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Star Trek (1979): cinema, ultima frontiera

Colta con gli scudi abbassati da dati di ascolto troppo bassi, la serie classica di Star Trek è stata chiusa dopo tre stagioni, ma non è certo scomparsa dai cuori degli appassionati. La serie animata ha contribuito nella sua missione, esplorando strani e nuovi mondi sacrificando equipaggio in divisa rossa e tenendo alto per quanto possibile, il buon nome di Star Trek, chi di sicuro non si era messo l’anima in pace era Gene Roddenberry.
Il piano del creatore della serie era ancora quello di portare la sua storia e i suoi personaggi sul grande schermo, la prima volta che Roddenberry parlò di questa sua intenzione fu alla World Science Fiction Convention del 1968, davanti a una flotta di Trekkie adoranti, il vecchio e testardo Gene ottenne l’attenzione della Paramount Pictures pronta a mettere sul tavolo dai tre ai cinque milioni di fogli verdi con sopra facce di ex presidenti defunti per il film. Serviva solo una storia solida e da qui, preparatevi perché comincia un bagno di sangue degno dei guerrieri Klingon.
Zan-Zan-Zan-Zan
Roddenberry butta lì l’idea di un prequel ambientato prima della serie, poi però tutti capiscono che gli attori così popolari sul piccolo schermo, sono un elemento su cui puntare, quindi con la bozza di una sceneggiatura intitolata “The God Thing”, il ritorno di Kirk e compagni alle prese con un’entità divina sembra la strada da seguire. Mentre si cerca il modo di accontentare Roddenberry che vuole (e riuscirà ad ottenere) una parte della storia dedicato al rituale Vulcaniano per Spock, arriva il 1976 e ancora la sceneggiatura non convince.
Vengono chiamati a rapporto nomi di un certo livello, Ray Bradbury, Theodore Sturgeon e Harlan Ellison (scusate se è poco), quest’ultimo scrive una trama su un gigantesco serpente alieno che vaga nello spazio creando civiltà, quando uno dei dirigenti della Paramount suggerisce di fare riferimento alla civiltà Maya, Ellison si incazza e molla il progetto (storia vera). Strano, perché un episodio di
Star Trek la serie animata aveva quasi la stessa identica trama, bah!
La divisa estiva di Kirk, con le maniche corte ma per fortuna senza infradito.
Nuove sceneggiature cominciano a piovere dal cielo, si parla di trame con buchi neri che minacciano la realtà e viaggi nel tempo, ma nessuna trama è abbastanza epica per la Paramount, però il film va fatto a tutti i costi, perché il pubblico non manca: basta dire che i fan di Star Trek riuscirono a ricoprire la scrivania del presidente degli Stati Uniti Gerald Ford, di lettere di richiesta per ribattezzare lo Shuttle della Nasa prossimo al lancio con il nome di Enterprise e ci riuscirono, perché è con questa citazione nel nome che decollò il 17 settembre del 1976. Ve lo ripeto perché potrebbe essere passato inosservato, carta e penna, lettere, buste e francobolli, altro che le petizioni su Internet, tzè!
Se in quel periodo sapevi usare una macchina da scrivere (o carta e penna come i Trekkie), oppure se eri in grado di tener dritta una macchina da presa, probabilmente a casa avresti ricevuto una telefonata dalla Paramount o da Roddenberry, che ventre a terra continuò a lavorare al film come se ci fosse davvero una storia su cui lavorare, per creare l’aspetto finale di pianeti, asteroidi e creature, il papà di Star Trek assunse al volo Ralph McQuarrie, fresco dei bozzetti di un’altra saga con la parola “Star” nel titolo che tornerà buona più avanti nel post. Ad un certo punto la trama del film doveva avere Spock come capitano della propria nave, Toshiro Mifune nei panni di un Klingon e Philip Kaufman alla regia, almeno fino al giorno in cui il regista di The Right Stuff si sentì dire che il progetto del film era stato accantonato (storia vera).
Questa premessa è così lunga che anche a Spock sono cresciuti i capelli.
Le difficoltà convinsero tutti che forse il formato ideale per “Star Trek” era il piccolo schermo, quindi cominciarono i lavori per lanciare “Star Trek: Phase II”, il grande ritorno di Kirk e compagni in televisione, ma senza Spock perché Leonard Nimoy non ne voleva sapere di continuare ad essere un attore televisivo, meglio il teatro piuttosto. Nessun problema Spock, sei il personaggio più celebre della serie ma io ti sostituisco caro orecchie a punta! Così fece il dispotico Roddenberry, che per sostituire il celebre Vulcaniano ne creò un altro di nome Xon, ma siccome era troppo giovane per guidare l’Enterprise, inventò anche il personaggio del comandante William Decker. Insomma stava gettando i semi per il futuro cambio di equipaggio, ma stava anche mandando in pensione definitivamente il vecchio cast. A quel punto a salvare Kirk e compagni fu un primo contatto (occhiolino-occhiolino) anzi per la precisione, un incontro ravvicinato del terzo tipo.

Il successo del film di Spielberg era la prova che il pubblico era interessato alla fantascienza d’autore, il colpo definitivo però fu l’uscita in sala di Guerre Stellari (ve lo avevo promesso che sarebbe tornato di moda nel post). Ferma tutto! Si torna al cinema e bisogna farlo in grande stile, infatti il progetto televisivo “Phase II” venne accantonato in favore di un film che doveva essere grande, grandissimo, l’USS Enterprise doveva andare là dove non era mai giunta prima: al cinema.
«Se Cassidy non la finisce di blaterare usciremo direttamente in Home-Video»
La Paramount voleva la moglie piena e la botte ubriaca (credo…), tutti avevano ancora negli occhi le lucine di Spielberg ma anche i monoliti di “2001 odissea nello spazio” (1968), però facevano anche molta gola i soldoni portati a casa da George Lucas, quindi il film di Star Trek, con enorme sforzo di fantasia intitolato “Star Trek – The Motion Picture”, tentò di portare dietro alla macchina da presa prima Spielberg, poi Lucas e poi addirittura Francis Ford Coppola (!). Ma venne affidato infine ad un veterano come Robert Wise, un maestro che in carriera ha diretto cosette come “Ultimatum alla Terra” (1951) e “Tutti insieme appassionatamente” (1965) solo per citare i titoli più famosi, insomma uno che cinematograficamente parlando, aveva lo stesso chilometraggio del capitano Kirk.
“Star Trek – The Motion Picture” non prende prigionieri e pensa in grande, basta dire che la classica colonna sonora della serie televisiva è stata completamente ripensata da un Maestro come Jerry Goldsmith, che trasforma il tema di Alexander Courage in una fanfara epica talmente incredibile da diventare anni dopo, la sigla di “The next generation”. Ma Goldsmith non si è limitato a questo, il film comincia con un’ouverture musicale con tanto di sipario che si apre, una moda del periodo per introdurre il pubblico al grande spettacolo a cui stanno per assistere.
Un lungo viaggio giunto a destinazione.
La sceneggiatura (quasi) definitiva venne firmata da uno scrittore veterano del mondo di Star Trek come Alan Dean Foster, rimaneggiata da Gene Roddenberry e qualcuno sostiene anche da Leonard Nimoy, che nel frattempo non si era ancora del tutto convinto a tornare (d’altra parte parliamo dell’uomo che ha scritto due autobiografie, una intitolata “I Am not Spock” nel 1975 e la seconda “I Am Spock” nel 1995, per dirvi del suo rapporto non lineare con il ruolo che lo ha reso un’icona), questo forse spiega come mai Spock entra in scena molto avanti nel corso del film, forte della sua rinascita spirituale dopo il rituale Vulcaniano (qualcuno va a cercare se stesso in India, altri su Vulcano) si presenta a bordo dell’Enterprise rispondendo alla gioia incontenibile di Kirk, con un clamoroso e Fantozziano caso di “non dà la mano”, anzi nemmeno il saluto Vulcaniano, niente e zitti. Evidentemente dopo aver ricevuto quella patacca rossa tipo zircone su Vulcano il nostro Spock si è leggermente montato la testa, ma prima di proseguire ho una questione importante da analizzare.
«Com’è umano lei», «Solo per metà»
Dopo tre stagioni della serie televisiva, a sentirlo chiamare (nella versione doppiata) “Spack”, improvvisamente il Vulcaniano più famoso del mondo diventa “Spock”, se può interessare alle superiore il mio compagno di banco era stato soprannominato (da me) “Speck”, se qualcuno di voi conoscesse per caso uno “Spuck” e uno “Spick” potremmo completare l’album delle figurine Panini di Vulcano.
Quello che colpisce di “Star Trek – The Motion Picture” è per prima di cosa… la vecchiaia dei protagonisti! Beh inutile girarci attorno, il tempo passa per tutti, quindi ritrovare William Shatner, Leonard Nimoy e DeForest Kelley è un po’ come tornare a casa ritrovando dei vecchi Zii con cui siamo cresciuti, anche per uno come me che da ragazzino ha visto più volte i film di “Star Trek” che gli episodi della serie televisiva.
«Tutta la tecnologia della galassia e non riesco a trovare un dannato rasoio da barba!»
La trama del film è una versione espansa dell’episodio della serie classica intitolato La sfida, ma realizzato con i mezzi (e i fondi) propri del grande cinema, ecco perché i Klingon finalmente non sembrano dei baffuti muratori Calabresi, ma si guadagnano la loro caratteristica “fronte corrugata”, oppure semplicemente perché quando tutto il cast guarda fuori in direzione dello schermo dell’Enterprise, finalmente possiamo vedere quello che succede dall’altra parte, senza doverlo solo immaginare.
Un’entità aliena estremamente potente minaccia la Terra, due “sparvieri” Klingon vengono spazzati via dalla nebulosa portatrice di implacabile distruzione, per indagare viene mandata la nuova USS Enterprise (NCC-1701) comandata dal capitano titolare Willard Decker (Stephen Collins). No aspetta un momento, come Decker? Chi è questo adesso? Un altro capitano Pike? Siamo qui per vedere Kirk!
«Sai quando ti hanno detto che avresti comandato l’Enterprise? Siediti, devo darti una notizia»
L’ammiraglio James T. Kirk rappresenta in pieno William Shatner a quel punto della sua carriera, piantonato a terra dietro una scrivania dell’Accademia della Flotta Stellare, Kirk sogna solo un ruolo da protagonista le stelle, infatti ci mette davvero poco a de commissionare Willard Decker, il bello figheiro giovane e biondo di turno, che finisce per fare la parte del nuovo che avanza, sorpassato a destra dal solito anzianotto. Siamo sicuri che la sede della Flotta Stellare sulla Terra non si trovi in uno strambo Paese a forma di scarpa? San Francisco dite? Ok, anche se le abitudini mi sembrano molto Italiane come avrebbe detto Stanis La Rochelle.
Robert Wise con anni luce di esperienza alle spalle, regala una sequenza che nel tempo è diventata un classico di “Star Trek”, ovvero il varo e la partenza della nuova nave stellare. Un momento incredibilmente epico del film, con il capitano Kirk sognante che dichiara «L’hanno data a me» (no, in realtà te la sei presa James, ma va bene lo stesso), un momento di estasi per Kirk, che guarda la nuova Enterprise come una volta guardava le guardiamarina minigonnate negli episodi della serie classica, un momento di grande cinema sottolineato dalle note di Jerry Goldsmith che ci dà dentro a tutta forza e possiamo dirlo, due brividi li portiamo a casa anche oggi dai.
Quanta emozione il decollo…
… verso la seconda ora comincia ad essere un po’ ripetitivo…
… ma alla quarta ora di manovra, anche basta grazie!
La nave che parte, il primo volo della nuova USS Enterprise… ok abbiamo capito, bella la nave ma andiamo avanti? La scena dura un’infinità e mezza e quando pensi che sia finita, ‘sta meraviglia tecnologica non si è ancora allontanata dal punto di varo spaziale, sono quattro minuti di scena, ma sembrano durare leggerissimamente di più e questo è un po’ lo scoglio contro cui s’infrangono molti di quelli che affrontano “Star Trek – The Motion Picture” per la prima volta.
Psichedelia portami via.
Ribattezzato dai detrattori anche come “Star Trek – The Slo-motion Picture”, tutto possiamo dire del film di Robert Wise ma non che brilli per un ritmo proprio grintoso, buona parte dei suoi 132 min (136 nella versione Director’s Edition) non vedono nemmeno con il binocolo il brio degli episodi della serie classica. Robert Wise impegnato a cercare di rendere tutto incredibilmente epico, si scontro con il mestiere di un cast ormai rodato, che però recita ancora con quel piglio televisivo, insomma la massima attività svolta da buona parte dell’equipaggio consiste nel guardare un punto fisso fuori dallo schermo della plancia dell’Enterprise, sfoggiano il più intenso degli sguardi, l’unico a bucare lo schermo in questa gara di immobilismo è ovviamente Leonard Nimoy, il suo Spock così logico, quasi ieratico, che in tre stagioni della serie manifestava il massimo della sua perplessità, o preoccupazione, in buona sostanza, qualunque sentimento, sollevando al massimo un sopracciglio, in tutta questa generale staticità, risulta quello più a suo agio di tutti.
Spock, l’ultimo eroe dell’azione.
Un pochino di movimento (poco) è rappresentato dall’unità carbonio, il tenente Ilia, una sorta di aliena Sinead O’Connor interpretata da Persis Khambatta, che entrando in scena, mette subito le mani avanti parlando del suo atto di celibato, in modo da evitare che quel mandrillo di James “Trapano” Kirk le salti addosso, considerando che in tre stagioni della serie classica, il capitano non ne ha fatta passare una, meglio mettere subito le cose in chiaro.
«Mi dica, lei conosce un tale di nome Picard? Così a naso direi che andate dallo stesso parrucchiere»
Alla ricerca di un equilibrio tra la fantascienza di Kubrick e la space opera in stile Buck Rogers, Robert Wise manda a segno lunghissime seguente con luci quasi in stile “2001 odissea nello spazio” (1968), voli a super velocità che per contrapposizione, riducono l’equipaggio a muoversi e a parlare piano, pianissimo, lentissimamente, così come l’avvicinamento alla minacciosa nebbia, che avviene con calma, piano. Si potrebbero fare battute sciocche su quando sia di base conservatore l’appassionato di Star Trek medio (identico in questo a qualunque altro gruppo di fan), ma Robert Wise qui applica una precisa scelta, sacrificando il brio ribadisce la natura fantascientifica della saga di Star Trek, al resto ci pensa il terzo atto, il sudato, faticato e sofferto terzo atto.
Questa Gif animata riassume l’incessante e frenetica azione del film.
Già perché se sfornare una sceneggiatura per questo film è stato una sorta di parto, il terzo atto è stato la parte più complicata, l’idea di una tecnologia senziente e per di più super intelligente, ai dirigenti della Paramount sembrava ‘na strunzata (nella mia testa i dirigenti della Paramount sono interpretati dai Trettré), quindi per essere sicuro che la storia andasse nella direzione voluta (ovvero la trama dell’episodio La sfida, ma realizzato con la bellezza di 35 milioni di budget, il primo Guerre Stellari costò 11 milioni, giusto per darvi un’idea) Gene Roddenberry pensò che se per il film aveva contattato chiunque, allora perché non anche Isaac Asimov? Il geniale scrittore non solo confermò la plausibilità di una forma di vita tecnologica super intelligente (ci ha basato una buona fetta della sua bibliografia su questo argomento), ma venne anche accreditato nei titoli di testa del film come consulente scientifico (storia vera). A questo punto, anche se farlo per un film del 1979 è un po’ assurdo ve lo dico: SPOILER!
 
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L’entità che minaccia la terra si fa chiamare V’ger, quello che resta delle lettere visibili che compongono il suo nome originale, perché di fatto l’intelligenza superiore è l’antica sonda Voyager 6, partita centinaia di anni prima proprio dalla Terra, tornata dopo aver perso i contatti con il Creatore, ovvero l’umanità stessa. Se non è fantascienza allo stato puro questo, mi dispiace, non esiste la fantascienza! Fine della parte SPOILER.
Sarà stato anche un parto trovare la storia giusta per l’esordio cinematografico di Kirk e compagni, ma il film di Robert Wise con il suo ritmo classico ed epico, ribadisce la natura puramente fantascientifica della serie creata da Gene Roddenberry, inoltre con la svolta descritta poco fa, conferma la natura umanistica di questo film e di tutto “Star Trek”, storie che sul piccolo schermo oppure su quello grande del cinema, ci hanno portato là dove nessuno è mai giunto prima, ma collocando sempre l’umanità al centro delle sue trame.
1979: Odissea nello Spock
Certo vedere Spock armato di tuta spaziale infilarsi nell’orifizio di V’ger mi fa sollevare ancora entrambe le sopracciglia, ma questo film estremamente classico, sapeva come costruire mondi alieni e soprattutto, aveva il passo epico che serviva, infatti risultò essere uno dei maggiori incassi del 1979, ma anche il film più remunerativo della saga per decenni, arriveremo anche a parlare del film che scalzo “Star Trek – The Motion Picture” dal gradino più alto del podio, ma quando sarà il momento, perché questa rubrica sarà come una missione quinquennale, ci vediamo la prossima settimana con il prossimo capitolo, per oggi mi congedo con le parole e la rotta scelta da Kirk in conclusione di questo film.
«Che direzione ammiraglio»
«Laggiù da quella parte»

Ah! Non perdetevi il post di SamSimon dedicato a questo film!

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