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Speak No Evil (2022) vs. Speak No Evil (2024): insomma, state zitti

Quale occasione migliore per portare avanti la tradizione dei Versus della Bara Volante, se non questa, visto che gli americani si ostinano a non voler guardare film sottotitolati, mettiamo in sfida diretta i due “Speak No Evil”, cominciamo!

Speak No Evil (2022)

Dovreste averlo intuito, guardo parecchi film horror, poi capita che qualcuno mi scappi come granelli di sabbia tra le dita, ad esempio avevo sentito parlare parecchio, davvero tanto di “Speak No Evil”, ma non lo so, il mio senso di Cassidy pizzicava, per questo ci ho messo un po’ a recuperalo, mi sono deciso quando l’ho visto spuntare su Prime Video lo scorso anno.

Il film di Christian Tafdrup sembra un monito agli scrocconi, vi farà passare la voglia di fare quel viaggetto a casa di amici che sognavate da tempo, un po’ il sogno di noi amanti del focolare, se i protagonisti fossero stati a casa loro, Tafdrup avrebbe diretto un cortometraggio sulle gioie del divano.

«Io volevo solo stare a casa sul divano!»

La storia inizia in Toscana, quindi sì, per certi versi è colpa dei Toscani (quasi-cit.) la famiglia danese composta da figlioletta Agnes, papà Bjørn e mamma Louise conoscono i simpaticissimi olandesi Patrick e Karin, coppia in vacanza insieme al piccolo Abel e qui, con i figli piazzati ad una Baby-Sitter del luogo. Volendo Tafdrup avrebbe potuto dirigere un porno sullo scambio di coppie, ma niente, lui va dritto per dritto verso l’horror, che poi è un po’ il tema del film, con scelte differenti, si sarebbe potuti tutti fare una vita migliore.

Abel parla poco, ma nasce comunque l’amicizia tra famiglia in trasferta, una volta finita la vacanza, ci si ritrova a distanza di tempo, tutti in Olanda, a casa di Patrick e Karin e qui inizia il dramma. Se volete un horror grondante sangue, tutto budella e trippe a vista, lasciate perdere, perché “Speak No Evil” inclina il piano per creare una situazione proto “Funny Games” (entrambe le versioni, quella che preferite) e il titolo dice tutto. Anche se non parla. Ah-ah.

«BEELLAAAAAAAA!», «BEELLAAAAAAAAA!» (Cit.)

Inutile entrare nel dettaglio, guardatevi il film per quello, ma “Speak No Evil” è tutto basato su piccole incomprensioni che diventano grandi incomprensioni, ad esempio sul concetto di “vegetariano” o sul volume della musica in auto durante delle normali dinamiche tra coppie di amici in vacanza. L’orrore di “Speak No Evil” è quello di quando non facciamo notare subito e in maniera educata (punto chiave) qualcosa che ci crea del disagio e quando, anche facendolo, le lamentele cadono nel vuoto. In questo caso, fino alle estreme conseguenze, perché se non apri bocca e non ti fai valere, se non subito (per educazione) ma quasi subito, apri la porta alle prevaricazioni.

Non è un inno a lanciarsi sull’opzione nucleare se qualcuno non ti dice «Salute» dopo che hai starnutito, però vale il vecchio adagio, non farti pecora altrimenti il lupo di mangia. Anche perché nella libertà adolescenziale sfoggiata da Patrick, in parte Bjørn ci si identifica, quelle piccole ribellioni sono la vacanza dai doveri di padre e marito che l’uomo sogna, quindi si crea una situazione in cui le dinamiche cambiano e tutti trovano una giustificazione logica, molto logica, per non aprire la bocca e dire: «Voi siete pazzi, io me ne vado.»

No, mai vai pure a fare una doccia tranquilla, rilassati.

In tal senso con “Speak No Evil” il regista Christian Tafdrup riesce a creare una situazione quasi da commedia della minaccia, in cui lentamente le dinamiche diventano sempre più sinistre, malsane e violente, il che sarebbe anche molto efficace, se non fosse per la logica, un muro di mattoni contro la quale è impossibile non sbattere il naso come spettatori.

Problema: “Speak No Evil” tira troppo la corda, ci sono almeno tre momenti in cui non esiste una sola spiegazione sensata per continuare la convivenza, ma bisogna farlo altrimenti come detto, il film sarebbe un corto (o un porno, uno di quelli corti), quindi se vi sentite in vena di affrontare una serie di “Salti dello squalo” potreste trovare un film con qualcosa di molto interessante da dire, o non dire, vabbè ci siamo capiti.

Speak No Evil – Non parlare con gli sconosciuti (2024)

Mettiamola così, il sottotitolo italiano è utile un po’ come questo rilancio, questa nuova versione a soli due anni di distanza dall’originale (sbaglio o da questo punto di vista il tempo di remake sta diventando sempre più breve?), sappiamo perché esistono questo tipo di operazioni, fondamentalmente perché gli americani si rifiutano di leggere i sottotitoli, quindi preferiscono rifare un intero film piuttosto che passare 110 minuti (circa dieci in più del suo cugino danese) con il naso rivolto verso la parte bassa dello schermo o peggio, doppiarlo.

Quindi la Blumhouse ha pensato bene di accaparrarsi subiti i diritti di quello che è stato considerato uno degli horror più interessanti del 2022 (anche se personalmente mi ha convinto il giusto) per rifarlo in salsa americana.

«Io recitavo in Halt and Catch Fire, tu te la ricordi Halt and Catch Fire!?»

Louise (Mackenzie Davis alla disperata ricerca di una carriera) e Ben Danton (Scoot McNairy) sono una coppia di americani in vacanza con la figlia Agnes (Alix West Lefler) affetta da disturbo dello spettro autistico. Il loro viaggio in Italia procede bene e quindi sì, ancora una volta possiamo ribadire che è colpa dei Toscani (quasi-cit.), tra le colline del Chianti fanno la conoscenza di un’altra famigliola americana, composta da papà Paddy (James McAvoy con camicia a quadrettoni), mamma Ciara (Aisling Franciosi ) e il loro taciturno figlioletto Ant (Dan Hough), un bicchiere di rosso qui, uno là, ci si lascia con la promessa di ritrovarsi, come puntualmente accadrà nella casa di campagna inglese di Paddy e Ciara, segue lo stesso film, o quasi.

James Watkins, che ricorderete per il suo esordio “Eden lake” (2008), replica le stesse dinamiche, abbiamo di nuovo i due padri che fanno comunella, uno represso attratto dal manifesto maschilismo dell’altro, abbiamo di nuovo le incomprensioni imbarazzanti e il limite morale spinto sempre un po’ più in là, il senso del film, il suo METAFORONE resta intatto, se non apri bocca subito assecondi il male, se ti fai pecora il lupo ti mangia, però Christian Tafdrup lo faceva sfruttando i suoi trascorsi danesi, il messaggio non solo arrivava bello forte, ma attraverso una serie di “salti dello squalo”, si consumava in una tragedia.

Più che una gara di urla è una gara di deltoidi.

Gli americani invece, da sempre fautori (sulla carta) dell’essere artefici del proprio destino, sembra che non possano accettare passivamente una situazione, nemmeno una creata da loro stessi, quindi Watkins sfrutta quei dieci minuti di differenza tra una versione e l’altra della storia, per una svolta, una ribellione molto americana a ben guardare, trasformando il suo “Speak No Evil U.S.A.” in una sorta di L’ultima casa a sinistra, il senso del film resta inalterato, ma la sensazione è che per il pubblico americano sia impossibile accettare una situazione senza combattere, mettere mano alle armi e ribellarsi.

La reazione sarà ancora più violenza, quindi “Speak No Evil U.S.A.” ha la sua versione della morale da raccontare, tanto sono stati “zitti e buoni” (ah-ah) i Dalton all’inizio, quanto urleranno forte alla fine, passando da un’estremità dello spettro dei colori all’altra, uscendone cambiati per sempre, ma sostenuti per lo meno da una rivalsa, se non proprio una vendetta.

«I Toscani hanno rovinato questo Paese» (cit.)

Ora, bisognerebbe essere tonti per criticare a priori il film di James Watkins, che è diretto in maniera solida, recitato bene anche da James McAvoy che sa come si va sopra le righe e ormai è sempre più grosso, anche i momenti da “Salto dello squalo” sono un po’ limati, ma gli ultimi dieci minuti, per quanto cinici, non risultano senza speranza come nella versione originale di Christian Tafdrup, che esponeva la sua tesi fino alla fine senza fare alcuna concessione cinematografica (la vendetta catartica) al pubblico.

Dal nostro punto di vista di noi europei, a bordo campo durante questo incontro di tennis, quale delle due versioni risulta migliore? Se non avete mai visto il film del 2022, potreste anche godervi senza problemi la nuova versione del 2024, altrimenti l’effetto déjà vu potrebbe essere forte, sarà anche inevitabile considerare una versione più piaciona (nei confronti del pubblico) se non proprio più paracula dell’altra, ma in generale, dirvi che “Speak No Evil” (2022) è un capolavorone e la versione Yankee fa in automatico schifissimo, non me la sento proprio, ma nemmeno viceversa eh? Anche se ribadisco, questi rifacimenti a ridosso degli originali, sono un altro sintomo della mancanza di idee generale che affligge l’industria cinematografica, in ogni caso, il primo lo trovate su Prime Video, il secondo in sala ed io sono riuscito nell’impresa di tirare giù un intero (doppio) post senza mai scrivere “Speck No Evil”: la storia di un affettato estremamente gustoso dell’Alto Adige che porta il male sulla Terra… Jason Blum? Ti ho appena dato l’idea per il tuo prossimo Horror, manda l’assegno, grazie!

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