Passiamo il tempo a dire che i film alla fine sono sempre tutti uguali, poi quando ne esce uno che è davvero diverso succede che il pubblico si divide, tra chi urla al miracolo (pochi) e chi si unisce all’eco tipico della sala cinematografica, quello che fa: “…’Azzata… ‘zzata…”.
Eppure la diversità di “The Martian” (il titolo italico non mi piace, ma Evit ha spiegato tutto meglio di me) è manifesta e va ricercata nel bel libro di Andy Weir da cui è tratto. La trama ormai la sapete tutti e, come dico spesso, quando un soggetto anche io (che sono privo del dono della sintesi) posso riassumerlo in poche parole, il più delle volte è sempre un bene: l’astronauta Mark Watney viene creduto morto dai suoi compagni e abbandonato su Marte, dovrà sopravvivere tre anni, in attesa della prossima missione della Nasa sul pianeta rosso.
Il romanzo di Weir è molto tecnico, al limite del problem solving, l’autore non ci ha risparmiato tutti i passaggi con cui il protagonista ripara l’Hub, rimette in moto il rover, o ripristina una linea quasi diretta di comunicazione con la Terra. Eppure, è un romanzo dalla coerenza interna eccezionale, che si è guadagnato l’approvazione della NASA per l’aderenza con il realismo. La suspence è tutta legata alla riuscita del procedimento chimico corretto, l’elemento action è il frutto della ripetitività delle azioni, dalla meticolosità con cui vengono eseguite, qualcosa che in mano ad uno scrittore meno ispirato risulterebbe appassionante come un manuale d’istruzioni, ma che per fortuna ti tiene incollato alle pagine.
Leggendolo, ho pensato che malgrado l’immobilità della storia, fosse tutto materiale da cinema, ma che per rendere al meglio una storia del genere, ci volesse un regista survivalista, con la sensibilità del documentarista, esagero? E’ roba che potrebbe andare bene per Herzog se decidesse di buttarsi sulla hard Sci-fi. Quando ho letto che il film sarebbe stato diretto da Ridley Scott, nella mia testa ha iniziato a roteare una costellazione di pensieri.
«Guardate! Finalmente nella testa di Cassidy si muove qualcosa!» |
Ridley, non devo spiegarvi io perché quest’uomo sta nell’empireo cinematografico e non devo nemmeno spiegarvi perché quest’uomo, prima o poi è stato associato ad uno (o più) film che vi hanno deluso, ne prenderò ad esempio solo uno, il titolo a cui state pensando tutti… Prometheus.
Metto nero su bianco la mia posizione rispetto a quel film, che poi riassume quasi tutti gli ultimi lavori dello Scott: una regia della stramadonna, applicata ad una sceneggiatura che fa ridere. La cosa si è ripetuta svariate volte da diventare una brutta abitudine, e tutti a dire che Ridley Scott è vecchio e rincoglionito, si fa raggirare da personaggi loschi (tipo Damon “cioccolatino” Lindelof) che gli dà quelle sigarette ripiene di droga che ti fanno diventare pazzo. Grossomodo da “Hannibal” in poi riguardo a Ridley Scott ho sempre cantato la stessa canzone: è un tecnico eccezionale, che il più delle volte lavora su script così così, “Prometheus” è stato il punto più alto della sua tecnica registica (recente) prestata alla più bassa forma di MACCOSA messi in fila su una “Scemeggiatura”.
Ho temuto che per “The Martian” sarebbe stata la stessa cosa, ma per fortuna, questa volta a domare le spigolosità del romanzo ci ha pensato Drew Goddard, uno che si è fatto le ossa alla scuola di Joss Whedon e che qui ha firmato la migliore sceneggiatura possibile per questa storia.
Marte al cinema non è mai stato così bello. |
La diversità di questo film inizia proprio con il suo protagonista: un Soldato Ryan (già astronauta proprio in “Interstellar”) che sarà pure da salvare, ma nel frattempo si salva da solo in attesa della cavalleria. In questo senso la scelta di Matt Damon è la più coerente possibile, il resto lo fa la sua faccia da “All American boy” 50% scemone, 50% bravo ragazzo che fa di lui il perfetto Mark Watney.
Mark è dotato di un senso dell’umorismo che è americano al 100%, in certi passaggi ricorda Brian dei Griffin per il modo sardonico in cui affronta le situazioni, se non avesse il primo piano e il nome in locandina, potrebbe essere uno di quei tecnici che nei film di fantascienza di solito restano sullo sfondo (e spesso sfoggiano occhiali che fanno subito Nerd), uno che se non fosse stato dimenticato su Marte e quindi elevato a protagonista suo malgrado, probabilmente avrebbe ricoperto il ruolo di tappezzeria della storia. Un pacioccone che non porta rancore ai suoi colleghi e semplicemente gli risponde “Vabbè dai, sembravo piuttosto morto alla fine avete fatto bene a ripartire” e non si perde d’animo.
«Ciao, mi chiamo Matt, ho 45 anni e da grande vorrei fare l’astronauta» |
Il primo tempo di “The Martian” procede alla grande proprio perché il fuoco è tutto sul protagonista, un botanico coglionato dai colleghi come “scienziato minore”, che di fatto nella brutta situazione in cui si ritrova, tira fuori la calma sicurezza di un MacGyver, che è del tutto differente dalla sicurezza del vostro classico eroe di Hollywood. Mark ha dei momenti di megalomania, come quando si vanta di aver colonizzato Marte (“alla faccia tua Neil Armstrong”) o quando gli suona bene l’idea di essere ricordato come “L’uomo più veloce dello spazio”, ma non lo fa mai con vera voglia di passare alla storia, sembra più una conseguenza del suo umorismo, un autocelebrarsi per non pensare alle tante cose negative che potrebbero ucciderlo sul pianeta Rosso. Mark non ha il coraggio dell’eroe che affronta qualcosa di impossibile, ha la sicurezza di chi sa di stare affrontando qualcosa che è alla sua portata, che richiederà la sua completa concentrazione e metodicità, ma sa anche di avere tutte le conoscenze giuste per poter sopravvivere.
Non è l’eroismo spettacolare dei montage di Rocky che si prepara ad affrontare un avversario più forte di lui, è la sicurezza che potreste avere voi o io sul posto di lavoro, quando ci viene chiesto di affrontare una mole di lavoro superiore: ci si affida al metodo, ai propri mezzi, consapevoli che con la giusta costanza usciremo da questo gran casino… “The Martian” è la celebrazione del metodo e non c’è nulla di più noioso e rassicurante della routine, ma è nello stesso tempo uno spostamento dell’azione (anche cinematografica) dai muscoli al cervello. Qui troviamo tutta la diversità di questo film rispetto a tutti gli altri che potrete trovare in circolazione.
«Ora farò qualcosa di incredibilmente spettacolare… Starò seduto a pensare come risolvere questo problema» |
Nella mia testa leggendo il romanzo, avrei voluto vedere un film con un solo protagonista per tutta la durata della pellicola, sarebbe stato grandioso, ma mi rendo conto che non tutti amano come me le storie survivaliste con mono protagonista. Il secondo tempo è quello che amplia il numero di personaggi in scena, il fuoco si sposta sui componenti della NASA sulla Terra e sull’equipaggio della Ares durante il loro volo di ritorno a casa, questo è il motivo principale per cui secondo me, il secondo tempo del film è un po’ meno appassionante del primo.
Perché insieme a tutti questi nuovi personaggi, arriva una boccata di buonismo generalizzata, lo ammetto, per un complottista come me, uno che crede che gli Americani lo sbarco sulla Luna del 1969 lo abbiano girato in uno studio di Hollywood, mi è un po’ mancato il cinismo, è colpa mia, ma sono cresciuto con “Capricorn one”, per me davanti ad un casino come “La NASA abbandona un uomo su Marte” seguirebbe l’insabbiamento, ma di nuovo la diversità di questo film torna di moda. Perché “The Martian” è avvolto in un’aurea di positivismo (che è diverso da buonismo badate bene), è tutto un “Yes, we can” in cui We/Noi è la parte fondamentale, nessuno si tira indietro quando è il momento di rischiare la pelle, la faccia e la carriera per riportare Mark a casa (non era lo stesso in “Salvate il Soldato Ryan”?), nessuno pone il problema che sia troppo rischioso o troppo costoso ed è qui che il film rischia di inciampare nei cori di “…’Azzata”, oppure ancora “Americanata”.
Americanata! …. Fuck Yeah! (Kate Mara per fare questa foto è l’unica della prima fila che è rimasta in piedi) |
Non potrò mai criticare qualcuno che decide di mostrarmi un’astronave in viaggio nello spazio, utilizzando come sottofondo “Starman” di David Bowie, ogni volta che ascolto il Duca bianco mi sciolgo, quindi va benissimo così, anche l’idea di usare pezzi di disco music a mio avviso funziona ed è perfettamente in linea con l’umorismo del protagonista. Gli Abba per movimentare una scena di smantellamento che di suo sarebbe stata lunga e noiosa, oppure ancora meglio “Hot Stuff” mentre Mark trasporta sul Rover della roba veramente caliente (un nucleo carico di isotopi radioattivi).
Devo dire che nel secondo tempo, dei passaggi che cedono alla spettacolarità Hollywoodiana ci sono, ma non sono né l’esplosione controllata organizzata dal Comandante Lewis e nemmeno la manovra “Iron Man” nel finale (frutto di un piano tutto matto, ma scientificamente impeccabile). A basket, quando qualcuno si butta per terra enfatizzando un contatto per farsi fischiare un fallo a favore (quello che in altri sport più vicini all’italica sensibilità è una cosa normale), viene spesso ammonito dagli altri giocatori in campo con il grido di “Hollywood!”.
Ecco, in “The Martian” ci sono dei momenti in cui mi è venuto istintivo gridare “Hollywood!”: il personaggio dell’esperto di dinamica (ovviamente un Nerd) che spiega al capo della NASA il suo piano utilizzando le persone nella stanza e una pinzatrice. Oppure Kapoor che prende una foto di Marte incorniciata staccandola dalla parete, per disegnarci sopra una traiettoria con righello e pennarello… Non avete la topografia del pianeta rosso sul vostro computer? (“Hollywood!”). Concessioni che il film fa a quella maledetta ossessione di perdersi il pubblico, di dover spiegare (in questo caso mostrando in maniera esagerata) passaggi chiave del film, che per un film con tale livello di coerenza interna e scientifica e una tale celebrazione del metodo nel primo tempo, è una sbavatura, da poco lo so, ma stai sicuro che il pubblico che dà dell’Americanata a “The Martian” userà proprio queste scene come esempio.
«Vendica il mio minutaggio Guillermo… Vendicami!» |
La cosa che “The Martian” ha rispetto a tutti gli altri film, è il fatto di essere fatto con i soldi e gli attori di Hollywood, ma che riesce quasi totalmente a schivare i classici momenti “lacrimoni” che non mancano mai in questo genere di film, è pieno di scene girate alla grande (le parti a gravità zero sono magnifiche, Ridley Scott porta a scuola ancora tutti, c’è poco da fare) e non abbiamo mai visto Marte così bene come in questo film. Sono contento che Scott abbia finalmente trovato lo script giusto, magari dopodomani applicherà il suo enorme talento ad un’altra sceneggiatura da poco (e allora ricominceranno i cori “è vecchio, bollito e non becca più una pista”), ma per ora questo me lo sono goduto, non credo che lo rivedrò a breve, ma comunque ho apprezzato la sua unicità, è il cugino strambo della famiglia, quello che scherza quando dovrebbe disperarsi…
Sarà che sono un tipo che tende all’ossessività compulsiva, ma personalmente la scena che riassume tutto il film è quella che mi ha emozionato di più, nessuna anticipazione per chi non l’avesse visto, tranquilli: Mark ha appena subito una perdita grossa e senza perdersi d’animo fa l’inventario delle patate che ha ancora a disposizione, in sottofondo il rumore ossessionante di un telo tirato, fissato con il nastro americano (perché con il nastro americano si può riparare TUTTO!) che sventola. La protezione dall’essere risucchiato fuori a morire su Marte, è uno sfarfallante telo trasparente di pochi millimetri, Mark si ferma ad ascoltare il rumore per qualche secondo, se fosse un film differente avrebbe una crisi isterica da attore che punta all’Oscar, qui invece no, sotto a fare la conta delle patate, rivaluta la nuova condizione, ricalcola, ridefinisci le nuove priorità… La celebrazione del metodo come unica arma contro il caos.
Se pensate che questa sia roba nelle vostre corde, sedetevi e godetevi lo spettacolo, offrono Drew e Ridley. There’s a starman waiting in the sky, hed like to come and meet us, but he thinks he’d blow our minds…