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Spider-Man: Homecoming (2017): local hero (Hey ho, let’s go!)

Vi ricordate
quando nel 2007 siete andati a vedere Spider-Man 3 con il cuore pieno di gioia
e siete tornati a casa con le spider-pive nel sacco? Bene, è da allora che
aspettavamo di veder tornare Spidey, ci sono voluti dieci anni, ma ora possiamo
dirlo: bentornato Spidey!

“Homecoming” (detto anche “Torna a casa Ragno”) è
davvero il titolo giusto, fa riferimento alla festa di
fine anno degli studenti dei licei americani, che è centrale nella storia del
film, ma è anche una chiara strizzata d’occhio al fatto che mamma Marvel abbia
finalmente potuto riabbracciare il suo figliolo prediletto. Questo film aveva
il compito d’introdurre il nuovo Peter Parker (e il suo costume che ha fatto
girare le testa al pubblico in rete, lasciatemi l’icona aperta che ripasso)
nell’universo galoppante dell’MCU, il ballo del debuttante Spidey, infatti il
tono generale è quello di una festa.
La caratteristica
migliore dello Spider-Man di Jon Watts è la sua leggerezza, un perfetto
blockbuster d’intrattenimento che si muove agilmente lungo il filo di
ragnatela di tutte le regole a cui i film “Per tutti” moderni devono sottostare
(un po’ di “product placement” e il giusto equilibrio di etnie sparse lungo
tutti i personaggi, alcune delle quali faranno MOLTO arrabbiare i fan oltranzisti del fumetto, quini il 76,8% del totale), eppure Watts conferma quello che pensavo di lui: era
davvero l’uomo giusto per tirare fuori il meglio da un’operazione che nasceva
con parecchi paletti, infatti il risultato finale è un film piacevole nella sua
leggerezza, ma con tanti temi interessanti al suo interno, nessuno dei quali
sbattuti in faccia allo spettatore. Trovo sempre valido quando qualcuno ha
tanto da dire, ma riesce ad intrattenere il pubblico nel farlo, invece di
ammorbarlo. Ah! Proprio per non smaronarvi troppo, sappiate che arriverà il solito post tematico con le citazioni del film (che sono tante!), quindi per ora, concentriamoci sul film.


“Lassù Spidey! Altri fan arrabbiati!” , “Ma dovevi proprio fare QUELLA rivelazione a fine film?”.

Il nuovo Peter
Parker non ha la lacrima facile di Tobey Maguire, ma nemmeno l’ossessione per il ciuffo di Andrea Isidoro, si parte
subito con slancio, senza mostrare per la terza volta il morso del ragno oppure
la morte dello Zio Ben, ammettiamolo, sarebbe stato tedioso rivedere tutto
questo ancora una volta nel giro di una manciata di anni e poi davvero esiste
ancora qualcuno che non conosca le origini dei poteri e delle responsabilità di
Peter Parker?

Quindi, questo
film si pone l’obbiettivo di mostrarci il personaggio da un punto di vista
diverso, ma rispettoso dello spirito di Spidey. L’inizio porta in
scena Adrian Toomes (un perfetto Michael Keaton) piccolo imprenditore alle
prese con i disastri procurati dagli alieni Chitauri alla fine del primo “Avengers”
(2012) e dopo un salto in avanti di otto anni, tutto il palcoscenico è per
Peter Parker che rappresenta alla perfezione lo spettatore dei film
Marvel. Un ragazzo che vede gli Avengers come dei miti, entusiasta di aver
afferrato lo scudo di Capitan America e di essere stato nella mischia insieme
ai suoi eroi, come abbiamo visto nel suo esordio in Civil War.
Jon Watts
bilancia benissimo la noia del tempo che non passa mai tra i banchi di scuola,
in attesa dei pomeriggi (e le notti) passati ad essere Spider-Man aiutando il
prossimo e gli Avengers, ben rappresentati qui da Iron Man (il solito
perfetto Robert Downey Jr. a cui il film aggiunge un altro piccolo tassello
della vita di Tony Stark), si comportano con il Bimbo-Ragno come gli studenti
dell’ultimo anno che lo vorrebbero impegnato ad occuparsi di problemi locali,
quando lui vorrebbe solo fare colpo su di loro e giocare in serie A. Si
potrebbe leggere qualcosa del rapporto tra la Marvel e la Sony in tutto questo,
ma meglio non calcare la mano, “Homecoming” azzecca tutto quello che “Non tanto Amazing 2” sbagliava clamorosamente, anche l’utilizzo del doppio cattivo, davvero uno sfoggio di
superiore talento da parte della Casa delle idee.


“Sei l’ultimo arrivato, e per di più arrivi dalla Sony, vola basso ragazzo”.

Watts, già con
l’ottimo Cop Car (andate a riscoprirlo
perché merita) aveva dimostrato di essere in sintonia con dei giovani
protagonisti, il suo Peter Parker è il perfetto adolescente moderno, lasciatemi
fare un discorso da vecchiaccio (tanto sono avviato lungo quella china, ma pure
voi che vi credete!?!): Peter è un bravo ragazzo che fa parte di una
generazione abituata a bruciare le tappe, anche grazie alla possibilità di
accedere a tanto di quella tecnologia che il me stesso 14enne di allora non
avrebbe nemmeno sognato.

Quindi, è normale
che Peter faccia un video con il cellulare per testimoniare la sua gioia di
essere sotto l’ala protettiva di Happy Hogan (Jon Favreau perfetta spalla,
nuovamente nei panni del personaggio), un ragazzo abituato a vivere connesso ad
un wi-fi che, ovviamente, vede il nuovo costume creato per lui da Tony Stark
come la massima figata assoluta e per buona parte del film questo è il punto
cardine. “Homecoming” (inteso come film e come debutto in società di Peter) ruota
tutto intorno al costume.


“Bat-mobile, Tzè! Che te ne fai quando hai questo costume?”.

Che, parliamoci
chiaro, è perfetto. Ricordate le reazioni del pubblico in rete all’esordio del
nuovo Spidey nel trailer di Civil War? La Marvel è furbissima a mostrarci
quando sia figo questo costume, se volessi muovere una critica sociale, direi
che tanto a gran parte del pubblico interessa solo questo, che il film sia figo
(nonno e nipote in sala accanto a me discutevano proprio di questo, che ora Spidey
è figo perché è prodotto dalla Marvel, storia vera), i neofiti potrebbero
arrivare a pensare che l’origine dei poteri di Spider-Man, sia proprio il
costume, perché (incredibile, ma vero) la Marvel è riuscita a sfornare
un ottimo film sul suo personaggio più famoso, senza mai utilizzare la frase “Da
un grande potere derivano grandi responsabilità” e soprattutto senza MAI,
citare lo zio Ben!

Mentre guardavo
il film pensavo che dopo “Amazing Spider-Man” e “Ultimate Spider-Man” adesso
siamo di fronte a “Material Spider-Man” il ragno di un’era in cui apparire
conta più di essere, ma pensavo anche che l’ultima, più costosa e più
appariscente delle incarnazioni cinematografiche del personaggio ha tanti
punti in comune con la prima (la più pezzente verrebbe da dire), ovvero L’Uomo Ragno televisivo del 1977, dove
anche lì ruotava tutto intorno al costume e alla totale assenza dello zio Ben
(incredibile, ma vero!).

Niente zio Ben, ma abbiamo zia Marisa “toMAY”, non credo si lamenterà nessuno!

Per buona parte
del film, non facciamo altro che scoprire tutti i meravigliosi gadget del nuovo
costume di Spidey, che non sono altro che la versione 2017 di tutta la
tecnologia che il personaggio utilizza dal 1963 tra le pagine dei fumetti,
quindi nessun tradimento dello spirito, ma anzi, finalmente una versione di Spidey
che tiene conto del fatto che i lancia ragnatele vadano ricaricati, che sia
necessario avere le cartucce a disposizione e che, finalmente, utilizza anche le
mitiche ragno spie!

Persino gli “occhioni”
espressivi del nuovo Spidey hanno una loro logica tecnologica e furbamente
tengono conto della lezione di Deadpool,
malgrado il “Costume intero” abbiamo un personaggio incredibilmente espressivo
e spigliato, che fa battute pescando a piene mani dalla cultura pop, per cui è
istintivo provare simpatia, la cosa buffa è che il fumetto di Deadpool sia nato
(anche come) parodia di Spider-Man ed ora i ruoli al cinema si siano
invertiti.


“Hai mica un’amaca? Oppure amaca amica” (Cit.)

Ma il bello di
questo nuovo Spidey è che il costume è solo una gustosa aggiunta, Peter Parker
non è un personaggio che ci ammorba con discorsi su poteri e responsabilità, è
uno che quella stessa responsabilità dimostra davvero di averla, non è uno che
sogna un costume figo per essere popolare, ma è davvero motivato ad essere un
eroe, solo che non lo dice, lo dimostra con i fatti. Di fatto è un bravo
ragazzo che risulta simpatico e che per di più agisce! Motivo per cui non
posso che avere voglia di fare il tifo per lui.

Sì, perché quando
per motivi di trama che non vi rivelo per non rovinarvi la visione, Peter
Parker resta senza lo strabiliante costume, si rimbocca le maniche e
dimostra quella che è la vera forza del personaggio cartaceo originale. Peter
Parker sarà sempre un eroe anche se non dovesse avere i poteri (o il costume
come in questo caso) e non potevano scegliere momento più adatto di Peter
sepolto sotto le macerie (una gustosissima citazione fumettistica che piacerà
ai lettori di vecchia data) per mettere in chiaro le motivazioni del
personaggio, uno che non si arrende e non molla, disposto a sacrificare la sua
vita sociale e beccarsi gli insulti di Flash Thompson (che nel doppiaggio
italiano lo chiama “Pecora Parker”, invece che il classico “Pavido Parker”,
pecora? Ma è Spider-man mica Sheep-Man!) pur di fare la cosa giusta e, ditemi
cosa volete, magari non parla mai di suo zio Ben, però per un personaggio così
io ho voglia di fare il tifo.


“Ho un protagonista in pigiama e un cattivo che ha rispolverato il montone anni ’70… Capito, stasera farò tardi”.

Intorno a lui una serie di personaggi familiari, l’azzeccata “zia gnocca” (le battute su Maria Tomei non mancano, peccato che del suo personaggio non sappiamo nulla di più di quanto visto in Civil War, per ora), ma anche Flash Thompson, molto diverso dal fumetto ma a mio avviso molto riuscito,
peccato che l’incolpevole Tony Revolori che lo interpreta, sia stato minacciato di morte su internet (storia purtroppo vera) da “appassionati” che forse pensavano fosse divertente bullizare il bullo di Peter Parker, oppure, sono semplicemente dei coglioni con dei precedenti davvero pessimi.

Ma Peter e la sua condizione di esordiente, sono ben rappresentate anche grazie al cattivo di turno, Jon Watts
dimostra di aver capito la lezione di Stan Lee che il cattivo debba essere l’altra
faccia della medaglia dell’eroe e, soprattutto, altrettanto caratterizzato per
essere davvero interessante. L’Avvoltoio di Michael Keaton lo è davvero, mi
piace pensare che da qualche parte Sam Raimi se la stia ridendo pensando che la
sua idea di sfruttare l’uccellaccio, non era poi così pessima come gli dissero ai tempi!

Visto che Sam Raimi è troppo signore per farlo lo dico io: HA HA!

Se Peter Parker
guarda gli Avengers con ammirazione, l’Adrian Toomes di Michael Keaton lo fa
con odio, sempre senza risultare tedioso, il suo personaggio sembra la versione
Marvel del piccolo imprenditore messo in ginocchio dalla crisi economica che
per risollevarsi abbraccia il lato oscuro. Un cattivo popolare, che non vuole
conquistare il mondo, ma solo garantire una casa e un futuro alla sua famiglia,
per lui sfruttare la tecnologia aliena rubata è il suo modo di nutrirsi della
briciole che i ricchi del mondo come Tony Stark gli lasciano, un vero e proprio
avvoltoio che, però, agisce per motivi tutto sommato anche comprensibili. Un
cattivo operaio che somiglia più a Tony Soprano che ad Ultron e che Michael
Keaton rende in maniera meravigliosa.

“Visto Cassidy? Pronunci tre volte il mio nome, ed io compaio”.

Lui che è stato
Batman (anzi che è ancora Batman come ha dichiarato un paio di settimane fa durante
lo show televisivo di Stephen Colbert. Storia vera!) e più recentemente anche
un’alata critica ai cinecomics in Birdman, qui si rivela la scelta meta cinematografica
perfetta per la parte. Keaton è davvero magnifico, guardatelo nella scena in
cui è in macchina con Peter (e non aggiungo altro per non rovinarvi un colpo di
scena davvero ben orchestrato da Jon Watts): riesce ad essere diabolico. Complice l’uso della fotografia di Watts, i colori sul suo volto mi hanno
ricordato le tavole di John Romita Jr. quando Goblin scopriva finalmente l’identità
del suo peggior nemico e Keaton potrebbe davvero diventare l’arci-nemico di
questo muovo Spidey, basta guardare la prima delle due scene post credit del
film per capirlo: ci voleva un attore di razza come lui, per regalarci il primo
vero riuscito cattivo di un film Marvel, dai tempi del Doctor Octopus. Grazie Michael, ti confermi ogni volta uno dei miei
preferiti!

Non è Goblin, ma un grande attore nei panni di un grande nemico.

Due facce della
stessa medaglia Peter e Adrian Toomes, tenuti volutamente ai margini dagli Avengers,
a ben guardarlo l’Avvoltoio non è poi questa gran minaccia, di fatto è un
Falcon, vecchio anziché nero, proprio per questo non ritenuto all’altezza delle
attenzioni dei grossi calibri come Thor o Capitan America che qui compare solo
in alcuni spassosi video istruttivi scolastici (tutti da ridere!), che ho trovato molto azzeccati
per il personaggio.

Brillante che Toomes
faccia notare a Peter che di fatto tra il suo vendere armi e quello di Tony
Stark non ci sia poi grossa differenza, ma proprio qui si vede la vera volontà di
Peter nel fare la cosa giusta e di combattere un nemico nazional popolare, che
potrebbe anche essere una (sinistra) figura paterna della stessa classe sociale
di Peter, cosa che non si può certo dire del ricchissimo Tony Stark.


“No signora a lei serve Daredevil, Hell’s Kitchen è a destra dopo il semaforo”.

Il film funziona proprio
perché sembra quasi un elogio all’umiltà, l’esordio di un eroe orgogliosamente
popolare, anzi, Sprinsgteeniano come lo definisce in maniera molto azzeccata
Tony Stark (citazione che trova molto propenso il fan di Bruce Springsteen che
c’è in me), quindi no, non ruota tutto intorno all’estetica azzeccatissima del
costume, ma al cuore dell’eroe che lo indossa, un “Local hero” per dirla
proprio citando un pezzo del Boss, ben immerso nella sua città.

Finalmente un
film che tiene conto del fatto che Peter è un ragazzo del Queens! Per la prima
volta, il Queens di Spidey non è solo la casetta di zia May, ma un quartiere
popolare, multi etnico, così come il liceo in cui va Peter e proprio qui “Homecoming”
letteralmente vola.

New York che sembra finalmente New York, anche con la Stark tower nello skyline.

Jon Watts ha dichiarato di aver preso ispirazione da film di
John Hughes come “Una pazza giornata di vacanza” (citato apertamente nel film),
ma anche ai film nel mio amato Cameron Crowe e questo spiega forse perché le
musiche sono davvero ottime. Ad un certo punto ho pensato che avessero
saccheggiato il mio lettore MP3, perché tra l’ottima “Save it for later” degli English
Beat e soprattutto dei miei adorati Ramones, qui davvero ci si diverte…. Ah!
Cari autori di “Non tanto Amazing 2” visto come si utilizzano i Ramones in un
film? Prendere appunti per la prossima volta grazie!

Jon Watts che è
co-sceneggiatore insieme ad altri sei (S-E-I) colleghi, mette su un film dai
dialoghi brillanti, in cui Peter e la sua banda di compagni di scuola sono
personaggi credibili, a cui ci si affeziona subito, il ritmo e l’efficacia dei
dialoghi mi ha ricordato quella di Lego Batman, infatti non mi ha stupito
ritrovare Chris McKenna tra i sinistri magnifici sei.
La chimica tra il
Peter di Tom Holland e il Ned di Jacob Batalon (il personaggio che mette in
chiaro che questo nuovo Spidey, pesca a piene mani dai fumetti della linea “Ultimate”)
è ottima, i due funzionano un sacco e se non siete appassionati di super eroi,
potreste sempre godervi uno dei migliori omaggi al cinema di John Hughes visto
di recente al cinema. Ve lo dico fuori dai denti, la battuta sul “Film porno” fa venire giù il tetto del cinema per efficacia e tempi comici!


“Il premio come miglior coppia comica dell’anno va a…”.

Jon Watts quindi
si conferma davvero la scelta giusta, perché il suo Peter è un eroe
popolare per cui viene voglia di fare il tifo e il suo Spidey è a tratti goffo
e ancora imbranato proprio come un ragazzo che sta imparando a fare l’eroe, allo
stesso modo il suo regista, bravissimo a gestire attori, personaggi e tempi comici del film, dovrà migliorare ancora qualcosa, specialmente
le scene d’azione, quella del tragetto di Staten Island, per fortuna, non è la
versione marittima del treno di Spider-Man 2 che mi aspettavo ma sfoggia una CGI a tratti un po’ grossolana, mentre l’ultimo scontro sull’aereo, è coinvolgente ma troppo confuso, forse per via della texture mimetica dell’aereo degli Avengers.

“E quann’ passa chistu ferry boat” (Cit.) (intanto Spidey tiene insieme i resti della CGI).

Molto, ma davvero molto meglio la resa grafica della scena ambientata a Washington, che risulta molto spettacolare, ma anche azzeccata al personaggio di Peter Parker, di fatto è la messa in scena di una classica fantasia eroica adolescenziale (con bella in pericolo) ma anche il classico momento in cui “Pavido Parker” (“Pecora”… Perchè è un fifone? Bah!) perde la sua credibilità in nome di quella famosa responsabilità mai pronunciata ma che caratterizza il personaggio.

“Fantastico! Ho le ragnatele sotto le ascelle!” , “Lavati, schifoso!” (Rat-Cit.).

Ma la sensazione
generale a fine visione, è quella di aver assistito ad un ottimo esordio, il
debutto in società del nuovo Spider-Man è una vera festa di ben tornato, che
somiglia moltissimo al primo episodio della nuova serie televisiva dedicata al
personaggio, realizzata con il budget e gli attori del cinema di Hollywood, perché
ormai è così e mi spiace per quelli che si lamentano che questo film di supereroi sono tutti connessi uno con l’altro e signoria mia! Non si capisce più
nulla.

Il fumetto è un’arte seriale, quelli di supereroi non sono affatto da meno, quindi d’ora in
poi sarà sempre di più così, mi spiace solo che per vedere il prossimo episodio
di questa serie, non dovrò aspettare sette giorni, ma almeno un paio di anni
ed è un peccato perché Jon Watts dà l’impressione di uno che ha seriamente
intenzione di far crescere il suo Spider-Man davanti ai nostri occhi, proprio
come nel fumetto: un ragazzo di 14 anni che imparerà il valore della
responsabilità, in un romanzo di formazione che vedremo scorrere nel corso dei
prossimi film, questo Peter Parker, un po’ come tutti noi alla sua età, forse
non ha molto chiaro in testa chi è, ma sa benissimo chi vorrebbe essere e per
questo ho molta voglia di continuare ad approfondire la conoscenza di questo
bravo ragazzo di provincia che si esalta per i supereroi, un po’ mi ci
riconosco, lo ammetto.


Come ci si sente, una volta arrivati ai titoli di coda del film.

D’altra parte è
sempre stata questa la grande forza dell’Uomo Ragno: la sua capacità di essere
un fratello minore o un fratello maggiore, a seconda del momento della tua (e
della sua) vita in cui lo incontri, che sia tra i fumetti, oppure al cinema,
quindi grazie mamma Marvel e signor Jon Watts per averci ridato il nostro
amichevole eroe locale di quartiere!

So I asked the
salesgirl “Who was that man
Between the doberman
and Bruce Lee?”
She said “Just a
local hero”
“Local hero”
she said with a smile

“Yeah a local
hero he used to live here for a while”

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