livello di trama horror poi, Silent Hill poteva
giocare a tutto campo: dall’horror psicologico al paranormale, con creature cicciate
fuori dagli incubi dei personaggi in un gargantuesco metaforone del dolore che
si trasforma in orrore e punizione. Un intreccio dei piani della realtà che il
film sfrutta in modo pigro, ma funzionale alla trama.
“Intreccio pigro” di A. Gillespie, 9 anni. |
belle facce, ma i mostri sono meglio
La protagonista è Radha Mitchel, qui all’ultimo
“grande” ruolo da protagonista nel cinema mainstream, cui tocca la parte da
mamma premurosa e in egual misura imbecille (poi ci torniamo).
C’è poi la sbirra Laurie Holden, con uno dei pochi
personaggi clonati in aspetto e nome dal primo videogioco, ma resa come la più
stronza sulla piazza per metà film. La sceneggiatura cerca di salvarle la
faccia nel finale, ma non è che alla sua faccia vada benissimo…
A essere sinceri, la sensazione è di un cast
abbandonato a se stesso, come se gli avessero detto “queste sono le battute”, e
giù di tanti “buona la prima”. Tutti sembrano dare molto meno di quanto sono
capaci di fare, ad eccezione di Deborah Kara Unger, con poco spazio ma
sfruttato bene.
La piccola Sharon ha il volto e gli occhioni di
Jodelle Ferland, che dopo Tideland si è confermata con una prova mica
da ridere, il suo faccino ci mette un niente a passare da innocente a
inquietante, specie quando appare sfatta e cenciosa, roba che Samara lèvati, ma
lèvati proprio. Non capita spesso di vedere bambini danzare sotto una pioggia
di sangue tra squartamenti e urla. Peccato che per quasi tutto il film sia in
secondo piano, e l’orrore di Silent Hill ci venga mostrato con gli occhi dei
soli adulti.
Lo spigoloso Sean Bean è il papà di Sharon, tirato
dentro a fare minutaggio perché nella prima stesura (bocciata) della
sceneggiatura “non c’erano uomini” (storia vera, per uno dei pochi film che ha
dovuto istituire le “quote azzurre” al posto di quelle rosa). Però non si
capisce perché questo papà preoccupato, unico personaggio che si comporta in
modo sensato a momenti passa per uno stronzo. Ma va bè, a Sean è andata di
lusso se in un film con demoni e mostri NON muore.
! SPOILER: in questo film Sean Bean sopravvive all’ultima scena! (tranquilli, sta solo dormendo) |
la mamma. Ma anche no.
Radha “mamma dell’anno” Mitchel, per risolvere i
traumi della figlia consulta
decide di portare la bimba
guarire dai traumi
peggiori. Più in generale, gli esempi materni (e matriarcali) presenti nel film
non sono certo ideali.
Tra cielo che trasuda cenere e mostri deformi,
Silent Hill è un posto di merda con un oscuro passato, i cui segreti si rivelano
lentamente fino allo spiegone che precede il gran finale. Di carne al fuoco ce
n’è tanta (letteralmente). E’ un perfetto esempio di quanto buono può essere un
soggetto e quanto pasticciata una sceneggiatura. Ma hey! L’ha scritta Roger
Avary! Il Premio Oscar alla sceneggiatura per Pulp Fiction! E ‘stigazzi? Prese
dal videogioco le idee migliori e messe insieme in un racconto coerente, a fare
acqua sono le azioni dei personaggi. Vedi il comportamento vessatorio della
sbirra di Laurie Holden, o l’idiozia da cui è affetta (tipo malattia incurabile)
la nostra mamma dell’anno che dopo aver cercato la figlia per metà film, appena
incontra una bambina identica a sua figlia, capisce al volo che non si tratta
di lei. Mamma dell’anno no, ma Jessica Fletcher lèvati.
strane a Silent Hill
La parte interessante di Silent Hill è il “sottomondo”,
per dirla alla Stranger Things. Il primo approccio con la spettrale cittadina è
intrigante, ti fa venir voglia di capire e scoprire che cazzo sta succedendo.
Visivamente, le transizioni dalla realtà diurna a
quella demoniaca sono ben riuscite, con una CGI discreta. Le scenografie sono
curate, gli ambienti sporchi e abbandonati. I demoni funzionano, inquietanti e
minacciosi anche se di morti ammazzati se ne vedono pochi, almeno sino al
finale che è una discreta festa di sangue. Però… però manca di quel sano gusto
per lo splatter spinto, quello che ti fa vedere da vicino le budella mentre schizzano
via dai corpi. Lo squartamento è in grandangolo, spettacolarizzato senza
l’accanimento truculento di un’inquadratura ravvicinata.
Il film si gioca abbastanza male Pyramid Head, il
mostro più iconico della serie di giochi (che pure Resident Evil finì per
scopiazzare nei suoi film, vedi “Afterlife”), funzionano meglio tutti gli altri
demoni, dal tarantolato Colin che sembra uscito da Hellraiser, ai demoni senza
braccia e le infermiere. Oltre al design, con ottimi costumi e trucco, i demoni
funzionano grazie al talento delle comparse, vere ballerine che si contorcono in
movenze bizzarre e disarticolate. [Tutta roba che arriva da Allucinazione perversa, vera ispirazione del videogioco, nota Cassidiana]
“Let’s sway – sway through the crowd to an empty space” (Cit.) |
Hill nel modo migliore possibile, ma si ferma alla confezione: tecnicamente
poco da dire, le atmosfere sono ottime, e la colonna sonora originale del gioco
(ottima) spicca nei momenti giusti. I venti minuti finali la buttano in caciara
sanguinosa che dopo lo spiegone-flashback ci sta, e porta ad una conclusione
non banale e malinconica, che promette un sequel ma basta a se stessa. Questa
però è un’altra storia.
Oh, io a ‘sto film gli ho voluto bene. E’ un raro
adattamento dignitoso da videogioco a film, che rende giustizia alle atmosfere
pur raccontando una storia diversa, al netto di qualche errore di grammatica.
Un saluto da Pyramid Head. |