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Star Trek – Voyager (1995-2001): per arrivare là dove nemmeno Roberto Giacobbo è mai giunto prima

Altro giro, altro regalo, altro viaggio nell’universo di
Star Trek, questa mia lunga maratona mi sta permettendo di conoscere un sacco
di nuovi personaggi, come l’equipaggio della USS Voyager.

Con Picard e compagni ormai in pianta stabile al cinema, dopo la fine di The Next Generation e con Deep Space Nine quasi in dirittura di
arrivo, il responsabile del nuovo corso di “Star Trek”, il produttore Rick
Berman voleva puntare in alto, una serie tutta ambientata su una stazione
spaziale come quella di DS9, aveva messo da parte momentaneamente quella voglia
di strani, nuovi mondi che ha sempre caratterizzato la serie. Con questo
spirito è nata “Voyager”, una nuova nave, un nuovo equipaggio che però doveva
essere abbastanza diverso da Picard e compagni da non sembrare una fotocopia,
posso dirlo? Siamo molto, ma molto fortunati che “Voyager” sia decollata nel
1995 e non oggi.

Si perché con l’aria che tira oggi, come minimo Kathryn
Janeway e Tuvok verrebbero criticati e considerati una concessione alla
“dittatura del politicamente corretto alla grappa”, una sorta di Kirk donna e
Spock nero. Guardate, mi gioco quello che volete che oggi una polemica sterile
del genere, sarebbe arrivata puntuale come il conto da pagare.

“Capitano ricorda il 2021?”, “Che anno bizzarro, non li compatisco per niente”

Per fortuna nel 1995 non avevamo di questi annosi problemi
(mi viene da ridere mentre lo sto scrivendo, storia vera), l’obbiettivo
principale di Rick Berman e dei due curatori della serie, Michael Piller e Jeri
Taylor, era quello di creare una premessa abbastanza robusta da rendere “Voyager”
diverso da The Next Generation. Grazie
ad un piccolo ma riuscito espediente possiamo dirlo: missione compiuta.

La USS Voyager del capitano Kathryn Janeway (Kate Mulgrew)
viene spedita ad esplorare lo spazio cardassiano dalla Federazione, con
l’obbiettivo di gestire i ribelli Maquis che nonostante i trattati di pace, non
hanno nessuna intenzione di mettere fine alla loro rivolta. Janeway si è mossa
per tempo e sulla nave del capitano ribelle Chakotay (Robert Beltran), aveva
spedito un suo infiltrato, il vulcaniano Tuvok (Tim Russ), personaggio dai
lunghi trascorsi, visto che come scopriremo in questa serie, aveva preso
servizio a bordo della USS Excelsior di Sulu.

Foto di gruppo in ordine sparso, così Tuvok sembra alto tre metri.

Durante lo scontro con i Maquis entrambe le navi subiscono
perdite e danni ma soprattutto, vengono spedite da una non ben specificata
entità aliena chiamata il Custode laggiù nel quadrante Delta, a circa 70.000 anni luce dalla Terra.
Quindi se Kirk e Picard viaggiavano per esplorare strani, nuovi mondo, Kathryn
Janeway novella Ulisse deve trovare il modo di riportare a casa il suo
equipaggio, venendo in contatto con nuove forme di vita e nuove civiltà durante
il tragitto.

Una delle caratteristiche di “Voyager” diventa quindi la
convivenza forzata, i due equipaggi sono costretti a mettere da parte i dissidi
interni per fare fronte comune, promuovendo sul campo numerosi guardiamarina
inesperti, che di colpo si ritrovano a ricoprire ruoli chiave a bordo pur di
mandare avanti la baracca, questo è un po’ quello che caratterizza personaggi come
Harry Kim (Garrett Wang) e Tom Paris (Robert Duncan McNeill), quest’ultimo con
una fissa per i vecchi sceneggiati di fantascienza in bianco nero, riprodotti a
puntate sul ponte ologrammi, in una sorta di serie dentro la serie. Oppure a B’Elanna
Torres (Roxann Dawson), metà umana, metà Klingon anche se sul suo carattere è
questa seconda metà ad avere più ascendente. Io un po’ la capisco, stai a 70.000
anni luce da casa, ti ritrovi a far un lavoro che non hai mai fatto prima, un
minimo di nervosismo ci sta, no?

Rituali di corteggiamento Klingon, meglio lasciarli da soli questi due.

A completare il lotto di personaggi, la quota aliena della
serie, il pacioso cuoco di bordo Neelix (Ethan Phillips) personaggio che ha
anticipato l’epoca degli Chef televisivi a tutte le ore su tutti i canali,
anche se io vorrei vederlo Carlo Cracco alle prese con le specialità aliene
cucinate da Neelix, sbagliare un piatto tipico a volte può scatenare una
rivolta, immaginatevi di servire l’equivalente spaziale della carbonara, con il
sacrilegio della panna aggiunta, ad una razza di alieni incazzati. Facile farsi
il figo con i piatti del tuo pianeta, tzè!

Lui si che conosce le stelle e non solo quelle Michelin.

Ci sarebbe ancora un personaggio da citare, ma vorrei
viziarmi e tenermi il meglio per la fine, perché guardando questa serie per la
prima volta oggi, anno di grazia 2021, mi è stato davvero impossibile non
pensare a quanto il pubblico delle serie tv sia cambiato dal 1995. Oggi
“Voyager” verrebbe venduta come una serie dalla forte componente femminile, un
dettaglio che sono sicuro nel 1995, non dico sia passato inosservato quello no,
ma non ha avuto lo stesso peso, certo il capitano Kathryn Janeway è la prima
donna saldamente al comando di una nave della Federazione, ma non è stata certo
una pioniera, sulla plancia di comando abbiamo visto, tra film e serie
televisive, molti personaggi femminili tuonare ordini, quindi quello che mi
preme sottolineare è che forse, “Star Trek” con la sua visione progressista del
futuro, fosse più predisposto ad accettare come normale una donna al comando.
Per assurdo eravamo più progrediti nel 1995 che nel 2021? Paradossi spazio
temporali.

Kathryn Janeway potremmo definirla così, una mamma Rambo.
Metà delle volte agisce in modo comprensivo, quasi materno – perdonatemi il
cliché, sono in vena di semplificazioni – con il suo equipaggio e tante volte,
anche con le minacce che la Voyager è costretta ad affrontare, in altri momenti
non esista ad optare per la via dell’interventismo, ma tanto eh? In alcuni
momenti da spettatore viene istintivo rivolgersi allo schermo dicendole: «Kathryn
anche meno» e se fossimo nel futuro di “Star Trek” lei dallo schermo potrebbe
rispondermi, probabilmente scagliandomi addosso un paio di siluri fotonici.

“Con questo Piscatella lo teniamo per le palle” (quasi-cit.)

Originariamente il personaggio avrebbe dovuto essere
interpretato da Geneviève Bujold, che
si tirò indietro dopo aver girato buona parte dell’episodio pilota, lasciando
così campo libero a Kate Mulgrew, scartata al primissimo provino e ripescata
dopo un secondo provino registrato su cassetta, ben più convincente del primo
(storia vera). In base alla vostra età anagrafica, Kate Mulgrew la ricorderete
per Il mio nome è Remo Williams
oppure per il ruolo di Red in Orange is the new black, in ogni caso non è da tutti avere così tanti ruoli di culto
nella stessa carriera.

Innegabile che la sua Kathryn Janeway sia un magnete di
carisma, tanto che il secondo ufficiale Chakotay interpretato da Robert
Beltran, abbia cominciato a diventare un personaggio molto in là nel corso
della serie, quando gli sceneggiatori si sono finalmente decisi a fargli passare
quella specie di cotta per la Janeway che ha tenuto immobilizzate le trame fin
troppo a lungo.

“Smettila di fissarmi, con quel tatuaggio mi sembri il dentista di una notte da leoni”

Di questa serie due cose mi hanno colpito molto, oltre alla
notevole sigla che a livello di partitura musicale è forse la più imponente mai
sentita in una serie di “Star Trek” (anche se poi è stata sbeffeggiata da “Lower
Decks”, prossimamente su queste Bare), anche l’importanza dei ruoli femminili. Sono proprio le donne a risultare molto più interessanti di tanti colleghi
maschi, ad esempio mi sarei aspettato molto di più da un personaggio come Tuvok
ma se devo dirla tutta, alcuni dei componenti della “Voyager” finiscono davvero
per fare da tappezzeria, come Harry Kim ad esempio, personaggio che ricordo
essenzialmente per l’episodio in cui punta i piedi dicendo al suo amico Paris
che vorrebbe essere più incisivo, salvo poi tornare a prendere posto, incollato
alle pareti della Voyager.

Sopra la panca l’Ocampa campa…

Ci sono poi personaggi in questa serie, che a costo di
inimicarmi qualche Trekkie devo dirlo, mi hanno reso la visione davvero faticosa,
vogliamo parlare di Kes (Jennifer Lien)? La ocampa che invecchia più rapidamente
e conta i suoi anni quasi come si fa per i cani? Un lamentio pronto ad
avvenire, simpatica come quel vostro compagnio di classe che piagnucolava sempre
di non aver studiato e poi puntualmente prendeva tutti otto e nove in pagella. Non è stata una sorpresa scoprire che il personaggio è stato fatto fuori per
tentare di dare una svolta agli ascolti altalenanti della serie, per reazione
infatti è stata sostituita da qualcuna di notevolmente più vistosa ovvero la
Borg liberata dalla collettività chiamata Sette di Nove (Jeri Ryan) e posso dirlo? Con
la sua entrata in scena “Star Trek – Voyager” finisce e comincia una nuova
serie intitolata “Star Trek – Sette di Nove”.

No, Sette di Nove non è la taglia del reggiseno… degenerati!

Il personaggio in se è chiaramente il frutto di un lavoro di
studio fatto dai produttori, alla disperata ricerca dell’attenzione del
pubblico, il suo costante tener sotto controllo le emozioni è stato mutuato da Spock, mentre la ricerca dell’umanità e
delle ragioni che ci rendono tali, arriva dritto da Data, peccato che queste due caratteristiche (comunque già
interessanti di loro) siano state infilate a forza dentro una fatta a forma di
Jeri Ryan, che credo sia stata scartata da una serie che andava più o meno in
onda nello stesso periodo (Baywatch), solo perché a differenza delle bagnine
almeno lei sa recitare, anche se a livello fisico sarebbe stata perfetta per
correre a rallentatore sulle spiaggia della California.

I Borg poi sono tra i personaggi più iconici ed amati
dai Trekkie, quindi se da una parte è interessante avere un personaggio in
grado di riprendere alcuni dei temi di Primo Contatto facendo da anello di
congiunzione tra la Federazione e i Borg, dall’altra mi fa sorridere il fatto
che tra tutti i droni assimilati, proprio la strappona bionda alta due metri
bisognava salvare eh? Non è che sono andati ad estrapolare dalla collettività
un calabrese con i baffi no no, quella fatta a forma di Jeri Ryan, bravi!

Sette di Nove ha fatto quello che da tempo sogna Vin Diesel: picchiare The Rock.

Capisco poi perché ancora oggi arrivano voci di corridoio di
litigate, malumori e storie tese tra gli attori (specialmente con Kate Mulgrew,
anche se ironicamente Sette di Nove e Kathryn Janeway intrecciano un bel legame
nella finzione), sul set di “Voyager”. Ad un certo punto in poi questa serie
dedica minuti, inquadrature e primi piani quasi esclusivamente a Jeri Ryan
strizzata in una tutina che mi ha immediatamente fatto sembrare le altre viste
in “Star Trek”, larghe come i pantaloni di un Rapper, dimostrazione che per
essere una serie che aveva puntato in maniera così progressista sui personaggi
femminili, i produttori hanno giocato abbastanza sporco. Anche se questo nulla toglie alla
prova di Jeri Ryan e al fatto che comunque, Sette di Nove sia diventata uno dei
personaggi più iconografici di tutta “Star Trek”. Qui sono serio, niente
battute, davvero!

Posso essere brutalmente onesto però? Con tutto il rispetto
per le magnetiche curve di Jeri Ryan, capisci che “Star Trek” ti è entrata
davvero nel DNA, quando invece che fare il tifo per la bagnina Borg (la
Borgnina) il tuo personaggio preferito di “Voyager” finisce per essere un
pelato di mezza età che non ha nemmeno un nome, ma come un altro personaggio di mio gradimento, si chiama
semplicemente Dottore. Vi avevo promesso che mi sarei tenuto il meglio per la
fine.

In effetto Dottore me lo sono meritato.

Robert Picardo non è diventato uno degli attori feticcio di Joe Dante per niente, ci sono stati
tanti dottori nell’universo di Star Trek a partire dal leggendario Bones, passando per Bashir e l’abbastanza anonima Beverly Crusher, ma posso dire che in tutta onestà, in assenza di Leonard McCoy,
io vorrei essere curato solo dal dottore olografico della Voyager.

Un personaggio che rappresenta la ricerca dell’umanità di Data, in un modo meno vistoso e
spudorato, ma anche più riuscito, proprio con l’arrivo di Sette di Nove, il
Dottore si conferma come un personaggio che da semplice medico di bordo
olografico attivato per emergenza, con il tempo e l’esperienza accumulata è
diventato più umano degli umani. Essere stato programmato per sapere tutto di
medicina è una cosa, capire davvero concetti come l’empatia, il valore della
vita oppure di una scelta (anche sotto pressione) e perché no, anche la musica
classica, resta qualcosa che si impara al di fuori della programmazione
standard. Robert Picardo è semplicemente perfetto nell’incarnare tutte le
sfumature di un personaggio che per me, resta non solo il migliore di
“Voyager”, ma più in generale uno dei migliori mai visti tra tutti gli
equipaggi di Star Trek.

Come si fa a non volere bene ad uno che fa delle facce così, dai!

Insomma è stato un piacere fare la conoscenza anche di
questo equipaggio e dei suoi notevoli personaggi, prossima settimana torneremo
a parlare di “Star Trek” al cinema, Picard e compagni scalpitano, non mancate!

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