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Spawn (1997): la strada per i cinecomics è lastricata di film come questo

Dicembre 1996, non so se ho già compiuto quattordici anni, ma di sicuro già allora frequentavo uno dei miei posti preferiti di sempre: l’edicola! Ed è proprio qui che faccio la conoscenza di un fumetto nuovo, almeno per me, il numero uno di “Spawn”. È l’inizio di una passione smodata e fuori controllo.

Il fumetto è particolare per più di una ragione, la prima è che la copia che mi porto a casa ha due copertine, nel senso che per un errore in fase di rilegatura mai più capitato in tanti anni che compro fumetti, quel numero ha due copertine identiche pinzate una sull’altra (storia vera) e non è l’unico difetto, quello più macroscopico di cui, però, mi sono accorto solo tempo dopo è il titolo della mini saga scritta da Alan Moore presentata tra quelle pagine, “Feudo di sangue”, traduzione a capocchia di “Blood feud”, ovvero faida di sangue, ma sono dettagli, perché perdo lo stesso la testa per quel personaggio assurdo.

Sul serio, “Spawn” di Todd McFarlane aveva tutto per affascinare un ragazzino già fanatico di fumetti, con gusti storicamente macabri tendenti al Metallaro, in un’era pre-internet in cui le cose si scoprivano ancora così, magari proprio in edicola.

Le ore passate a imitare il tratto delle matite e il modo di usare la china, voi non avete idea.

Todd McFarlane è un nome non da poco nel mondo del fumetto americano, disegnatore canadese dal tratto esagerato uno che per anni ha fatto a cazzotti con il “Mio” Peter David sulle pagine di “Hulk”, per poi passare a disegnare Spider-Man e farsi un nome. Alcuni gli attribuiscono la paternità della ragnatela “a spaghetto” di Spidey che non è quella che viene meglio con il ragù, ma quella tutta intrecciata.  Nel 1992 Todd molla la Marvel, insieme ad un’altra banda di gatti senza collare fonda la Image Comics, dove lancia il suo personaggio, Spawn, un soldato dell’inferno tornato sulla Terra dopo aver stretto un patto con il Diavolo che, però, qui si chiama Malebolgia, così, per darci un tono Dantesco.

Todd ci mostra una delle sue tavole originali, che da sola costa più del budget di questo film.

In sé non proprio un personaggio originalissimo, la maschera somiglia molto a quella di Spidey, ma altri elementi sembrano arrivare da un paio di comprimari del ragnetto: Prowler (il mantello e l’origine afroamericana del personaggio) e Venom (costume, catene e mantello viventi, proprio come il simbionte del “Protettore Letale”), insomma un bel rimasticone. Ma McFarlane è un dritto, grazie al contributo di artisti notevoli come il diabolico Alan Moore (che dà spessore al personaggio di Violator e crea tutta la struttura dell’Inferno) e l’angelico Neil Gaiman (con il compito di dare forma al paradiso e per surplus, creando anche Angela, uno dei personaggi più fighi dei fumetti degli anni ’90), il suo “Spawn” diventa il fumetto più caldo del decennio e anche la mia lettura preferita, almeno finché non ho scoperto Preacher, ma questa, è un’altra storia.

Di “Spawn” avevo il videogioco del Super Nintendo (ancora mi ricordo la musichina, storia vera) e di notte cercavo di registrare sull’allora Tele+ gli episodi del cartone animato, prodotto dalla HBO, quella dei bei tempi, non quella dei draghi e dei culi al vento. Ma il massimo erano i miei amici, che venivano a casa solo per sfogliare le pagine di quel fumetto là, quello figo e rifarsi gli occhi con le matite di Greg Capullo, nemmeno lo leggevano, guardavano solo le figure in estasi (storia vera).

Quando la HBO era ancora una garanzia di qualità. 

Quando nel 1998 viene annunciato un film su “Spawn”, la mia mente esplode. Un film su Spawn! Cioè è tipo un film, ma tratto da un fumetto, un fumetto di supereroi che, però, è violentissimo ed è tipo il più figo del mondo!! Ricordo ancora una mattina a casa con la febbre, ogni passaggio tv della pubblicità del film, la febbre mi saliva. Costringo mio padre a portarmi a vedere il film, l’ultima volta che lo avevo fatto era per Street Fighter, quindi non solo ho costretto mio padre e vedere Van Damme fare a pugni con Raul Julia, ma pure il film su “Spawn”, scusa pà!

Non pago, alla sua uscita in vhs, che vuoi fare, non ti porti a casa il film? Ma no, figurati! Insomma, Todd McFarlane, so che mi leggi sempre, la ruota di scorta della tua seconda Ferrari te l’ho pagata io! Ho visto il film un numero di volte che bisognerebbe considerare criminale, la passione per Spawn mi è passata ben oltre il numero cento della serie, quando ormai il fumetto faceva pietà, ma che ci volete fare, la passione è così, quando ti prende ti prende.

Lo ammetto, avevo anche il gioco del Super Nintendo! (maledetto Redentore, mi uccideva sempre).

Sapete chi non si è mai rassegnato, invece? Todd McFarlane! Sì, perché è dal 1997 che annuncia che il secondo film su Spawn è in lavorazione, oh questione di poco, sta per uscire, sarà violento, cupo, non ci sarà nessun super cattivo, preparatevi sarà una bomba. Lo dice dal ’97, ventuno anni dopo forse ci siamo, o per lo meno, adesso Todd McFarlane ha dichiarato di aver firmato un accordo con Jamie Foxx per la parte di Al Simmons, l’agente della CIA morto e tornato dall’inferno.

Quindi, ho pensato: perché no, riproviamoci… Cioè, ho visto il film tante di quelle volte da essere sicuro che questo film è brutto, ne sono certo, però in qualche modo si è costruito il suo mito, quindi anche per ragioni affettive diventa il candidato ideale per la non-rubrica dei Bruttissimi di rete Cassidy!

Vi ricordo che l’intento dei “Bruttissimi” è quello di parlare di quei film oggettivamente brutti, ma che hanno saputo comunque diventare mitici, non è una celebrazione del brutto fine a sé stessa, ma un modo per ricordarci che c’è stato un tempo i cui per i fumetti al cinema non era tutto pesche e crema come oggi.

Todd McFarlane nel suo conoscere tutti e voler fare sempre le cose in grande, ha le idee chiare: vuole la New Line cinema. La casa di produzione famosa per gli horror che ancora non aveva sfondato con “Il signore degli anelli” nel 2001, quindi era ancora parecchio affamata e pronta a tutto, anche ad affidare la regia di un film zeppo di effetti speciali, ad uno come Mark A.Z. Dippé, esordio dietro la macchina da presa, ma esperienza con gli effetti speciali di un capolavoro, un altro capolavoro e per essere sicuro pure qualche altro capolavoro. Cosa può andare storto? Tutto! Perché, per assurdo, sono proprio gli effetti speciali la parte che aggredisce le cornee dello spettatore, 98 minuti davvero infernali!

Ci credo che è finita in tragedia, più che un regista sembra uno che ascolta i risultati della serie A con la radiolina la domenica pomeriggio.

Siccome nel 1997 i cinecomics non esistevano, Mark A.Z. Dippé si ritrova a muoversi in un terreno inesplorato ed è chiaro che le direttive siano quelle di infilare nel film quante più trovate prese di peso dalle pagine del fumetto, perché va bene conquistare il pubblico, ma per prima cosa bisogna far contenti i fan, madornale errore (cit.) perché non puoi adattare in maniera realistica, una storia che sulla carta funziona proprio perché grottesca e esagerata, soprattutto nell’aspetto dei personaggi.

“Spawn” non varca la linea sottile che permette di far funzionare una storia fantastica al cinema, la fa saltare per aria con il tritolo! Una scientifica operazione di sabotaggio che inizia al primo minuto del film, con uno spiegone che, però allo stesso tempo fa anche da spoiler, un caso rarissimo!

I titoli di testa invece, ti fanno già capire che il film continuerà malissimo.

In un trionfo di fiamme infernali realizzate (male) in CGI, la voce narrante di Cagliostro (Nicol Williamson) il mentore di Spawn ci racconta che la guerra tra paradiso e inferno si combatte da millenni, Malebolgia che è un mostro brutto animato come una sequenza di raccordo di un videogioco dell’Atari e che per altro parla, tenendo SEMPRE la bocca spalancata (eh?) è alla ricerca di un condottiero da mettere alla testa del suo esercito, «Qualcuno che guidi le sue orde ai cancelli del paradiso e bruci tutto» oh, io ve lo dico, lo so tutto a memoria questo film, sul serio è imbarazzante!

Non ti si secca la lingua a stare con la bocca sempre aperta?

Poi, senza nessun motivo apparente, un Clown finto grasso (il povero John Leguizamo costretto a recitare carponi dentro una tuta di gomma soffocante) continua ad apparire in ombra, come a voler preservare l’orrido make-up mentre parla con Jason Wynn, il cattivissimo capo della CIA interpretato da Martin Sheen, un personaggio che per follia e piani esplosivi sembra la continuazione diretta del suo personaggio di La Zona Morta, ma dopo una deriva da B-Movie che prevede dispositivi nel suo cuore che fanno detonare bombe nel caso dovesse smettere di battere (EH!?!). Piccolissimo problema: il Clown in tutta la sua bruttezza si era già visto nella pacchiana presentazione, quindi questa trama all’insegna del non detto, procede tra una battuta su “Apocalypse now” e l’altra (roba tipo «Si scatenerà l’apocalisse now!» bah!) perché hey! Quello è Martin Sheen ha recitato in “Apocalypse now” non vogliamo farlo notare a tutti?

Fun fact: Martin Sheen ha accettato il ruolo perché voleva recitare in un film tratto da fumetto (Proprio questo dovevi scegliere!)

Quindi, già sappiamo che qualcuno dovrà morire, andare all’inferno e tornare come soldato infernale con i poteri di Spawn, siamo al terzo minuto e già ci hanno raccontato tutto quello che succederà da qui ai prossimi quaranta minuti di film, quindi quando Al Simmons entra in scena, impegnato a fermare dei generici terroristi medio orientali con un’attrezzatura hi tech che sembra gridare “James Bond, scansate!”, sappiamo già che il poveretto non avrà molta vita ancora da vivere.

«Portatemi un altro copione così e vi prendo tutti a calci in faccia, sono stato chiaro?»

Solo che Al Simmons è interpretato da quel mito di Michael Jai White che si era fatto notare nel 1995 per aver interpretato alla grande Mike Tyson ed è a tutt’oggi uno degli artisti marziali più in forma in circolazione, per questo in questo film gli viene chiesto di menare come un fabbro? Ma va! Michael Jai White tira un calcio, per altro ad una parete in un momento di rabbia, in UNA scena del film, il resto del tempo gli viene chiesto di fare il bravo padre di famiglia, il marito innamorato e poi il cadavere tornato in vita, sepolto sotto quintali di trucco per simulare la pelle bruciata. Trovo significativo che l’unica parte del corpo di White a vista siano i suoi denti, e considerando che l’attore ha un vistoso diastema, abbiamo un supereroe morto, bruciato, avvolto in un mantello fatto di brutta CGI con una “finestrella” tra gli incisivi e che per di più non picchia mai nessuno, insomma un trionfo!

Il dramma di un uomo morto, ma io riesco solo a fissare quello spazietto tra gli incisivi.

Al Simmons dopo una carriera come assassino per la CIA, dopo aver ucciso questi cacchio di terroristi, decide che… “Basta, no è troppo, io mollo” (ma farlo prima? Vabbè), Jason Wynn in accordo con il Clown braccio destro di Malebolgia lo fa uccidere dalla bonissima Priest (una Melinda Clarke con minigonna da scavalco e Tarantola con cui giocare così, perché si capisca che è cattivissima) con un piano articolatissimo, una cosa tipo: «Ma ceeeeerto Al, accetto le tue dimissioni senza discutere, però puoi andare un attimo in questo impianto nucleare in Corea del Nord prima che non è affatto una trappola? Noooo!»

Il contributo di Melinda Clarke al rimescolamento dei miei ormoni adolescenziali.

Il nostro Al scopre che il principio “Chi muore giace e chi vive si dà pace” è sempre in voga, specialmente quando il diavolo ti frega e ti rimanda da tua moglie sì, però sotto forma di arrosticino («sei rimasto troppo nel forno, avevo detto ben cotto non bruciato») e per di più cinque anni nel futuro, dove tua moglie Wanda (Theresa Randle che nella stessa carriera è stata sposata sia con Spawn che con Michael Jordan in “Space Jam”) ha sposato il tuo migliore amico Terry Fitzgerald (D.B. Sweeney) ed insieme hanno pure avuto una figlia di nome Cyan. Al suo ritorno il povero Al come Ulisse, viene riconosciuto solamente dal cane Spaz, e se ve lo state chiedendo sì, in questa storia hanno tutti dei nomi che sembrano delle onomatopee, Wynn, Spaz, Spawn, Cyan, Bum e Bang! Per altro, Terry Fitzgerald è il primo caso di un personaggio dei fumetti nero che nel film diventa bianco, solo che nel 1997 il concetto di “Whitewashing” non esisteva e campavamo tutti molto meglio, anche perché lamentarsi di un cambio di questo tipo, in un film così, è come piagnucolare se ti si è rovesciata l’acqua, durante un deragliamento.

A sinistra, la moglie di MJ, a destra un “problema” che nel 1997 non sapevamo nemmeno di avere.

“Spawn” ha un tono cupissimo, le prova davvero tutte per dare un’aria apocalittica ad ogni scena, Michael Jai White è costretto ad essere sempre tremendamente serio, l’entrata nella “Città dei topi”, i bassifondi che sono anche l’unico posto in cui uno con la sua faccia può andare a vivere avviene sulle note di “Long hard road out of hell” di Marilyn Manson, roba che più anni ’90 di così proprio non è possibile! Il povero White è costretto a dire al cagnetto Spaz, fermamente intenzionato a seguirlo nei bassifondi delle robe tipo «Ok, ma sarà il tuo funerale» (al cane? Ma perché?), tutte trovate che fanno a pugni con il fatto che Mark A.Z. Dippé poi non sappia proprio dove girarsi, ogni sua scelta risulta pacchiana, tipo le dissolvenze del film, sono tutte fatte con un effetto “Fuoco e fiamme” (cit.), oppure con parti di mantello di Spawn che compaiono da un lato dello schermo, ma non parlo di una o due dissolvenze, dico proprio TUTTE! Insomma la fiera del cattivo gusto e se si parla di cattivo gusto, un capitolo a parte lo merita il Clown di John Leguizamo.

Nessun cane è stato maltrattato durante la produzione di questo film (si sono limitati
a noi spettatori)

Personalmente non mi spiace Leguizamo, quando si tratta di fare il tamarro, l’attore di origini portoricane è bravissimo, ma qui è davvero alle prese con un ruolo ingrato, pensate che tortura dev’essere stata per uno alto 1,73, dover recitare tutto il tempo carponi sommerso in una specie di tutta di gomma da Gabibbo. Ma la tortura vera è il personaggio in sé e le battute che pronuncia fino ai titoli di coda, lo vediamo ad una festa di bambini dire cose tipo «Mi piacciono i bambini fritti» (Eh?) regalando loro pupazzetti di sé stesso che ruotano la testa e vomitano verde soprannominati “L’Esorcistino” (EH!?!).

Ma non vi preoccupate poi le cose vanno pure peggio, non so se la mia parte “preferita” è quando si mette ad imitare una cheerleader con tanto di Pom Pom e gonnellina (non vi dico che bellezza), oppure quando rifà la scena di “La vita e meravigliosa” (1946) con i peti al posto del suono delle campane. Ma si limitasse ai peti! Noooo c’è tutta una descrizione sulla tipologia di peto perché vuoi mica farti mancare anche un clown che “sgomma” le mutande ma figuriamoci! Insomma, come faccia John Leguizamo a lavorare ancora per me è uno dei più grandi misteri della storia del cinema, ho visto carriere andare in pezzi per molto meno di così!

Per non dimenticare, chi dimentica è complice.

Insomma, “Spawn” è un vero disastro, Mark A.Z. Dippé è l’uomo che ha l’andamento della sua carriera riassunta nel nome, perché è passato dalla “A” alla “Z” in un attimo. Oggi nel 2018, diremmo che questo film è la classica “Origin story” di un anti-eroe, oppure semplicemente diremmo che è brutto, anzi bruttissimo, quindi perfetto per questa non-rubrica. Vedere Al Simmons che impara ad usare i suoi poteri, tutto quel pasticcio di Necroplasma e Necropelle ed un finale che è un trionfo di brutta, anzi pessima computer grafica, insomma dai, nessuno nel 1997 era pronto ad una roba del genere, non lo siamo ancora oggi 21 anni dopo, figuriamoci allora!

Si erano già tenuti la porta aperta per un seguito, con il personaggio più stiloso degli anni ’90, poveri illusi.

Anche perché rendere le anatomie grottesche dei personaggi del fumetto sarebbe una sfida oggi, che i film tratti da fumetti sono la normalità, ma con gli effetti speciali del 1997 e questo (dis)gusto generale, il risultato sono momenti atroci, come il Clown che si trasforma in Violator (doppiato in italiano come “Il violatore” gulp!) una specie di grosso bacarozzo con gambe e braccia ridicolmente lunghe e sottili che, comunque, si muove in maniera più dinoccolata, anche se sembra una grossa marionetta, rispetto al povero Michael Jai White inguantato sotto quintali di plastica. No, sul serio, ma qualcuno ha spiegato a Jamie Foxx a cosa sta andando incontro?

Mi fanno impazzire le corna che fanno “Pling Plong” quando spuntano.

Allora cosa si salva di questo film? Quasi niente, forse posso dire che è grazie a “Spawn” che ho conosciuto Michael Jai White, che per fortuna ho poi imparato ad apprezzare in film più adatti al suo talento. Ma dalle tante, anzi decisamente troppe volte che ho visto questo film (un giorno, dovrò renderne conto a qualcuno, forse alla bocca eternamente aperta di Malebolgia) mi porto via una serie di “Citazioni involontarie”, quelle frasi che si finisce ad utilizzare nella parlata quotidiana, ad esempio, vi è mai capitato di rispondere ad un’offesa dicendo «Detto da te mi offende proprio» come fa il Clown con Spawn quando questo gli dà del mostro? A me sì, vi assicuro che funziona!

Ma, per assurdo, “Spawn” manda a segno anche una “Frase maschia” memorabile, quando Priest, una Melinda Clarke conciata come una dominatrice sadomaso con mitra di plastica, dice a Spawn che sembra uscito da Halloween (da che pulpito, il bue che dà del cornuto all’asino) lui le risponde: «Dove stai per andare tu, tutti i giorni è Halloween», lo so è pochino, ma la trovo ancora una frase in grado di fare la sua porca figura, a differenza di questo film.

Provate a dire a chi pensavo l’altro giorno, quando ho visto il trailer di “Venom”.

Dopo 21 anni, “Spawn” più che famoso è famigerato, il suo fantomatico seguito, reboot o quello che sarà, è alla stregua di “Chinese democracy” dei Guns N’ Roses, con la differenza che i Guns un album con quel titolo sono riusciti tra mille fatiche a farlo sfornarlo, Todd McFarlane, invece, è ancora fermo al palo. Per assurdo, però, il film ha qualcuno che lo difende, ad esempio Michael Jai White è orgogliosissimo di essere stato uno dei primi, se non addirittura il primo attore di colore ad impersonare un personaggio dei fumetti in una produzione ad alto budget, dettaglio che oggi è la normalità, nel 1997 un po’ meno. Certo, avrebbe potuto venire fuori un pochino meglio il film, però dai Mark A.Z. Dippé ci ha messo tutta la buona volontà che, poi, è quella che di solito lastrica la strada che porta all’inferno.

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