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Sonno di ghiaccio (1985): come Frozen, ma senza le canzoni

Continua l’esplorazione della filmografia del maestro di
Cleveland con un altro suo titolo televisivo. Vestitevi pesanti perché oggi è
previsto freddo, bentornati a… Craven Road!

Gli anni successivi al successo del suo Nightmare – Dal profondo della notte, hanno visto Craven molto attivo nelle produzioni per il piccolo
schermo, dopo Invito all’inferno, il
maestro di Cleveland – che non si è mai tirato indietro in vita sua davanti alla
proposta di dirigere una storia -, pensò di firmarne una regia per il canale CBS, ma prima di tutto lasciatemi ringraziare Lucius (che per altro aveva anche scritto un post sul film), altrimenti questo film non lo avrei mai visto.

Posso affermarlo senza paura di essere smentito, il 1985 non
è stato il migliore anno per la produzione Craveniana, tenendo conto anche del
non proprio irresistibile Le colline hanno gli occhi II, ma è stato anche l’anno in cui zio Wessy ha lanciato
sempre per il piccolo schermo, un progetto a cui teneva parecchio, ovvero il
rilancio della mitica “Ai confini della realtà”, dirigendo di suo pugno cinque
episodi.

“State viaggiando attraverso un’altra dimensione…”

Quindi possiamo dire che a suo modo “Chiller” (anche noto
come “Wes Craven’s Chiller” con utilizzo Carpenteriano del genitivo sassone, e
su questo lasciatemi l’icona aperta, più avanti ci torniamo), è una sorta di
grosso episodio di “The Twilight Zone” stiracchiato per arrivare a 104 minuti
di durata, anche l’ultima scena con sorpresa, lascerebbe intendere proprio
questo, un modo per zio Wessy per scaldarsi i muscoli in vista del suo prossimo
impegno, anche se bisogna ammetterlo, le temperature in “Sonno di ghiaccio”
sono bassine per scaldarsi a dovere, infatti il risultato non è proprio di
quelli che fanno girare la testa.

Scritto da J.D. Feigelson, prodotto dalla (ah-ah) Frozen Man
Productions, e mandato in onda dalla CBS per la prima volta il 22 maggio del
1985, “Sonno di ghiaccio” inizia con una bella grafica che mi permette di
chiudere subito quell’icona lasciata aperta, perché non solo l’uso del genitivo
sassone è Carpenteriano, ma anche la grafica del titolo, identica in tutto e per tutto a quella del
film La Cosa. In fondo entrambi i
film parlano di creature maligne surgelate, anche se con risultati finali un
pochino differenti.

Per la tradizione dei titoli di testa oggi, potete fare anche il confronto diretto.

Pronti via, il film comincia con un guardiano di notte che
si aggira in un tecnologico laboratorio dove sono ospitate capsule criogenico. La versione moderna del sonno di ghiaccio della bella addormentata s’interrompe
quando uno dei contenitori si guasta, con uno dei “ritornati” al suo interno, ancora
clamorosamente in vita.

Si tratta di Miles, ricco rampollo di casa Creighton, pezzi
grossi dell’alta finanza che dieci anni prima, avevano abbastanza soldi da
potersi permettere la fantascientifica cura in stile Walt Disney per il
primogenito, messo in freezer per via di un grave tumore, in attesa che la
scienza medica sviluppasse una cura efficace.

“Risvegliatemi quando la Disney avrà smesso di produrre i suoi live action”

Miles ha il volto di Michael Beck, il mitico Swan capo dei
Guerrieri, che purtroppo in carriera non è mai più riuscito a brillare come nel
capolavoro di Walter Hill, anche se
diretto da Craven manda a segno un personaggio se non altro abbastanza
minaccioso nella sua luciferina presenza.

Miles è vivo ma cosa sarà di lui dopo lo scongelamento? Lo
chiede persino il reverendo vicino alla famiglia Creighton, al medico impegnato
nell’operazione di sbrinamento («Non lo so reverendo, questo forse dovrei
chiederlo io a lei»). Avvolto nella stagnola come un Kebab, Miles finisce in
coma, e si risveglia solo al tocco dell’infermiera Cooper, per altro
interpretata da quella che allora era la moglie del regista, l’attrice Mimi
Craven.

Vorrei un Kebab Miles con tutto, piccante e patatine abbondanti.

Il maestro di Cleveland prova a strapparci qualche brivido,
quando Miles sgrana gli occhi sembra almeno di stare guardando la trasposizione
di uno dei vecchi racconti di Poe, con i personaggi ritornati dalla tomba, un
tema su cui, pochi anni dopo un altro maestro dell’Horror come George A. Romero si sarebbe esibito, con
risultati anche lì, un po’ freddini.

Tutto il secondo atto di “Chiller” non brilla certo per
ritmo, il cocco di mamma Miles Creighton tornato in vita non ha intenzione di
perdere tempo, infatti si rimette subito a capo dell’azienda di famiglia, eliminando
la concorrenza di tutti i vecchi candidati al ruolo, ma quando dico eliminando,
intendo proprio nel senso fisico del termine! Il vecchio socio amico di
famiglia, viene fatto fuori con una caduta rovinosa dalle scale, ma è uno dei
pochi momenti di brio di una storia freddina, che sembra aver lasciato gli
spunti migliori nel congelatore da cui è uscita.
Ora, magari mi farò voler male da tutti gli appassionati del musical
della Disney, ma dico sempre che se togliessimo le canzoni a “Frozen – Il regno di
ghiaccio” (2013), quello che resterebbe, sarebbe una storiella banale. Per certi versi “Sonno
di ghiaccio” sembra lo zio di “Frozen”, perché l’andamento della storia è troppo
prevedibile e senza alcun guizzo particolare. Quando persino mammà Creighton
capisce che quello uscito dal frigorifero non è più il “suo” Miles, beh avete
già capito come continua no?

“Fai la nanna cocco di mamma…”,”Ma, ho trentotto anni, posso addormentarmi da solo”

Ma siccome questa è una rubrica su Wes Craven, devo
aggiungere che pur trattandosi di una sceneggiatura su cui non ha collaborato
in nessun modo, il maestro di Cleveland si è scelto una storia in cui un minino
delle sue tematiche si possono per lo meno ritrovare.

Per Craven i mostri arrivano sempre da un mondo appena
adiacente al nostro, che sia una classe sociale differente (L’ultima casa a sinistra), dei vicini di
casa (Benedizione mortale), oppure
dagli incubi come Freddy Kruger. Qui il mostro è rappresentato da un volto un tempo amico, che ha perso ogni inibizione, diventando altro, qualcosa di senza scrupoli.

Con lui non vorrete di certo giocare a fare la guerra.

Inoltre il tocco iconoclasta di Craven non manca mai, ed è un filo rosso che
lega questo film a Invito all’inferno. I cattivi per Wes sono fieri rappresentanti
dell’élite, ricchi, bianchi e W.A.S.P. come direbbero i nostri amici Yankee. Non è molto lo so, perché “Chiller” non è certo il film di Craven che non conoscete e
che dovreste recuperare a tutti i costi, ma un autore si vede anche nei piccoli
film su commissione.

Di positivo in “Sonno di ghiaccio”, troviamo sicuramente la prova
fisica di Michael Beck, perfetto nel rappresentare un personaggio che è stato
dall’altra parte, ha visto cosa ci aspetta di là (niente) e quindi si aggrappa
ferocemente alla sua seconda occasione, trovando ogni modo possibile per “scaldarsi”
e fregandosene di tutto. Anzi forse un attore ancora più sopra le righe di Beck, per certi versi sarebbe stato una scelta più facilona (e quindi meno indicata), ma in ogni caso con la sua prova
risulta davvero minaccioso.

Come on baby, eat the rich / Put the bite on the son of a bitch (Cit.)

Il finale di “Sonno di ghiaccio” poi, davvero dà l’impressione
di un Wes Craven con la testa già dalle parti dei finali a sorpresa della serie
creata da Rod Serling, anzi, mi piacerebbe aggiungere
a questa rubrica dedicata a Craven anche qualcuno di quei cinque episodi
diretti per il rilancio di “Ai confini della realtà”, vedremo se riuscirò a farlo.

Anche perché la passione
bruciante di zio Wessy per la regia, in carriera gli ha fatto porre la sua firma
su titoli incredibili, molti li vedremo nelle prossima settimane, quindi
restate da queste parti, sempre qui su Craven Road!
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