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Star Trek – Generazioni (1994): capitani coraggiosi

Questa lunga maratona dedicata a “Star Trek” mi sta regalando sorprese, questo capitolo per certi versi è quello che mi ha spiazzato più di tutti. Sappiate che si ballerà un po’ e benvenuti, qualunque generazione o preferenza di capitano abbiate.

L’idea di portare l’equipaggio di The Next Generation al cinema, gironzolava nella testa del produttore Rick Berman da diverso tempo, per la precisione dal 1992, più o meno la data di messa in onda della sesta stagione della serie con Picard e compagni, che coincideva anche con il periodo in cui il viaggio al cinema di Kirk, Spock, Bones e tutti gli altri, si era concluso in grande stile.

Il produttor sognava un film, aveva questa visione di una locandina, capitano contro capitano, equipaggio contro equipaggio, Kirk da una parte e Picard dall’altra. Il sogno bagnato di tutti i Trekkie che ormai battibeccavano già da tempo su chi fosse più forte tra Hulk e la Cosa il capitano migliore.

Ogni generazione ha il suo capitano.

L’ingrato compito di buttare giù una storia decente partendo da questo spunto fu affidato a Ronald D. Moore, e Brannon Braga, quest’ultimo con un curriculum infinito di episodi di “Star Trek” sul groppone. Anche se il punto d’arrivo era chiaro, la difficoltà in fase di scrittura era insormontabile, come far scontrare i due equipaggi senza far passare per cattivi una fazione piuttosto che l’altra? Rick Berman sognava un film che facesse da ideale passaggio del testimone, ma di certo non si potevano screditare i personaggi, nessuno vuole trovarsi mille Trekkie inferociti sotto casa la mattina presto no? L’unica soluzione era un momento emotivamente forte, uno stacco netto con il passato: il capitano Kirk doveva morire.

Come ci ha raccontato Lucius con dovizia di dettagli nel suo post, l’ultima parola apparteneva di diritto a William Shatner, tanti progetti per lui dopo “Star Trek”, la serie televisiva pronta ad essere varata “TekWar“, i romanzi con Kirk protagonista su cui Shatner metteva la firma (o solo il nome, ma poco importa), insomma, mani piene per il nostro ex T.J. Hooker, quindi perché no, uccidiamo Kirk e poi oh! La Paramount pagava bene, su questo Shatner è stato molto onesto, poi per uno come Kirk, meglio andarsene con un’ultima grande avventura piuttosto che sparire nel silenzio no? Lo stesso Shatner avrebbe cambiato presto idea.

«Morire sarà una sgradevole grande avventura» (cit.)

Perché il passaggio di testimone fosse davvero sensazionale, bisognava radunare tutta il vecchio equipaggio, ma uno dopo l’altro i vari attori diedero forfait, DeForest Kelley per motivi di salute, George Takei che nella prima bozza avrebbe dovuto essere il guardiamarina della nuova Enterprise, rifiutò perché non poteva accettare un passo indietro nella carriera del suo personaggio, Sulu era diventato capitano della USS Excelsior e questo spiega perché nel film è stato sostituito dalla figlia Demora Sulu (Jacqueline Kim) e da una battuta di Kirk: «Ci sarà sempre un Sulu sulla plancia della Enterprise» che è un po’ quello che pensavano i Led Zeppelin per le due generazioni di Bonham alla batteria.

Anche Leonard Nimoy si è esibito in un pragmatico (e logico) «Grazie, ma no grazie», Spock aveva due righe di dialogo nella prima bozza di sceneggiatura, frasi che avrebbe potuto pronunciare qualunque altro personaggio e nemmeno l’offerta di dirigere un film, per cui Nimoy non aveva scritto nemmeno una battuta, interessava tanto all’attore, ecco perché del cast originale sono rimasti solo l’entusiasta (ma per poco) William Shatner e i figuranti James Doohan e Walter Koenig, di nuovo nei panni di Scotty e Chekov, insomma una piccola rappresentanza, ma a Rick Berman tanto bastava.

La faccia di Chekov parla più di mille parole.

Vado con il ricordo personale, che mi sembra l’attrezzo più adatto per aprire il cofano di questo film e dare un’occhiata a come è fatto dentro. Vi ho già raccontato delle mie vecchie vhs dei film originali, di come abbia passato l’infanzia a guardare gli episodi delle serie di “Star Trek” a spizzichi e bocconi, eppure la pubblicità di “Generazioni” attorno al 1994 era ovunque, passava continuamente in televisione, sembrava il film destinato a cambiare le sorti della cinematografia mondiale, anche se è stato affidato alla regia di David Carson e a ben guardarlo, con il suo taglio così televisivo, sembra solo una lunga puntata di “The Next Generation” con ospiti illustri, della durata di 118 minuti, che per altro, io credo di aver visto per intero una volta sola, proprio in occasione di questa rubrica.

«Escucha, muchacha, io ho bisogno de sapere una sola cosa: donde està Soran…» (quasi-cit. ciao Jenette!)

Badate bene, io parte del film l’avevo già visto, beccato già abbondantemente incominciato in qualche passaggio tv chissà quando, ero rimasto calamitato allo schermo davanti alla scena oggettivamente migliore di tutta la pellicola, ovvero l’incontro tra i due capitani nel tempo sospeso del Nexus, poi però, non chiedetemi perché il film non ho mai finito di vederlo, sono riuscito a guardarlo per intero solo in occasione di questa rubrica e permettetemi la citazione dedicata ai Trekkie: «Ora capisco perché piangete».

«Ti lascio guidare due minuti, guarda che casino!» (Posso dirlo che questa è una bella scena?)

“Generazioni” inizia in scioltezza, con il varo della nuovissima USS Enterprise e Kirk, Scotty e Chekov, come ospiti speciali, una nave che sarà completata per intero martedì, un giorno che non arriverà mai perché con il messaggio di soccorso di un’altra nave in difficoltà, tocca rimettere il tappo alla bottiglia di Champagne e lasciare che Kirk spieghi al nuovo impanicato comandante come agire. Insomma Kirk è sulla plancia della nuova Enterprise da tre secondi ed è già diventato il nuovo capitano, più le cose cambiano più restano le stesse.

Kirk si prende un’altra Enterprise… di nuovo!

Il teletrasporto (su suggerimento ovviamente di Kirk) trae in salvo solo attori famosi: Whoopi Goldberg nei panni del suo personaggio ricorrente in The Next Generation ovvero Guinan, ma anche il dottor Tolian Soran, che essendo fatto a forma di Malcolm McDowell, non desta alcun sospetto, no no, proprio nessuno. Il tempo per pensare è poco, lo scafo della USS Enterprise è compromesso e solo Kirk può fare qualcosa (tanto per cambiare), anche se è il giorno che tutti i cadetti della Flotta Stellare finiranno per studiare nei libri, quello della scomparsa di Kirk. Scotty e Chekov finiscono per fare da testimoni, anzi Scotty tornerà ospite in una puntata di The Next Generation, generando qualche problema di continuità, imputabile forse agli eventi del Nexus, ma su questa faccenda non provo nemmeno ad entrare nel merito, la trama del film mi sembra pasticciata a basta.

Si era detto divisa delle grandi occasioni, ma non vi sembra di esagerare?

78 anni dopo, il nuovo equipaggio dell’Enterprise è intento a giocare con il ponte ologrammi, bisogna assecondare la fantasia da marinaio di Sua Maestà di Picard (Patrick Stewart), quindi in uniformi ottocentesche si celebra la nomina a tenente comandante di Worf (Michael Dorn) mentre Data passerà il film a cercare di capire l’umanità attraverso l’umorismo, con un chip emozionale installano, l’androide fatto a forma di Paolo Bonolis Brent Spiner diventerà il vostro collega di lavoro, quello che fa battute cretine che fanno ridere solo lui, dalla mattina fino alla sera. Improvvisamente la morte di Scotty e Chekov mi pare meno ingiusta.

«… tu non vieni qui per cacciare vero? AHAHA! L’hai capita? Quanto sono simpatico!»

Ma devo essere onesto, non so se trovo più urticante Data in versione “Cristo compagnone” (cit.) oppure Jean-Luc “Mario Merola” Picard che a differenza della serie, dove è sempre composto, risoluto e tosto, qui si scioglie in calde lacrime, sente la mancanza della famiglia e ammorba tutti con i fantasmi dei Natali passati. Io capisco l’idea di far incontrare due capitani, che per la divisa e per fare la differenza e il bene nella Flotta Stellare, hanno sacrificato la famiglia e gli affetti, ma le tracce del pennarellone a punta grossa con cui tutto questo è stato scritto, fanno male agli occhi, o per lo meno stridono al passaggio sul foglio.

«La tua violenza in Arancia Meccanica noi Klingon lo chiamiamo rituale di accoppiamento»

Quel gran figlio di Soran di Soran, ha un piano machiavellico di vendetta, in cui le due Klingon femmina, protagoniste di una serie di puntate di The Next Generation, qui tornano buone più come spalle comiche che come vere e minacciose alleate. Anche perché tutto ruota intorno alla supercazzola necessaria ad azzerare i 78 anni di distanza tra i due capitani, pur evitare il banalissimo viaggio nel tempo, gli sceneggiatura tirano su la complicata vendetta di Soran, la cui famiglia è stata uccisa dai Borg, quindi ha passato la vita a creare il Nexus, una specie di bolla felice spazio temporale, in cui puoi rivivere i momenti migliori della tua vita ma per essere generata nuovamente bisogna spostare l’asse di un pianeta sulla sua rotta, trovare il punto in cui il gomito fa contatto con il piede della Tarapia tapioco, come se fosse antani. Tutto chiaro no? Insomma bisogna mettere i due capitani coraggiosi (ma con il magone) insieme nello stesso tempo, alle prese con una minacciona grossa in grado di spaccare in due la galassia.

«Conte Mascetti tutto questo è per te!»

Ecco perché inizia tutta la parte del visore di Geordi La Forge “hackerato” nemmeno fosse lo spazio cloud di Diletta Leotta e il mistero sull’identità del cattivissimo Malcolm McDowell (lui nel ruolo del cattivo, lo avreste mai detto?) risolto prima facendo una ricerca sul computer che in 78 anni nessuno aveva mai pensato di fare o ancora meglio, chiedendo all’unica persona presente ovvero Guinan, che non ha detto nulla a nessuno, perché chi si fa i cazzi suoi campa cent’anni. Antico proverbio di El-Auria.

«Sette stagioni e non me lo avete mai chiesto»

Insomma sto sparando un po’ di caSSate (è la mia natura, sono un burlone come Q), però tutta questa roba io non l’avevo mai vista prima e forse, grazie a quell’estemporaneo passaggio televisivo del film, l’universo mi stava parlando mandando messaggi chiarissimi. Perché malgrado la fotografia “smarmellata” e il taglio televisivo, l’incontro tra i due capitani è davvero l’unico momento che ho gradito di “Star Trek: Generations”.

Nel Nexus, Kirk è ancora vivo, spacca la legna come Arnold in Commando, sta tentando di bruciare le uova da portare come colazione a letto alla sua amata Antonia, che dorme al piano di sopra e ha anche un alano gigante come cagnone di casa. Dopo una vita passata ad invocare Khan, a limonare belle aliene, ad evitare colpi di Phaser e lanciare siluri, insomma, dopo aver corso tanto Kirk ha trovato la pace, così tanta che nemmeno si stupisce di vedere un altro capitano in divisa, nella cucina di casa sua.

L’unica parte del film che ricordavo, l’unica che ancora merita.

Kirk combatteva per la galassia quando il nonno di Picard era ancora in fasce, la galassia è in debito con lui e per quanto farlocco il Nexus è la meritata pace che l’ex capitano cercava, non ne vuole sapere di ‘sto pelato che gli dice che devono fermare Alex di “Arancia Meccanica”, ed è qui che “Generazioni” manda a segno il suo colpo migliore, la scena che veniva ripetuta costantemente nelle martellanti pubblicità televisive del film. Kirk fa spallucce, di puro carisma William Shatner si gioca frasi che lo rendono indistinguibile dal suo personaggio: «Lei dice che la storia mi considera morto? Chi sono io per contraddire la storia?», la risposta può arrivare solo da Picard ed è in linea con l’uomo tutto d’un pezzo, attaccatissimo alla divisa che è sempre stato, «È un ufficiale della Flotta Stellare, ha un dovere da compiere!». Oh io ve lo dico, a me questo scambio ha sempre strappato un brivido, il film non sarà quello che ha fatto la storia della cinematografia mondiale ma è l’unico momento in “Generazioni”, in cui la trama non sembra pensata per adempiere a dei compiti stuadiati a tavolino dal produttore (come passaggi di testimone o morti illustri), ma in cui i personaggi sembrano “parlare” come farebbero nel loro stile, per come li abbiamo conosciuti in tante avventure durante le rispettive serie tv. Ecco perché il finale vive dello slancio di questo dialogo, anche se risulta veramente una cosina da poco, mi dispiace ammetterlo.

«Tu hai capito come si sollevano gli scudi su questi affari?»

Ironia della sorte, quando William Shatner ha capito che stava per uccidere per sempre il personaggio che lo ha reso famoso (anche se T.J. Hooker secondo me…) ha avuto vari ripensamenti, la prima morte di Kirk, ingloriosamente colpito alle spalle da un laser da quel figlio di Soran di Soran ha provocato urla e strepiti durante le proiezioni di prova, quindi tutti gli attori sono stati richiamati di corsa del deserto, per girare un secondo finale, una seconda morte per Kirk, con Patrick Stewart costretto ad indossare una calotta di gomma per simulare la pelata, perché nel frattempo si stava facendo crescere i capelli (per quanto possibile…) per esigenze di copione dovute al nuovo lavoro che aveva accettato (Storia vera).

Quanto deve essere stata dura per William Shatner dover partecipare al funerale del suo personaggio due volte? Molto più che per noi guardare tre anzianotti correre su una passerella, con Picard che finisce incastrato tra le rocce quando poteva tranquillamente evitarle, in un finale che è solo l’ennesimo espediente per svolgere il compitino, prima bisognava far incontrare i due capitani e poi uno dei due doveva morire, per fare largo alla nuova generazione, che al cinema ci sarebbe potuto andare benissimo, anche senza questo inutile sacrificio. Ma questo è il mio modesto parere, chi sono io per contraddire la storia?

«Adesso non posso né scendere né salire, né scendere e né salire, rimango qua!» (Cit.)

Il finale di “Generazioni” mi ha messo addosso solo tanta malinconia, ma non come sperava di ottenere Rick Berman, più che altro per la “morte iniqua” citando una frase doppiata di un film che mi piace tanto. Kirk non meritava di finire così, anzi non serviva proprio ucciderlo per portare Picard e compagni al cinema. Non so dire se questo film sia piaciuto ai Trekkie, magari gli stessi che hanno criticato tanto L’ultima frontiera, eppure in quel film così bistrattato (e guarda caso, proprio diretto da William Shatner), Kirk ci aveva già salutati nel modo migliore, attorno al fuoco con gli amici di sempre, confessando a Bones e Spock che lui sapeva che con loro nei paraggi, non sarebbe mai morto, infatti qui, senza gli amici di sempre al suo fianco, il primo capitano (scusa Pike!) è stato sacrificato per esigenze di spettacolo, anche se per me, e per i romanzi con Kirk protagonista firmati da Shatner, il capitano è ancora in giro, ad affrontare spavaldamente lo spazio, e perché no a limonare qualche bella aliena.

No, non ve la metto l’immagine strappalacrime di Kirk, uso la mia Bara come il Nexus e vi riporto ai tempi del Kirk più spavaldo di sempre.

Insomma, ho sbrigato anche questa formalità, ora potrò tranquillamente tornare a ricordarmi solo dell’unica scena ben fatta di questo film, voluto da un produttore completista e reso possibile da un attore che non aveva ben chiaro in quel momento la portata dell’icona rappresentata da James T. Kirk. Per fortuna ci avrebbero pensato i Trekkie in anni ed anni di convention a ricordarglielo. Prossima fermata? Questo viaggio sulla rotta di “Star Trek” ha ancora molti anni luce da coprire, non mancate! Ma intanto passate a trovare il mio compagno di viaggio SamSimon anche lui alle prese con i due capitani.

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