Ho sentimenti molto contrastanti nei confronti del suo “Constantine” (2005). Su “Io sono leggenda” (2007) preferirei non dire nulla, così come sull’insulso “Come l’acqua per gli elefanti” (2011). I suoi tre “Hunger Games” li ho visti e non li ricordo. Direi bene ma non benissimo questa filmografia.
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Jason Momoa, più o meno anno 1989. |
Viene un po’ da mordersi le nocche a sapere che tanti talenti hanno tentato l’impresa, ma solo un regista dalla filmografia discutibile come Francis Lawrence è riuscito a portare a termine un adattamento, che urla «NETFLIX» a pieni polmoni. Infatti il piccolo Nemo originale diventa una piccola Nemo senza troppi problemi, anche perché la storia di quest’orfana funziona anche con Marlow Barkley come protagonista.
Nemo vive in un METAFORONE, cioè un faro, insieme al suo perfetto papà fatto a forma di Kyle Chandler, talmente perfetto che ha scritto «futuro cadavere» in fronte, cosa che avviene dopo pochi minuti grazie almeno ad una scena che mi ha fatto cambiare posizione sul divano. Nell’inconscio il mare in tempesta è sempre un elemento significativo per interpretare i sogni, Nemo perde suo padre proprio in mare ma non lo vede, lo sogna, il che mi è sembrata una soluzione molto interessante per far iniziare una storia altrimenti canonica.
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CGI ne abbiamo? Giusto un po’ e abbastanza economica. |
Nemo che ha sempre vissuto nel METAFARONE (quando il faro diventa metafora), viene mandata in una nuova scuola e a vivere con lo zio, Philip (Chris O’Dowd), tanto bravo e ricco, quando palloso e in fissa con la sua collezione di maniglie. Per fortuna ad aiutarla a superare il lutto ci pensa un personaggio direttamente dall’immaginario, un ricercato criminale del mondo dei sogni di nome Flip, interpretato da Johnny Depp…
… No scusate, da Jason Momoa nei panni di Johnny Depp. E sappiate che vi ho appena abbuonato una battuta facile su Amber Heard, andiamo avanti.
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«In realtà sono Johnny Depp ma non dirlo a nessuno» |
Flip in questa incarnazione ha i rasta e le corna (come Johnny Depp), puzza ed è circondato ma mosche (… seconda battuta su Amber Heard che vi risparmio) ed è la prova vivente che Momoa, di fare il sex symbol non ha voglia. Parliamo di quello che recentemente ha dichiarato che il suo abito preferito da indossare è il tipico perizoma hawaiano (storia vera), la comodità prima di tutto Giasone, lo penso anche io.
Sta di fatto che Flip è un criminale che un tempo era amicone del padre di Nemo, insieme ne combinavano di tutti i colori a Slumberland, il mondo dei sogni attraversabile grazie ad una mappa che fa molto I banditi del tempo. Attraversando il turbinoso oceano degli incubi, se sei abbastanza bravo, potrai pescare una perla in grado di far esaudire ogni tuo desiderio, anche quello di Nemo di rivedere (in sogno) il padre.
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Perché ogni ufficio pubblico è un balzo indietro agli anni ’70. |
Quindi si parte tutti per questo viaggio fantastico in CGI molto meno fantastica, accompagnati da Maiale, un beh, maiale di pezza che si anima e si muove nei sogni di Nemo. Una roba talmente pensata dall’algoritmo per generare peluche da vendere che si vede lontana un miglio la strategia, anche se devo dirlo, una volta giocavo a basket con uno che aveva chiamato il cane Gatto e il gatto Cane, quindi Netflix ha ancora da imparare. Anche se bisogna dire che il cinofilo-gattofilo faceva abbondante uso di MDMA, ma per questo forse anche i vertici di Netflix.
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Il peluche preferito dei Pink Floyd. |
Sulle piste di questa strana coppia, l’agente Green, vestita di verde, ferma agli anni ’70 come ogni ufficio pubblico. Il suo intento? Impedire il girovagare tra i sogni, anche se questo non impedisce a Francis Lawrence di mostrarci l’interno di sogni incredibili, tutti in brutta CGI.
Roba pazzesca tipo una che sogna di ballare, o uno che sogna di guidare un camion della spazzatura. Un po’ come se il massimo della fantasia sia un locale di latino americano con le farfalle posticce o gettare la monnezza. Vabbè sarò strambo io, anche se non sogno di volare su un oca come fanno i canadesi in una gag ricorrente del film.
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«Volate prima che mi trasformino in Paté de Foie Gras!» |
Per non capire il “colpo di scena” (virgolette obbligatorie) bisognerebbe essersi addormentati, ma anche così i nomi dei personaggi sono talmente spudorati che è impossibile non fare due più due, lo stesso METAFARONE (ribadisco, il faro diventa metafora), che era già molto chiaro, viene spiegato nei minuti finali del film, perché la trovata più velata di “Slumberland” è appunto il mare in tempesta, fatevelo bastare.
Per i fanatici di Momoa, film imperdibile, si sentiva proprio il bisogno di vederlo fare facce e faccette, per tutti gli altri, superati i messaggi scritti con il pennarellone a punta grossa, devo dire che comunque due o tre scene “Slumberland” le azzecca, l’arco narrativo dello zio Philip si completa con il giusto livello di trasporto, quindi di testa, per via del suo contenuto, il film lo avrei anche gradito, risulta meglio della media del vostro film da streaming targato Netflix, però risulta meno di un film qualunque, anche per uno come me che forse ha visto un po’ troppo Terry Gilliam per questa favola da streaming.
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Momoa, una ragazzina e Netflix… ecco perché sentivo puzza. |
Il momento in cui ho capito che io e Francis Lawrence non saremo mai grandi amici? L’inseguimento tra camion della monnezza e Camaro color verde cimice (fighissima! Sono un po’ tamarro, lo so), che avviene lungo una linea retta di schermo più verde della Camaro, con tanto di capelli dei protagonisti appesi sopra il camion della spazzatura che in certi momenti, non si muovono nemmeno, malgrado l’idea sia quella di suggerire al pubblico una “corsa sfrenata” (virgolette obbligatorie, secondo estratto).
In generale non vorrei risultare troppo duro con un film che si lascia guardare, ma ormai il divario tra film pensati per lo streaming e film pensati per essere davvero cinema mi colpisce in faccia, come quanto ti risvegli da un incubo.