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Star Trek VI – Rotta verso l’ignoto (1991): seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino

Ogni viaggio prima o poi deve giungere alla sua conclusione, oggi affrontiamo davvero un passaggio chiave della mitologia di “Star Trek”, avvenuto esattamente trent’anni fa, secondo la data astrale.

Star Trek V – L’ultima frontiera non è stato un flop al botteghino, ha incassato un po’ meno del previsto ma si è conquistato l’odio dei Trekkie, che nel frattempo erano passati ad un giocatolo più nuovo ed interessante. Nel 1991 “Star Trek – The Next Generation” era nel mezzo di una popolarità sempre più crescente, il nuovo capitano e il suo equipaggio dopo aver fatto sollevare più di un sopracciglio, hanno saputo conquistare molti appassionati, restituendo così potere al creatore della serie, Gene Roddenberry, che non ha esitato a richiedere il suo tributo di sangue.

Come accennavo nello scorso post, tra Roddenberry (sul piccolo schermo) e Harve Bennett (al cinema) la guerra fredda era cominciata, lo scontento generato da L’ultima frontiera ha visto rotolare proprio la testa di Bennett, identificato come il capro espiatorio sacrificato e sostituito dal suo secondo ufficiale, il produttore Ralph Winter che in maniera molto lungimirante ha capito che dare continuità era il modo migliore per garantirsi un futuro, anche se breve bisogna dirlo.

Il paese inesplorato dalla cui frontiera nessun viaggiatore fa ritorno (cit. altissima!)

Dopo aver brevemente vagliato anche l’idea di un film ambientato durante gli anni giovanili all’accademia di Kirk, Spock e McCoy, che con il giovane James di mezzo, secondo me sarebbe stato una sorta di “Animal House” ma con più donnine aliene da spiare dalla finestra, alla fine Winter ha scelto la via della continuità per un nuovo capitolo, che a ben guardare ironicamente sembra proprio trattare il tema della guerra fredda.

Winter astutissimo, affida nuovamente la regia a Nicholas Meyer – non scegli l’uomo che diretto il miglior film della saga se non vuoi mandare un messaggio forte – che si ritrova per le mani non solo il nuovo film di Star Trek, ma una trama firmata a quattro mani insieme a Denny Martin Flinn, in cui il thriller politico si mescola al thriller e basta, quasi un giallo classico, una sorta di “Assassinio sull’Orient Express sulla USS Enterprise” o un “Dieci piccoli indiani Klingoniani” che ho sempre apprezzato molto. Nella mia piccola “bolla” di bambino armato di tutti questi film registrati su nastro vhs, devo dire che quello di “Rotta verso l’ignoto” è stato mandato “sullo schermo” molte volte, anche perché ammettiamolo, questo film è una figata pieno di gran momenti alla “Star Trek”.

La nave stellare USS Excelsior è comandata da una vecchia conoscenza come il nostro Hikaru Sulu (George Takei), che non solo ha fatto carriera diventando capitano, ma come ufficiale scientifico può contare sul pragmatismo di Tuvok, il Vulcaniano interpretato da Tim Russ nella serie “Voyager”. Mentre Sulu è alle prese con il suo meritato tè, la Excelsior viene coinvolta nell’esplosione della luna Praxis, preziosa fonte di energia per i Klingon. Questo disastro energetico segna la fine dell’impero Klingon già al collasso economico e pronto a mettere fine ad anni di guerra fredda, cominciano così le difficili trattative con la Flotta Stellare.

Sulu, sullo schermo. No intendo proprio dire che Sulu è sullo schermo, ed è anche capitano!

Bene, ora che avete letto tutto questo capoverso, provate a rileggerlo sostituendo Chernobyl con Praxis, l’unione Sovietica con l’impero Klingon e gli Stati Uniti con la Flotta Stellare. Ovviamente il Cassidy bambino di allora non poteva capirlo, ma essere cresciuto con questo film mi ha aiutato ad immedesimarmi più facilmente in molti libri di storia.

Ho imparato tutto sulla guerra fredda da Rocky IV e da Star Trek VI (e ne pago le conseguenze)

A chi toccherà il difficile compito di scortare il cancelliere dei Klingon, Gorkon sulla Terra per negoziare la pace? Bravi proprio all’equipaggio della USS Enterprise e se ve lo state chiedendo si, ad interpretare Gorkon è nuovamente l’attore David Warner, tornato a recitare in Star Trek ma in un ruolo senza alcun legame con quello ricoperto in L’ultima frontiera. Da bambino questo dettaglio mi ha sempre mandato in tilt, ora da adulto (o presunto tale), penso che fosse il modo di Winter di rimediare allo spreco di David Warner fatto nel capitolo precedente, almeno, questa è la mia teoria.

Durante il viaggio, a Kirk e compagni tocca presenziare anche ad una cena con al tavolo rappresentanti di tutte le fazioni, uno di quei momenti complicatissimi che stanno a metà tra Fantozzi che cena al ristorante cinese e l’invito a pranzo la domenica da parte dei genitori della nuova fidanzata. Per fortuna due siluri mettono fine all’ansia su quale forchetta utilizzare per il pesce o su come approcciarsi al cestino del pane. Anche perché bisogna dirlo, Kirk non ha ancora superato la perdita del figlio, il Kirkino, la sua scompara è anche in parte colpa dei Klingon, quindi situazioni tesissime a tavola, come nei migliori pranzi di Natale in famiglia!

Quando non sai che forchetta utilizzare, fai come Kirk e sfondati di alcool.

A chi toccherà il difficile compito di scortare il cancelliere dei Klingon, Gorkon sulla Terra per negoziare la pace? Bravi proprio all’equipaggio della USS Enterprise e se ve lo state chiedendo si, ad interpretare Gorkon è nuovamente l’attore David Warner, tornato a recitare in Star Trek ma in un ruolo senza alcun legame con quello ricoperto in L’ultima frontiera. Da bambino questo dettaglio mi ha sempre mandato in tilt, ora da adulto (o presunto tale), penso che fosse il modo di Winter di rimediare allo spreco di David Warner fatto nel capitolo precedente, almeno, questa è la mia teoria.

Durante il viaggio, a Kirk e compagni tocca presenziare anche ad una cena con al tavolo rappresentanti di tutte le fazioni, uno di quei momenti complicatissimi che stanno a metà tra Fantozzi che cena al ristorante cinese e l’invito a pranzo la domenica da parte dei genitori della nuova fidanzata. Per fortuna due siluri mettono fine all’ansia su quale forchetta utilizzare per il pesce o su come approcciarsi al cestino del pane. Anche perché bisogna dirlo, Kirk non ha ancora superato la perdita del figlio, il Kirkino, la sua scompara è anche in parte colpa dei Klingon, quindi situazioni tesissime a tavola, come nei migliori pranzi di Natale in famiglia!

Immagine gentilmente offerta dalla sede AVIS di Qo’noS.

Si perché “Rotta verso l’ignoto” si gioca anche dei momenti da film carcerario niente male, come Kirk costretto a vedersela con il classico energumeno da prigione, steso con un abile calcio sul ginocchio, prima di scoprire una grande lezione sull’anatomia da parte della bella mutaforma Martia: «Non tutte le specie hanno i genitali nello stesso posto, capitano»

Esplorando il corpo umano alieno.

Inutile dirvi che James “Trapano” Kirk anche al gabbio, trova il tempo di fare uno o due pensieri su Martia, almeno nella sua forma femminile più aggraziata, ma per dovere di cronaca, preferisco segnalarvi che il colonello Klingoniano Worf interpretato da Michael Dorn, malgrado qui non ci venga detto chiaramente, pare essere il nonno del Worf di “The Next Generation” interpretato da beh, Michael Dorn. Questo perché i Trekkie si sono impegnati molto negli anni a colmare gli svarioni le lacune degli sceneggiatori e dei responsabili del casting. Se poi qualcuno volesse spiegarmi anche la faccenda del doppio David Warner, potrei togliermi un dubbio che mi perseguita da anni, grazie! Ok lo so che il trucco ha garantito ad uno come Jeffrey Combs di interpretare mille personaggi in altrettanti episodi di Star Trek, però qui l’affare David Warner è davvero troppo palese.

«Propongo un brindisi al mio agente, un vero dritto!»

A proposito di facce note, oltre al mitico Kurtwood Smith nei panni del presidente della Federazione, anche la Vulcaniana carina di turno, che in “Rotta verso l’ignoto” si chiama Valeris, la nuova pupilla di Spock, qui è interpretata dalla bella Kim Cattrall, che ha pensato bene di inventarsi un taglio di capelli all’ultima moda di Vulcano, ma è passata così velocemente dal set di questo film a quello successivo, Detective Stone, da non aver avuto nemmeno il tempo di farsi ricrescere i capelli, questo spiega il caschetto Vulcaniano molto alla moda sfoggiato in entrambi i film (storia vera).

Volete dirmi che esistono puntate di “Sex and the city” ambientate su Vulcano?

“Rotta verso l’ignoto” quindi è un film estremamente variegato, che ha tutte le caratteristiche tipiche di una pellicola di “Star Trek” ma permette a Nicholas Meyer di spaziare dal giallo con cecchino attentatore, al film carcerario con rocambolesca evasione, fino al dramma quasi politico visto il clima da guerra fredda tra le fazioni. Guerra pronta a diventare calda, grazie al personaggio del generale Chang di Christopher Plummer che è la prova che la calvizie colpisce anche i Klingoniani, anche perché pare che Plummer in sala costumi abbia provato svariate parrucche, preferendo un aspetto più naturale per il personaggio, considerato così anche molto più cattivo nello stile.

Plummer era un tale signore, che i Klingon si sono tolti il capello davanti a lui (ah-ah)

Effetto finale azzeccato in pieno, perché Chang risulta essere una dei cattivi più efficaci di tutti i film di Star Trek. La fissazione del personaggio per gli scritti di William Shakespeare (che cita ad ogni piè sospinto), non solo donano al generale un tono molto più drammatico, un po’ come era accaduto a Khan con i riferimenti a “Moby Dick”, ma sono anche la ragione del titolo originale del film, anche “The Undiscovered Country” è un omaggio al Bardo (storia vera).

Tra un omaggio a “Il mercante di Venezia” e una battaglia tra astronavi a colpi di siluri fotonici, “The Undiscovered Country” è un continuo rimbalzare tra cultura considerata “alta” (Shakespeare) e cultura “bassa” (i vari generi cinematografici che il film abbraccia), insomma è uno spasso su tutta la linea che purtroppo ha un solo paletto di cui tenere conto, anche se molto, ma molto ben piantato nel terreno: questo film è stato pensato per essere l’ultima grande avventura dell’equipaggio classico della USS Enterprise.

«Non capisci? Io lavoro per Dick Jones la Federazione, per Dick Jones! la Federazione!» (quasi-cit.)

Uscito venticinque anni esatti dall’inaugurazione di quel leggendario viaggio quinquennale con cui tutto è cominciato, Kirk, Spock, Bones, Scotty, Sulu, Chekov e Uhura qui ci vengono raccontati ancora una volta, citando Stephen King, insieme, l’ultima volta che furono Ka-Tet. Perché si, qualcuno di loro è tornato a vestire i panni del proprio personaggio in qualche episodio delle serie tv che sono seguite oppure al cinema, ma “Rotta verso l’ignoto” resta l’ultima cavalcata di questo gruppo di vecchi amici, nella loro ultima avventura come equipaggio della USS Enterprise.

Ci sono momenti in cui la vita riesce però ad essere più fantasiosa della finzione, solo uno sceneggiatore particolarmente in vena di trovate caramellose avrebbe potuto concludere questa storia, con la morte ad effetto del creatore, ma di fatto gli eventi si sono svolti davvero così. Gene Roddenberry a cui il film è dedicato, è venuto a mancare solo due giorni prima dell’uscita nelle sale di questa ultima avventura di Kirk e compagni, le sue ceneri sono state sparse nello spazio e dopo aver lanciato due equipaggi, per certi versi è quasi romantico che non sia stato fisicamente presente alla fine di un viaggio, nato per durare cinque anni e durato cinque volte tanto.

Quei momenti in cui conoscere una bella frase di Shakespeare serve ad uscire di scena con classe.

Grazie alla colonna sonora di Cliff Eidelman, che passa dall’essere drammatica a celebrativa a seconda delle necessità, la citazione finale a Peter Pan («Che rotta, capitano?», «Seconda stella a destra, poi dritto fino al mattino!») e gli autografi degli attori che compaiono sullo schermo a conferma che questa è stata davvero l’ultima avventura, “Rotta verso l’ignoto” resta un film molto bello che termina con un carico emotivo notevole, anche se il mio momento (quasi meta cinematografico) preferito nel finale resta il comitato del gruppo all’annuncio che più chiaro non avrebbe potuto essere: «Dobbiamo tornare alla base immediatamente… cambiano equipaggio».

La risposta non poteva che arrivare da Spock, portavoce del sentimento comune e per certi versi cuore di tutta la serie classica di “Star Trek”: «Se fossi umano, penso che ora la mia risposta sarebbe: “andate al diavolo”. Se fossi umano»

Ed è qui che bisogna dimostrare di saper controllare lacrime ed emozioni come ci ha insegnato il Vulcaniano.

Con lo stesso spirito questa rubrica continuerà, abbiamo ancora molte forme di vita e civiltà da esplorare, invece ai nostri vecchi amici che trent’anni fa sono salpati per il loro ultimo viaggio dico: lunga vita e prosperità!

Per riempire l’attesa, non perdetevi il post di SamSimon. Non avrei potuto avere compagno di viaggio più preparato. per seguire la rotta verso l’ignoto.

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