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Snake Eyes: G.I. Joe – Le origini (2021): campione degli ottanta

Ogni storia immaginaria che abbia come protagonisti un gruppo di personaggi, che sia essa un fumetto, un film o un cartone animato, ha sempre nel mucchio qualcuno più figo degli altri, il tipo tosto che parla poco e con l’aria da scalcia culi, Wolverine per gli Uomini-Pareggio, Michonne per “The Walking Dead” (fumetto, non quella noia di serie TV) oppure Raffaello per le Tartarughe Ninja. Gli esempi sarebbero tanti, per i G.I.Joe invece la scelta è facilissima e non potrebbe che ricadere su Snake Eyes.

Quando la Hasbro produceva soldatini snodabili in serie nei primi anni ’80, per rispondere alla sempre crescente richiesta da parte dei ragazzini, nel tentativo disperato di buttare fuori un nuovo personaggio riducendo al minimo i costi, la soluzione dell’azienda fu quella di lanciare per la seconda linea di G.I.Joe un personaggio stampato in plastica nera dalla testa ai piedi, saltando a piedi giunti tutta la fase di verniciatura, risparmiando così dei bei soldini.

Ma come rendere interessante agli occhi dei bambini un personaggio senza volto più nero della notte? Facile, bastava affidare il compito al padre putativo di tutti i Joe, lo scrittore Larry Hama, veterano di guerra con la passione per i fumetti, responsabile di tante storie per la Marvel (il suo ciclo sulle pagine di “Wolverine” resta mitico) che in carriera ha scritto più storie a fumetti dei G.I.Joe di chiunque. Hama fece una notevole spremuta di anni ’80, creando un personaggio nato nella guerra del Vietnam, sfortunato come una brutta mano servita dal destino, come un lancio di dadi che lascia sul tavolo da gioco un doppio uno, in gergo “Snake Eyes”, proprio come il film di Abel Ferrara del 1993 o quello di Brian De Palma del 1998.

Vogliamo ricordarlo così, fighissimo e a fumetti.

Muto, sfigurato e forgiato nel fuoco della battaglia, ma come giustificare l’aspetto da Ninja? Proprio rendendolo un guerriero delle ombre, infatti strizzando l’occhio al romanzo The Ninja di Eric Van Lustbader (caposaldo di tutto il cinema Ninja degli anni ’80) Hama ha pescato l’idea dell’occidentale che diventa un “ninja nero” al servizio del bene, cresciuto e allevato dal Clan Ninja Arashikage, opposto ad un “ninja bianco” amico e avversario votato al male, di nome Storm Shadow.

Con una storia così alle spalle e quell’aspetto da tipo tosto, il pupazzetto l’action figure di Snake Eyes diventò subito tra le più vendute di sempre dalla Hasbro (storia vera), anche se devo confessare che nelle mia nutrita collezione di G.I.Joe non ho mai avuto uno Snake Eyes, avevo l’equivalente che strizzava l’occhio a Bruce Lee chiamato Quick Kick, quello sì. Prendo in prestito una canzone di Caparezza cambiando il decennio per dire che di fatto, Snake Eyes era un “campione degli ottanta” perché riassumeva tanto dei gusti del pubblico di quel decennio, un personaggio nato nel 1984 e morto nel 2015 come potrete scoprire nei due completissimi post di Lucius, dove troverete tutti i dettagli.

Il primo Snake Eyes è del 1982 ma la versione migliore è questa del 1985.

Per assurdo proprio ora, che il cinema e la cultura popolare continua a scavare negli anni ’80 idealizzandoli, anzi, proprio nel momento in cui l’ondata di malinconia per il decennio dei Jeans a vita alta sta per lasciare il passo alla malinconia degli anni ’90, il più sfortunato e tosto dei Joe arriva al cinema con un film solista, caratterizzato dalla sfiga e dalla sciatteria che ogni film dei G.I.Joe si è sempre appuntata sul petto.

Stephen “Attila l’unno” Sommers era riuscito a fare un tale casino, da ammazzare per sempre i sogni di gloria dei Yoe (e della Hasbro) al cinema, era stato necessario l’intervento del più improbabile degli eroi ovvero Jon M. Chu, coadiuvato dalla sceneggiatura di Rhett Reese e Paul Wernick per correggere la traiettoria. G.I.Joe – La vendetta non solo ha incassato e fatto vendere un discreto numero di soldatini snodabili alla Hasbro, ma sembrava la strada giusta da seguire, eppure Jon M. Chu ha preferito tornare a dirigere film ballerini, piuttosto che avere ancora a che fare con i Joe e la Hasbro. A giudicare dal risultato di “Snake Eyes: G.I. Joe Origins” difficile dargli torto.

Quando prendi seriamente in considerazione il Seppuku come unica via di fuga.

Mi spiegate che senso ha far passare otto anni da G.I.Joe – La vendetta per giocarsi la carta migliore che hai, quella che sa anche di alternativa alla capsula di cianuro tra i denti, ovvero un film sul più figo dei Joe? Se anche eri riuscito a convincere qualcuno con il film precedente, dopo otto anni chi vuoi che si ricordi ancora dei tuoi personaggi, che negli Stati Uniti sono ancora popolarissimi, ma qui da noi sono sempre stati una passione per pochi sociopatici come il vostro amichevole Cassidy di quartiere.

Forse il senso era proprio questo, far dimenticare per riprovarci oppure più semplicemente, i diritti di sfruttamento cinematografico stavano per scadere ancora, quindi tra perdere tutti dei bei soldoni sicuri derivati più che altro dal merchandising oppure mordere la capsula di cianuro, meglio puntare tutto sul nero. Il problema è che se lo fai con tale livello di sciatteria, l’unico “Snake Eyes” che vedrai sarà il doppio uno dei dadi.

La posa plastica serve per lanciare i dati, ma il risultato è sfigato lo stesso.

Evan Spiliotopoulos, nome palesemente finto in stile Ajeje Brazorf, anche perché se in carriera hai scritto Charlie’s Angels è normale che poi non vuoi che qualcuno ti riconosca. Spilocoso qui, avrebbe dovuto fare una cosa sola: copiare il lavoro fatto da Larry Hama. Certo il nuovo Snake Eyes non avrebbe potuto essere un reduce del Vietnam ma gli americani hanno una guerra in corso in quasi tutti i continenti nel mondo, non sarebbe stato un problema adattarsi, invece Evan Spil.. Spil… Spatifillo sceglie di fare scontenti tutti: modifica le origini quel tanto che basta da far storcere il naso ai vecchi appassionati del personaggio, portando in scena soluzioni talmente cretine che chiunque con un minimo di sale in zucca, non potrebbe mai appassionarsi ad un film che avrebbe tutti gli elementi giusti, ma risulta una noia mortale lo stesso.

Il nuovo Snake Eyes è un bambino a cui uccidono il padre e che dedica la sua vita alla vendetta, quanta fantasia eh? I dadi restano, perché inventarsi una giustificazione per quel nome è difficile oltre che faticoso, quindi il tipaccio che uccide papà, prima gli fa tirare i dadi, Boom! Doppio uno, Snake Eyes, papà muore e il figliolo ha un nuovo nome di battaglia. La mia domanda è: se papà avesse fatto due sette il film sarebbe finito prima dei titoli di testa e il figlio (di nome Jackpot) avrebbe vissuto una vita felice? Non lo sapremo mai.

Well I’ve been a losin’ gambler / Just throwin’ snake eyes (cit.)

Snake Eyes cresce e diventa un tipo tosto, non si sa perché ma lo vediamo combattere in un “Pit fight” che il regista Robert Schwentke – altro tiro di dadi, altro nome inventato, malgrado in carriera abbia diretto “Red” nel 2010 e “R.I.P.D.” nel 2013, o forse proprio per quello fornisce generalità immaginarie – purtroppo riprende troppo da vicino e con troppi stacchi di montaggio per rendere davvero memorabile.

Uno spreco del wrestler Mojo Rawley. Che si chiama così perché dopo che ti ha menato sei mojo mojo (e dolorante)

Snake Eyes viebe avvicinato da un tipo (loschissimo) che in cambio dell’identità dell’uomo che ha ucciso suo padre gli chiede di infiltrarsi nel clan Arashikage, conquistando la fiducia dell’erede al trono del clan Thomas “Tommy” Arashikage, detto “Storm Shadow” perché quando pensa ai mali del mondo il suo sguardo di adombra (o una roba cretina del genere), qui interpretato da Andrew Koji protagonista della serie tv Warrior, insomma uno che ha dimostrato di saper menare bene per davvero. Time Out Cassidy!

Ogni volta che si acciglia cambia il tempo, un vero metereopatico.

Siccome Evan Spil.. Spil… Spatifillo ha poche idee ma confuse, la sua trama e la storia del film procedono sulla via dell’indecisione costante, alcune rivelazioni arrivano per tentare di dare pathos, altre semplicemente troppo tardi e frettolosamente, infatti quando la trama rivela che l’uomo che ha ucciso papà era al soldo dei Cobra, tutta la premessa crolla. Che senso ha arruolare uno sconosciuto con potenziale, per fargli fare il triplo gioco, il tutto per infiltrarsi nel clan Arashikage al fine di rubare la pietra filosofale di Harry Potter, in grado di far esplodere le persone con facilità? Per altro un artefatto magico che in un film dall’approccio così realistico alle origini dei personaggi è del tutto fuori luogo.

Non sarebbe stato più semplice arruolare Snake Eyes tra i Cobra, allenarlo, renderlo un soldato fedele e poi al massimo mandarlo sotto copertura, una volta certi della sua lealtà? Vabbè mi sto facendo troppi problemi lo so, in un film che a livello di trama ne è già pieno.

Zompettare atletici tra le magagne della trama.

L’educazione Siberiana Ninja di Snake Eyes procede con le classiche tre prove, una più imbarazzante dell’altra per motivi differenti, ad esempio la prima prevede rubare una ciotola d’acqua senza far cadere una goccia dalle mani di Iko Uwais, uno che è palesemente più allenato e preparato del resto del cast, tanto che la trama deve inventarsi qualcosa per farlo stare immobile, al fine di non far sfigurare tutti gli altri attori, protagonista compreso. Ma ora io dico, hai fatto la porcata di prendere un personaggio muto e mascherato e di farlo parlare a volto scoperto per tutto il tempo? Ok, allora perché non affidare il ruolo ad uno che è davvero letale e super altetico come Snake Eyes facendolo interpretare direttamente a Iko Uwais? Questo film oltre ad essere il “campione degli ottanta” è anche il campione delle scelte inutilmente complicante e irrimediabilmente sbagliate, ma sul casting del film lasciatemi l’icona aperta, più avanti ci torniamo.

Tra le altre prove cretine che il protagonista deve superare nel suo cammino dell'(anti)eroe, anche il pozzo dei serpenti giganti in CGI, che insieme alla pietra filosofale da recuperare, mi ha fatto seriamente credere al fatto che Evan Spil.. Spil… Spatifillo per la trama si sia ispirato ad Harry Potter più che ai fumetti di Larry Hama, ma il vero problema è che “Snake Eyes” sbaglia anche quando manda a segno scelte giuste. Ad esempio come diavolo è possibile che un film così pieno di inseguimenti, combattimenti uno contro uno ma anche uno contro tanti, che finisce con una super lotta tra clan Ninja e un duello a bordo di un camion in corsa sull’autostrada sia così noioso?

Qualcuno mi spiega come fai ad annoiare con tutta questa bella robetta qui?

Il fatto che duri 121 minuti (di cui almeno mezz’ora di troppo) certo non aiuta, ma le singole scene sono allo tesso tempo coreografate in modo coerente ma… Svogliato. Lo Storm Shadow di Andrew Koji sa davvero combattere perché l’attore è un talento, ma i suoi combattimenti sembrano la fiera del precotto (cit.), Robert Schwentke non ha la minima passione per i film d’azione, si vede, non sa come usare un duello per enfatizzare la storia e i rapporti tra i personaggi. Un film d’azione funziona non se il buono e il cattivo di colpo iniziano ad inseguirsi o a lottare tra di loro, ma se quel momento d’azione fortifica o mette fine ai loro rapporti, le scene d’azione devono portare avanti la storia, se li dirigi come scene di ballo che per dovere contrattuale sei costretto a dover supervisionare, tutta l’epica manca, tutto il coinvolgimento emotivo scompare, infatti un film dalla trama già barcollante come “Snake Eyes”, per assurdo diventa una noia senza alcun trasporto emotivo proprio durante le tante scene di lotta. Annoiare il pubblico con tutti quei ninja che combattono? Dovrebbe esserci un girone speciale dell’inferno per punire questo crimine cinematografico! Frase da leggere con il pugno alzato al cielo e l’enfasi che a questo film manca.

Spararsi le pose, lo stai facendo bene.

Vi ero debitore di un’icona da chiudere, la faccio subito perché è importante: Snake Eyes è un eroe muto e mascherato, se scegli la via del tradimento e affidi il ruolo ad un protagonista affetto dalla “Sindrome di Iron Man” (nessun attore protagonista con nome in cartellone reciterà mai con il volto coperto, MAI!) e decidi di fare qualcosa come il Dredd di Stallone, allora almeno fai valere la tua scelta no? Henry Golding sembra più che altro un ballerino più che uno con una vera preparazione marziale, ma di fatto è una scelta di casting davvero stronza.

Per tutto il film il suo Snake Eyes si comporta come l’Americano un po’ spaccone (all’inizio) che non capisce tutte queste robe da “Giappi”, in tal senso sarebbe stato molto sensato farlo interpretare ad uno biondo con gli occhi azzurri (come per altro nel fumetto Snake Eyes è sotto la maschera e il volto sfregiato), ma per evitare polemiche si è scelto di prendere un attore vagamente orientale figlio di madre Malese (tanto per gli Yankee gli occhi a mandorla sono tutti uguali) che è una scelta ancora più razzista. Si perché si fa leva sullo stereotipo per cui ogni orientale sappia fare arti marziali per forza, quindi mi viene da chiedere, se nel fumetto Snake Eyes fosse stato un maestro pizzaiolo, Hollywood per interpretarlo chi avrebbe chiamato? Pierfrancesco Favino?

«Ciao sono Pierfrancesco Fav…», BRAKKA BRAKKA BRAKKA!

Visto che ho aperto il vaso di pandora della scelta degli attori, parliamo dei personaggi femminili, Akiko (Haruka Abe) che dovrebbe essere la femmina tosta del Clan Arashikage, sembra aderente allo stereotipo della principessina Disney con la cotta non dichiarata per il protagonista, ma va peggio con la Baronessa, personaggi incollato come un post-it con su scritto “comprare il latte” sulla portella del frigo, necessario più che altro a tentare di ricordarci che i cattivi sono il gruppo terrorista dei Cobra e che magari tra otto anni, quando i diritti saranno nuovamente in scadenza, forse torneranno per un altro film.

Ad interpretare la porno dottoressa Baronessa è Úrsula Corberó di La casa di carta che non solo riesce nell’impresa di farci rimpiangere Sienna Miller, ma essendo fasciata in una tutina nera, non può sfoggiare le chiappe quindi le sue capacità recitative calano di un buon 97 o 98% secondo una stima approssimativa. Direi che ho un 2% di margine di errore.

Siamo sicuri che non sia già la parodia porno vero?

Ma la tragedia si completa con Scarlett, un enorme spreco di Samara Weaving che per questo film avrà dovuto imparare a memoria qualcosa come 80 o 100 parole al massimo. Il suo rapporto con Snake Eyes è ridotto a quello di passa carte o al massimo di “generatore di spiegoni”, se va bene potrebbe tornare in un seguito dove il loro rapporto viene approfondito, si però tra otto anni quando staranno per scadere i diritti. Non osate farvi vedere prima del tempo eh?

Samara non ti preoccupare, resti sempre una delle preferite di questa Bara.

Si perché “Snake Eyes” è un film che per 110 minuti imposta il futuro dei personaggi e poi negli ultimi 10, realizza che i due ninja, bianco cattivi e nero buono, sono ancora amici fraterni, inoltre Snake Eyes non ha ancora indossato la caratteristica tuta nera e di mutismo e volto sfregiato nemmeno l’ombra, perché semplicemente esaurisce il tempo a disposizione. Quindi non solo il protagonista celebre per essere muto e sempre mascherato, in questo film mostra il volto e parla fino ai titoli di coda, ma il suo litigio con Storm Shadow, quello che dovrebbe dare inizio alla loro sanguinosa faida, si riduce ad un capriccetto tra bambini, ad un: «Il pallone è mio e me lo porto via e non ti faccio più amico tiè!»

Casco in testa ben allacciato, luci accese anche di giorno, e prudenza, sempre! (cit.)

Sul serio, se questo era il vostro modo di portare in scena il più figo dei G.I.Joe nel tentativo disperato di mantenere i personaggi (e i loro diritti di sfruttamento) al cinema, forse la capsula di cianuro tra i denti non era poi un’alternativa tanto strampalata. Perché questo film è riuscito a sprecare un personaggio figo e tosto come Snake Eyes in maniera sanguinosa, le alternative ora quali sono? Altri film solisti sugli altri Joe? Vi ricordo solo che tra gli altri personaggi più caratteristici abbiamo Shipwreck, un marinaio con i “pantazampa” anni ’70 e un pappagallo verde come amico il cui nome vuol dire “naufragio”, che poi sarebbe un po’ come se un ferrotranviere si chiamasse “deragliamento”. Siete riusciti a raccogliere risate con un personaggio tosto, un ninja super cazzuto, vorrei proprio vedervi alle prese con il pompiere Barbecue o con lo scalatore Alpine, in alternativa ci sarebbero sempre i piedi veloci di Quick Kick eh? Ma anzi no, non vi voglio vedere, va bene così torno a leggermi i fumetti di Larry Hama, ci rivediamo tra otto anni, adios! Per fare la pace con i G.I.Joe dopo questo film, passate a trovare Moz che oggi ci parla dell’inno dei Joe!

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