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Star Trek – L’insurrezione (1998): la crisi di mezza età colpisce duro

Abbiamo un mistero a bordo di questa Bara Volante da affrontare oggi, un mistero legato a filo doppio con il nuovo appuntamento settimanale con “Star Trek”, bentornati!

Il mistero di oggi si chiama “Star Trek – L’insurrezione”, mistero perché pur avendo visto al cinema Primo Contatto e sicuramente anche il film successivo dedicato all’equipaggio di “The Next Generation” (a breve su queste Bare), proprio non ricordo come mai non andai a vedere anche “Star Trek – Insurrection” al cinema, oppure peggio, se l’ho fatto non ne conservo memoria.

Eppure ricordo bene un certo martellamento mediatico, con la pubblicità in tv del film che passava a ripetizione e F. Murray Abraham conciato da alieno che urlava «Gnoooooooo!», proprio così visto che faceva un urletto abbastanza fastidioso e ridicolo. Ricordo anche di averlo visto questo film, a questo punto a noleggio e poi ancora qualche settimana fa in vista di questa rubrica, ma beccami gallina, se riesco a ricordarmi qualcosa che non sia F. Murray Abraham che fa «Gnoooooooo!»

Non fidatevi di lui, ha ucciso Mozart detto Gnoo!

Per “Star Trek – Insurrection” vale l’antico adagio: squadra che vince non si cambia, quindi non solo l’equipaggio è sempre il solito, guidato dall’inossidabile “Gianluca” Picard, ma anche in cabina di regia è stato confermato Jonathan “Two takes” Frakes, il nostro numero uno che qui si conferma mestierante capace, alle prese con una storia in linea con la sua regia, volenterosa ma molto televisiva.

Primo Contatto era un film con diversi difetti, ma anche in grado di raccontare con pennellate gustosamente horror un momento chiave della storia di “Star Trek”, era lecito aspettarsi che dopo il successo di quel film, la produzione puntasse più in alto, invece “Star Trek – L’insurrezione” è poco più di una puntata lunga di “The Next Generation”, con un numero di eventi minore al vostro episodio medio della serie, ma con parecchia noia in più e beh, F. Murray Abraham che grida «Gnoooooooo!»

Gnooooooo! I titoli di testa gnoooooo!

La storia rende onore alle varie puntate che vedevano l’equipaggio di “Star Trek” impegnato a toccare il suolo di qualche nuovo pianeta, anzi per la precisione strizza volutamente l’occhio a tutti quegli episodi in cui i membri della Flotta Stellare s’interfacciano con una comunità pacifica e vagamente hippie, occasione che la serie classica sfruttava per mostrare qualche bella figliola e qualche manzo palestrato in vestitini microscopici, qui invece, non succede nemmeno quello se ve lo state chiedendo.

Il soggetto del solito produttore Rick Berman, trasformato in una sceneggiatura da Michael Piller, ci porta su Ba’Ku, pianeta popolato da una pacifica comunità di figli dei fiori che vive di boh, coltivando marijuana probabilmente, tanto a nessuno importa. Quello che invece fa gola a tanti è la radiazione assolutamente non letale del pianeta, dotata anzi di proprietà curative notevoli, gli abitanti di Ba’Ku non invecchiano e quella che a tutti gli effetti potrebbe essere la fonte dell’eterna giovinezza attira tutti, anche gli alti vertici della Federazione, che per una volta non viene ritratta come gli americani amano dipingere loro stessi, ovvero gli eroici portatori di democrazia e pace. Contravvenendo in parte alla visione di Gene Roddenberry, qui ci viene raccontato che ci sono delle gran carogne anche a capo della Federazione, pronta ad allearsi con i viscidi Son’a, evidente contrazione dell’espressione “son-of-a-bitch”, gli alieni figli di buona donna, capitanati dal Ahdar Ru’afo (salute! F. Murray Abraham truccatissimo che fa «Gnoooooooo!»), un figuro nemmeno vagamente losco no no, proprio per niente, ma soprattutto interessatissimo a mettere le mani sul pianetucolo, per vincere la sua eterna battaglia con un corpo in decadimento. Insomma come chiunque di noi dopo i trent’anni.

Fun fact: nel film compare anche Lorella Cuccarini, ma la sua parte è stata tagliata, la potete giusto intravedere QUI.

Per portare avanti questa trama tirata per i capelli, piena di tempi morti e il più delle volte lacunosa, una delle tappe è quella di far sloggiare i Ba’Ku da casa loro, ovviamente Picard e l’equipaggio dell’Enterprise, in quanto rappresentanti della parte più nobile e pura degli Stati Uniti della Flotta Stellare, cercheranno di opporsi a quella che è una deportazione di massa, semplicemente chiamata con un nome diverso. Sapete come funziona no? Si chiama una guerra “missione di pace” e il gioco è fatto.

Eppure anche Picard e compagni si ritrovano ad essere inizialmente delle pedine, a partire da Data (Paolo Bonolis Brent Spiner) spedito su Ba’Ku in quanto insensibile agli strani effetti che la radiazione ha sugli umani, armato di una tuta mimetica che lo rende invisibile ai locali, anche a lui gira il boccino per motivi non precisati rivelando non solo la sua posizione, ma la presenza dell’alleanza tra capi della Federazione e alieni “son-of-a-bitch” su Ba’Ku. Tutto questo a mia volta per cercare di usare un lungo giro di parole, necessario a mimetizzare una scena d’apertura che prevede la capoccia di Data svolazzante a mezz’aria, in quello che è un utilizzo piuttosto pezzente del “Chroma key”, il caro vecchio schermo verde. Se questo è l’inizio del film, il resto potete immaginarlo? No, non potete, perché “Insurrection” diventa di colpo la sagra del “Facce ride” che però, non fa ridere, ma proprio per niente, come le battute di Pio e Amedeo.

La vendetta della capoccia volante.

Invece di spiegarci come è possibile, che l’avanzatissimo Data, l’androide che per sette stagioni di “The Next Generation” ci hanno spiegato essere l’unico della sua tipologia, un orgoglio tecnologico inarrivabile, possa essere stato “Hackerato” come l’ultimo dei cloud pieni di foto zozze della stellina televisiva di turno. Ma la trama è molto più interessata a mostrarci momenti davvero salienti, come Jean-Luc Picard impegnato in attività da ambasciatore che prevedono l’indossare una sorta di trecce in stile Greta Thunberg.

Fridays for Picard.

Ma non è mica finita qui, vogliamo negarci anche Worf e Picard che si esibiscono in un duetto canoro per far leva sui ricordi dello smemorato di Collegno Data? Posso comprendere che per i fan di vecchia data (ah-ah) possa essere simpatico vedere i propri beniamini un po’ più rilassati del solito, specialmente dopo l’azione convulsa, anche drammatica e decisamente oscura di Primo Contatto, ma da qui a farli passare proprio per dei deficienti, mi sembra anche eccessivo.

Ad un certo punto mi sono convinto che più che una vaga critica (o apprezzamento) alla politica estera americana, “Star Trek – L’insurrezione” sia una metafora sulla crisi di mezza età, si perché abbiamo William T. Riker che per compensare il girovita più abbondante di un tempo, si taglia la caratteristica barba per darsi una botta di vita e per restare in tema, ho seriamente sospettato che Jonathan Frakes, abbia accettato un’altra regia solo per girare una scena dove si infila in una vasca da bagno con Marina Sirtis (chiamalo scemo), perché qui l’eterno tira e molla tra Riker e Deanna Troi, sembra diventare la trama principale di “Insurrection”.

Shave like a bomber Riker.

Se come da tradizione di molte serie televisive, due personaggi che sembrano fatti dal sarto per stare insieme, accampano costantemente scuse per non mettersi insieme, di solito è solo per tenere alta l’attenzione del pubblico, Mulder e Scully lo hanno fatto per duecento puntate, stessa cosa Deanna e Riker che hanno sempre messo la carriera davanti al loro rapporto, malgrado una storiella mezza accennata tra la bella Betazoide e Worf (Michael Dorn), che in quanto più amato dal pubblico, doveva essere sempre nella zona delle operazioni, tutte, anche quelle amorose.

Visto che abbiamo 103 minuti da riempire, una sorta di crisi di mezza età anche per Picard non vogliamo mettercela? Infatti il capitano si prende una cotta per la bella locale iniziando un teatrino insopportabile almeno quanto vedere Data fare amicizia con i bambini del villaggio. Non venite a dirmi, anzi non osate proprio nemmeno accennare al fatto che i contadini difesi da un manipolo di guerrieri, sia l’omaggio di “Star Trek” al capolavoro “I sette samurai” (1954), cioè probabilmente lo è perché Kurosawa ha creato un archetipo narrativo tale, da essere diventato un modello quasi automatico a cui fare istintivamente riferimento quando si scrive una storia, ma più che questo non voglio sentire ok?

Uno, due, tre, quattro, cinque, sei e come volevasi dimostrare, sette.

Ma più che Kurosawa qui mi sembra di assistere ad una storia sulla crisi di mezza età, andiamo non metti un cattivo con la faccia tirata come le peggiori stelline televisive in lotta con Padre Tempo, se non vuoi seguire quella china. Sul serio, l’alieno di F. Murray Abraham, dovrebbe essere l’ennesimo cattivo di “Star Trek” guidato da intenti alti, la ricerca dell’eterna giovinezza per Ahdar Ru’afo (salute!), dovrebbe sostituire l’ossessione in stile “Moby Dick” di Khan? Ci potrebbe stare sulla carta, ma nei fatti abbiamo solo un cattivo con la faccia più tirata di quella di certi personaggi di Brazil. Solo che in più piagnucola facendo «Gnoooooooo!»

Giusto un ritocchino per le zampe di gallina, impercettibile.

La stessa strombazzata insurrezione del titolo poi, risulta davvero poca cosa, un elemento importante nella storia certo, ma quasi tangenziale e non degno di comparire a chiare lettere nel titolo, sarebbe come intitolare “Taxi Driver” (1976) qualcosa tipo “Primo appuntamento in un cinema porno”, si certo succede, perché è un elemento della trama, ma non proprio quello fondamentale o almeno per resta, non lo sembra per nulla.

A sostegno della mia teoria sul film dedicato alla crisi di mezza età, ci sta anche il monologo di Worf sul tempo che passa e sulle mezze stagioni che non ci sono più o qualche banalità del genere. Non nego la presenza di momenti emotivi pensati per fare leva sul cuoricino dei Trekkie, come Geordi La Forge (LeVar Burton) che “vede” il suo primo tramonto, ma in generale il film mi sembra uno spreco di F. Murray Abraham, anzi no, perché sotto un trucco brutto anche qui l’attore riesce ad essere l’unico elemento memorabile, di un film che sto dimenticando (ancora!) anche ora che sono impegnato a scriverne, non è un caso se mi ricordo solo il suo urlo disperato, che poi potrebbe anche essere il miglior commento al film: «Gnoooooooo!»

Quando gli F. Murray Abraham fanno “Gnoooooo” (che grande noia)

Insomma questa puntata noiosa di “The Next Generation” portata al cinema, potrebbe essere uno dei titoli più insipidi di tutta la saga di “Star Trek”, per fortuna che la prossima settimana ci sarà un altro film con Picard e compagni a tenerci compagnia. Non ho detto bello, un film, ma in ogni caso, non mancate!

Intanto non perdetevi il post di SamSimon, non potrei avere compagno di viaggio migliore in questo viaggio nell’universo di Star Trek.

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