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Solo – A Star Wars story (2018): le anonime avventure del giovane Han Solo

1989. Nel momento di portare a cinema per la terza (e giova ricordarlo, ULTIMA) volta uno dei suoi personaggi più famosi, Steven Spielberg e il suo sceneggiatore di Jeffrey Boam hanno un’intuizione geniale e, a mio avviso, passata troppo inosservata: integrare una lunga scena ambientata nel passato del protagonista, nella storia e di utilizzarla come prologo del film stesso. Inoltre, per avere qualcuno credibile come giovane Harrison Ford, Spielberg sceglie un biondo come il compianto River Phoenix, mentre pensate “Che cretino!” lasciatemi l’icona aperta che più avanti torna buona.

Il prologo di Indiana Jones e l’ultima crociata è l’inizio migliore per un film bellissimo, si strizza l’occhio agli appassionati, raccontando loro le origini di alcune dei simboli dell’iconografia di Indy, la frusta, il Fedora (con un’ellisse narrativo che è ancora uno dei miei preferiti della storia del cinema) e la fobia del giovane Jones per i serpenti, il tutto introducendo il libretto, Henry Jones Senior insomma, dando il via ad una storia NUOVA, mai raccontata.

Nel 1989 nasce anche Alden Ehrenreich che forse è un po’ giovane per ricordare la serie del 1992 “Le avventure del giovane Indiana Jones” in cui Indy era interpretato (in assenza di River Phoenix) da Sean Patrick Flanery che mi pare pure lui abbastanza biondo.

Più lo guardo e meno mi ricorda un giovane Harrison Ford.

Salto in avanti nel tempo ai giorni nostri, tempo in cui il “Fandom” di Guerre Stellari Star Wars è diviso come non mai, tutti amano LA TRILOGIA (tranne gli ewoks), pochi pazzi rimpiangono la “Prequel Tragedy” e gli altri si dividono tra gli entusiasti dell’era GIEI GIEI e varie fazioni di ribelli tutte impegnate ad accusarsi a vicende di non essere abbastanza fan di Star Wars, una roba tipo il “Fronte popolare Giudeo” e il “Fronte popolare di Giudea” dei Monty Python.

Il piano della Disney è semplice: sfornare uno Star Wars l’anno finché non avranno rotto i maroni a tutt… Ehm, no, volevo dire, finché non avranno svalutato il marchi… Boh, insomma: fatto soldi a palate. E proprio ora che forse sono riuscito a fare pace con Guerre Stellari Star Wars lasciandolo finalmente andare per la sua strada, la Disney lancia, a maggio e non a dicembre, il che mi sembra indicativo di quanto credessero in “Le avventure del giovane Han Solo”, un progetto che fin dal suo annuncio un paio di anni fa, posso dire senza paura di essere smentito, mi ha fatto esclamare fortissimo: «E ‘sti cazzi?» (Storia vera).

«…Non ho capito bene, avete detto che siete pazzi del nostra pianificazione aziendale?»

No, dai gente, volete dirmi che davvero sentivate il bisogno di un film che ci raccontasse per filo e per segno le origini di Ian Han Solo? Cioè, voi proprio non potete vivere senza sapere tutto di com’è diventato l’adorabile canaglia che tutti conosciamo? Uno che rubava la scena un po’ per il carisma di Harrison Ford, un po’ per il suo essere il punto di arrivo di un tipo di antieroe che sta tra il pirata e il pistolero solitario? Personalmente campavo benissimo anche senza, anzi, sull’intera utilità dei “Prequel”, storie che per loro stessa struttura nascono con un finale già annunciato, per quanto mi riguarda, ha già detto tutto Steven Spielberg nel 1989.

Considerando che di tutti gli Star Wars moderni, ho apprezzato solo Rogue One, il concetto di raccontare “Storie mai narrate” dall’universo di Star Wars che aggiungessero tasselli alla mitologia, poteva essere una mossa azzeccata, anche perché mi sembra chiaro che, per assurdo, questa saga ormai funzioni meglio quando si dimentica dei Jedi e ha il coraggio di sporcarsi un po’ le mani, proprio come visto in Rogue One. In questo senso, “Solo – A Star Wars story” poteva essere un western spaziale, con un giovane pistolero dalla faccia da schiaffi, che spara per primo e, se serve, pure a tradimento, insomma non ci ho mai creduto a questo progetto, ma la sua direzione era chiara, tanto chiara che Kathleen Kennedy, colei che sta alla saga di Star Wars come Kevin Feige sta all’MCU, non ha avuto dubbi, quelli giusto per questo tosto western spaziale sono: Phil Lord e Christopher Miller!

Quarta legge della robotica: un robot farà battute che NON fanno ridere per tutta la durata del film.

Ma come Phil Lord e Christopher Miller? Ma quelli che hanno creato The last man on earth quando ancora faceva ridere? Quelli di “The LEGO movie” (2014) e dei due 21 e 22 Jump Street? (2012 e 2014)? Proprio loro che con le loro battute e la capacità di scrivere momenti meta cinematografici, devono per forza essere quelli giusti per raccontarci le origini di un personaggio che, tra le altre cose, aveva sempre la battuta pronta.

Sono talmente giusti che vengono licenziati dalla stessa Kathleen Kennedy che prima li aveva voluti per dare un tocco comico e poi li sbatte fuori a pedate nel sedere perché il film era una commedia (storia vera). Insomma: l’importante è avere le idee chiare e il numero di Ron Howard a portata di mano, perché il vecchio Ron negli anni si è fatto la fama di regista capace di rispettare tempi e budget e di portare sempre in porto il film che gli viene assegnato, anche questo ad Hollywood è un valore.

«Ragazzi, adesso guido io fate come vi dico» , «Chewie da quando prendiamo ordini da Richie Cunningham?»

Non posso dire di aver apprezzato tutti tutti i titoli di Ron Howard, però la sua filmografia è ottima e i suoi film sempre riconoscibili, così tanto che questo “Solo” risulta davvero troppo anonimo, l’unico marchio di fabbrica del regista? Il cameo in un ruolo minore di suo fratello, quel mito di Clint Howard, per il resto, ore dieci calma piatta.

Badate bene, non sto dicendo che “Solo – A Star Wars story” sia un brutto film anzi, va da un punto “A” ad un punto “B” senza sbavature o buchi di sceneggiatura, ha un paio di scene che funzionano, ma la sensazione generale è quella del pilota automatico e qui sta un po’ ai vostri gusti personali, di mio posso dirvi che non mi ha fatto girare i maroni come Episodio VII e non mi ha nemmeno visto più volte esibirmi nella “Danza del FACCIAPALMO” come Episodio VIII, ma non posso nemmeno dire di essermi divertito un po’ perché l’umorismo, che era una delle chiavi per interpretare “Le avventure del giovane Han Solo” è stato bandito (dalla Kennedy) e soprattutto perché mi è sembrato di guardare una noiosa replica.

«Si avvisano i gentili viaggiatori che a causa di due contrabbandieri a bordo, il treno viaggia con cinque minuti di ritardo»

L’unico motivo di interesse di un film per cui non avevo motivi di interesse, avrebbe potuto essere la trasformazione di un giovane ciuffone nella canaglia egoista che pensa solo ai soldi a sé stesso di Guerre Stellari, trasformazione abbozzata che avviene per via di una ragazza, quindi la scelta di sceneggiatura più vecchia e banale del mondo, infatti più strano di ritrovarmi il nome di Ron Howard (ancora non mi capacito!) nei titoli di coda, solo vedere quelli di Jon Kasdan e Lawrence Kasdan tra gli sceneggiatori, se penso a cosa ha scritto in vita sua il secondo dei due, mi vengono le vertigini.

La ragazza in questione è Emilia Clarke nei panni di Qi’ra, l’attrice celebre per il ruolo di Shakira Targaryen in Giocotrono si conferma, nel senso che si conferma un buco nell’acqua quando è lontana dalla sua tinta bionda, quando le viene chiesto di prendere parte ad una scena d’azione, fa tenerezza, anche se, per fortuna, non si raggiungono i livelli di bassezza del Terminator Sbagliato (uno dei tanti), per il resto il suo personaggio è una (non) svolta di sceneggiatura come le gambe, non la prima né l’ultima del film.

«Hai la stessa espressione di Giosnò la prima volta che mi ha vista»

“Solo: A Star Wars Story” sembra un insieme di momenti “Alla Han Solo” accumulati uno dopo l’altro nei 135 minuti di durata della pellicola, seguendo pagina per pagina il manuale «E così vuoi scrivere un prequel e non sai da dove iniziare?» è un libercolo molto popolare ad Hollywood ultimamente e ve lo dico per sicurezza, anche se mi sembra assurdo visto che parliamo di un prequel di un film che è in giro dal 1977, seguono SPOILER!

Dobbiamo mostrare quanto Han sia bravo a pilotare? Mettilo alla guida spericolata di uno Speeder. Siccome non può esserci Han Solo senza Chewbecca (Joonas Suotamo eredita da Peter Mayhew la parte, perché la Disney era convinta di poter avere di Mayhew… scusate non ho resistito!), quindi facciamoli incontrare, problema: quando Han viene gettato dai soldati imperiali in una gabbia insieme a “La Bestia” l’effetto sorpresa sta a zero e nemmeno pensare che la scena sia un omaggio (non so quanto volontario) a l’armata delle tenebre aiuta.

Propongo una nuova tattica, se Cassidy fa altre battute su Peter Mayhew, staccagli le braccia.

Il film non ci risparmia niente, anche il cognome “Solo” deve per forza venire raccontato, non poteva essere “Solo” un cognome figo da eroe in stile western no, pure la scena del passacarte imperiale, tipo poliziotto di Ellis Island che accoglie gli immigrati dovevano metterci, consideriamoci fortunati di non essere davanti ad Han Corleone.

Il bello del personaggio di Ian Han Solo era la sua mistica, quell’aurea da uomo di mondo che aveva girato in lungo e in largo la galassia, così a fondo da potersi permettere di NON credere a quella farloccata dei Jedi. Quando nei vecchi film si parlava di come il Millennium Falcon avesse fatto la rotta di rotta di Kessel in meno di 12 parsec, nessuno di noi sapeva cosa volesse dire davvero, ma è la classica frase che stuzzicava la fantasia, tutta roba che funzionava benissimo perché dava spessore ad un personaggio di contorno e che, ribadisco, ora che il film esiste davvero: avevate davvero bisogno di vedere per poter apprezzare?

Esigenza di mostrare a tutti i costi uno. Fantasia zero.

Quando sai già che Lando Calrissian perderà la sua nave giocando a carte contro Solo, è da considerarsi Spoiler, oppure un limite di tutta questa operazione? Certo che se poi, le uniche parti davvero “Innovative” della sceneggiatura sono un paio di tradimenti annunciatissimi, beh, ci credo che il film risulti anonimo.

Su Qi’ra vi ho già detto, ma parliamo di Woody Harrelson, uno che normalmente è tra i miei attori preferiti, qui è davvero alle prese con un personaggio ingrato, sarà Ron Howard che non gli porta bene, sì, sto pensando ad “EdTV” (1999). Harrelson qui dovrebbe essere una specie di mentore per Han Solo, oltre a colui che gli regala la sua caratteristica pistola ammazza Greedo (Han shot first, SEMPRE!).

«La mamma di Greedo è così povera, che l’ho vista che
prendeva a calci un barattolo e le ho chiesto: “Cosa sta facendo?”.
Sto traslocando» (Quasi-cit.)

Ora, non vorrei passare per quello troppo cagaminchia (anche se lo sono), però non sarebbe male evitare di chiedere a Woody Harrelson di interpretare scene in cui, giocando con i mitici scacchi virtuali del Millennium Falcon, dice cose tipo: “Bisogna imparare ad anticipare le persone ed essere sempre avanti” (occhiolino, occhiolino) il tutto con un’enfasi che toglie anche quel poco di sorpresa a questa storia che in quanto prequel, ha un finale già scritto.

Sul fatto che venga citato un certo Gangster di Tatooine, oppure che nel finale compaia per mezzo secondo un personaggio (anche lui rifatto in CGI come da tradizione) bah, tutta roba che ormai mi scalda poco, anche se so che per molti appassionati, basta molto meno di così per andare in brodo di giuggiole. Visto? Una volta ero io il ragazzino entusiasta ed ora mi avete trasformato in un cinico, sono più Solo io del vostro protagonista!

Citare a caso “Sentieri selvaggi” così, tanto per fare un po’ western.

A proposito di protagonista, Alden Ehrenreich (visto in uno degli ultimi film dei Coen) si è preso più insulti del necessario, non lo trovo scarso a recitare, semplicemente fuori cast, così chiudo anche quell’icona lasciata aperta nell’introduzione. Non credo che un attore biondo sarebbe stata per forza la soluzione e non sono nemmeno uno di quei “Fantalebani” che guardando Alden Ehrenreich corre via urlando e piangendo «Tu non sei Harrison Foooooooord» sbattendo la porta della propria cameretta su cui è appeso il poster di Raiders. Il problema è che questo Han Solo ciuffone, con i capelli che sembrano quelli dell’Eros di Pollon sembra ehm, solo, un tizio in giacca di pelle, poco più che un cosplayer.

Ecco dove avevo già visto quella pettinatura! Mi sembrava familiare!

Se persino l’attore che interpreta Lando Calrissian (Donald Glover) e che pure lui non mi sembra poi sta cima, becca più apprezzamenti del protagonista, vuol dire che abbiamo un problema, cavolo!

Nel film Han dovrebbe avere circa 24 anni, anche se Alden Ehrenreich è quasi trent’enne dettaglio che si nota parecchio, quindi abbiamo uno che tra cinque anni avrà la stessa età di Harrison Ford la prima volta che ha indossato i panni di Han Solo, solo (ehm, questa cosa sta diventando una farsa) che, bontà sua, si ritrova con una faccia completamente diversa e nei titoli di coda con un personaggio che pare aver già esaurito tutte quelle avventure che il personaggio, lasciava intendere di aver compiuto negli anni prima di imbattersi in un vecchio e un ragazzino in una taverna su Tatooine.

Ah! Sono stato tagliato fuori per un po’ ed ora tutti sono
fan di Lando Calrissian!

Inoltre, rendiamoci conto che il protagonista dovrebbe spiccare grazie alla sua nemesi, qui Alden Ehrenreich dev’essere stato così concentrato a non fare l’imitazione di Harrison Ford (bravo, mossa intelligente) da dimenticarsi di dare spessore al suo personaggio, roba che persino Paul Bettany con un generico ed indeciso cattivo (è un Sith? Non lo è? È sfigurato? Ha solo una brutta acne?) lo prende a schiaffi in faccia oscurandolo in tutte le scene e parliamo di uno che di solito fa la parte dell’assistente vocale dentro l’armatura di Tony Stark… Dai, andiamo Alden, stai interpretando un grande personaggio! Almeno provaci!

«Sempre meglio di quella volta in cui Ron Howard mi ha fatto fare la parte del monaco trappista albino con saio e cilicio»

Però, devo dire che alla fine, tutto sommato sono sereno, ormai ho lasciato andare Star Wars e senza patemi posso guardarmi tutto quello che arriverà da qui a quando la Disney non avrà fatto più soldi con questa saga di Paperon de’ Paperoni ed ora credetemi, non voglio passare per quello che canta la canzone, si stava meglio quando si stava peggio, però siamo sicuri che non fosse meglio tenerci il mito di qualcuno che è riuscito a fare la rotta di rotta di Kessel in meno di 12 parsec, qualunque cosa volesse dire, senza doverlo vedere per, ehm… Forza? Quindi è “Solo – A Star Wars story”, oppure è solo, un’altra “a Star Wars story” di cui magari questa volta potevamo fare tranquillamente a meno?

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