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Spy (The long kiss goodnight) (1996): Girls just want to have gun

Potrebbe sembrare strano, ma quel film che avete visto
replicato fino alla nausea sulla Rai, fa assolutamente parte della rubrica…
Back in Black!

Se hai scritto la sceneggiatura di quell’assoluta pietra
miliare della cinematografia che risponde al titolo di L’ultimo Boy scout portandoti a casa un grosso assegno da 1.75
milioni di ex presidenti spirati stampati su carta verde (tutti meritati se
chiedete a me) e, subito dopo, hai sfornato un titolo di totale culto come Last Action Hero, in teoria dovresti
essere considerato una specie di Dio dorato sceso sulla Terra per dispensare
linee di dialogo mitiche e figaggine assortita.

Piccolissimo problema: sia il capolavoro di Tony Scott che il filmone di John McTiernan al botteghino hanno raccolto risate (assurdo, ma è
andata così), inoltre Shane Black si è visto superato a destra, nella
classifica degli sceneggiatori paperoni, da Joe Eszterhas che per scrivere Basic Instinct di milioni di presidenti defunti su fogli verdi ne ha portati a casa
ben tre ed ora guarda il nostro Shane gridandogli: «Ciao poveri!».
Ora, se pensate che i vostri anni ’90 siano stati
movimentati, sappiate che Shane Black da questo punto di vista gioca in
un’altra categoria, per essere stato un ragazzo prodigio cresciuto leggendo romanzi Hardboiled, una volta diventato grande Black non ha sempre e solo speso il suo
tempo con il naso nei libri, ma con altri passatempi altrettanto sexy, ma
decisamente più costosi e pericolosi: signorine, bottiglie di quello buono e
fermiamoci qui, avete capito l’andazzo. Il vizio più grosso di Shane Black
è quello della scrittura, un talento inalterato dalla “Vita loca” che si
traduce in un malloppo di pagine con su scritto “The long kiss goodnight”,
titolo che urla Shane Black dalla prima all’ultima lettera.

Se aveste una vita mondana come quella di Shane, ve la ridereste di gusto pure voi, garantito.

Pur di mettere le mani su tale primizia la New Line cinema
come John Hammond non bada a spese e consegna a Shane Black una valigetta con
dentro quattro (4) milioni di quei celebri presidenti morti che riportano Black
in testa alla classifica. Da qualche parte nel mondo, Joe Eszterhas sente come
un eco lontana della voce di Shane che gli suggerisce una parola tipo sambuca,
ma più probabilmente duca, o forse sta chiamando qualcuno che si chiama Luca,
insomma una parola che finisce con “Uca”.

Il problema è che poi non si trova nessuno che vuole
dirigere davvero questo film, tanto che per un po’ i tipi della New Line
pensando di sostituire la protagonista smemorata Samantha Caine con un uomo,
uno Sly Stallone o magari uno Steven Seagal (storia vera), mi sembra geniale,
no? Paghi un sacco di soldi una sceneggiatura per essere sicuro di avere il
meglio su piazza, poi ti metti a fare delle modifiche a casaccio, un’ideona!
Infatti, così è andata e la protagonista non è diventata Steven Seagal
solo perché a questo punto della storia, entra in scena un altro
ragazzaccio, dalla Finlandia con furore, quell’adorabile folle di Renny Harlin!

“Ciao mi chiamo Renny, esplodo le cose”.

Parliamoci chiaro: Harlin potrà anche dirigere delle immani
puttanate, cosa che poi è arrivato davvero a fare in carriera, ma sarà per
sempre il regista “Cliffhanger” (1993) e soprattutto del secondo capitolo di Die Hard, ovvero 58 minuti per morire e per questo gli vorrò sempre bene, inoltre
anche lui negli anni ’90 si è divertito parecchio, già solo per il fatto che
ogni mattina, nell’altra metà del letto a lungo trovava Geena Davis, brutto?

La prossima volta che vi scappa di lamentarvi del vostro ex
fidanzato/fidanzata, fatevi venire in mente Renny e Geena, perché i due sono
stati leggerissimamente tossici per le rispettive carriere, almeno al netto dei
risultati al botteghino, nel 1995 “Corsari” (Nota: RDM, se il prossimo film di Harlin
che commento qui sopra NON dovesse essere “Corsari” vengo io a Nichelino per
farmi spezzare le ginocchia da te, giurin giurello) titolo che ho visto e
rivisto da bambino che, però, ha definitivamente mandato zampe all’aria la
Carolco con il suo flop.

Siamo la coppia più bionda del mondo…

La nostra coppia di innamorati capisce al volo che “The long
kiss goodnight” è roba per loro: azione, grandi dialoghi, una protagonista
tostissima non si può sbagliare, soldi in banca, infatti cosa succede? Che
sbagliano, sbagliano forte al netto di un budget di 65 milioni, il film ne
porta a casa 9 (gulp) e diventa uno di quei titoli che si ripagano il costo
grazie ad un lungo piano di ammortamento decennale, fatto di passaggi tv
ripetuti fino alla nausea.

Mentre mi riguardavo questo film la mia Wing-Woman che ha la
capacità di fare cento cose insieme (io mi limito ad una e fatta pure così
così) gettando un occhio alla tv se n’è uscita con il solito epitaffio: «Ma
perché stai guardando questo film? Lo davano sempre su Rai 2». Con il titolo
“Spy”, classico caso tipo di uno strambo Paese a forma di scarpa, di “Tradurre”
un titolo originale (figo) con uno sempre in inglese, ma clamorosamente anonimo
e fuori luogo, probabilmente lo avete visto anche voi in replica tipo
quattrocento volte, ma magari non sapevate nemmeno che fosse scritto da quel
genietto di Black.

Ne nene ne, ne nene ne (Cit.)

Ora, io credo che come diceva Murphy, ogni cosa se può
andare storta, troverà già il modo di andarci da sola, non serve forzare la
mano, ma se scegli scientificamente di modificare una sceneggiatura che hai
pagato di tasca tua quattro milioni di paper-dollari, questo a casa mia vuol
dire andare a cercarsela. Esattamente come per la prima bozza di Arma Letale 2 (ribattezzata ai tempi
“Play dirty”), anche “The long kiss goodnight” viene addolcita nei contenuti, ad
esempio il personaggio di Mitch, interpretato da Samuel L. Jackson nella prima
sceneggiatura moriva ucciso dal cattivo, dettaglio che durante le proiezioni di
prova faceva storcere il naso al pubblico, motivo per cui Mitch nel film si
salva, grazia ad un rocambolesco volo dalla finestra condito da un esplosione,
che a ben guardarlo sembra la stessa scena di 58 minuti per morire, ma senza il
sedile eiettabile.

L’ultima volta che Renny Harlin ha acceso una miccetta, hanno evacuato la Finlandia.

Anche la storia del personaggio era ben più tormentata,
viene sforbiciato il suo infernale passato in carcere, un taglio brutale che
nel film salta agli occhi, basta guardare la reazione di Sam “Motherfucker”
Jackson quando il suo personaggio sente parlare di prigione, un mezzo attacco
di panico che stona completamente con le altre reazioni del personaggio e che
non trova motivazione nella storia.

Malgrado le parti asportate senza anestesia, “The long kiss
goodnight” (mi rifiuto di usare il titolo “Italiano”) resta un film efficace e
in puro stile Shane Black, anche per il semplice fatto che è tutto ambientato
pochi giorni prima di Natale, infatti non manca nemmeno la classica Let It Snow, Let It Snow, Let It Snow.
Le tradizioni vanno rispettate!

Se sotto l’albero trovate Geena Davis, sarà sicuramente un buon natale!

Samantha Caine (Geena Davis) conserva memoria solo degli ultimi otto anni della sua vita, quando
si è risvegliata come lo smemorato di Collegno, però incinta della sua bambina,
da allora Samantha conduce una vita idilliaca con la sua bambina Caitlin Caine
(Yvonne Zima diventata una presenza quasi fissa nei film di Black) e il suo maritino. Va tutto bene fino al giorno
in cui un incidente stradale fa tornare alle memoria della donna strani flash
di un passato violento, anche perché Samantha non ha proprio indizi della sua
vita precedente, anche se li cerca in tutti i modi. Ad esempio, della bucolica
scena della cucina, in cui armata di coltello Geena Davis affetta verdure
meglio della pubblicità dei Miracle Blade, auto convincendosi di essere stata
uno chef in un vita precedente, dettaglio che Black sottolinea con una frase
apparentemente anonima («I cuochi lo fanno») destinata a tornare più avanti nel
post, lasciatemi il coltello aperto. L’icona! Volevo dire l’icona!

E Carlo Cracco… MUTO!

All’equazione aggiungete un detective spiantato che vive di
espedienti di nome Mitch, fatto a forma di Samuel L. Jackson che ancora fresco
del suo ruolo di Zeus nel terzo Die Hard,
pare quello che si diverte più di tutti, con una spalla comica di extra lusso
che canta cose per ricordarsele meglio, sulle note della classica “Mannish Boy”
di Muddy Waters, pezzo che è stato rifatto da tutti (anche dagli Who) a cui
Jackson qui dona nuova vita, garantito che finirete il film ripetendo cose del
tipo: “Le chiavi nella tasca destra Ta-na
na na
la pistola in quella sinistra Ta-na
na na
“.

Tipo “Bourne Identity” ma con Geena al posto di “Meit Deimon” (Cit.), brutto?

Certo, ci sono dei clamorosi passaggi a vuoto, che mi viene
automatico imputare ai tagli, altrimenti non mi spiego perché un marito
amorevole, dovrebbe lasciar andare via sua moglie con un detective pregiudicato
che si auto definisce “Bad Motherfucker” (ma ben prima di “Pulp Fiction”),
oppure perché ogni volta che i cattivi in questo film hanno la possibilità di
sparare in testa ai buoni e vincere, preferiscono spiegare il loro piano e
scegliere un nuovo modo per uccidere lentamente e dolorosamente i protagonisti… Ci sono chiaramente dei passaggi che sono stati sforbiciati, basta dire che
nell’idea originale di Shane Black, il nome Sam(antha) Caine non era il
semplice nome della protagonista, ma un anagramma della parola “amnesiac”,
insomma tutto è stato reso molto più semplicione e nazionalpopolare, effetti
collaterali dei test di prova.

“Modifica la sceneggiatura un’altra volta, un’altra volta! Ti sfido figlio di puttana!” (Quasi-cit.)

Eppure, “The long kiss goodnight” è un film che si lascia
davvero guardare, Renny Harlin ha un gran senso del ritmo e sfrutta al meglio
una storia piena di dialoghi notevoli, inoltre in ogni scena le pensa tutte per
far brillare la sua allora signora Geena Davis che qui si carica il film sulle
spalle, bravissima nella parte delle smemorata che scopre di poter montare un
fucile di precisione in pochi secondi, oppure della mamma orsa che per
proteggere la figlia, in un attimo si trasforma in un’assassina a sangue
freddo, tipo quando spezza il collo al sicario, per poi guardare il marito
dicendo «I cuochi lo fanno», una roba che da sola giustifica il mio culto
personale per la Davis e mi fa segretamente sperare di vederla un giorno fare
irruzione in tutti i programmi di cucina che infestano la nostra tv mettendo
per sempre la parola fine alla questione.

“Se ci liberi di tutti i cuochi, dopo nei palinsesti ci sarà
più spazio per i film”.

Si vede, poi, che il film è del 1996 perché in un ruolo
importante compare David Morse, caratterista di lusso che, purtroppo, si è un po’
perso, ma negli anni ’90 era una faccia che si vedeva spesso, discorso che
resta valido anche per il grande Brian Cox, che qui ha il compito di ricoprire il ruolo della voce dal passato
della protagonista che entra in scena come un tornando, beccandosi la battuta
più divertente del film pronunciata da Samuel L. Jackson («Hai altre domande?»
, «Sì, che tempo fa sul tuo pianeta?»), ma soprattutto autore di un clamoroso
monologo su di un volpino impegnato a spulciarsi il culo, una roba che può
funzionare solo se scritta da uno che sa il fatto suo e recitata da un attore
che può permetterselo, qui siamo ben coperti in entrambi i reparti.

“Ah me li ricordo gli anni ’90, bei tempi! Ero pieno di
lavoro”.

Renny Harlin non tira mai via la mano nemmeno quando si
rischia di esagerare, infatti è normale che una semplice granata, esploda come
se fosse una bomba atomica, tanto che i protagonisti per salvarsi devono
esibirsi in una variante invernale del classico momento alla Shane Black,
ovvero il salto dalla finestra che qui termina in un laghetto ghiacciato, con
il ghiaccio frantumato a revolverate. Durante il volo. Insomma, il vostro
classico film da vedere sulla Rai tra un Don Matteo e un Montalbano.

Nei film di Shane Black nessuno usa le scale per scendere.

In tutto questo, i tratti distintivi del cinema di Shane Black sono solo lì da vedere, non manca la bambina sveglia (e vagamente odiosa) tipo Darian Hallenbeck con lo spirito di Natale al posto dello scazzo, poi vuoi non metterci dentro una scena in cui la protagonista deve resistere ad una tortura acquatica? In Arma Letale era la doccia con elettroshock, qui è una specie di grossa “Ruota della sfortuna” che rappresenta il momento in cui Samantha Caine si trasforma definitivamente nella tosta assassina Charly Baltimore, con tanto di frase spavalda per far incazzare il cattivo («Ora che mi hai toccata cowboy, dovrò rifare il bagno»).

Cinquanta sfumature di Geena.

A proposito di cattivi anche qui, un po’ come in L’ultimo Boy Scout non mancano le
promesse di brutte morti fatte ai cattivi, non si raggiunge il livello della
mitologica «Toccami ancora e ti ammazzo», ma tutto sommato «Morirai urlando
mentre ti guarderò» fa il suo dovere fino in fondo.

Il premio mamma dell’anno 1996 va a…

Menzione speciale per Geena Davis, che qui fa di tutto:
minaccia bambini odiosi, spara ai cattivi, guida un auto treno senza freni,
spara ai cattivi, insegue auto sui pattini da ghiaccio mentre spara ai cattivi
e in una camera d’albergo tamarrissima (come quasi tutti gli alberghi attorno
alle cascate del Niagara) cambia look, il tutto per poter essere più
sexy quando spara ai cattivi.

Sparagli Geena, sparagli ora, e dopo un colpo sparagli
ancora.

Insomma, “The long kiss goodnight” è un film che si lascia
ancora guardare, i tagli e le modifiche barbariche si vedono, ma il vero difetto è stato, forse, il suo lascito. Insieme al flop al botteghino arriva
anche la fine del matrimonio di Renny e Geena e se il regista ha continuato
per un po’ a fare i suoi film prima di sbragare malamente, Geena Davis è finita
a fare film anonimi in cui recita con topastri animati al computer, se volete
sapere la mia: uno spreco totale. Ma se guardiamo al cinema moderno fatto di
eroine toste (vere o presunte) che riempiono le sale, allora bisognerebbe
riconoscere alla Davis (e a Renny Harlin) di averci provato prima con “Corsari”
e poi con questo film a fare la stessa cosa, ma prima di tutti, sì anche ben
prima che Paul W. S. Anderson e Milla Jovovich facessero quasi lo stesso anni dopo.

Atomica Bionda prima di Milla, Charlize e tutte le altre.

Per assurdo, quello che ha pagato di più l’insuccesso di “The
long kiss goodnight” è stato quello che economicamente è stato pagato di più, Shane
Black con il suo super assegno si sarà pure tolto parecchi sfizi, ma è finito etichettato
una storia di accesa e caduta degna della Hollywood dei tempi d’oro che, però,
richiede un altro capitolo di questa rubrica, a breve su questi schermi.

Dopo Sexy Geena, buona notte e buone botte a tutti!

Non azzardatevi a perdervi il pezzo di Lucius Etruscus su Doppiaggi Italioti dedicato a questo film!
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