L’altra ragione per cui ricordo bene che era il 1997? Perché a vedere il film mi portò mio padre, in un cinema con il nome da scimmione (storia vera), ricordo anche che arrivammo sui titoli di testa, quindi la prima scena, quella con il piccolo Michael, la vidi solo a casa, una volta acquistata la vhs del film, leggerissimamente consumata negli anni per via delle tante (troppe!) visioni, ma che conservo ancora gelosamente come una sacra reliquia. Poco importa, perché entrando in sala sulle esaltanti note dei Quad City DJ’s e ritrovarmi su uno schermo gigante le immagini di MJ in volo che già conoscevo a memoria, ha fatto sì che dovemmo comprare tre biglietti: uno per mio padre, uno per me e l’altro per la mia mascella che, nel frattempo, era precipitata a terra srotolando un metro di lingua fuori, una reazione a metà tra MJ e un Looney Tunes.
Daffy, nella parte del vostro amichevole Cassidy di quartiere, nell’anno 1997. |
Parliamoci chiaro: il cuore mi dice delle cose, ma la testa altre, tipo che “Space Jam” è un film d’animazione a tecnica mista che mescola attori in carne ed ossa e cartoni animati che, sì, tecnicamente anche se i protagonisti sono una male assortita coppia composta da un umano (o presunto tale) e un coniglio, questo film non allaccia nemmeno le scarpe a Chi ha incastrato Roger Rabbit che più invecchia più diventa bello, a differenza di “Space Jam” che in certi passaggi ci ricorda che contro Padre Tempo si sono limitati a vedere la palla entrare nel canestro tutti, ma occhio che arriva il però. Però (non ditemi che non vi avevo avvisato) io me ne frego, perché “Space Jam” con tutti i suoi difetti resta mitico, la fotografia perfetta del mio 1996 e di quel paio di anni necessari a completare il decennio che ho passato con le scarpe da basket ai piedi e il numero 23 sulla schiena, che fossero T-shirt o la mia replica della maglia dei Bulls poco cambia. Per il suo altissimo (1,98) valore affettivo, il fatto che cito a memoria le frasi di questo film ad ogni piè sospinto (storia vera) e per aver spinto un’intera generazione ad amare il gioco più bello del mondo, “Space Jam” si merita un posto tra i Classidy. MJ, metti in bacheca anche questo titolo!
Conosco un sacco di persone della mia leva che hanno visto più volte questo film, che fanno rimbalzare a terra una palla arancione a spicchi e poi ci sono quelli, chiamiamoli casi gravi, senza possibilità di recupero, che tornati a casa dal campetto, guardavano “Space Jam” e a volte anche prima di andarci, non voglio fare nomi, né suggerirvi che uno di quelli lo state leggendo in questo momento, però tenete a mente questi argomenti. Perché “Space Jam” è stato il tappo che salta della bottiglia di champagne, di una passione, quella per la pallacanestro della NBA che è sbarcata anche in uno strambo Paese a forma di scarpa, proprio grazie a Michael Jordan. Di lì a poco ci sono stati altri film sul basket, anche migliori, ma nessuno ha avuto l’impatto culturale di “Space Jam”, dài su le mani: chi aveva la maglietta di Bugs, Taz, Duffy o di uno dei Monstars dedicate a questo film? Non fate i timidi, guarda quante manine in aria!
Fun fact: Per poter girare il film, e mettersi in forma per il suo ritorno nella NBA, MJ si è fatto costruire un campo privato accanto al set (si, quello che difende su di lui è Magic Johnson). |
L’NBA e il cinema, aveva capito il potenziale di Jordan fin dal suo esordio nella lega nei primi anni ’80, per anni “His Airness” è stato il più serio candidato per un ruolo di rilievo in “Heaven is a playground” adattamento del romanzo di culto del basket dei campetti, scritto da Rick Telander, ispirato alla vita e alle gesta leggendarie di giocatori mitici come James “Fly” Williams.
Come dicevano per Superman nel 1978: You’ll believe a man can fly. |
Il suo storico Coach Phil Jackson, una volta si è stupito del numero di persone che gli capitava abitualmente di vedere davanti alla statua di MJ, posizionata fuori dal palazzetto dei Chicago Bulls, intenti a pregare (storia vera), un culto quasi trascendentale, troppo grande per un piccolo film come “Heaven is a playground” che, infatti, nel 1991 esce dovendo, però, rinunciare a Jordan, sostituito da Bo Kindle. Sembra una di quelle risposte da telequiz: chi ha sostituto MJ? Bo! La targa di Bologna? Bo! Per altro, il grande Roger Ebert, forse il critico cinematografico più famoso del mondo, lo ha pure stroncato, “Heaven is a playground” non Bo Kindle!
«Fammi giocare Coach! Dopo il Dilofosauro e Sharon Stone posso affrontare chiunque!» |
Il risultato finale è “Space Jam”, diretto da uno specialista di video musicali e pubblicità come Joe Pytka, un film dalla strada spianata, costato 80 milioni di ex presidenti defunti stampati su carta verde che ha saputo portarsene a casa una cosa tipo 230 in tutto il mondo, in generale raccogliendo commenti tiepidi. Per molti è un becero tentativo di sfruttare la notorietà di Jordan e di “smarchettare” citando quanti più marchi possibili, la scena in cui il mitico Wayne Knight (anche se Joe Pytka avrebbe voluto Michael J. Fox per la parte, storia vera) entra in stanza e spara senza vergogna la frase: «Dai Michael, la partita ci aspetta! Infilati la tua Hanes, allacciati le Nike, prendi i tuoi cereali e un Gatorade! I Big Mac li compriamo lungo il tragitto!» fa capire che il soldo conticchia nell’economia di questa pellicola, ecco. Eppure, sapete qual è stato l’unico critico cinematografico americano ad esaltare il film fin da subito? Roger Ebert! E qui ci starebbe un bel coro: Roger uno di noi! Uno di nooooooi! E Roger uno di noi!
«Michael credi di poter saltare fino a qui?», «Stai scherzando vero? Così è riscaldamento per me» |
“Space Jam” è il culto dell’uomo chiamato Air Jordan, His Airness, la migliore interpretazione di MJ, quando interpreta la parte di sé stesso, citando Federico Buffa. Poco importa se poi a recitare MJ è un ciocco di legno, appena ha la palla sotto le dita è un predatore nel suo territorio, il resto uno spettacolo messo su per sottolineare i passaggi reali che sembrano già nati per il cinema: la promessa di Michael a papà James? Bene, aggiungiamo che il padre di Jordan è stato ucciso lungo una strada statale nel luglio nel 1993, durante un tentativo di rapina finito nel modo peggiore, un fatto che se non fosse reale, farebbe pensare alla genesi di un supereroe (cosa che in qualche modo è stata davvero). Oppure, il film si prende in carico di rendere la realtà un pochino più edulcorata, qualche esempio?
«Essere come Mike o non essere come Mike?», «Credo che le parole fossero un po’ diverse» |
Diventa anche difficile per me commentare un film come “Space Jam”, sul serio penso di averlo visto tante di quelle volte da darlo per scontato, qualche tempo fa me lo sono rivisto su Netflix in inglese così, per cambiare un po’, tanto potrei vederlo anche in Magiaro, da quanto lo conosco a memoria. L’idea è semplicissima, come può essere il soggetto di un cartone a caso dei Looney Tunes: il malvagio Mr. Swackhammer (in originale Danny DeVito) titolare di un Luna Park alieno, manda i suoi bassissimi sgherri a rapire Bugs e compagni per trasformarli in attrazioni per i turisti. Giocando sulla credenza popolare per cui quelli bassi non possono giocare a pallacanestro, l’astuto coniglio pesca un coniglio dal cilind… Vabbè li sfida a Basket, ma gli va di sfiga perché quelli fregano il talento a quei Cristoni (cit.) della NBA e diventano delle masse di muscoli iper talentuose e apparentemente impossibili da battere (tipo il quintetto base dei Golden State Warriors per capirci), ma si dimenticano di MJ che, nel frattempo, a pallacanestro non gioca più, noooo io a pallacanestro non gioco pi… Devo smetterla, altrimenti finisco per trascrivervi tutti i dialoghi.
«Palla a due, fate ancora in tempo ad arrendervi se volete» |
Ci sono due cose che mi fanno proprio impazzire di “Space Jam”: l’idea di trasportare sul grande schermo la vita di Jordan (con qualche abbellimento cinematografico) consente anche ad altri giocatori della NBA di interpretare la parte di loro stessi nel film, prendendosi anche amabilmente in giro. Muggsy Bogues (1.6m) e Shawn Bradley (2.29m) sembrano l’articolo “il”, Charles Barkley è un vero mattatore («Charles Barkley ci sta uccidendo», «Dov’è quest’assassino, fatemelo vedere») che presta anche il nome al Bulldog di casa Jordan, ma il migliore per me resta Larry Bird, uno la cui idea di umorismo era annunciare come avrebbe fatto il prossimo tiro da tre al difensore, prima di stamparglielo dritto in faccia come annunciato, qui con la sua serietà, “Larry the legend” è la spalla perfetta per le trovate comiche di Bill Murray ed ecco che arriva la seconda cosa che mi manda giù di testa di questo film.
Nemmeno Han Solo ha mai avuto un ritorno in scena eroico come questo! |
Se i giocatori della NBA possono interpretare la parte di loro stessi, perché non farlo fare anche a Bill Murray? La leggenda (non Larry), vuole che Murray abbia accettato la parte perché, oltre ad essere un fanatico di Basket abbia passato diverso tempo a pentirsi di aver rinunciato a recitare con un coniglio dei cartoni nei panni di Eddie Valiant, regalando così a Bob Hoskins il ruolo della vita (storia vera).
«Ok gente Cassidy sta iniziando a delirare! Palla ad MJ e portiamo a casa questo post!» |
Murray raggiunge la partita finale, trasformando un buco di sceneggiatura in una gran battuta «Ma come ha fatto a venire qui?», «Sono amico del produttore», (cosa che è anche vera, visto che il film è prodotto da Ivan Reitman) e per il resto del tempo snocciola battute una più mitica dell’altra. A battere la mitica «Larry non è bianco, Larry è scolorito» ci pensa la frase che avrei sempre voluto dire su un campo da Basket, prima di passare a destra il pallone: «Passaggio a sinistra, passaggio a sinistra… mai fidarsi di un Terreste!». Ma il numero di battute che ho preso da questo film e sono diventate parte della mia parlata quotidiana non si contano, ancora oggi qualcosa di pulito per me è «Fresco al limone!» rigorosamente pronunciato imitando Tazmania (storia vera) e questo dovrebbe dirvi di quanto a mia volta sia abbastanza “Looney”.
»Giuro che concederò la rivincita a Godzilla» |
Dei Quad City DJ’s vi ho già detto, “Basketball Jones” con un depresso Charles Barkley che si trascina nei pressi dei campetti e viene stoppato da una ragazzina, è un momento gioiosamente malinconico. “Hit ‘Em High” una tamarrata orecchiabilissima che mette insieme un quintetto base degno dei Monstars (B-Real, Coolio, Method Man, LL Cool J e Busta Rhymes), ma i pezzi veri di cuore sono altri, “Fly like an eagle” nella versione di Seal riassume tutta la gioia del gioco della pallacanestro, non ho mai capito che cacchio di genere facesse Seal, ma questa canzone la canta così bene che per me sarà sempre un grande. Ma IL pezzo di questa colonna sonora si merita un paragrafo a parte.
Come ci si sente, alla fine del pezzo di R. Kelly. |
Nel 1997 forse non esisteva nemmeno un pubblico per un film così, lo si nota parecchio dal miglior doppiaggio del mondo (si nota la vena polemica?) che prende in prestito da trasmissioni calcistiche doppiatori non professionisti tipo Giampiero Galeazzi, Sandro Ciotti e Simona Ventura che qui doppia Lola Bunny, l’unica Looney Tunes pensata per il film, purtroppo caduta nel dimenticatoio perché considerata troppo sexy per la media dei cartoni animati della Warner Bros. (storia vera).
«Tzè, non sapete cosa vi siete persi» |
In ventidue anni ne sono cambiate di cose, tranne il sito ufficiale di “Space Jam”, quello è sempre uguale dal 1996 (pura archeologia di Internet) e il fatto che da allora non ho mai smesso di riguardarmi il film. “Space Jam” è diventato un classico dei palinsesti televisivi e un pezzo di cuore per un’intera generazione, per me quasi un passaggio ideale di testimone (o di palla da basket) tra un’infanzia consumata sperando che Willy catturasse quel cazzo di Bee Bee e un’adolescenza passata a giocare a basket, sognando di volare a canestro come MJ. Perché alla fine “Space Jam” è questo, è un film sugli eroi della nostra infanzia e dell’adolescenza che sono senza macchia, senza paura («ma siamo anche un po’ polli e quella brodaglia ci serve!») e fanno una cosa tipo 44 su 44 al tiro come MJ in questo film. D’altra parte il mondo non sarebbe un posto migliore se tutte le dispute potessero essere risolte con un canestro e un pallone? Io ne sono ancora convinto. Ma io sono anche quello che non ha ancora tolto il poster di Jordan dalla parete della sua vecchia cameretta, forse è per quello che il 1996 non mi sembra poi così lontano.
«Forza Bulls!» (Cit.)