Se cercavo strani e nuovi mondi quando mi sono imbarcato in questo lungo viaggio sulla rotta di “Star Trek”, di sicuro oggi qui, ne troverò di stranissimi, benvenuti ad un nuovo capitolo di questa lunga maratona Trekkie.
I film di “Star Trek” con protagonista l’equipaggio di “The Next Generation”, sono arrivati al cinema con una certa puntualità, questa quarta e per la storia, anche ultima avventura cinematografica per Picard e compagni invece si è fatta attendere di più. Ricordo di essere andato a vederlo al cinema con mio padre, ricordo anche che a fine visione ci guardammo in faccia come a dire «Bah!», non solo era davvero poca cosa ma mai, con un film di “Star Trek”, mi era pesato così tanto non aver visto tutti gli episodi della serie televisiva, per assurdo rivedendolo e dopo aver studiato un po’ della sua travagliata produzione ho capito che il regista Stuart Baird, aveva visto meno episodi del telefilm di me (storia vera).
Lo scarso successo di critica e pubblico di Star Trek – L’insurrezione ha dato qualche grattacapo all’ammiragliato della Paramount Pictures, il solito mefistofelico Rick Berman voleva portare “sangue nuovo” a bordo dell’Enterprise, questo spiega non solo la lunga gestazione del film, ma anche il motivo per cui Jonathan “Two-takes” Frakes, l’amato William Riker non è finito per la terza volta di fila dietro la macchina da presa come regista, ma andiamo per gradi.
Mi sembra comunque che si sia consolato. |
Tra le voci che sono rimbalzate nei corridoi di Hollywood, che come tutti i posti di lavoro è più piccolo di quello che potrebbe sembrare, Berman ormai considerava quasi bolliti i vecchi protagonisti di “The Next Generation”, già in L’insurrezione il tema dell’età dei protagonisti era emerso ma l’idea nella testa del produttore era chiara, per Berman era il momento di cambiare l’equipaggio.
Scelta ardita evitata all’ultimo perché far esordire dei nuovi personaggi, proprio mentre sul piccolo schermo la serie “Star Trek – Enterprise” (a breve su queste Bare) era appena decollata, troppi nuovi personaggi avrebbero spiazzato i Trekkie quindi la trama di “La nemesi” è stata non solo più volte rimaneggiata, ma di fatto un grosso compromesso per tutti, a partire da uno dei personaggi più amati di “The Next Generation” ovvero l’androide Data.
I titoli di testa sembrano i cartelli per il controllo della vista dall’oculista. |
Già da tempo l’attore Paolo Bonolis Brent Spiner sperava di uccidere il suo personaggio più celebre, non perché fosse sceso dal letto con il piede Leonard Nimoy, ma solo per sopraggiunti limiti di età. Fino a che punto puoi risultare credibile, malgrado il trucco, nei panni di un androide che non dovrebbe invecchiare, quando cominci ad avere le rughe? Spiner lo sapeva e voleva far fuori Data fin dai tempi di Primo Contatto (storia vera). Per dare una degna conclusione al personaggio, Spiner è stato accreditato come soggettista, per una trama che è stata trasformata in sceneggiatura da John Logan, che in vita sua ha scritto molti film ma io vorrei ricordarvi solo l’ultimo, Alien – Covenant. Serve che io aggiunga altro?
Per un attore che trova finalmente soddisfazione, un’altra invece ha davvero dovuto faticare (ed incazzarsi) per prendere parte al film, Marina Sirtis è arrivata a tanto così da non essere nel film, motivazione? Una delle più vecchie del mondo, l’attrice lamentava un compenso più basso rispetto a quello dei colleghi maschi, d’altra parte avete mai sentito parlare di lavoratrici donne che prendono meno soldi degli uomini? Io purtroppo fin troppo spesso e questo conferma che Hollywood è un grande posto di lavoro, con le stesse strambe regole di tutti gli altri posti di lavoro del mondo. Cosa ha pensato bene di fare l’amichevole Rick Berman? Quello che è pronto a fare quasi qualunque datore di lavoro quando l’impiegata di turno annuncia gravidanze o avanza pretese, alza il telefono e cerca una sostituta, nella fattispecie Sette di Nove, direttamente da Star Trek – Voyager.
«Versa da bere Gianluca, la premessa di Cassidy andrà avanti ancora a lungo» |
Possiamo tranquillamente confermare quindi che Rick Berman aveva capito che ai fan di “Star Trek” ci sono due cose che piacciono tanto, la seconda sono i motori a curvatura. Dopo aver sacrificato la coralità di Voyager sull’altare delle curve della bella “Borgnina” interpretata da Jeri Ryan, il produttore era pronto a sostituire una bellezza con un’altra. Marina Sirtis, che evidentemente aveva imparato molto dalle ore passate a giocare a poker in “The Next Generation” è andata a vedere il “bluff” di Berman dichiarando qualcosa tipo: «Tanto Jeri Ryan non verrà mai giù per quei quattro spicci che mi date» vincendo così la partita, perché Jeri Ryan non solo era stufa di tutine aderenti, ma era ben felice dello spazio che aveva nella serie “Boston Public” ecco perché Deanna Troi ha potuto convolare a giuste nozze con William Riker all’inizio di questo film (storia vera).
Tutto risolto? Mica tanto, il vampiro Berman pretendeva ancora il suo nuovo sangue e pur avendo capito che i suoi personaggi erano arrivati alla fine di un ciclo, non ha saputo minimamente sfruttare questo cast, dimostrazione che Harve Bennett prima di lui, aveva fatto per “Star Trek” al cinema di più e anche molto meglio. Il “sangue nuovo” di Berman aveva un nome e un cognome, il regista con infinita gavetta di montatore Stuart Baird, uno che aveva diretto solo l’intenso “U.S. Marshals – Caccia senza tregua” (1998) ma in sala di montaggio aveva lavorato a… siete pronti? Tenetevi forte: Superman, Atmosfera zero, Ladyhawke, Arma letale (e relativo seguito), Tango & Cash, 58 minuti per morire, L’ultimo boy scout e Demolition Man. Basta così o devo continuare?
Vi lamentavate delle moto in Star Trek – Beyond? (Toretto levati, ma levati proprio) |
Cosa poteva andare storto? Un piccolissimo dettaglio, Stuart Baird non aveva mai visto una singola puntata di “The Next Generation” e non aveva nessuna intenzione di mettersi in pari, per lui bastava la sceneggiatura di John Logan e questo spiega come mai il film sia così pieno di problemi di continuità con la serie, alcuni davvero clamorosi. Come l’odioso Wesley Crusher (Wil Wheaton aveva una parte molto più consistente che è stata tagliata al montaggio, lasciando solo la sua breve apparizione al matrimonio, per fortuna aggiungo io) che qui compare nella divisa della Flotta Stellare, malgrado abbia abbandonato l’accademia.
Oppure ancora peggio, il povero LeVar Burton a cui non solo Stuart Baird continuava a sbagliare il nome chiamandolo “Lamar”, ma era anche convinto che il suo personaggi fosse un alieno per via delle sue particolari “lenti a contatto”. Storie tese? No tesissime! Perché LeVar Burton che nel frattempo aveva diretto parecchi episodi di “Enterprise”, non era stato nemmeno preso in considerazione come regista per suo sommo disappunto, in favore di uno che non sapeva nulla dei personaggi e a dirla tutta, nemmeno i nomi dei suoi attori.
Il cast diretto da Baird me lo immagino così, con LeVar che perde una diottria ad ogni “Lamar”. |
A questo aggiungeteci Jonathan Frakes che da “Numero uno” era stato degradato a semplice attore nel ruolo di William Riker, una Marina Sirtis inviperita e un androide con il cerone per coprire le rughe. Non so voi, ma io non riesco a non immaginarmi il regista, sotto assedio circondato da una banda di nerd di “Star Trek”, con il dente avvelenato impegnati a sottolineare tutte le sue carenze, qualcosa del tipo: «Stuart ti ricordi cosa diceva Picard dei Romulani nell’episodio numer… ah già, tu non hai mai visto la serie» e tutti già a ridere!
«Uno sguardo intenso e poi dici la battuta: no, io sono tuo padre», «Ma sei sicuro di essere del mestiere?» |
Non solo Stuart Baird si è ritrovato pesce fuor d’acqua, ma anche alle prese con un cast stanco e poco motivato, tutti elementi che nel film si vedono e anche molto, almeno quanto le anacronistiche rughe di Data, in quello che è un film pieno di paradossi, per essere stato diretto da qualcuno che non aveva mai visto la serie tv, ai tempi mi era sembrato un episodio lungo di un telefilm che non avevo mai visto, non avevo idea di chi fosse la Kathryn Janeway che compare per tre secondi (ma pieni eh?) nel film e avevo la sensazione di essermi perso qualcosa. Rivedendolo oggi, dopo tutte le ore passate sul ponte ologrammi a guardare le serie ho capito che invece è solo un film brutto e sciatto.
Lo riconoscete? Se si avete vinto un mappamondo. |
Ci rendiamo conto che questo film riesce a sprecare la presenza di due dei miei preferiti, Ron Perlman ovviamente truccato da mostro, irriconoscibile (nel senso peggiore del termine) nei panni del Viceré di Remus ma soprattutto di quella meraviglia di Dina Meyer, sprecatissima sotto il caschetto di una generica Romulana del tutto ignorabile? Come fai ad avere questi due per le mani e a gettarli via in questo modo io proprio non lo so. Un po’ come la colonna sonora del solito, enorme Jerry Goldsmith che qui passa quasi del tutto inascoltata e anche per questo, bisogna impegnarsi.
La convinzione negli occhi di Dina Meyer. |
Alle ortiche viene gettata anche la continuità, in questo film si scopre che i Romulani, dopo anni di difficili e sanguinose trattative sempre più vicini alla Federazione, per decenni hanno avuto la loro organizzazione di schiavi al servizio del loro impero, i Remani sono stati usati da sempre come carne da cannone nelle miniere e nessuno ne sapeva niente? Ma stiamo scherzando!?
Il Pretore Shinzon, grazie a quintali di rabbia repressa e maggiore determinazione diventa capo dei Remani e guida la loro rivolta, che ovviamente chiederà l’intervento di Picard e compagni, una pozza che Shinzon aveva previsto e in cui sperava, perché proprio al nostro “Gianluca” il cattivone, metà vampiro e metà Cenobita nell’aspetto, sperava di arrivare. Si, è il momento di parlare di Tom Hardy.
Dopo aver scartato James Marsters (il vampiro Spike di Buffy), la produzione si è gettata su quel fenomeno di Tommaso Resistente, uno che dove lo metti non solo recita bene, ma nel tempo ha saputo offrire grandi prove che abbiamo rischiato di non vedere mai, proprio perché “La nemesi” gli ha quasi stroncato la carriera. L’insuccesso del film ha gettato Tom Hardy nella disperazione, una brutta battuta d’arresto per il suo primo grande ruolo di cui il povero Tommasino, non ha davvero colpa perché il suo Shinzon malgrado tutto è molto ben recitato, purtroppo è anche piuttosto scemo, ma questo non di certo per colpa del futuro Mad Max.
«Ora avete capito perché Cassidy mi chiama Resistente?» |
Un uomo buono, considerato da tutti di valore lo è per sua natura o per l’ambiente che lo circonda? Dovrebbe essere un po’ questo il tema di “La Nemesi”, la risposta è di una banalità sconcertante, normale che se mi prendono a carezze o a pugni dalla mattina alla sera, questo influirà sulla persona che diventerò, ma forse John Logan non lo immaginava tirando su una storia che è un lungo blaterare sul niente, costruita su un colpo di scena che non è tale…occhio agli SPOILER!
Siccome ogni trama di “Star Trek” da quando è comparso il personaggio di Patrick Stewart deve per forza essere “Picardcentrica”, il suo dilemma morale, le scelte di una vita dedicata alla Federazione, devono essere rappresentate da un suo doppio oscuro, una nemesi che possiamo girarci attorno quanto vogliamo, non allevia il concetto del “clone cattivo”, il cui mistero viene bruciato immediatamente da Stuart Baird, appena vedi entrare in scena il cattivo, che evidentemente va dallo stesso barbiere di Picard, il colpo di scena che ci verrà rivelato solo un quintale di dialoghi (noiosi) dopo è già bello che bruciato.
«Non me somiglia per niente!» (cit.) |
Inoltre, senza nulla togliere a Tom Hardy che fa davvero il suo lavoro potevano almeno prendere qualcuno che somigliasse un minimo a Patrick Stewart senza accampare imbarazzanti scusi di plastiche facciali e mascelle ricostruite? Però vabbè, è sempre di quello che ha scritto Alien – Covenant che stiamo parlando dai! Fine della parte con le anticipazioni.
Dentro “Star Trek – Nemesis” ci sarebbe anche un bel film, una storia che inizia lieta con un matrimonio dove ritrovare i vecchi amici (in cui Riker e Deanna Troi gettano via sette stagioni di serie tv e tutti i discorsi sulla loro carriera, ma vabbè ormai avete capito l’andazzo) e termina con amici che se ne vanno, un equipaggio spezzato e un capitano che è rimasto solo per tutto il tempo solo che nel frattempo, affrontando la sua “Nemesi” ha capito che la sua scelta di vita, per quanto gli abbia chiesto di percorrere un cammino solitario, è stata comunque la migliore. Peccato che tutto questo si percepisca solo per via dei chilometri percorsi con questi personaggi, non di certo grazie al film.
“Star Trek – La nemesi” abbozza un discorso sul doppio, tenendo conto anche del “doppio Data”, che non sarebbe nemmeno male come spunto, ma poi lo getta via come ha fatto con Ron Perlman e Dina Meyer, tutto si consuma in effetti speciali che mostrano più rughe della faccia di Data e di momenti in cui mancano davvero solo gli Oliver Onions in sottofondo, ma la scena con le Dune Buggy esattamente cosa sarebbe? Dovrebbe far ridere senza riuscirci, dovrebbe essere un momento d’azione ma è davvero troppo scemo per essere preso sul serio, inspiegabile.
Ho seriamente pensato di vedere Data e Picard giocarsela e birra Romulana e salsiccia. |
Vogliamo affrontare la sotto trama dedicata a Data? Sempre negando tutto quello che abbiamo visto in “The Next Generation”, viene ritrovato un prototipo di Data antecedente all’androide con le sembianze di Paolo Bonolis rughe che tutti conosciamo, essendo stato costruito prima (in inglese “before”) come si chiama? B4. Un’idiozia che non farebbe ridere nemmeno se tutti noi fossimo ubriachi di birra Romulana e che di fatto dovrebbe concludere la lunga storia del personaggio, regalando a Brent Spiner quella morte (ma con cintura di sicurezza per un possibile ritorno) che prima di lui aveva avuto Leonard Nimoy per il suo più celebre personaggio.
Dopo la capoccia volante del film precedente, ora abbiamo quattro chiacchiere con la testa. |
Non nego che forse Data, malgrado le zampe di gallina, sia l’unico personaggio in grado di strappare un brivido, anche se la canzoncina finale di B4 stempera di molto l’effetto drammatico, ma è davvero poca cosa in un film che ha mancato il bersaglio di diversi chilometri.
Rick Berman prima ha scelto il regista sbagliato per questo ambiente di lavoro, ma ancora prima ha fatto di tutto per far inviperire un cast che già dal film precedente, appariva ben poco motivato, ma soprattutto ha fatto un errore da pivello. Se volevi sostituirli tutti, allora caro Berman avrai capito nel fondo della tua testa che un ciclo era finito, perché non sfruttarlo? Hai fatto il diavolo a quattro per mettere su un film mediocre incentrato sull’incontro tra Kirk e Picard, perché non impegnarsi in una campagna promozionale incentrata sull’ultimo viaggio dell’equipaggio di “The Next Generation”, invece di scriverlo solo sulla locandina?
Saluti finali anche per questo amatissimo equipaggio. |
Il risultato è timido nella direzione e svogliato nella messa in scena, uno spreco di talenti e anche un discreto schiaffo in faccia a tutti i Trekkie che hanno dovuto salutare (almeno al cinema) i loro beniamini con un film davvero mediocre.
Per certi versi, il tracollo di questo film ha segnato la rotta presa dalla saga di “Star Trek” al cinema e sul piccolo schermo, invece di cercare di guardare avanti, alle stelle, magari seguendo la direzione presa con Deep Space Nine, “Star Trek” ha cominciato a guardarsi indietro. Mentre la mia personale nemesi si attesta all’orizzonte, la prossima settimana parleremo proprio di questo, alla ricerca di strani, nuovi mondi sì, ma in retromarcia. Non mancate ma intanto, non perdetevi il post di SamSimon, oggi anche lui affronta “Nemesis”.